SACCOMANNI NON ESCLUDE LA MANOVRA CORRETTIVA
STABILIZZARE I PRECARI CI FAREBBE SFORARE IL 3%…. IL SECONDO DECRETO DEL FARE RINVIATO: NORME TROPPO COSTOSE
La tensione sui conti pubblici, attestati nelle stime del governo per quest’anno a quota 2,9 per cento, può innescarsi da un momento all’altro.
Lo testimoniano l’allarme della Bce, le preoccupazioni di Bruxelles ma anche il continuo braccio di ferro, sul quale devono vigilare i tecnici della Ragioneria generale dello Stato, e che può dar corso da un momento all’altro ad un preoccupante sforamento del deficit.
E’ il caso del cosiddetto decreto del «fare 2», circolato in bozze ieri abbondantemente, ma decisamente smentito dal ministero per lo Sviluppo economico.
Al di là del merito il «giallo» sul decreto riguarda proprio i conti pubblici: una norma prevede infatti la stabilizzazione dei 350 mila precari della pubblica amministrazione (già prorogati fino a giugno e dunque fino al 31 dicembre) il cui costo (circa 30 mila euro ciascuno) raggiungerebbe i 3 miliardi.
Si tratta in termini di Pil di circa lo 0,2, cifra in grado di portare il rapporto di quest’anno oltre la fatidica soglia del 3 per cento fissato a Maastricht.
Il rischio manovra che avrebbe generato la norma, ha procurato il rinvio del decreto. Ma il pericolo è sempre in agguato
Il cronoprogramma delle prossime settimane ci dirà molto di più. Lo stesso Saccomanni ieri ha ricordato che il 20 settembre sarà presentata la «nota di aggiornamento» del Documento di economia e finanza: cioè il primo aggiornamento dei conti pubblici (giacchè l’ultimo Def era di Monti-Grilli) e che il 15 ottobre la legge di Stabilità finanziaria dovrà arrivare in Parlamento e, per la «bollinatura», a Bruxelles.
«Il ministro dell’Economia, con la presentazione del Def deve dire la verità al paese: non possiamo disinteressarci dell’andamento dei conti in corso d’anno», ha dichiarato ieri a Repubblica, Marco Causi, economista e capogruppo del Pd in Commissione Finanze della Camera
Sul tavolo ballano una serie di cifre.
Per quest’anno sono necessari circa 4 miliardi: le risorse per l’Iva (1 miliardo entro fine mese), per l’Imu (2 miliardi entro dicembre), per la cassa integrazione in deroga circa 550 milioni e altri 400 per le missioni militari.
Il buon andamento dello spread e il maggior gettito Iva per l’operazione «crediti-imprese », potranno essere di aiuto, ma non potranno chiudere la partita per la quale sono necessarie nuove coperture.
Altre risorse potranno venire dalla spending review e dalla cessione del patrimonio immobiliare. Tutto verrà tuttavia giocato sul pericoloso filo del 3 per cento.
Il quadro del prossimo anno è altrettanto denso: la manovra destinata a trovare risorse potrebbe raggiungere i 10-15 miliardi (dopo i 4 miliardi della Finanziaria 2013).
Ebbene il problema Imu-service tax si riproporrà e costerà intorno ai 3 miliardi (insieme al patto di stabilità per i Comuni), se non si vorrà l’aumento dell’Iva bisognerà mettere sul tavolo 3,8 miliardi, per evitare l’aumento dei ticket ci vogliono altri 2 miliardi.
Poi c’è la questione del cuneo fiscale: la Confindustria chiede 5 miliardi per l’Irap e i sindacati altri cinque per l’Irpef: magari ci si fermerà a metà strada, ma le risorse necessarie si gonfiano e si raggiungono i 10-15 miliardi per la legge di Stabilità del prossimo anno. Facendo sempre attenzione a non mettere un piede in fallo.
Ultimo snodo sul piano economico, prima della Finanziaria, resta il «fare 2» che rischia così di essere il veicolo di micromisure in quanto con tutta probabilità finirà «collegato» alla legge di Stabilità .
Per ora si annunciano 80 milioni per la circonvallazione di Lucca, il bando per una centrale a carbone nel Sulcis (Sardegna), l’istituzione di una anagrafe dei benzinai (misura anche prevederebbe la chiusura di 3 mila distributori non in regola entro il prossimo anno).
Roberto Petrini
(da “La Repubblica”)
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