MA IL FRONTE DEL NO CRESCE E IL MARGINE PER RENZI ORA E’ SOLI 25 VOTI
VIAGGIO TRA I GRANDI ELETTORI CHE SCEGLIERANNO IL PRESIDENTE
Tra i grandi elettori che fra una settimana voteranno a scrutinio segreto per il nuovo Capo dello Stato, si sta spontaneamente formando e rafforzando un “Fronte del No” al patto del Nazareno e al candidato-presidente del duo Renzi-Berlusconi, quasi a prescindere dal nome che verrà proposto.
Una prima, analitica ricerca condotta da “La Stampa” all’interno dei diversi gruppi parlamentari dimostra un dato eclatante: sulla carta Pd, Ncd, centristi e Forza Italia possono contare su 750 grandi elettori, dunque ben 250 oltre il quorum (505 voti), richiesto dalla quarta votazione in poi per eleggere il Capo dello Stato.
Ma quel numero vale solo sulla carta: le fratture interne al Pd e a Forza Italia e l’effetto-panico suscitato dall’accelerazione impressa da Matteo Renzi hanno drasticamente asciugato quel margine
Il Fronte del No
Ieri sera i grandi elettori che senza se e senza ma pronti ad allinearsi alle volontà di Renzi e di Berlusconi erano calcolabili in una fascia oscillante tra i 520 e i 540.
Circa duecento in meno di quelli computabili sulla carta, lasciando dunque un margine di poche decine di voti all’asse del Nazareno rispetto al quorum di 505. Certo, come ripetono sotto voce tanti parlamentari «molto dipenderà dal candidato». Certo, manca ancora una settimana e più alla votazione decisiva e in sette giorni un “mago” come Renzi è capace di cambiare quasi tutte le carte in tavola.
Ma ciò non toglie che, plasticamente parlando, il “Fronte del No” abbia preso una consistenza inattesa: sommando i “grandi elettori” dei partiti di opposizione (Cinque Stelle, Lega, Fratelli d’Italia,Gal, Sel) e i dissenzienti del Pd, di Forza Italia e dei centristi si arriva ad una quota (440-460) capace di condizionare l’elezione del Capo dello Stato.
E d’altra parte tutta la giornata di ieri è stata costellata di episodi poco favorevoli al “patto”: in mattinata nella votazione al Senato sul maxi-emendamento per la legge elettorale, la “maggioranza” Pd-Ncd-Forza Italia-centristi è restata abbondantemente sotto il quorum potenziale: i voti favorevoli sono stati 175, anzichè i 235 possibili.
Ma il test più inatteso si è consumato nel pomeriggio: nella Sala Berlinguer di Montecitorio si sono dati appuntamento i parlamentari del Pd appartenenti alle tre correnti di minoranza: si sono ritrovati in 140, un numero che ha sorpreso tutti.
Anche se la divisioni profondissima e le gelosie tra le varie aree non hanno prodotto una linea comune
La frana nel Pd
Dei 415 parlamentari (108 senatori e 307 deputati) del Pd si può calcolare che 280-300 voteranno con certezza i candidati-Presidente proposti da Renzi e Berlusconi. L’area del dissenso ieri sera era salita sino a quota 120-140, ma calcolando solamente i parlamentari “bersaniani”, “dalemiani” e l’area di confine guidata da Roberto Speranza.
Ma davanti ad un candidato sgradito o troppo appiattito sul premier e allo spettro di scioglimento anticipato delle Camere, come si comporteranno nel segreto dell’urna quel centinaio di parlamentari ex popolari vicini a Beppe Fioroni e Dario Franceschini?
Incognita centrista
In Parlamento le varie formazioni centriste (Ncd, Udc, Scelta civica, ex montiani, socialisti, Tabacci, autonomisti, Gal) esprimono una quantità davvero rilevante di grandi elettori, 200 per l’esattezza, assai più dei Cinque Stelle (137) o di Forza Italia (130) e proprio in questa area centrale, un primo calcolo segnala che almeno una ottantina di onorevoli sono pronti a votare contro un candidato-presidente del “patto” che sia “vissuto” come favorevole al disegno di sciogliere anticipatamente le Camere.
Fabio Martini
(da “La Stampa”)
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