MARCINELLE, 60 ANNI FA LA TRAGEDIA DEI MINATORI ITALIANI, MIGRANTI IN BELGIO
MORIRONO IN 262, SFRUTTATI E COSTRETTI A VIVERE IN BARACCHE.. I CARTELLI NEI LOCALI: “NE’ CANI, NE’ ITALIANI”… ALLORA I MIGRANTI VITTIME DEL RAZZISMO ERAVAMO NOI
Sono le 8.20 di mattina quando con dopo 262 rintocchi della campana, uno per ogni minatore morto, comincia lo struggente appello alfabetico delle vittime di Marcinelle, dei giovani arrivati da tutta l’Europa in cerca di un lavoro e morti nelle viscere della terra, intappolati nei cunicoli l’8 agosto del 1956.
Sono passati 60 anni da quando al Bois du Cazier, la miniera di carbone a Charleroi, il sole fu oscurato dai fumi neri che cominciavano ad uscire dai pozzi, profondi oltre un chilometro: dove come ogni mattina 300 uomini erano scesi a guadagnarsi il pane lontano da casa, vivendo in catapecchie, in baracche usate per i prigionieri di guerra. Ne tornanno vivi solo 38.
Nell’anniversario della strage oggi il presidente del senato Piero Grasso, giunto sul luogo della tragedia, ha sottolineato: “Ripensare come eravamo e vivevamo, rafforza la nostra determinazione ad accogliere con spirito di solidarietà chi oggi è costretto a migrare e ha diritto alla protezione internazionale”. .
Anche l presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto ricordare dall’Italia quella maledetta mattina in cui “lavoratori di dodici diverse nazionalità , tra cui 136 italiani, persero la vita nelle profondità della terra.La tragedia costituì uno dei più sanguinosi incidenti sul lavoro della storia italiana ed europea. Una tragedia assurta a simbolo delle sofferenze, del coraggio e dell’abnegazione dei nostri concittadini che lottavano – attraverso il duro lavoro – per risollevare se stessi e le loro famiglie dalla devastazione del secondo conflitto mondiale. Spero che il ricordo sia di sprone a migliorare le condizioni di sicufrezza sul lavoro”
L’incidente fu dovuto, secondo le ricostruzioni, a disattenzione, un ascensore partito quando non era ancora il momento rompendo la rottura dei condotti dell’olio, dei tubi dell’aria compressa e dei cavi elettrici e provocando il micidiale incendio sotterraneo che, assieme all’inefficienza delle vie di fuga e ai ritardi dei soccorsi, avrebbe portato alla morte 262 minatori.
La strage avvenne esattamente 10 anni dopo il famoso accordo fra Italia e Belgio che prevedeva manodopera in cambio di carbone, di cui ricorre quindi quest’anno il 70/mo anniversario.
Da quel 1946, centinaia di migliaia di lavoratori italiani erano partiti (circa 2 mila al giorno, e 65 mila nei soli primi due anni), attirati dal miraggio di una vita migliore nel nord Europa.
La realtà era molto diversa e i lavoratori venivano duramente selezionati lungo il percorso (a Milano, in Svizzera) per essere accolti, una volta giunti a destinazione, in baracche già utilizzate per i prigionieri durante la guerra ; inoltre, i sentimenti della popolazione locale nei confronti dei nuovi arrivati venivano ben sintetizzati dai famosi cartelli “ni chiens, ni italiens”, “ne cani nè italiani ” appesi fuori dai locali del distretto minerario di Charleroi.
(da “La Repubblica”)
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