SALARIO MINIMO, LA GUERRA PER RIDURRE I NOVE EURO
IL VERO OBIETTIVO DI GOVERNO E AZIENDE E’ FAR SCENDERE LA SOGLIA, COSI’ LA MISURA SAREBBE VANIFICATA
Un mondo composto da oltre quattro milioni di piccole aziende, storica costituency elettorale del centrodestra politico. Interi settori economici che si reggono sui bassi salari. La galassia di ditte che dà vita a catene di appalti, abusando di contrattini e creando precarietà. Ecco chi ha paura della proposta di salario minimo a 9 euro l’ora: quello stesso sistema, improduttivo e inefficiente, che negli ultimi decenni ha reso l’Italia l’unico Paese Ocse a segnare un calo nelle retribuzioni reali. E che oggi, con la sponda del governo di centrodestra, punta a cancellare la proposta o almeno a ridurre la soglia dei 9 euro lordi l’ora (escluse le altre voci, come tredicesima, quattordicesima etc.).
Un’ipotesi a questo punto non da escludere, cioè che alla fine il salario minimo arrivi, ma ben più basso di quella cifra. E che una parte dell’opposizione possa accettare la mediazione. La via preferita della destra resta puntare sulla contrattazione collettiva, ma i dati dicono che non basta: ieri l’Istat ha ricordato che 6,7 milioni di lavoratori hanno il contratto scaduto e malgrado il rallentamento dell’inflazione, la differenza tra crescita dei prezzi e crescita salariale resta superiore al sei per cento. A giugno le retribuzioni sono salire di appena un 3,1%, eppure è crescita più forte da novembre 2009. Il tempo medio di rinnovo per chi ha un contratto scaduto supera abbondantemente i due anni. Insomma, la contrattazione è lenta e non tiene il passo con l’aumento dei prezzi. Se poi la destra volesse estendere il trattamento dei contratti collettivi più rappresentativi a tutti, questo potrebbe creare problemi con alcuni sindacati più piccoli “amici”, come Ugl e Cisal, che spesso firmano contratti al ribasso.
Ricapitolando: all’inizio di luglio tutta l’opposizione (tranne Italia Viva) ha depositato un disegno di legge per un salario minimo a nove euro. Oggi oltre tre milioni di lavoratori guadagnano meno di quella soglia. Governo e maggioranza hanno tentano di sabotarlo e ieri hanno ottenuto di rinviare la discussione a fine settembre. Se non è una chiusura, il rischio è quello di un compromesso al ribasso.
La mossa della destra arriva dopo un lungo attacco coordinato che coinvolge anche imprese e osservatori autorevoli. Persino chi non è contrario all’idea di stabilire un salario minimo per legge, infatti, ha comunque criticato aspramente il fatto di fissarlo a nove euro (lordi), cifra ritenuta troppo alta. L’economista Tito Boeri, ex presidente Inps, ha fatto notare che – prendendo come parametro una via di mezzo tra il 50% del salario medio e il 60% di quello mediano, indicatori riportati nella direttiva europea – arriveremmo a poco più di 7,50 euro. Anche Luigi Marattin, deputato di Italia Viva, si è detto contrario ai nove euro perché – dice – sarebbe il 75% del salario mediano, un livello eccessivo.
Ma a tenere i nostri dati salariali così bassi è la scarsa qualità di parte del tessuto produttivo. L’Italia ha perso quote di industria e visto aumentare le piccole imprese dei servizi e del turismo (in forte crescita). Nel settore alloggio e ristorazione, il 44% dei rapporti di lavoro è sotto i nove euro l’ora: il comparto lamenta la difficoltà nel trovare manodopera, eppure non rinnova il contratto collettivo scaduto quasi due anni fa. I “nuovi” settori hanno creato occupazione precaria e debole, molto part-time, e questo ha tenuto bassi i salari anche per la scarsa produttività. Il nostro Paese – che non ha mai avuto un salario minimo legale – non ha mai fatto nulla per contrastare i contratti pirata, firmati da sindacati “di comodo” per aiutare le imprese a risparmiare fissando minimi molto bassi. A completare, pure vari contratti firmati da Cgil, Cisl e Uil – quindi rappresentativi – prevedono minimi ben sotto i nove euro, come quello della vigilanza.
Questa situazione è sempre stata tollerata, anzi ormai è una scelta di politica economica e industriale. Ecco perché oggi una parte delle nostre imprese teme così tanto il salario minimo. Una soglia di nove euro, invece, alzerebbe l’asticella e, secondo i suoi fautori, spingerebbe le imprese a innovare e a migliorare la produttività. D’altro canto, i parametri della direttiva europea, che prende a riferimento il 50% della media e il 60% della mediana, offrono vita facile a chi vuole sostenere che nove euro siano troppi. Insomma, la pressione di governo, grande stampa e imprese per abbassare la soglia è destinata a salire. Tanto più la proposta delle opposizioni ha un enorme vulnus: vuole aiutare con fondi pubblici le imprese ad adeguare i minimi, scaricando sullo Stato i maggiori costi. Per non dare alibi alle imprese, se ne dà uno alla destra.
(da agenzie)
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