LO SGARBO DI SALVINI IMBARAZZA I MINISTRI LEGHISTI
GIORGETTI E GARAVAGLIA SI DEVONO RIMANGIARE L’IMPEGNO PRESO CON DRAGHI
“La Lega fa quello che dice Salvini. Dobbiamo dare un segnale”. A dare la linea è via Bellerio, non la squadra di governo.
Lo “strappo del coprifuoco” si consuma in mezz’ora di teso consiglio dei ministri, preannunciato in una telefonata con Draghi a cui il leader ribadisce “fiducia”.
Di fronte all’irritazione del premier per la doppia veste del partito, che condivide i provvedimenti nelle riunioni preparatorie ma poi lascia spazio all’atteggiamento da “capopopolo” del leader, Salvini mostra i muscoli.
I ministri leghisti si astengono sul decreto aperture. L’ordine finale, arrivato sui telefonini, viene accolto dagli interessati in un imbarazzato silenzio. Giorgetti e Garavaglia sono colti in contropiede: appena venerdì, nella cabina di regia, avevano dato via libera, e per tutta la giornata hanno confidato nella mediazione. Ma non hanno margine di manovra.
Si diffonde la voce che il Capitano avrebbe voluto addirittura un voto contro le misure, che la “rigidità” del governo lo ha infastidito fino a quel punto, ma fonti del partito smentiscono.
Lo sconcerto è diffuso: lo scontro si è consumato sul rientro a casa che resta alle 22 anziché slittare alle 23. Un’ora di distanza che diventa un baratro. Più altri aspetti delle riaperture per palestre, piscine, ristoranti al chiuso. “Non si può andare alla guerra per il doppio turno serale dei ristoranti… – filtra da Palazzo Chigi – Non possono cercare ogni volta di strappare un pezzetto in più”.
Dietro quello che sembra un puntiglio, in realtà, c’è altro: l’ira di commercianti, baristi, ristoratori, gestori di locali – lo zoccolo duro dell’elettorato salviniano – che considerano le misure del tutto insufficienti, soprattutto per chi non ha i dehors e vede in bilico i ricavi estivi. Poi la necessità di togliere spazio al Pd e all’ala sinistra del governo; infine la feroce competizione con Giorgia Meloni, che erode consensi nei sondaggi.
A giochi fatti, Salvini si intesta la decisione: “Non potevamo votare un decreto che continua a imporre chiusure, coprifuoco, limitazioni. Voteremo il prossimo decreto se insieme a vaccini e tutela della salute prevederà il ritorno alla vita e al lavoro. La Lega chiede di dare fiducia agli italiani”.
E’ una dichiarazione di apertura di ostilità sulla “fase due”, quella delle aperture che premier e ministro della Salute vorrebbero “graduali e irreversibili”, senza forzature né stop and go.
Per quanto la reazione di Draghi sia un’incognita, i leghisti negano conseguenze politiche sulla tenuta della compagine. Poco prima il capogruppo al Senato Romeo ha preannunciato che “salveranno” Speranza dalla mozione di sfiducia di Fdi: “Il ministro deve cambiare linea, ma non vogliamo mettere in difficoltà la maggioranza”. Un colpo al cerchio e uno alla botte. La Lega è sempre più di lotta e di governo. Nello sconcerto dei ministri di Forza Italia, anche loro al buio su quanto stava per accadere.
Il cambio di linea della Lega è repentino, ma la tensione monta sin dal mattino. Salvini punta i piedi, vuole strappare di più, va in pressing già prima della riunione di governo. “Ce lo chiedono sindaci e governatori di tutti i colori, imprese e associazioni, sono misure di buonsenso – insiste – Non me l’ha detto il dottore di approvare cose che non mi convincono”.
Non è la prima volta che evoca questa minaccia, il premier però non ci sente. Salvini convoca i suoi, spiega che il tema è dirimente: all’avvio della stagione turistica bisogna dare “segnali chiari” oppure le prenotazioni languiranno e l’Italia non sarà competitiva con Grecia, Spagna e le altre mete rivali. Ricorda che i ristoratori hanno bloccato l’autostrada, sono arrivati sotto il Parlamento. “Dobbiamo far ripartire il Paese prima che sia troppo tardi” arringa.
La serata finisce con il leader collegato a una manifestazione online, dove promette che girerà i municipi di Roma uno per uno in vista delle amministrative. E con il rumoroso silenzio dei ministri. Fino alla prossima puntata.
(da “Huffingtonpost”)
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