PD LACERATO E CIVATI RIPARLA DI SCISSIONE: LE CASELLE DI POSTA DI RENZI E DELLA MINORANZA PD SOMMERSE DI INSULTI
LA POPOLARITA’ DI RENZI CROLLATA DI TRE PUNTI, BASE IN RIVOLTA, SEDE DI VICENZA OCCUPATA
Un’altra volta il Pd è sotto botta. Persino i renziani commentano che la vittoria del segretario «non è di quelle da festeggiare » e che c’è «una grande consapevolezza del rischio».
L’avventura del governo, la speranza del cambiamento sono avvenute in modo traumatico, con la sfiducia del partito pressochè all’unanimità al “suo” premier ed ex vice segretario Enrico Letta.
Le caselle di posta di Matteo Renzi, dei leader anche della minoranza sono bombardate di mail di proteste, insulti, ironiche (“Posso avere un sottosegretariato?”), di sfida (“Alle prossime elezioni i 5Stelle arriveranno al 50%”), qualcuna di incoraggiamento (“Forza Matteo, che ce la fai!”).
La “comunità -partito” è lacerata e scossa. Tornano a soffiare i venti di scissione. Pippo Civati – che al governo Letta delle larghe intese non votò la fiducia – in direzione è stato, con pochissimi altri lealisti, contrario alla linea di Renzi di scaricare Letta.
E ora sul suo blog annuncia: «Recupero una dozzina di senatori. Poi vado da Renzi e gli dico il contrario di quello che propongono Formigoni e Sacconi sui giornali. Nuovo centro destra contro Nuovo centro sinistra (anche sinistra e basta, che il centro è dappertutto)».
Un’ipotesi, spiega poi, che non è affatto una provocazione:
«È tutto il giorno che incontro persone che mi chiedono di uscire dal Pd. Dentro il Pd ci si sente un po’ male…
«.Il giorno dopo lo showdown, in casa dem spuntano i rimorsi.
E da Piacenza dove è in convalescenza, Pier Luigi Bersani fa sentire la sua voce: «Non doveva finire così. C’è stata una lacerazione nel partito che si doveva e si poteva evitare».
Perplesso è l’ex segretario – che si dimise dopo il tradimento dei “101” che silurarono Prodi al Colle – anche sul documento votato: bisognava «fissare qualche paletto» per impegnare il governo Renzi su un cambiamento di programma.
Molti i malumori. La minoranza dem si riunisce ed è uno sfogatoio.
Già oggi dovrebbe essere pronto un dossier su alcune proposte programmatiche. Il timore è che i ministeri-chiave, che sono quelli economici – Economia, Sviluppo economico, Infrastrutture, Lavoro – possano avere una impronta di politica liberista. Guglielmo Epifani, il segretario-traghettatore, ex leader della Cgil, si preoccupa delle cose da dire al popolo dem per spiegare quello che è successo nelle ultime ore.
«Per fare digerire quanto è accaduto, forse c’era bisogno che Renzi dicesse le tre, quattro cose con cui intende caratterizzare il suo governo di svolta e rilancio radicale », riflette a voce alta in Transatlantico alla Camera.
Anche i renziani si riuniscono in capannelli a Montecitorio: c’è da affrontare la strategia di sostegno al segretario e premier in pectore. Ernesto Carbone, renziano della prima ora, ripete: «Matteo ha accettato il rischio, ha spiegato che la sua è una smisurata ambizione per il Pd e per il paese. Sappiamo tutti benissimo che ora Renzi e il partito devono rispondere con i fatti a chi dice che la maestra era un’altra, e cioè quella di andare a Palazzo Chigi dopo avere vinto le elezioni ».
Il primo rischio per Renzi è nella perdita di popolarità : un sondaggio lo dà in calo di tre punti.
E domani c’è l’election day delle primarie regionali.
Sarà un banco di prova per la segreteria democratica. Anche se alcune sfide vedono il fronte renziano diviso.
In Sicilia ad esempio, Giuseppe Lupo, renziano, appoggiato anche dal sindaco Leoluca Orlando, gareggia contro Fausto Raciti, cuperliano ma sostenuto da parte dei renziani. Il duello sarà ai gazebo, tra il popolo delle primarie, che sono stati allestiti malgrado il taglio di risorse di partito. Bisognerà vedere se ci sarà afflusso alle primarie regionali.
(da “La Repubblica“)
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