ROMA PIU’ VIOLENTA DI NAPOLI: ALLA CAPITALE LA MAGLIA NERA PER L’USURA
DAL RAPPORTO “LE MANI DELLA CRIMINALITA’ SULLE IMPRESE” EMERGE UNA CITTA’ MENO SICURA… NEL 2011 RAPINE AUMENTATE DELL’11%… OGNI GIORNO IN ITALIA 50 AZIENDE CHIUDONO A CAUSA DELLO STROZZINAGGIO
Roma è sempre più violenta. Tra omicidi, estorsioni, regolamenti di conti, usure e rapine, la Capitale è diventata una città sempre meno sicura, più violenta di Catania, Palermo, Napoli o Reggio Calabria, capoluoghi a forte radicamento mafioso.
Va a Roma, inoltre, il triste primato di capitale dell’usura.
A lanciare l’allarme è Sos Impresa e Confesercenti nel XIII rapporto ‘Le mani della criminalità sulle imprese’.
La rapina del 4 gennaio nel quartiere di Tor Pignattara ha inaugurato il 2012 “confermando lo stato di emergenza sicurezza in cui versa Roma, da almeno cinque anni. La lunga scia di sangue dell’anno appena conclusosi ha contato 20 sparatorie e 30 omicidi. Più di quanti se ne siano verificati a Catania, Palermo, Napoli o Reggio Calabria”, denuncia il rapporto.
E a questi gesti eclatanti bisogna aggiungere il numero di altri reati, dall’omicidio alle lesioni, aumentati nel 2010 e nel 2011.
In particolare l’anno scorso le rapine a Roma sono aumentate dell’11% e “i principali obiettivi dei rapinatori sono diventati quegli esercizi commerciali che non possono contare su forme di controllo quali vigilanti o casseforti, o che non pagano il pizzo”. Dal rapporto, poi, emerge che “la violenza investe le periferie e le borgate, ma anche il centro storico e quartieri più ricchi come Prati, l’Eur e i Parioli.
“Sicuramente la lunga scia di sangue – rileva Sos Impresa – non può essere imputabile ad un’unica regia criminale. Probabilmente ci troviamo di fronte ad organizzazioni diverse che si contendono il ricco territorio della Capitale”.
A Roma, poi, “malgrado le rassicurazioni e le firme di patti di vario genere, l’ondata di conflitti a fuoco non accenna a smorzarsi e la paura cresce tra tutti gli strati sociali. A questo bisogna aggiungere la scarsità di uomini e mezzi in dotazione delle forze dell’ordine”.
Infine, sul fronte dell’usura, il Lazio e la Capitale sono tra i più colpiti dal fenomeno. Secondo Sos Impresa sono circa 28mila (pari al 32%) il numero di commercianti del Lazio coinvolti in fatti usurai. Roma, in particolare, “è da decenni il luogo per eccellenza dell’usura”.
L’usura costringe alla chiusura 50 aziende al giorno e ha bruciato in un anno circa 130mila posti di lavoro, denuncia il rapporto che sottolinea come il fenomeno, ”alimentato dalla crisi economica”, assuma dimensioni sempre più preoccupanti: i commercianti vittime sono 200mila, ma le posizioni debitorie sono almeno il triplo, e il numero degli strozzini è lievitato da 25mila a oltre 40mila.
Sono 190mila le imprese che negli ultimi tre anni hanno chiuso i battenti per debiti o usura: l’indebitamento medio delle imprese ha raggiunto i 180mila euro, quasi raddoppiato nell’ultimo decennio, e continuano a crescere anche i fallimenti, che dopo il +26,6% del 2009 hanno raggiunto il +46% nel primo trimestre del 2010, con un trend che farà superare largamente le 12mila chiusure.
In soffitta o quasi la figura del vecchio ‘cravattaro’ crescono gli usurai dalla faccia pulita, ”dalle società di servizi e mediazione finanziaria a reti strutturate e professionalizzate, fino a soggetti legati a organizzazioni mafiose”.
Ed è proprio questo, denuncia il rapporto, il cambio di mentalità più allarmante: ”Molti boss non considerano più spregevole tale attività , anzi il titolo di usuraio mafioso si inserisce compiutamente in quell’economia corsara, immensamente ricca e altrettanto spregiudicata, priva di regole e remore”.
La ‘Mafia spa’ muove un fatturato che si aggira intorno ai 140 miliardi di euro, con un utile che supera i 100 miliardi, al netto degli investimenti.
Una sorta di grande ‘holding economica’, insomma, sottolinea Confesercenti.
“Si parla di ‘Mafia spa’, come l’abbiamo ribattezzata nel 2006, per fare riferimento alla grandezza e alla potenza economica delle organizzazioni criminali – spiega Lino Busà , presidente di Sos Impresa – e quest’anno diamo un dato in più: 65 miliardi di liquidità in possesso di questi clan. In un momento in cui non c’è liquidità per nessuno, le mafie hanno grandi disponibilità . Risorse che vengono investite in continuazione, con una crescita enorme del patrimonio mafioso”.
Il solo ramo commerciale della criminalità mafiosa sfiora i cento miliardi di euro, pari a circa il 7% del pil nazionale.
Una massa enorme di risorse che, ogni giorno, vengono trasferiti dai commercianti ai malavitosi. In Italia le imprese subiscono quasi un reato a minuto, per un totale di 1.300 reati al giorno.
“Il fenomeno è molto ampio, va al di là del commercio. Abbraccia il mercato di produzione, a volte in modo quasi completo, come in alcune regioni del sud, ma anche in molti territori del settentrione. Solamente l’usura, che spesso viene considerata un ‘reato minore’, ha il controllo di duecentomila imprenditori italiani, osserva Marco Venturi, presidente di Confesercenti. La mafia oggi si fa impresa, agisce su più livelli e in modo trasversale rispetto alle componenti della società “.
(da “La Repubblica”)
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