PRIMO MAGGIO DEL JOBS ACT CON 138.000 DISOCCUPATI IN PIU’
COSàŒ “RIPARTE L’ITALIA”, COME ANNUNCIANO OGNI SETTIMANA PREMIER E GIORNALI… RISPETTO AL 2014 LE PERSONE SENZA LAVORO SONO AUMENTATE DEL 4,4 PER CENTO
Per tracciare un bilancio si parte sempre da dati e statistiche. E se la disoccupazione sale e l’occupazione scende, non è imprudente dire che il primo maggio del Jobs Act renziano è quello che si specchia nei numeri diffusi ieri dall’Istat.
A marzo, secondo le analisi dell’Istituto italiano di statistica, il mercato del lavoro è in piena crisi, con 138 mila disoccupati in più e 70 mila occupati in meno rispetto allo stesso mese dell’ anno scorso (-59mila rispetto a febbraio 2015).
I cali che si erano registrati a dicembre e a gennaio sono stati annullati, cancellati, da un unico dato: il numero dei disoccupati è salito del 4,4 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente e il tasso di disoccupazione è pari al 13 per cento (0,5 per cento in più nell’arco dodici mesi).
Così il dato si avvicina al picco di valore di novembre scorso (13,2 per cento) ed è parallelo al tasso di occupazione, che invece scende al 55,5 per cento, raggiungendo i livelli di aprile 2014. Non contenti, allarghiamo lo spettro di osservazione fino ai dati sulla disoccupazione giovanile. La situazione non è migliore.
A marzo, il tasso risale al 43,1 per cento, con un aumento di 0,3 punti rispetto al 42,8 di febbraio.
È un altro passo indietro perchè si tratta del livello più alto raggiunto da agosto scorso.
E, a marzo, le persone in cerca di occupazione in Italia erano circa 3,3 milioni, in aumento di mese in mese (+ 1,6 per cento rispetto a febbraio).
“Questi dati erano più che prevedibili — spiega al Fatto Quotidiano il sociologo ed economista Luciano Gallino — e sono destinati a peggiorare perchè conseguenza di politiche di austerità fondate su tagli forsennati alle spese dello Stato e al lavoro. Si rinuncia agli infermieri nella sanità , agli insegnanti nella scuola pubblica, a migliaia di operai nelle fabbriche: crolla la domanda interna e crolla anche l’occupazione. E, ovviamente, aumenta la disoccupazione. Una dinamica che va avanti da almeno tre governi. Ma quello attuale sta esagerando”.
Forza Italia, Lega e sindacati sono immediatamente intervenuti nel dibattito, sottolineando la disparità tra i dati Istat e gli annunci sul Jobs Act del presidente del Consiglio nei mesi scorsi.
A margine della cerimonia di commemorazione di Pio La Torre e Rosario Di Salvo, a Palermo, il segretario della Cgil, Susanna Camusso, ha parlato di emergenza nel Paese: “Il tema del lavoro — ha detto — dovrebbe essere l’ossessione quotidiana di chi ci governa. Ma non mi pare sia così”.
Una settimana fa, il ministero del Lavoro aveva celebrato la creazione di 92 mila posti in più a marzo 2015. Dopo qualche ora, lo stesso ministro Giuliano Poletti aveva specificato che il dato si riferiva soprattutto alla trasformazione dei contratti già esistenti in contratti a tempo indeterminato, nella tipologia introdotta con il Jobs Act.
Quelli attivati ex novo nel 2015, insomma, rispetto all’anno precedente sarebbero solo 19 mila, al netto delle cessazioni.
Lo stesso Poletti ha richiamato questa circostanza, ieri, in risposta ai commenti di sindacati e opposizioni.
I numeri, ha spiegato, andrebbero letti in un quadro complessivo dove segnali positivi si incrociano con elementi di criticità tipici di una situazione economica ancora non stabilizzata. Tutto e niente. Perchè, in fondo, i cambiamenti sembrano essere temporanei e privi di effetto a lungo termine.
“Il mutamento della tipologia di contratto è solo un grosso regalo alle imprese — spiega Gallino -. Gli incentivi alle assunzioni per le aziende sono stati introdotti con la legge di stabilità e determinano un risparmio per le aziende pari almeno a 8mila euro all’anno per ogni nuovo contratto a tutele crescenti”.
Una spinta che riduce il costo della forza lavoro di almeno il 30 per cento. E così le aziende cambiano più volentieri tipologia di contratto a chi già ne ha uno temporaneo.
Ma poi non assumono nessuno.
A tirare in ballo il Jobs Act, ieri, ci ha pensato il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti: “Il Jobs act non ha poteri taumaturgici — ha detto — i dati Istat sulla disoccupazione riguardano il mese di marzo e la riforma è stata approvata da poco”.
Secondo il ministro è quindi ancora presto per vederne gli effetti che, invece, arriveranno nei prossimi mesi.
“L’unico effetto che può avere il Jobs Act è peggiorativo — commenta invece Gallino — Perchè sotto la ridicola etichetta del contratto a tutele crescenti, autorizza il licenziamento libero. A fronte di qualunque causa: economica, aziendale, corretta o meno. Ogni piccola cosa può essere un pretesto per il licenziamento, senza possibilità di reintegro. Questa riforma del lavoro, sembra un copia e incolla dei rapporti dell’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) degli anni Novanta. Nel 1994 volevano dimostrare che una minore tutela legale, generava un conseguente aumento dell’occupazione. Dieci anni dopo, la stessa Ocse ha riconosciuto che non c’era una sola prova attendibile che supportasse questa teoria. Abbiamo scopiazzato quelle idee senza capirne l’assurdità .”
“Il Jobs Act — conclude amaro Gallino — ha calpestato il Primo maggio. E questo è anche il miglior motivo per festeggiarlo”.
Virginia Della Sala
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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