RAPPORTO UE: I NUOVI POVERI SONO I GIOVANI
PENSIONI CONTRO SUSSIDI, ANZIANI PIU’ TUTELATI… SOCIAL JUSTICE INDEX: L’ITALIA IN FONDO ALLA CLASSIFICA
C’è un fantasma che si aggira per l’Europa. E risponde al nome di ingiustizia sociale. Con una divisione che si fa sempre più marcata tra le generazioni, con i giovani che sono sempre più in difficoltà dal punto di vista economico, lavorativo e di opportunità .
Un solco che cresce all’interno dell’Unione Europa anche tra gli stati membri, con i paesi dell’area del Mediterraneo che se la passano sempre peggio e che vedono i loro indici economici peggiorare, nonostante la (modesta) ripresa degli ultimi due anni.
E’ quanto si può leggere nel rapporto della Fondazione Bertelsmann Stiftung di Bruxelles che ogni hanno che pubblica il “Social justice index”.
A scorrere le posizioni della classifica per nazioni non c’è da stare molto allegri: l’Italia si trova in 25esima posizione tra i 28 stati Ue, in coda assieme agli altri paesi del sud Europa.
Non a caso i più colpiti dalla recessione economica. E quelli che fanno più difficoltà a recuperare le posizioni perdute.
Giovani, i grandi perdenti.
Secondo il rapporto, i giovani europei sono “i grandi perdenti della crisi europea economica e del debito”.
Impietosi i numeri a dimostrazione dell’assunto. All’interno dell’Unione europea ci sono 26 milioni di ragazzi e giovani a rischio povertà o esclusione sociale. Di questi, il 27,9 per cento sono minorenni.
Non si tratta solo di mancanza di risorse economiche. A peggiorare la situazione c’è la mancanza di una prospettiva per il futuro, la quale porta molti ragazzi alla rassegnazione: ci sono 5,4 milioni di giovani che non lavorano nè si stanno formando o studiando. E’ la generazione Neet, acronimo che sta per “Not (engaged) in Education, Employment or Training”.
Non studio e non lavoro: i Neet.
In Italia, i giovani che non studiano e non lavorano e nè imparano un mestiere – secondo gli ultimi dati – sono il 26,09% degli under 30.
All’inizio della crisi, nel 2008, erano il 19,15%, quasi 7 punti percentuali in meno.
Tra i giovani “Neet” italiani, il 40% ha abbandonato la scuola prima del diploma secondario superiore, il 49,87% si è fermato dopo il diploma e il 10,13% ha un titolo di studi universitario.
La percentuale di “Neet” è più elevata tra le femmine (27,99%) che tra i maschi. Peggio di noi solo la Spagna. La quale, però è in una condizione meno sfavorevole per la fascia di età tra i 20 e i 24 anni: in Spagna, la percentuale dei giovani che non lavorano nè si stanno formando o studiando è passata dal 16,6 al 24,8%, in italia si sale dal 21,6 al 32%.
Povertà , in aumento tra i giovani.
Altro che poveri pensionati. L’ingiustizia sociale colpisce solo da una parte, dimostrando una volta di più come l’Unione Europea sia per lo più un paese per vecchi.
O, per lo meno, ci sono nazioni che non si possono di certo definire paesi dove ai giovani conviene crescere.
Dal 2007, si legge nello studio Bertelsmann Stiftung, in Spagna, Grecia, Italia e Portogallo il numero dei giovani a rischio povertà ed esclusione sociale è aumentato di 1,2 milioni, passando da 6,4 a 7,6 milioni.
In 25 stati membri questo valore è aumentato, in parte, in misura considerevole dal 2008 e solo in Germania e in Svezia le prospettive per i giovani di questa fascia d’età sono migliorate negli ultimi anni.
Il divario intergenerazionale cresce. In queste condizioni non è potuto che aumentare: se la percentuale media dei ragazzi a rischio povertà ed esclusione sociale è aumentata dal 2007 passando dal 26,4 al 27,9%, il valore corrispondente nella fascia di popolazione a partire dai sessantacinque anni d’età si è ridotto dal 24,4 al 17,8 per cento.
Ciò è dovuto, secondo alla rapporto della Fondazione, al fatto che la riduzione delle rendite e delle pensioni di anzianità è stata meno marcata di quella subita dai redditi della popolazione più giovane o non si è verificata affatto.
Tradotto: la politica ha garantito che il potere di acquisto delle pensioni potesse reggere nonostante la recessione, sacrificando i giovani che sono rimasti con minori tutele sociali.
Il debito pubblico ricade sui giovani. In sostanza, si legge nelle note che accompagnano il “Social Justice index” anche gli effetti del crescente debito pubblico degli stati membri fanno cadere la bilancia solo da una parte, visto che a soffrirre delle risorse pubbliche sempre più scarse sono le giovani generazioni: “Si nota come gli investimenti futuri nell’istruzione o in ricerca e sviluppo ristagnino e l’invecchiamento delle società aumenta la pressione sulla sostenibilità finanziaria dei sistemi di previdenza”.
Il livello di indebitamento degli stati Ue rispetto alla rispettiva performance economica è aumentato in media dal 63% del 2008 all’attuale 88%.
Italia in fondo alla classifica.
Guardando la tabella che riassume la posizione in classifica dei singoli stati membri in rapporto al livello di giustizia sociale, l’Italia si piazza al 25imo posto su 28 paesi. Nonostante l’introduzione del Jobs Act (i cui effetti non si possono ancora misurare) il rapporto sottolinea come ci siano ancora carenze “ancora gravi” del mercato del lavoro.
Rispetto all’indagine del 2014, c’è stato un peggioramento in questo fondamentale: tra il 2008 e il 2014 il tasso di disoccupazione è quasi raddoppiato salendo dal 6,8% al 12,9%, mentre il livello dell’occupazione con una percentuale del 55,7% è rimasto stazionario a un livello molto basso (26o posto).
Solo in Grecia e in Croazia si è registrato un tasso di occupazione ancora più basso. Per i giovani italiani la situazione “si presenta particolarmente drammatica”: dal 2008 al 2014 la disoccupazione giovanile è infatti più che raddoppiata, passando dal 21,2% al 42,7% (25 esimo posto).
Luca Pagni
(da “il Corriere della Sera”)
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