PERCHE’ DOVREMMO DARE IL NOBEL DELLA PACE AI GIORNALISTI DI GAZA
RACCONTARE E’ UN ATTO DI RESISTENZA, LA VERITA’ A COSTO DELLA VITA
Una persona uccisa sarebbe troppa. Sarebbe troppo un panettiere, un’insegnante, un’idraulica, una sola animatrice di feste per bambini uccisa a Gaza, sarebbe troppa. Anche un solo giornalista ucciso sarebbe troppo. A Gaza, poi, siamo al record dei record. Lo possiamo chiamare senza esitazioni il genocidio dei giornalisti (e quello dei panettieri, degli insegnanti e degli animatori di feste per bambini). È cominciato col divieto d’ingresso per tutti i giornalisti internazionali, poi è proseguito con la mattanza di quelli palestinesi. Uomini e donne. Il genocidio ha agito da genocidio: selettivo con una popolazione, a partire dai bambini perché poi tanto crescono. Disumano.
Al Jazeera ha pubblicato la lista completa dei 278 giornalisti uccisi a Gaza dal 7 ottobre 2023. Una lista aggiornata a oggi, e se non mi sbrigo a finire questo pezzo, questo numero diventerà vecchio. Il silenzio su Gaza non è solo effetto collaterale: è progetto. Israele impedisce ancora oggi ai media stranieri di entrare nella Striscia di Gaza. Se ne parla comunque, di quello che avviene? Sì, ma spesso poco (sì, comunque poco), e male. Ridurre le testimonianze del crimine è funzionale a proseguire il crimine stesso. E passa dalla riduzione del mondo a spettatore.
Raccontare è un atto di Resistenza – e sì, la scrivo con la maiuscola perché sono cresciuto col valore delle parole e so che chi sa e tace, o chi può ma sceglie di non disturbare il bombarolo, è complice. Mariam Abu Dagga lo sapeva e non ha smesso di scrivere, nemmeno dopo essere riuscita a far evacuare da Gaza suo figlio di tredici anni. Ha continuato a fare quello che sapeva fare: testimoniare. Era il suo modo di essere completamente madre. Mariam Abu Dagga ha agito con le parole finché ha potuto. Poi con il corpo nel momento in cui le parole le sono state sottratte con un bombardamento all’ospedale
Nasser, dove è stata uccisa insieme ad altri quattro suoi colleghi.
/da Fanpage)
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