CIVATI E CASSON MINACCIANO DI NON VOTARE IL GOVERNO RENZI: AL SENATO SAREBBERO 6 VOTI IN MENO, MAGGIORANZA A RISCHIO
“SE NON CI RITROVIAMO SU MINISTRI E CONTENUTI NON VOTIAMO, SIAMO DIVERSI DAL CENTRODESTRA, NON CI RICONOSCIAMO IN UNA COPIA DEL GOVERNO LETTA”
Come se non bastasse il braccio di ferro con Angelino Alfano sulla formazione del governo, come se non bastasse il fatto che per la definizione del puzzle i tempi si stanno allungando (fiducia alle Camere non prima di giovedì-venerdì, prevedono i renziani), per Matteo Renzi sono in arrivo grane anche dall’interno del Pd.
I senatori civatiani minacciano di non votare la fiducia al nuovo esecutivo “se non ci ritroveremo su contenuti e ministri”, dice ad Huffpost Felice Casson.
Oltre a lui, in Senato, si pongono gli stessi dubbi Corradino Mineo, Sergio Del Giudice, Donatella Albano, Lucrezia Ricchiuti, Walter Tocci.
Insomma, si tratta del gruppo dei civatiani che a Palazzo Madama si sono distinti in molti passaggi cruciali di questa legislatura, soprattutto prima del voto sulla decadenza di Berlusconi da senatore.
Nel luglio scorso, per dire, Casson fu il primo nel Pd ad accusare Alfano per il caso Shalabayeva.
Così, Renzi rischia di perdere sei voti in Senato, vitali per la nascita del governo. “E’ un problema”, si ammette nella cerchia del sindaco.
Casson, che in direzione Pd ha votato no alla proposta del segretario come gli altri civatiani, si pone proprio il problema di continuare a governare con il Nuovo centrodestra.
“Vediamo che succede su ministri e contenuti — ci dice — Se la strada è la stessa del governo Letta, con gli stessi contenuti e un basso profilo, il problema esiste, non è infondato. Ed è serio. Perchè noi siamo all’opposto del centrodestra sui temi della giustizia, per esempio. E poi: sulla sicurezza sul lavoro, Sacconi la pensa all’opposto rispetto a noi. Ancora: che ci diciamo con Lupi sulle ‘grandi navi’, visto che lui continua a difenderle?”.
Pippo Civati la mette così sul sito Affaritaliani.it: “Voglio capire che cosa fare. E’ chiaro che non votare la fiducia a questo governo vuol dire uscire dal Pd o qualcosa di molto simile”.
E guarda al sogno di costruire “una nuova sinistra, un nuovo Ulivo. Pensavo che anche Renzi fosse d’accordo invece lui sta facendo un nuovo centro con Alfano”.
Casson insiste: “Non si tratta di un pregiudizio contro Renzi. In Veneto per esempio eleggeremo un segretario regionale unitario, un deputato renziano, Roger De Menech, ottima persona. Però sul governo un problema c’è… La gente è arrabbiata: a Vicenza hanno occupato la sede del Pd. A Venezia hanno presentato un documento contrario alla cacciata di Letta…”.
Nei territori le polemiche non si placano e si riversano nelle assemblee convocate per i congressi regionali che si terranno domani.
Quasi fossero occasione propizia pianificata dal destino per spostare la discussione dai temi locali, di circolo, a quelli nazionali, di governo.
Mentre Renzi è chiuso a Palazzo Vecchio a cercare di risolvere il rebus governo, i suoi parlamentari vanno in giro nelle assemblee territoriali del Pd a spiegare. “Adesso è importante spiegare, parlare con la gente che vuole sapere, capire”, dice il deputato David Ermini che ieri ha dovuto spiegare e parlare in due assemblee fiorentine, in Val d’Arno e a Scandicci. “Alla fine, se spieghi, ci si ricompatta, si ritrova un po’ di serenità e soprattutto la voglia di rimboccarsi le maniche: ce la dobbiamo fare”.
Ma risalire la china dell’impopolarità non è facile.
Naturalmente per i renziani uno dei modi per “spiegare alla gente” è dare la colpa a Enrico Letta, il premier che non si voleva dimettere.
“E’ stato lui a esacerbare il clima, la sua conferenza stampa è stata devastante per il Pd. Ha fatto passare Matteo per il lupo che si mangiava l’agnellino Enrico…”, si ragiona tra i parlamentari del sindaco.
Ecco: lupo e agnello. La mission di Renzi è ribaltare la storia o almeno trasformarla in una favola da volpe e cicogna: dove non si fa male nessuno, solo scherzi da burloni.
(da “Huffingtonpost”)
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