LA SETTIMANA LAVORATIVA DA QUATTRO GIORNI STA PER ARRIVARE IN ITALIA: INTESA SANPAOLO E I SINDACATI DEL GRUPPO STANNO LAVORANDO ALLA “SETTIMANA CORTA”
I DIPENDENTI POTREBBERO LAVORARE UN GIORNO IN MENO, IN CAMBIO DI UN’ORA IN PIÙ AL GIORNO… MENO GENTE IN UFFICIO SIGNIFICA UN RISPARMIO IMPORTANTE NELLE BOLLETTE
Un’ora in più di lavoro al giorno, in cambio di un giorno in meno in ufficio. Saldo finale: la settimana si accorcia, da 37 ore e mezza a 36 complessive, lo stipendio resta lo stesso, ci si riappropria di un po’ di tempo, azienda e dipendente risparmiano (resta da risolvere, ça va sans dire, un braccio di ferro sindacale: che si fa con i buoni pasto del giorno di riposo guadagnato?). Intesa Sanpaolo ha 76mila dipendenti, come nessuno nel nostro Paese.
Ecco allora che la proposta che la banca ha avanzato agli impiegati, filiali escluse, potrebbe segnare tra poche ore (domani il possibile via libera) uno spartiacque in un mercato del lavoro, quello italiano, che il grande balzo nella flessibilità lo ha fatto solo quando è stato costretto dalla pandemia. Per poi tornare frettolosamente indietro non appena l’emergenza sanitaria è rientrata, lasciando riaffiorare le diffidenze per tutto ciò che si discosta dalle classiche otto ore alla scrivania dal lunedì al venerdì.
Qui non si tratta di smart working, che pure nel settore bancario è diffuso già dal pre-pandemia, quando il contratto di categoria aveva inserito dieci giorni da casa al mese, cioè quasi il 40% del tempo di lavoro. Il modello della settimana corta guarda in due direzioni. La prima è contingente e di portafogli: meno gente in ufficio significa per l’azienda un risparmio in bolletta ai tempi della crisi energetica e per i dipendenti un bel taglio alle spese di trasporto.
La seconda è strutturale e di cosiddetto work-life balance: migliorare la qualità della vita dei lavoratori. E non c’è bisogno di spiegare perché faccia una gran differenza chiudere la settimana al giovedì alle 18 anziché al venerdì alle 17 o andarsene in gita al mercoledì.
Il modello è in crescita, ma ancora un’eccezione in Italia. Il suo guru sta dall’altra parte del mondo: l’imprenditore Andrew Barnes, fondatore della più grande fiduciaria neozelandese, la Perpetual Guardian, ha messo su una fondazione per convincere tutti che il futuro è nella settimana corta, come si fa nella sua azienda. La “4 Day Week Global Foundation” ha una mission evangelizzatrice: lavorate tutti quattro giorni a settimana e il benessere globale migliorerà, noi siamo qui per parlarne e insegnarvi come ci si organizza.
Il principio-guida, anche nello schema di Intesa Sanpaolo, è la flessibilità, dunque non si impone di godere del terzo giorno di riposo a fine settimana per chiudere l’ufficio al giovedì: il lavoratore può scegliere, concordandolo, quando prendersi il break aggiuntivo. Libero al martedì, al lavoro al venerdì. O viceversa, senza paletti. In una filosofia che trova un compromesso tra i vecchi modelli organizzativi e quella grande fame di riappropriazione del proprio tempo che ci hanno lasciato i lockdown.
E che ha spinto fenomeni come la great resignation americana, le dimissioni di massa figlie di una concezione della vita in cui il lavoro ha sceso diversi gradini della scala di priorità. Dal lato delle imprese, non c’è solo il risparmio in bolletta o la possibilità di stringere gli spazi dell’ufficio: l’idea è che un dipendente meno stressato e più padrone del proprio tempo finisca per sentirsi meglio, rendere di più e alzare quella produttività che in Italia resta sempre drammaticamente più bassa che nel resto d’Europa.
«Attenzione però, perché l’idea di stare in ufficio un giorno in meno attira molto, ma non è detto che la qualità della vita e dunque l’efficienza migliorino – avverte Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano -. Proviamo a pensare a quanta fatica già si fa dal lunedì al giovedì, immaginare di aggiungere un’ora non è affatto un dettaglio.
Una cosa è certa: la scelta del giorno libero aggiuntivo deve essere assicurata con la massima flessibilità, altrimenti serve a poco. In linea generale il benessere del lavoratore e quindi la sua produttività aumentano sicuramente più con lo smart working che con la settimana corta, perché c’è maggior libertà».
(da agenzie)
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