M5S, STRATEGIA FALLITA, ORA CRESCONO I MALUMORI
IL MOVIMENTO ESCE CON LE OSSA ROTTE E GUARDA A PODEMOS E SYRIZA
Immobili, quasi ipnotizzati dal battimani ritmico di due terzi dell’emiciclo.
Nessun gesto plateale è consentito, neanche l’abbandono del posto: la fotografia dello stallo in cui versa il M5S è tutta lì.
Sergio Mattarella è presidente della Repubblica e il Movimento non sa come spiegare, e come spiegarsi, il fatto di non essere mai sceso in campo nel corso di una partita che ha prodotto un ridimensionamento del patto del Nazareno.
«Merito nostro, abbiamo innalzato la qualità della politica», provano a declinare un po’ tutti, rispondendo agli input che arrivano da Milano.
Ma la realtà dei due tentativi tattici, delle due incursioni nel campo avverso nel giro di pochi giorni, prima con la sinistra Pd e poi con i renziani, resta agli atti.
Strateghi della domenica
Un minuto dopo l’elezione il blog di Grillo tenta una clamorosa strambata.
Il giorno prima Mattarella sembrava responsabile delle morti legate all’uranio impoverito, il giorno dopo diventa «una persona rispettabilissima e, per certi versi, migliore anche di Prodi».
Carlo Sibilia segue tutto lo scrutinio in piedi come Alessandro Di Battista. L’idea di giocare di sponda col Pd passava soprattutto da loro.
Quando l’aula si svuota il commento più gentile dei colleghi è «strateghi della domenica».
E gli ex gongolano
Alla fine, quando Laura Boldrini proclama eletto Mattarella, gli applausi arrivano anche da qualche Cinquestelle.
Abbastanza pochi da poterli contare: Di Maio, Sibilia, Grande, Taverna, Ciprini, Grande, Cioffi, Baroni.
Cecconi non s’arrende e in Transatlantico intona il grido dell’ultimo dei Mohicani: «Non moriremo democristiani». Intanto gli ex-M5S gongolano. «Nel Movimento sono arrivati alla sindrome bipolare – attacca Rizzetto – ieri crocefiggevano Mattarella, oggi lo esaltano».
La vittoria di Fico
Roberto Fico esce dall’aula con l’aria di chi aveva ragione dall’inizio. Nega divisioni all’interno del direttorio: «È normale che si discuta ma le decisione vanno prese insieme».
Poi offre il benvenuto del Movimento al nuovo presidente: «Le parole ci piacciono, vediamo i fatti, a partire dalla legge elettorale».
Dall’inizio contrario all’idea di cercare sponde, nell’elezione di Mattarella vede il riconoscimento di una ragione che sentiva di avere dall’inizio.
Luigi Di Maio, che va ad abbracciare Imposimato nel suo appartamento all’Eur e si dice «fiero di non aver votato Prodi».
I modelli Podemos e Syriza
Ora le voci di dentro parlano di una fase di riorganizzazione imminente.
I senatori chiedono di essere inclusi nei meccanismi decisionali e anche sull’idea di ricorrere a delle «strategie» molti chiedono che si passi dallo spontaneismo di questi giorni a una maggiore articolazione.
Il blog sembra confermare: «D’ora in poi sarà bene adattarsi all’idea di un M5S meno prevedibile del passato».
Un po’ meno schizzinosi, un po’ più aperti, sul modello di quanto succede con gli altri movimenti europei: se prima formazioni come i greci di Syriza e gli spagnoli di Podemos erano viste con sospetto, ora la linea sta cambiando, e il Movimento a corto di carburante potrebbe cercarne un po’ anche lì.
Francesco Maesano
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