LA DESTRA DI STORACE TORNA A CASA CON IL PIATTINO IN MANO
LA GRANDE FAMIGLIA PDL ACCOGLIE IL FIGLIOL PRODIGO CHE ERA STANCO DI DORMIRE NEI CARTONI…. ADESSO UNA MINESTRA RISCALDATA E UN TETTO NON GLI MANCHERANNO…CON LA SANTANCHE’ AVEVA CREATO UN DUO DI ILLUSIONISTI CHE HA INTRATTENUTO PER DUE ANNI UN PUBBLICO SEMPRE DISPOSTO A FARSI PRENDERE PER I FONDELLI
Quando un esponente politico parla di intese in base ai “programmi”, vuol dire che si trattano già le poltrone: nulla di meglio che dare dignità a un inciucio favoleggiando di tesi, mozioni e intese programmatiche.
E’ la prassi della politica italiana, prima, seconda o terza Repubblica ha poca rilevanza.
Abbiamo assistito negli anni a troppe scissioni e ricomposizioni, sceneggiate “anima e core”, tragedie, commedie e farse di tutti i generi, per non aver intuito da tempo dove sarebbe andata a parare “la Destra” di Storace, vedovo Santanchè.
Troppo legati alla partecipazione e gestione del potere, per essere capaci di starne a lungo lontani, troppo deboli le caratteristiche culturali e ideologiche per reggere nel tempo un ruolo di opposizione, troppo approssimata la classe dirigente per non essere esposta a perenni abbandoni, troppo di facciata una presunta denotazione di “destra sociale” smentita nei fatti da prese di posizione reazionarie e fuori dal tempo.
Alleanze sbagliate, incapacità di rimettersi in gioco con radicamento dei valori ma rinnovamento delle tesi politiche, la Destra ha finito per essere una brutta copia di una Alleanza nazionale che a sua volta era una brutta copia del Msi. E come le copisterie insegnano, di fotocopia in fotocopia, l’identità dell’originale va perduta.
Se almeno si sapesse sostituirlo con l’elaborazione di un testo nuovo, ci sarebbe qualche speranza di suscitare almeno un interesse per una nuova trama, ma se si alternano solo rancori, nostalgismi e corsa alla seggiolona (la poltrona per un po’ l’hanno occupata altri), non si crea nulla di nuovo, si gestisce solo il passato.
Fa tristezza solo che tanti militanti di destra in buona fede abbiano creduto che potesse nascere un punto di riferimento sociale nuovo, capace di condizionare la politica del Pdl.
Certo, occorre riconoscere le attenuanti generiche a Storace: mandato in avanscoperta da Berlusconi quando i rapporti con Fini erano interrotti, il premier aveva interesse a sostenere un nuovo interlocutore a destra, per ridimensionare An.
Da qui anche il “prestito” della Santanchè che aveva recitato bene la parte della neo-pasionaria, ma, come accade nel calcio, i giocatori in prestito a fine campionato tornano alla squadra madre.
E Storace è stato in fondo una vittima del gioco: si era illuso anche lui di giocare centravanti, ma quando è rientrato Fini è finito prima in panchina e poi dimenticato in tribuna.
Ma dato che Silvio è generoso coi suoi sudditi, a tempo debito e quando le circostanze lo hanno permesso, ecco che il figliol prodigo viene perdonato, ripescato dalla “squadra primavera” dove ormai si allenava in solitudine, e riammesso sul campo di gioco, magari per fare il raccatapalle, visto che la prima squadra vive raccontando giusto palle.
Una bella “conferenza programmatica” a Pomezia nel fine settimana e Storace raccoglie i cartoni in cui dormiva la notte, si riassesta l’abito sgualcito e ha accesso alla mensa del Pdl che una minestra riscaldata non la nega a nessuno.
In fondo Storace negli ultimi tempi era in imbarazzo: percentuali alle elezioni da prefisso telefonico, fuga di dirigenti e iscritti, costretto a difendere il premier e a differenziarsi un minimo per non farsi ridere dietro.
Era all’ultima spiaggia, poteva ancora vendersi un 2% per le prossime regionali in Lazio e ha cercato di fare cassa, prima che l’offerta venisse ritirata.
Non ha avuto la lucidità politica di Casini che ha saputo resistere e fare blocco, stando in trincea anche quando fioccavano colpi di mortaio da Palazzo Chigi.
Non ha avuto la capacità di fare scelte nette e di porsi come soggetto politico nuovo, ma cercando sempre alleanze discutibili che hanno più nuociuto che giovato.
Non ha avuto il carisma di creare una vera e operativa “destra sociale”, ha solo usato uno slogan.
D’altronde la sua stessa formazione politica personale era incompatibile con quel ruolo, troppo colonnello e poco generale, troppo “portavoce” e poco capace di suo, troppo tattico e poco stratega.
Ora tratterà qualche posto anche lui al tavolo imbandito: l’importante è che sia arrivato in tempo prima che sparecchiassero tavola.
Auguri e buona digestione.
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