QUANDO IL TRICOLORE DIVENTA UN’ANOMALIA: A VENEZIA INSULTI LEGHISTI, LA POLIZIA FERMA CHI PORTAVA LA BANDIERA ITALIANA
NON ESISTE SOLO LA MAFIA CHE GOVERNA CERTI TERRITORI DEL SUD, SOSTITUENDOSI ALLE LEGGI DELLO STATO….A VENEZIA, DURANTE IL RADUNO DELLA LEGA, C’E’ LA MAFIA PADANA CHE IMPEDISCE DI ESPORRE LA BANDIERA ITALIANA… E LA PRESUNTA DESTRA, INVECE CHE SCENDERE IN PIAZZA A DIFENDERE IL TRICOLORE, LASCIA ALLA SINISTRA LA DIFESA DELL’UNITA’ NAZIONALE
Il fatto, di cui oggi parlano diversi quotidiani nazionali, è emblematico dello stato confusionale in cui versa la destra italiana, vera o presunta che sia.
Illustriamo il fatto da cui partire per una analisi.
“Fermati ed identificati dalla polizia per avere con noi il tricolore. Insultati e derisi da decine di leghisti esaltati ed urlanti – rischiando il linciaggio da parte di questi ultimi e una denuncia (per manifestazione non autorizzata e per aver provocato disordini) da parte della polizia”.
Questo è accaduto, secondo la denuncia di un consigliere comunale di Venezia, Marco Gavagnin della lista Cinque stelle e del Blogger Paolo Papillo di Informazione dal basso domenica scorsa, durante la Festa dei popoli padani: i due hanno voluto provare a vedere cosa sarebbe successo a passeggiare per il capoluogo veneto con indosso una bandiera italiana.
Il risultato per quanto sorprendente è descritto da loro stessi: “Siamo stati identificati noi, non quelli che ci insultavano; e ci avrebbero senz’altro aggrediti, se non ci fosse stato il cordone di polizia a proteggerci. Ci hanno cacciato, accompagnati distanti dal luogo della manifestazione leghista e fatti disperdere. Esporre il tricolore durante la festa della Lega – festa che vedeva presente lo stesso Ministro degli Interni – è diventata una provocazione politica”.
“Eravamo in una decina – raccontano – ci eravamo incamminati lungo il ponte dopo il quale iniziava a svolgersi la manifestazione leghista, ci è stato impedito da agenti in tenuta antisommossa e da uomini della Digos di proseguire verso Riva dei Sette Martiri e Via Garibaldi: luoghi paradossalmente scelti quali teatro della manifestazione di questa forza di governo che non si riconosce nei simboli della nostra Repubblica e ne disconosce la storia scritta nel sangue di tanti patrioti”.
“Subito dopo – continua il racconto – decine di leghisti (uomini e donne, vecchi e giovani) ci hanno spintonato e strattonato, cercando anche di sottrarci le telecamere; ci hanno insultato anche pesantemente, con vari improperi che andavano da “pirla” a “cretini”, da “pagliacci” a “omossessuali” e “culattoni”. Naturalmente ci hanno accusati di essere “comunisti”, dei “rompicoglioni”, o più semplicemente dei “lazzaroni”: “andate a lavorare!” ci dicevano.
“Questi però – si lamentano – non sono stati identificati. No. Eravamo noi – quelli col tricolore – l’anomalia, quelli fuori posto, i sobillatori. Mentre loro – quelli che inneggiavano alla secessione, i fautori della “padania che non c’è”, con le magliette e gli striscioni con la scritta “padania libera” – erano quelli normali… un completo ribaltamento di senso!”.
Mettiamo pure in conto che l’iniziativa possa essere stata interpretata come una provocazione, ma i grillini erano dieci, non migliaia.
Va ricordato che da oltre un migliaio di finestre della città erano esposte delle bandiere tricolori, come forme di civile dissenso nei confronti dei fautori del dito medio alzato e dei rutti padani.
Se non vi fosse un odio per il nostro Paese, alla base di certi comportamenti, i dieci ragazzi sarebbero stati ignorati e lasciati camminare civilmente, come altrettanto civilmente possono passeggiare i leghisti per le strade del sud.
E non vi sarebbe stata neanche la notizia e le relative polemiche sullo strano atteggiamento della polizia che, su imput evidentememte dall’alto, ha provveduto a identificare solo chi portava il tricolore e non la teppaglia che insultava.
E’ il nuovo corso di cui dobbiamo ringraziare Silvio per aver messo un incapace al ministero degli Interni.
Ma andiamo oltre nel ragionamento: dov’era la destra?
Quella presunta e militante dei Gasparri e dei La Russa, degli Alemanno e degli Storace, quella idealista della Santanchè e di Feltri, quella di Veneziani e Malgieri?
Quelli che accusano Fini di aver tradito le idee della destra, dov’erano?
Nascosti nei cessi del Danieli?
Come mai hanno lasciato ai grillini e alla sinistra il monopolio della difesa del tricolore?
Forse lo hanno sostituito nel frattempo con la bandiera libica?
Dov’era la destra che in altri tempi sarebbe scesa in piazza per difendere l’unità nazionale?
Quella destra avrebbe sommerso di pitali di urina del Po le teste degli spacciatori padani.
Oggi invece dovremmo votare per un premier “sedicente capo di un govermicchio di centrodestra affaristico” che invita i taroccatori secessionisti ogni lunedi a cena nella sua magione, che regala loro voti e presidenze di regioni, che gli permette di incollare sui banchi di scuola simboli di partito scippati, cosa che non hanno mai fatto neanche i veterocomunisti a suo tempo.
Tutto per pararsi il culo da due processi cui avrebbe avuto il dovere, come i comuni cittadini, di presentarsi, in base al principio dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Ma oggi c’è chi è più uguale di altri.
Oggi si può giustificare anche chi mitraglia, da una nave italiana da noi regalata e con a bordo dei nostri ufficiali, dei nostri connazionali inermi.
Oggi si può sputare sul tricolore e su chi lo porta.
E’ la grande rivoluzione nazionale, patriottica e liberale del centrodestra italiano.
Un dono dal cielo, come Putin per la Russia, tanto per capirci.
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