QUANTO E’ RISCHIOSO FAR PARTIRE LA FASE 2 ?
IL GOVERNO SA BENE CHE IL SISTEMA NON E’ ANCORA PRONTO MA NON INTENDE RINVIARE LA FASE DUE, UN AZZARDO CHE POTREBBE COSTARE ALTRE CENTINAIA DI VITTIME
Con l’avvicinarsi della fatidica data del 4 maggio crescono le aspettative e le attese dei cittadini per la fine del lockdown, o almeno per l’allentamento di buona parte delle misure di contenimento adottate per arrestare la diffusione del coronavirus.
La pressione sul governo e sui governatori regionali arriva anche dai rappresentanti delle categorie produttive e dagli stessi sindacati, soprattutto dopo la firma del protocollo per la sicurezza sui luoghi di lavoro che subordina la ripresa delle attività a “condizioni che assicurino alle persone che lavorano adeguati livelli di protezione”.
L’esecutivo, però, pur confermando la volontà di avviare la fase due nei tempi già programmati (con qualche riapertura già da lunedì 27 aprile), continua a predicare prudenza, sulla scorta di due ragionamenti che si intersecano: la preoccupazione per la lentezza con cui calano contagi e morti malgrado quasi 50 giorni di lockdown (con la spia che resta rossa in almeno 4 Regioni); la consapevolezza dei tempi lunghi e dei problemi per l’attuazione dei piani che consentano la riapertura in tutta sicurezza.
Ci sono molti riscontri oggettivi sul fatto che il lockdown abbia funzionato, contribuendo al raggiungimento di un “picco artificiale dei contagi” (per usare le parole di Rezza) intorno alla fine di marzo / inizio aprile nelle Regioni più colpite.
Il calo, però, è stato meno significativo di quanto si potesse sperare, per ragioni che non siamo ancora riusciti a isolare con precisione.
Se è vero che più che di nuovi contagi giornalieri sarebbe opportuno parlare di nuove “notifiche di contagio” allo stesso tempo restano molti punti interrogativi sui luoghi in cui e i modi con cui l’epidemia continua a diffondersi.
L’ISS sottolinea il peso dei contagi intrafamiliari (che non sappiamo ancora come gestire), ma ci sono riscontri anche su nuovi focolai in ospedali e case di cura, nonchè sull’incidenza dei luoghi di lavoro per la trasmissione del COVID-19 (alcune stime parlano del 10%).
Il numero dei morti che si registra ogni giorno è un altro elemento di preoccupazione
Le buone notizie arrivano, invece, dal lento ma costante decongestionamento di ospedali e terapie intensive, anche grazie agli sforzi fatti in queste settimane per quel che concerne l’adeguamento delle strutture e la messa in sicurezza dei reparti.
Complessivamente, insomma, appare pacifico che le misure di contenimento abbiano parzialmente limitato i danni (sia pure con effetti diversi nelle varie Regioni e province), determinando però un equilibrio molto delicato, che sconsiglia operazioni azzardate.
(da Fanpage)
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