MAFIA CAPITALE: L’AFFARE ZINGARI VALE 24 MILIONI OGNI ANNO
E I PROFUGHI CACCIATI DA TOR SAPIENZA SONO FINITI IN UN CENTRO LEGATO ALLE SOCIETA’ SOTTO INCHIESTA
Ventiquattro milioni di euro in un anno per 4.400 persone.
Il business dei rom a Roma vanta cifre da capogiro.
A fare i conti, per il 2013, è stata l’Associazione 21 luglio, che nel dossier “Campi nomadi spa” ha calcolato quanti soldi entrano nelle tasche delle coop che lavorano “sui zingari”, come direbbe Salvatore Buzzi, e delle municipalizzate che avrebbero il compito della sicurezza e della pulizia.
Avrebbero, perchè basta farsi un giro nel “villaggio della solidarietà ” — così li hanno chiamati, peccato che la solidarietà si sia persa per strada — per essere travolti da cumuli di immondizia e da colonie di topi.
Nessuno pulisce, men che meno l’Ama (la municipalizzata del Campidoglio), e nessuno vigila, perchè le guardianie non esistono e le telecamere sono rotte
Prendiamo il campo di Castel Romano, quello per cui le coop che fanno capo a Buzzi — e quindi a Carminati — pretendono il pagamento di oltre 2 milioni di euro annui dal Comune.
Il campo, in cui vivono circa 900 persone, costa 5,3 milioni l’anno.
Di questi, 2 milioni servono alla gestione ordinaria, affidata — appunto — al consorzio Eriches 29.
All’interno manca l’acqua potabile — le condutture non possono essere fatte perchè l’area è sottoposta a vincolo —, e gli abitanti restano spesso senza corrente. L’associazione 21 luglio ha calcolato che, dal giorno dell’inaugurazione, Castel Romano è costato all’amministrazione 270 mila euro a famiglia.
Il campo della Barbuta, inaugurato nel 2012, è costato invece 10 milioni di euro, e nel 2013 il Comune ha dovuto tirar fuori 1,7 milioni per la sola manutenzione.
L’Ama ha intascato 160mila euro, ma — come ha spiegato un servizio di Piazza-pulita — “passa una volta al mese per la sola pulizia straordinaria”.
Infatti gli abitanti vivono tra la “mondezza” e l’amianto. Per il villaggio di Candoni, 820 abitanti e 2,3 milioni spesi nel 2013, sono andati 756 mila euro a Risorse per Roma — la spa partecipata di Roma Capitale —, 230 mila all’Ama e 86 mila alla cooperativa 29 giugno per la bonifica fognaria.
Tutto, per tutti i campi, ad appalto diretto, tranne la scolarizzazione, unica voce per cui è previsto un bando.
La musica non cambia se si parla di profughi.
Nel 2012, la direttiva del Viminale stabiliva un rimborso di 46 euro a persona al giorno (40 per vitto e alloggio e 6 per l’assistenza).
Save the Children ha denunciato però che nelle 14 strutture controllate a Roma, otto delle quali gestite dalla coop Domus Caritatis, arrivano rimborsi di 80 euro al giorno per l’accoglienza di minori stranieri non accompagnati.
La Domus Caritatis è un nome che non torna direttamente nelle carte dell’inchiesta sulla mafia capitale, ma che fa parte del consorzio “Casa della solidarietà ” di Tiziano Zuccolo, colui cioè che, parlando al telefono con Buzzi, gli chiede: “Noi l’accordo… l’accordo è quello al cinquanta, no? ”.
E la Domus Caritatis è anche la coop che gestisce il centro di via Salorno, all’Infernetto, dove sono stati portati i rifugiati sgomberati da Tor Sapienza, il quartiere in cui — poche settimane fa — è scoppiata la rivolta.
Ancora una volta, a beneficiare degli immigrati è stato uno dei componenti dell’accordo al cinquanta.
Ulteriore capitolo, non meno remunerativo, è quello dell’emergenza abitativa, per la quale le cooperative si danno tanto da fare.
Secondo una stima approssimativa, il Campidoglio spende 30 milioni di euro l’anno per l’affitto di immobili da destinare alle famiglie senza casa.
Per locazione e gestione, si va da un minimo di 1.200 euro al mese a un massimo di 3.500 (nel popolare quartiere di Pietralata, non ai Parioli).
A portare a casa gran parte del guadagno è l’Arciconfraternita San Trifone, che per una sola palazzina intasca oltre 800mila euro e che — dal Giubileo in poi — ha gestito tra l’altro il centro polifunzionale Enea: 400 profughi per 55 euro al giorno pro capite. Un fatturato medio totale di 20 milioni annui.
Sotto l’Arciconfraternita gravita, neanche a dirlo, la stessa Domus Caritatis.
Silvia D’Onghia
(da “il Fatto Quotidiano“)
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