QUESTO E’ UN ITALIANO: COLPITO DA INFARTO MENTRE GUIDA L’AMBULANZA RIESCE A PORTARE LA PAZIENTE IN OSPEDALE
IN UN PAESE DOVE PREVALGONO EGOISMI E OGNUNO PENSA SOLO A SE STESSO, MASSIMILIANO E’ L’EMBLEMA DI UN POPOLO CHE SA ANCORA ESSERE COMUNITA’
«Tutto è cominciato con un forte mal di pancia. Ho pensato «Dai, non è niente, sarà l’aria condizionata. E poi abbiamo fatto colazione da poco».
Ma più guidavo verso Civitavecchia e peggio mi sentivo…».
Massimiliano Ceci, 51 anni ad agosto, è l’eroe del 118: con un infarto in agguato che stava per colpirlo, ha continuato a guidare l’ambulanza pur di far arrivare in ospedale l’anziana paziente appena soccorsa a Cerveteri.
L’infarto lo ha colpito pochi istanti dopo aver fermato l’ambulanza al pronto soccorso del San Paolo di Civitavecchia.
Un attacco forte, profondo, che l’ha quasi ucciso.
«Guido per l’Ares 118 da 27 anni, prima nella postazione a Prati ora a Ladispoli – racconta Ceci, ricoverato in terapia sub-intensiva al Santo Spirito, sul lungotevere, dove è stato sottoposto ad angioplastica.
“Scene come queste le ho viste di frequente, i sintomi li ho riconosciuti quasi subito, ma viverle addosso è un’altra cosa».
La giornata era cominciata con il soccorso a Cerveteri a una pensionata di 91 anni con un problema cerebrale, forse un ictus.
Un soccorso in codice rosso, con Ceci al volante e il collega (da un anno e mezzo) Dario Mastrodonato ad assistere l’anziana sulla lettiga.
«Sull’autostrada ho avvertito un peso sul petto, il braccio sinistro dolente – ricorda l’autista eroe, sposato, con una figlia di 15 anni -, mi sono voltato e ho detto a Dario: «Mi sento male, ma ancora ce la faccio».
Parole che hanno scosso il collega, più forti della sirena dell’ambulanza.
Fra i due lo scambio è stato continuo. Un lungo sostenersi a vicenda.
La direzione dell’Ares ha elogiato la dedizione al lavoro dell’autista che ha messo in primo piano la vita della paziente.
Sull’ambulanza la tensione è salita in un attimo: «Al casello ho cominciato a sudare freddo, ho capito quello che stava accadendo, mancavano ancora quattro chilometri. Stavamo vicini, ero vigile, ma stavo sempre peggio», racconta ancora Ceci.
«E pensare che non ho mai avuto problemi di salute. Fumo, anzi fumavo, ora devo smettere per forza. Ho il colesterolo cattivo normale, nessuna familiarità . Pensavo di stare tranquillo. Certo il lavoro è stressante, soprattutto dopo tanti anni».
Al San Paolo la novantenne è stata assistita subito da un medico.
Nello stesso momento Ceci, sottoposto a trombolisi, è andato in defibrillazione: «Mi hanno raccontato che il cuore si è fermato, poi è ripartito.
Ha sofferto, c’è stata scarsa irrorazione di sangue.
“I medici dicono che posso riprendermi, ma basta stress. L’importante però – conclude l’autista – è che posso raccontare questa storia».
Rinaldo Frignani
(da “il Corriere della Sera”)
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