ORA PER FONTANA SONO GUAI SERI, IL GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA E’ ACCUSATO DI FRODE
“ACCORDO COLLUSIVO TRA LUI E IL COGNATO”
Alla fine, a dare il “colpo di grazia” al governatore Attilio Fontana è stato un suo uomo di fiducia: l’ex dg di Aria Fabrizio Bongiovanni.
Nel corso di un lungo interrogatorio, il pomeriggio di martedì 25 maggio, quando le indagini della Gdf erano agli sgoccioli, a sorpresa Bongiovanni ha raccontato ai pm che, dopo una riunione al Pirellone del 19 maggio 2020, «l’ordine» di trasformare il contratto dei camici in parziale donazione «arrivò da Pier Attilio Superti», il vicario del segretario generale della Regione Lombardia.
E che Superti sottolineò che si trattava della «diretta volontà del presidente Fontana, alla quale si doveva dare esecuzione».
Anche per questo, i pm Luigi Furno, Carlo Scalas e Paolo Filippini, nell’avviso di conclusione delle indagini notificato ieri, tra gli altri, al governatore della Lombardia, parlano a chiare lettere di un «accordo collusivo» intervenuto tra Fontana e il cognato Andrea Dini, titolare della Dama spa, società in cui la moglie del governatore, Roberta Dini (non indagata) detiene il 10 per cento delle quote.
Un accordo che «anteponeva all’interesse pubblico, l’interesse e la convenienza personali del presidente della Lombardia». Il caso oramai noto è quello dei 75 mila camici e 7 mila set per gli ospedali che la centrale unica degli acquisti regionali Aria, nel bel mezzo dell’emergenza sanitaria, il 16 aprile 2020, aveva commissionato alla Dama per 513 mila euro.
A cui era anche seguita, da parte della società con sede a Varese, una proposta di fornitura di altri 200 mila camici per un milione e 200 mila euro. Sul contratto stipulato inizialmente tra Dini e Aria nessun ruolo viene attribuito dall’accusa al governatore. Che però, secondo i pm, «una volta emerso il conflitto di interessi derivante dal rapporto di parentela con il fornitore», quando Dini aveva già consegnato i primi 50 mila camici, si sarebbe prodigato per trasformare il contratto di fornitura in donazione, e per spingere Aria a rinunciare ai 25 mila camici non ancora ricevuti dal cognato «al fine di contenere il danno economico per Dama spa».
Per i pm coordinati dall’aggiunto Maurizio Romanelli, l’obiettivo sarebbe stato uno soltanto: «Tutelare l’immagine politica di Fontana», che rischiava di venire travolto dalla polemiche in un momento delicatissimo della sua gestione. Sulla mancata consegna di quei 25 mila camici si fonda ora l’accusa di frode nelle pubbliche forniture contro tutti gli indagati che rischiano di finire sotto processo: Fontana, il cognato Dini, l’ex dg di Aria, Bongiovanni, l’ex direttrice acquisti di Aria, Carmen Schweigl, e il vicario del segretario generale della Regione, Superti (tirato in ballo da Bongiovanni).
«Sono molto amareggiato per le questioni di carattere morale e politico che emergono da questa vicenda e che rappresentano esattamente il contrario della verità», è il commento del governatore, difeso da Jacopo Pensa e Federico Papa. «Dimostrerò che la teoria dei pm è errata. Volevo evitare che la Regione avesse un esborso per dispositivi che ho sempre pensato fossero oggetto di donazione».
A dare il via alle indagini, condotte dal Nucleo speciale della polizia valutaria della Gdf, a maggio dello scorso anno, la «segnalazione di un’operazione sospetta» di Bankitalia. Una volta emersa la questione e – per l’accusa – chiesto al cognato di trasformare la fornitura in donazione, Fontana aveva provato a rimborsare a Dini il valore dei quasi 50 mila camici già consegnati alla Regione.
Ma il bonifico di 250 mila euro, partito da un conto svizzero del governatore, non era andato a buon fine «per mancanza di sufficiente provvista e di un’idonea fattura giustificativa». E la segnalazione della sua fiduciaria, attraverso Bankitalia, era arrivata sulla scrivania dei pm. Dando vita, tra l’altro, anche a un altro filone d’inchiesta, che resta aperto: quello sui 5 milioni di euro che Fontana avrebbe ereditato dalla madre su conti svizzeri, in cui è indagato per autoriciclaggio e falso in disclosure.
(da agenzie)
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