PENATI, PROCESSO VERSO LA PRESCRIZIONE
E L’EX PRESIDENTE PD DELLA PROVINCIA DI MILANO FA RETROMARCIA SULLA RINUNCIA
«La decisione del gup di due giorni fa non mi riguarda, non voglio commentare. Io ho chiesto il rito immediato. Aspetto di essere processato. Non so se le mie posizioni andranno in prescrizione, deciderà il giudice».
Mentre i filoni più importanti dell’inchiesta dei pm di Monza Franca Macchia e Walter Mapelli sono stati travolti dalla legge “anticorruzione” che ha accorciato i termini di prescrizione, ieri Filippo Penati, ex presidente della Provincia di Milano ed ex capo della segreteria politica di Pierluigi Bersani, ha preferito non svelare se si avvarrà o meno della prescrizione.
Eppure, soltanto una decina di giorni prima dell’approvazione del disegno di legge del ministro della Giustizia Paola Severino, l’ex politico Pd aveva assicurato che di quella via d’uscita non si sarebbe mai avvalso.
«Rinuncerò alla prescrizione se il ddl anticorruzione avrà effetto su qualche reato. Ho già più volte detto che chiederò il rito immediato perchè, dopo 28 mesi di indagini, voglio il processo». Poi ancora, dopo che quel testo divenne legge, a fine ottobre, disse di nuovo all’Ansa il suo proposito: «Ribadisco di volere il processo».
Quattro mesi dopo l’introduzione della “concussione per induzione” – che riduce le pene (da 12 anni a 8) e i termini di prescrizione (da 15 a 10) della vecchia concussione – la riforma ha salvato tutti gli uomini delle cooperative rosse: il vicepresidente del Consorzio Cooperative Costruttori Omer Degli Esposti, e i due consulenti Gianpaolo Salami e Francesco Aniello, beneficiari di consulenze per «prestazioni inesistenti» pari a 2,4 milioni di euro. Degli stessi (e di altri) capi d’imputazione dovrà rispondere anche Penati. Tra due mesi, il 13 maggio, l’ex politico Pd, assistito dai legali Matteo Calori e Nerio Diodà , affronterà la prima udienza del giudizio immediato, insieme a un altro indagato che ha optato per lo stesso rito, l’ex segretario generale della provincia di Milano Antonino Princiotta, difeso dall’avvocato Luca Giuliante.
Quel giorno Penati si troverà di fronte al bivio.
E potrebbe annunciare se avvalersi o meno della prescrizione per i tre casi di concussione: le tangenti per l’area Falck, per la Marelli, e per le consulenze alle coop rosse.
Per il politico restano comunque in piedi i capi d’imputazione minori: le presunte corruzioni del Sitam (il sistema di trasporti pubblici locali), la terza corsia della A7, i 368mila euro di presunti finanziamenti illeciti alla fondazione “Fare Metropoli”.
Intanto i pm Macchia e Mapelli non si fermano e in questi giorni hanno depositato nuovi recenti atti d’indagine in vista del dibattimento.
Tra questi, un interrogatorio dell’8 febbraio 2013 dell’imprenditore Piero Di Caterina, il grande accusatore del “Sistema Sesto”.
«Ribadisco che tutti i pagamenti a Penati sono avvenuti a Sesto San Giovanni», ha dichiarato Di Caterina, che poi ricostruisce le fasi della «finta compravendita » con Bruno Binasco, manager dei Gavio.
Un contratto che, secondo l’accusa, serviva solo a far incassare due milioni di caparra a Di Caterina, come parziale restituzione dei soldi che l’imprenditore aveva negli anni “prestato” all’ex politico Pd. «A fronte delle mie richieste di restituzioni del denaro versato – dice ai pm Di Caterina – dopo aver scartato alcune proposte di Penati (la concessione di linee di credito da Intesa o Bpm, o di lavori da parte di Gavio, da me ritenute inidonee perchè non conformi agli accordi “prestiti contro restituzioni”), trovammo un punto d’incontro nella cessione di un mio immobile».
Entrano nell’inchiesta, con un verbale del 10 dicembre 2012, anche le dichiarazioni dell’architetto Giorgio Goggi, ex assessore della giunta di Gabriele Albertini.
Il professionista racconta ai pm le fasi precedenti alla vendita alla Provincia di Penati del 15% della Serravalle.
Operazione che fece incassare nel 2005 ai Gavio una plusvalenza di 179 milioni.
«Albertini mi disse che aveva saputo dell’intenzione di Penati di acquistare le azioni di Gavio. Incontrai Gavio e gli chiesi se era disponibile ancora ad acquistare le nostre. Lui mi disse che l’offerta non era più valida perchè lui si era già impegnato con Fassino e D’Alema. Compresi che la vendita a Penati rientrava in una dimensione più grande, a livello nazionale».
(da “La Repubblica”)
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