LE BALLE DI SALVINI: I RIFUGIATI IN ITALIA SONO APPENA 3 OGNI 1000 ITALIANI
IL DOSSIER DI IN MIGRAZIONI: DATI, NUMERI… COSA NON FUNZIONA NEL SISTEMA DI ACCOGLIENZA IN ITALIA
E’ un dossier ampio e dettagliato quello realizzato da In Migrazioni, anche per cancellare stereotipi e pregiudizi. Si intitola “Accoglienza rifugiati: un’ordinaria emergenza”.
Una fotografia inedita sull’accoglienza dedicata a richiedenti e beneficiari di protezione internazionale da un punto di vista privilegiato: quello degli operatori e delle operatrici che lavorano sul campo, che vivono quotidianamente le criticità e i punti di forza.
Spiegano da In Migrazioni “abbiamo intervistato 333 Operatori ed operatrici dell’accoglienza impegnati nella relazione d’aiuto rivolta ai migranti forzati. Persone che lavorano sul campo dal Nord al Sud del Paese in 86 diverse Province. Una panoramica del variegato sistema italiano d’accoglienza che è ancora ben lontano da trovare un’omogeneità e una visione strategica che esca da un approccio emergenziale. L’indagine ha interessato tutte le Regioni e le Province Autonome italiane”
Vediamo nel dettaglio, allora.
In Italia sono stati complessivamente attivati 175.550 posti per accogliere richiedenti asilo e rifugiati (dato aggiornato al 23/01/2017).
Un numero che in termini assoluti può sembrare allarmante ma, se messo in relazione con la popolazione residente, appare più modesto.
In Italia infatti vengono accolti poco più di tre richiedenti asilo o rifugiati ogni 1.000 residenti.
Se in termini assoluti è la Lombardia ad ospitare più richiedenti e beneficiari di protezione internazionale (23.391 persone accolte) in rapporto ai residenti ospita appena lo 0,23%.
In proporzione al numero di residenti è invece il Molise ad avere una presenza più forte (più di un rifugiato ogni 100 abitanti).
Appare evidente quindi che non assistiamo ad alcuna “invasione”, dato che in proporzione alla comunità ospitante i richiedenti asilo e i rifugiati rappresentano un numero esiguo.
Se questo è vero nell’analisi dei dati macroscopici, dal punto di vista del cittadino, che vive il proprio specifico territorio, si vivono spesso situazioni limite.
Infatti a fare la differenza in questo senso è la dimensione dei centri di accoglienza attivati, che troppo spesso, ospitano un numero eccessivo di persone con conseguenze sulla qualità dell’accoglienza e sull’eccessiva pressione sulla comunità ospitante.
Il sistema di accoglienza è articolato in una prima accoglienza specificatamente dedicata a richiedenti asilo nei grandi Centri Governativi (HUB, CDA, CPSA, ecc.) per 14.750 posti e nei Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS) attivati dalle Prefetture per altri 136.978 posti.
A questi si aggiunge la seconda accoglienza SPRAR per 23.822 posti, prioritariamente dedicati a chi già ha positivamente concluso l’iter della domanda d’asilo.
Questi progetti sono attivati dagli Enti locali e si caratterizzano da centri di piccole dimensioni e in rete con il territorio e i suoi servizi.
Un sistema di accoglienza in cui appaiono ancora lampanti due principali contraddizioni, che portano ogni anno all’evocazione dell’emergenza:
– la prima accoglienza risulta “intasata” dai tempi troppo lunghi della burocrazia connessa all’iter per la domanda di protezione internazionale. Il numero di posti disponibili è enormemente superiore infatti al numero di richieste di asilo fatte in Italia (oltre 136.000 posti per 71.744 domande di asilo nei primi sei mesi del 20177 ). Un ritardo che comporta anche un incredibile spreco di risorse, tenendo conto che ogni giorno di ritardo costa allo Stato 35,00 Euro per ogni persona accolta;
– i numeri dell’accoglienza SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) sono ancora troppo esigui rispetto a quelli dei CAS (Centri di accoglienza straordinaria), e non riescono quindi a garantire il necessario passaggio strutturato tra prima e seconda accoglienza, finalizzata anche a liberare posti per rispondere alle esigenze dei nuovi sbarchi”.
(da Globalist)
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