NEL MONDO LA FASE 2 E’ UN SALTO NEL BUIO PER TUTTI
UNA CARRELLATA NEGLI ALTRI PAESI ALLE PRESE CON L’EMERGENZA COVID-19
Se non altro, il dilemma che da giorni assilla il Governo italiano è lo stesso per tutti: come coniugare il bisogno di riattivare l’economia e il principio di massima precauzione richiamato dalla comunità scientifica, per farne decisione politica.
È così che la Fase 2 procede — o si avvicina – a tentoni, in ordine sparso, un po’ in tutti gli angoli del Globo, mentre il numero dei morti continua a salire: secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità , sono 120 mila le vittime solo in Europa, con il numero mondiale ormai attestato su quota 200 mila.
E mentre il comportamento del virus resta per molti versi ancora un mistero, i dati economici parlano chiaro e spingono i vari governi a tentare una strada per la riapertura, tra passi falsi, polemiche e rischio ricadute.
Belgio come l’Italia: Fase 2 dal 4 maggio, ma c’è un piano per le scuole
In Belgio, duramente colpito con quasi 7 mila morti, la fase 2 scatterà il 4 maggio, come in Italia e in Grecia. Il piano sarà graduale e potrà subire modifiche, battute d’arresto o marce indietro a seconda dell’andamento della pandemia, ha avvertito la premier Sophie Wilmes, sottolineando che “nessuna data è incisa nella pietra”.
Dal 4 obbligo di mascherina sui trasporti pubblici dai 12 anni in su. Il Governo si impegnerà a distribuire a ciascun cittadino mascherine di stoffa lavabili e certificate. Riapriranno industrie e servizi per i professionisti, ma il telelavoro dovrà rimanere la norma. Possibile fare attività fisica all’aperto, nel rispetto delle distanze, anche con due persone che non abitano nella stessa casa. L′11 maggio è la data indicata per tutti i negozi.
A differenza dell’Italia, però, il Governo belga ha previsto un piano anche per la riapertura graduale delle scuole. Si inizierà il 18 maggio dalle classi alla fine di ogni ciclo, con un numero massimo di dieci alunni per classe; ogni studente dovrà disporre di quattro metri quadrati di spazio di distanza l’uno dall’altro. I sindacati si interrogano sulla fattibilità delle misure annunciate.
Polemiche che riecheggiano quelle in corso in Francia e in altri Paesi, dalla Danimarca alla Germania.
Qui alcuni negozi hanno riaperto i battenti già lunedì scorso, come anche alcuni licei per permettere lo svolgimento degli esami di maturità .
A frenare l’intraprendenza di alcuni Là¤nder, anche alla luce di una lieve risalita dei contagi, è stata la stessa cancelliera Angela Merkel, che ha messo in guardia dai rischi di avere “troppa fretta” nella Fase 2.
In Francia, dove il piano verrà presentato martedì, si va verso l’obbligo di mascherine e distanze di sicurezza nei trasporti pubblici, mentre per le scuole si prevede una riapertura (per chi vuole, senza obbligo) a partire dall’11 maggio.
Negli Usa riaperture in ordine sparso
“Negli Usa la Fase 2 è iniziata, ma nessuno sa bene cosa accadrà dopo”, titola oggi il New York Times, che fa una mappatura delle riaperture nei vari stati d’America, dove i morti sono ormai più di 52mila.
Dopo settimane di lockdown – e mentre il presidente Donald Trump continua a stupire nel suo “approccio” alla pandemia – in alcuni Stati i governatori hanno autorizzato le prime riaperture, a cominciare da spiagge e parchi statali per arrivare alle singole attività commerciali.
In South Carolina, ad esempio, hanno riaperto i battenti i negozi al dettaglio, mentre la Georgia ha dato il via libera — a certe condizioni — a saloni di bellezza e tatuaggi. In Alaska hanno riaperto anche i ristoranti, che però possono accettare clienti solo su prenotazione e occupare al massimo il 25% dello spazio disponibile.
La Georgia è tra gli Stati più temerari: il piano del governatore Kemp prevede la riapertura di saloni per unghie e capelli, ma anche di bowling, cinema e altri luoghi di intrattenimento.
Tra i requisiti richiesti per lavorare, lo screening della temperatura. In Oklahoma, dal primo maggio, potranno riaprire — con alcune restrizioni – i luoghi di culto, le palestre e i centri sportivi, oltre ai saloni di toelettatura per gli animali.
In South Carolina – uno degli ultimi Stati a imporre limitazioni — già da questa settimana hanno riaperto i negozi al dettaglio, con il limite del 20% della loro capacità . Altri Stati si preparano a mettere fine al lockdown entro la fine del mese, linea del rigore per New York, California, Illinois.
Prime riaperture in India, dove la fame preoccupa più del virus
In India, dopo oltre un mese di lockdown, il governo ha permesso la riapertura dei negozi al dettaglio, ferme restando le indicazioni su distanziamento sociale e uso di mascherine. Le chiusure restano invece in atto per i centri commerciali e le aziende che hanno sede nei focolai epidemici.
Sulla carta i morti di Covid-19 sono 780, ma il bilancio reale è verosimilmente molto più pesante. Il punto è che più ancora della pandemia, preoccupa il tracollo economico di milioni di lavoratori, molti dei quali già costretti all’esodo dalle grandi città perchè privati di qualsiasi mezzo di sostentamento.
Secondo diversi analisti, l’India è uno di quei Paesi in cui la fame rischia di uccidere più del virus Sars-Cov-2.
Il caso Iran: contagi in aumento dopo le riaperture
I funzionari iraniani hanno ammesso oggi di essere preoccupati per una recrudescenza dell’epidemia in Iran, il Paese più colpito del Medio Oriente. Nel primo giorno del Ramadan, il Ministero della Salute ha annunciato altri 76 morti che portano il bilancio ufficiale dell’epidemia a 6.650 morti.
Lo Stato ha autorizzato dall′11 aprile molte aziende a riaprire gradualmente, ma i funzionari sanitari hanno avvertito di nuove ondate di infezioni, dopo il rallentamento registrato a inizio aprile. Alirèza Zali, a capo della task force anti Covid di Teheran, ha criticato la “riapertura affrettata”, affermando che “potrebbe favorire nuove ondate di malattia nella capitale e complicare il controllo dell’epidemia”.
Brasile, il virus nelle favelas
Dal Medio Oriente all’Africa, fino all’America Latina, la pandemia fa strage soprattutto laddove povertà e arretratezza non mettono neanche in campo la scelta tra sicurezza sanitaria e fame. Complice, in molti casi, una gestione sconsiderata dell’emergenza. È il caso del Brasile.
A portare il virus nel Paese sudamericano sono stati i membri della classe media e alta, al ritorno dalle vacanze di febbraio in Europa o negli Stati Uniti. A Rio e San Paolo, molte delle prime infezioni si sono concentrate nei quartieri più ricchi, come Copacabana e Gà¡vea.
Poi, con il passare delle settimane, l’epidemia si è estesa nelle metropoli, fino ad arrivare nei quartieri più poveri e nelle favelas, che stanno pagando un prezzo altissimo per i ritardi e l’inazione del governo guidato dal presidente Jair Bolsonaro. Le vittime accertate di Covid-19 sono già più di 3.700, ma i numeri reali — come suggeriscono le immagini devastanti delle fosse comuni scavate a Manaus — rischiano di essere di gran lunga superiori.
(da “Huffingtonpost”)
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