LE TORRI GEMELLE
IL PATTO DEL NAZARENO PROSEGUE CON ALTRI MEZZI
Signori, mi voglio rovinare.
Continuo a pensare che il Patto del Nazareno non sia mai morto: semplicemente — come scriveva ieri Daniela Ranieri e come dimostra l’affare delle torri Rai che finiranno tutte o in parte a Mediaset — prosegue con altri mezzi.
I mezzi di B. che, dopo aver incassato l’esclusione di Prodi dal Quirinale, pensa giustamente agli affari suoi, molto più interessanti dell’Italicum e del nuovo Senato (che peraltro, anche dopo la morte presunta del Patto, restano identiche a quelle dettate da lui): le tv, le antenne, l’editoria e naturalmente i processi (che peraltro saranno ancor più difficili dopo la porcata della responsabilità civile dei giudici, che corona un altro punto-cardine del Piano di rinascita democratica di Gelli).
Però sono disposto a rimangiarmi tutto, col capo cosparso di cenere: addirittura ad affermare pubblicamente non solo che il Patto del Nazareno è morto e sepolto, ma non è proprio mai esistito, ce lo siamo inventato noi, come pure i nove successivi incontri fra Renzi & B. a Palazzo Chigi.
E pure a metterci sopra un bell’applauso alla riforma renziana della Rai per decreto. Ma a una condizione: che il decreto contenga un paio di regolette semplici semplici per risolvere, dopo vent’anni di inciuci, una serie di problemucci rimasti inevasi nel Far West dell’etere.
Dire, come fa Renzi, “fuori i partiti dalla Rai”, è una figata pazzesca.
Ma troppo ambigua (di che partito è Antonio Campo Dall’Orto, renziano leopoldino della prima ora, che sta raccogliendo pareri e proposte per conto del premier?).
E anche poco originale: l’avevano già detta, prima di lui, Craxi, Andreotti, Forlani, De Mita, Amato, Ciampi, Berlusconi, Dini, Prodi, ri-Berlusconi (con Gasparri incorporato), ri-Prodi, ri-Berlusconi, Monti e Letta, col contorno di Quirinale, Consulta, Agcom, Antitrust, forse anche Arcicaccia ed Esercito della Salvezza. Risultato: i partiti sempre padroni della Rai.
Come si fa a farli uscire una volta per tutte da Viale Mazzini con le mani alzate e a non farli tornare mai più?
1) Nel 2005 un gruppo di artisti, intellettuali e giornalisti riuniti da Tana De Zulueta e Sabina Guzzanti proposero una legge di iniziativa popolare “Per un’altra tv”, che coglieva il meglio dalle esperienze delle emittenti pubbliche europee e raccolse le firme di 60 mila cittadini, consegnate nel 2006 al ministro Paolo Gentiloni.
In sintesi, proponeva: una Fondazione a cui conferire le azioni della Rai; un Consiglio per le comunicazioni audiovisive di 21 membri, di cui 11 nominati dalla società civile (artisti, produttori, giornalisti, autori, imprenditori, utenti e sindacalisti del ramo, più esponenti delle accademie e delle università ), 3 dagli enti locali e 7 dal Parlamento; un Cda da esso nominato con figure esperte scelte in un pubblico concorso aperto a chiunque esibisca il curriculum online, perchè ciascuno possa verificarne la competenza e l’indipendenza; abolita la commissione parlamentare di Vigilanza, che è un ossimoro, essendo la Rai (come la Bbc) che deve vigilare sui politici e non viceversa.
Gentiloni manifestò grande interesse per l’iniziativa, poi naturalmente fece come tutti gli altri: affidò ai partiti il compito di liberare la Rai dai partiti.
E il Parlamento si guardò bene dal discutere la legge popolare.
Ora chi ha proposte migliori le presenti, possibilmente in un dibattito pubblico e trasparente, non nelle segrete stanze di Palazzo Chigi, del Nazareno e anfratti limitrofi 2) Il decreto Renzi deve contenere rigorosi divieti contro i conflitti d’interessi nel mondo dei media (chi fa politica non può possedere neppure un’azione di concessionarie dello Stato, neppure tramite parenti o prestanome) e le concentrazioni sui relativi mercati (tetti antitrust calcolati sulle singole voci e non sul gran calderone del Sic: quote azionarie, affollamenti pubblicitari ecc.).
Se è questo che vuol fare Renzi (si spera non da solo), merita tutto l’appoggio che gli serve e nessuno — a parte i partitocrati che vogliono tenere le zampe sulla tv, pubblica e privata — potrà contestare i requisiti di necessità e di urgenza al suo eventuale decreto.
Se invece, come con tutte le nomine fatte sin qui, la sua rottamazione consiste nel sostituire gli amici di chi c’era prima con gli amici suoi e nel comprarsi il silenzio di B. lasciandolo ingrassare senza regole, vorrà dire che il Patto del Nazareno è sempre vivo.
E la battaglia delle torri, narrata ieri dai quotidiani di regime come un’epica lotta fra San Matteo defensor Rai e il rapace Caimano, è l’ennesima finta.
Perchè sono due torri gemelle.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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