PD, SALE IL GOVERNO DEL PRESIDENTE: BERSANI ORA REGISTA DELLA PARTITA QUIRINALE
DA D’ALEMA A RENZI L’AREA DEI CONTRARI AL VOTO SUBITO
La resa dei conti è nei fatti, forse proprio per questo la direzione del Pd slitterà alla prossima settimana.
Nessuno vuole un confronto pubblico in tempi brevi.
Del resto, la riunione non è mai stata convocata e a Largo del Nazareno si fa notare che il Partito democratico «è l’unica forza politica a cui si chiede di convocare in continuazione gli organismi dirigenti».
Non è il momento di confronti in diretta streaming, di fronte alla fine del settennato di Giorgio Napolitano e al voto per il suo successore.
Non lo vogliono nè Pierluigi Bersani nè il fronte del suo partito che è pronto a contestarne tutti i passaggi compiuti nel periodo che va dalla mezza vittoria del 25 febbraio al congelamento di Giorgio Napolitano.
Fronte che si allarga ogni giorno di più: l’ipotesi del governo del presidente rimane in piedi anche dopo l’elezione del nuovo capo dello Stato.
Ed è questa l’opzione che registra un’alleanza traversale tra Matteo Renzi, Dario Franceschini, Veltroni, D’Alema e il vicesegretario Enrico Letta nella versione di un esecutivo che abbia solo un obiettivo: cambiare la legge elettorale.
I bersaniani rimangono aggrappati al preincarico mai revocato del loro leader solo pro forma.
In realtà Bersani è pronto a svolgere il ruolo di regista per le tappe future (a cominciare dalla scelta del presidente della Repubblica) con le mani libere «del segretario del Pd», spiega uno dei suoi fedelissimi.
Quel ruolo non è in discussione. E non vuole metterlo in discussione il diretto interessato, con un passo indietro o di lato.
Soprattutto, in vista della partita per il Quirinale. Sarà lui stesso a guidare le trattative per il Colle, a dire l’ultima parola.
Ecco perchè la direzione può aspettare: le procedure per l’elezione del nuovo capo dello Stato cominciano il 15 aprile, non è ora di un dibattito interno.
Questa linea espone certo il segretario al vento dei sospetti, dei veleni e delle interviste. Di un
fuoco incrociato, cioè, sulla condotta tenuta fin qui. E se la direzione può essere posticipata, molti dei suoi critici organizzano la battaglia nei gruppi parlamentari.
Chiedendone la convocazione il prima possibile, per una discussione vera, a cuore aperto. I numeri dei gruppi parlamentari sono diversi da quelli della direzione e le mosse sulle presidenze delle Camere non favoriscono l’unità intorno a Bersani.
Quindi la “sospensione” decisa dal Colle e il voto sul presidente lasciano aperta la porta a un governo istituzionale. «I saggi preparano una soluzione anche per chi verrà dopo Napolitano», spiega un deputato Pd che considera indispensabile un’intesa con il centrodestra.
La pensa così anche Paolo Gentiloni, deputato renziano.
«È necessario difendere il lavoro portato avanti dal presidente della Repubblica e non renderlo complicato, visto che già è difficile. Male che vada sarà un lavoro istruttorio che utilizzerà il suo successore».
Il punto è non far precipitare la crisi verso le elezioni anticipate. «Abbiamo avuto un no da parte di Berlusconi e dal Movimento 5 Stelle e abbiamo giustamente detto no ad una coalizione politica Bersani-Berlusconi. In questa situazione il presidente della Repubblica non poteva fare altro, anche perchè il voto nell’immediato sarebbe una follia».
Gentiloni considera prematura dunque una discussione interna al Pd. «Lasciamo lavorare Napolitano », è la sua parola d’ordine.
Ma anche i sostenitori del governo del presidente temono il confronto, al pari degli altri.
Perchè la conta su «voto subito o no» può riservare delle sorprese.
I Giovani Turchi di Orlando, Fassina e Orfini sono contrari a qualsiasi intesa con il Pdl.
A costo di correre verso le urne.
«In quel caso – spiega Orfini – se Renzi crea le condizioni giuste, sarà lui il leader di tutti. Altrimenti, troveremo un’altra candidatura per le primarie».
Goffredo De Marchis
(da “La Repubblica”)
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