“ORBAN INVADE ANCHE L’UNIVERSITA’ MA IL POPOLO E’ AVVOLTO IN UN’APATIA SOVIETICA”
INTERVISTA A JOZSEF PALINKAS, PRESIDENTE DELL’ACCADEMIA DELLE SCIENZE UNGHERESE
Sistema mediatico, economico, legale, politico, culturale: Viktor Orban e il suo partito Fidesz in Ungheria oggi controllano tutto.
Georgely Karacsony, sindaco di Budapest, sfiderà il premier alle elezioni del prossimo anno, ma attualmente l’opposizione del Paese non è riuscita a fermare nemmeno l’ultimo emendamento che riguarda le università magiare.
Con la nuova legislazione approvata a tempo di record, non saranno più istituti statali, ma verranno gestite da fondazioni guidate da uomini “di vedute nazionaliste” e fedeli al partito.
Ex membro di Fidesz, Jozsef Palinkas, professore di Fisica e presidente dell’Accademia delle scienze ungherese, ha occupato lo scranno più alto del ministero dell’Istruzione nel governo Orban, ma lo ha abbandonato quando ha capito che “il potere che mirano ad esercitare è senza controllo”.
“L’Ungheria è nei guai”. Professor Palinkas, è vero quel che ha detto Karacsony, che sfiderà il premier alle prossime urne?
Verissimo. Sono vicino al suo movimento, pur sapendo che dopo oltre un decennio di controllo della società, c’è poca possibilità di vincere. L’Ungheria è nei guai in molti sensi, un’apatia simile tra la popolazione non si riscontrava dai primi anni Ottanta, quando il Paese era gestito dai quadri del regime sovietico.
Professore, cosa sta succedendo alle università ungheresi?
Per una legge approvata senza consultazioni durante la pandemia, le università ungheresi subiranno un processo anomalo di privatizzazione e saranno controllate da fondazioni, gestite a loro volta da consigli con membri nominati a vita. In inglese si chiamano board, in ungherese curatorium. Avranno il controllo sulla proprietà degli edifici e delle strutture insieme a tutta la strumentazione, anche se sarà lo Stato a continuare a finanziare le università. Le università ungheresi sono importantissimi attori economici della società: alcune ricevono budget che superano quelli di cittadine intere. In molti hanno espresso preoccupazione per la fine dell’autonomia di ricerche, insegnamento e procedure per l’assegnazione dei fondi. Adesso un rettore non verrà eletto, ma sarà il curatorium a nominare fedeli del governo. È un sistema che finisce per favorire alleati, fiancheggiatori o semplici speculatori e che elimina chiunque non accetti l’ideologia di Fidesz.
Quali saranno le conseguenze più gravi per ricerca ed insegnamento?
Non temo per le materie scientifiche, come matematica, fisica o chimica, ma la biologia è già al limite. Di certo mirano al controllo ideologico delle materie umanistiche: in Ungheria c’è un’isteria collettiva che circonda i cosiddetti “gender studies”, che nel Paese vengono associati al movimento Lgbt, e sono diventati argomento vietato.
È stata chiusa la Central European University e verrà aperta un’università cinese.
È politica. Questo non è un Paese che ha più un sistema legale stabile: per far chiudere la Centrale European University della Open Society di George Soros è stato cambiato il regolamento del sistema universitario. Invece l’enorme università cinese – un mastodonte da mezzo milione di metri quadri -, che sarà la più grande in Ungheria, verrà costruita con un miliardo e mezzo di euro preso in prestito dalle banche cinesi. Saremo in debito con Pechino e l’unico senso che credo abbia questa università è essere un fortino cinese a Budapest.
E quindi in Europa.
L’Unione europea può aiutare a cambiare la situazione o influenzarla, ma non interferirà nella politica interna: non ha comunque gli strumenti adeguati per farlo. Potrebbe far pesare la sua voce per le battaglie legali, portare Budapest alla Corta europea, oppure minacciare di elargire fondi solo se ci sarà rispetto dei diritti umani e delle norme di legge, che attualmente sono uno scherzo: in Ungheria non c’è più divisione dei poteri. La situazione in cui versa la nazione oggi però è un problema della popolazione ungherese.
Che non si ribella davvero.
Le persone oggi non sono minacciate nella loro vita quotidiana, ma sanno che se alzano la voce verranno, per esempio, licenziate o che la loro vita sarà resa difficile. Non c’è comunque un sentimento rivoluzionario in giro. C’è solo una cosa che può svegliarli: la pessima situazione economica, che se non cambierà, diventerà una spinta verso il processo di cambiamento. I media sono controllati dallo Stato, nelle zone rurali che costituiscono gran parte del Paese, le persone nei villaggi, per esempio, non sanno della nuova legislazione universitaria o che sta per aprire un’università cinese, ma una cosa gli può interessare.
Cosa?
Dovrebbero essere informati che verrà costruita con soldi che dovremo restituire ai cinesi e allora si opporrebbero.
Lei ha trascorso tutta la vita tra i banchi delle aule universitarie, ma per un periodo, è stato tra gli scranni più alti del potere: il partito di governo lo ha abbandonato dopo aver servito come ministro dell’Istruzione.
Agli albori Fidesz era un partito conservatore, adesso è diventato autoritario. La trasformazione è avvenuta con un processo lento, cominciato subito dopo il 2002, quando Fidesz perse le elezioni. Oggi non lascia spazio alla democrazia e mira al controllo incondizionato della società. Vogliono un potere senza controllo e lo vogliono su tutto, adesso anche sulle università.
(da Huffingtonpost)
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