BERLUSCONI RESPINGE LE COLOMBE: “AL COLLE CI VADO ANCH’IO, NON HO NULLA DI CUI VERGOGNARMI”
“STIMO RENZI, NON E’ COMUNISTA”… INSULTI AD ALFANO
Si è mossa tutta una diplomazia quirinalizia per scongiurare l’ipotesi dell’arrivo di Silvio Berlusconi al Colle, questa sera.
L’imbarazzo, se non il disappunto, è tangibile.
Ma il leader di Forza Italia quell’occasione non vuole lasciarsela sfuggire. «Non ci penso proprio, sono il presidente del partito, non ho nulla di cui vergognarmi e vado io coi capigruppo» raccontano abbia ribattuto a Gianni Letta e agli altri «ambasciatori». Ironizzando: «Spero mi facciano trovare il portone aperto, magari alla fine sarà lui a non presentarsi».
E così, alla fine, nel calendario delle consultazioni diramato dal Quirinale, ore 18,30, compare anche il suo nome con quello di Brunetta e Romani.
A quell’ora la tensione di queste consultazioni lampo toccherà il suo picco.
Anche perchè l’ex premier – chiudendo ieri sera con uno show di due ore la campagna elettorale di Ugo Cappellacci ad Arborea nell’Oristanese – è tornato ad attaccare senza esclusione di colpi il presidente Napolitano.
Riecco la storia del «colpo di stato del 2011, nessuno lo neghi», per farlo fuori e costringerlo alle dimissioni da premier. «Ho avuto notizia di un vertice tra la più alta carica dello Stato, i vertici dell’Anm e del Pd da cui è partita una strategia di distruzione messa in atto in mille modi».
Ad ogni modo, al presidente della Repubblica Berlusconi spiegherà che Forza Italia si collocherà all’opposizione, ma sarà una «opposizione responsabile».
Il Cavaliere lo ha anticipato giovedì sera al summit nella sede del partito: «Il Paese è allo sbando, alla gente non interessa se Renzi è di sinistra o di destra, contano i fatti, i risultati, le riforme approvate o no. E su quelle noi dovremo dare il nostro contributo, pur restando dall’altra parte». E ancora: «Se noi ora concediamo un’apertura di credito, sarà più facile poi colpirlo se tra qualche mese avrà fallito».
Nulla a che vedere con l’astensione sulla fiducia proposta dalla senatrice Manuela Repetti (compagna di Bondi).
Ma neanche con la guerra aperta ipotizzata da Brunetta. Quando il capogruppo l’altra sera ha insistito sulla «parlamentarizzazione della crisi», Berlusconi lo ha stroncato: «Guarda Renato che agli italiani non frega niente, tutti attendono i fatti».
Leggi sul mercato del lavoro o sul fisco potrebbero essere votati, questa la linea, se condivisi. Cosa ci sia dietro tanta disponibilità ostentata, resta nell’ombra.
Secondo molti, nel partito, ci sarebbe un’intesa di massima sul successore di Napolitano al Colle.
Certo è che la prospettiva 2018 in queste ore sta spaventando parecchi dentro Forza Italia.
A fine comizio ieri sera il Cavaliere ha agitato lo spauracchio del «comunismo», come sempre fa nei momenti più difficili, ma poi a Renzi ha rivolto di nuovo «auguri di tutto cuore: lo stimo, con lui si può parlare perchè non è comunista, anche se questo non significa che ciò che sta accadendo non è da democrazia».
Perchè «sono l’ultimo premier eletto dal popolo», questo esecutivo sta nascendo nel «retrobottega del Pd». Letta sfiduciato «dal sindaco di una città di 500 mila abitanti: una cosa è amministrare Firenze, però, altra governare il Paese».
Ma dalla Sardegna parte soprattutto l’affondo più pesante che si ricordi in pubblico nei confronti di Alfano: «Qualcuno era stato fatto ministro della Giustizia a 38 anni, segretario del partito a 40, ministro dell’Interno a 42. Io avevo bisogno del mio partito per andare dal capo dello Stato e minacciare la crisi in caso di decadenza, loro no, hanno fatto una scissione».
Si sono trasformati «nella stampella, hanno assunto il ruolo di utili idioti della sinistra».
Il Nuovo centrodestra contrattacca l’ex leader. «Dimentica il rispetto per la persona» dice il ministro Maurizio Lupi, «per lui la convenienza prevale sulla convinzione» attacca il capogruppo Enrico Costa.
Prima che scenda il sipario, Berlusconi torna a indossare i panni del perseguitato: «Non ho il passaporto, mi hanno negato il diritto di andare al summit Ppe, di cui sono il numero 2. Chiederò di poter andare all’importante congresso di Dublino (6-7 marzo, ndr), immagino che mi diranno di no anche stavolta, pur promettendo di farmi seguire da un esercito di poliziotti e carabinieri».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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