L’ECONOMISTA VIESTI: “L’IMPATTO DELL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA SU SCUOLA E SALUTE SI VEDRA’ SUBITO, E’ LA SECESSIONE DEI RICCHI”
“I DIRITTI DEI CITTADINI CAMBIERANNO IN BASE ALLA RICCHEZZA DELLA REGIONE IN CUI VIVONO”
“Gli effetti a lungo termine dell’autonomia differenziata? Dai concorsi per i professori agli ospedali, i diritti dei cittadini, di fatto, saranno garantiti in modo diverso a seconda della ricchezza dei territori in cui abitano”,
Gianfranco Viesti è professore di Economia all’Università di Bari. Da mesi si spende contro la riforma disegnata da Roberto Calderoli, che porterà le regioni a poter gestire in autonomia materie importanti – dall’ambiente alla salute, dall’istruzione ai trasporti – sottraendone la potestà allo Stato.
“Sull’espressione ‘secessione dei ricchi’ ho il copyright io”, scherza con HuffPost che gli chiede di spiegare quali saranno gli effetti di una riforma così importante come quella dell’autonomia sulla vita delle persone.
Viesti non coglie l’occasione per picconare indistintamente un disegno che non condivide neanche in minima parte, ma analizza tutte le opzioni. E avverte: “Ci sono ancora tantissime incognite e anche per questo è difficile prevedere a tuttotondo gli effetti che la riforma avrà sulla vita dei cittadini. Ci sono, però, delle ipotesi che si possono già fare. Il fatto che ci siano tante incertezze non è buon segno: prima di questo passaggio così radicale sarebbe giusto che i cittadini sapessero esattamente cosa accadrà. Molti cambiamenti si avvertiranno solo nel lungo periodo, altri saranno più immediati”.
Ci sono degli indicatori che già aiutano a comprendere quali saranno i risvolti di quello che Viesti chiama “un processo lento ma inarrestabile, rispetto al quale non è stata prevista la possibilità di tornare indietro”. Come ha spiegato HuffPost, infatti, il progetto del ministro per gli Affari regionali prevede che le materie passino dalla competenza dello Stato alla Regione, su richiesta di quest’ultima, grazie a un’intesa – sulla quale il Parlamento deve dire solo “sì” o “no” – dalla quale non è previsto recesso.
“Due sono gli ambiti in cui l’effetto dell’autonomia differenziata si sentirà di più, e con tempi relativamente più brevi: scuola e sanità”. Argomenta Viesti: “Sull’istruzione – aggiunge – dipende molto da quali richieste faranno le regioni. Alcune saranno estreme: tra le materie che possono diventare materia regionale, infatti, ci sono le norme generali sull’istruzione e sull’assunzione di personale. Che significa? Significa che potrebbero essere fatti concorsi scolastici su base regionale”.
E le conseguenze sarebbero le più varie. Molte impatterebbero inevitabilmente sulla qualità dell’istruzione nelle aree più svantaggiate. O meglio, nelle regioni che non chiedono l’autonomia sulla scuola: “Se la selezione fosse fatta su base regionale, verrebbe meno il contratto nazionale, si porrebbe il tema della mobilità tra una sede di lavoro e un’altra ma, soprattutto, il tema delle retribuzioni”, argomenta Viesti.
Il problema della differenza di retribuzione – un medico che lavora in Puglia guadagnerebbe di meno di uno che lavora in Veneto, per intenderci – si pone con forza anche nel settore sanitario.
Con un’aggravante: “Se la sanità diventa appannaggio delle Regioni – spiega ancora il professore – dal giorno dopo finisce il servizio sanitario nazionale, perché le Regioni avranno piena potestà nella definizione delle norme e delle strutture. Quanto alla retribuzione, i compensi di medici e infermieri sarebbero anche molto diversi da Regione a Regione, con la conseguenza che ci sarebbe, col tempo, una migrazione di queste figure professionali, dettata dai compensi”.
Sollecitato da HuffPost sull’estressione “secessione dei ricchi” – non sarà un’esagerazione? – il professore, che a settembre pubblicherà un libro con Laterza intitolato proprio “Contro la secessione dei ricchi”, risponde senza esitare: “Sarà una parasecessione, una secessione di fatto, del pezzo più ricco del Paese. Nello specifico, delle tre Regioni più ricche: Emilia Romagna, Lombardia, Veneto”.
In tutto questo discorso, però, manca un elemento: come ha fatto notare spesso il ministro Roberto Calderoli, forme di autonomia sono previste dalla Costituzione. Questo movimento contrario all’autonomia si sta dunque scagliando contro la Carta stessa? A sentire il professore non è esattamente così: “Si, vero, la Costituzione dà la possibilità alle regioni di ottenere ulteriori competenze rispetto a quelle che già spettano loro, ma la potestà in merito spetta al Parlamento”. Nel disegno di legge attuale – che, però, sarà modificato, anche per volere di Fratelli d’Italia, come spiegato qui da HuffPost – invece, alle Camere spetta solo un parere finale, dopo che l’intesa Stato-Regione è già stata perfezionata. C’è poi il nodo dei livelli essenziali di prestazione – quel minimo servizi che, al di là dell’autonomia, devono obbligatoriamente essere garantiti su tutto il territorio nazionale – sul quale il professore non mostra ottimismo: “Al momento sono solo fumo. Ci vorrebbero anni per definirli e, forse, un periodo ancora più lungo per finanziarli.
(da Huffingtonpost)
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