SAROST, 15 GIORNI DI ODISSEA IN MARE PER I 40 PROFUGHI CHE NESSUNO VUOLE
A BORDO ANCHE UN UOMO FERITO E DUE DONNE INCINTE, UNA RISCHIA DI PERDERE IL BAMBINO… LA NAVE FERMA AL LARGO DELLA TUNISIA : “DIVIDIAMO IL PANE, AIUTATECI” … ITALIA, MALTA E FRANCIA SUL BANCO DEGLI IMPUTATI
Oggi sono al quindicesimo giorno in mare, i migranti che nessuno vuole.
Tra loro anche due donne incinte in gravi condizioni di salute. A rilanciare su Twitter la loro odissea è la sezione italiana della ong Sea Watch, che scrive: “Sono da due settimane ignorati dalle istituzioni, che negano sia un porto di sbarco che l’evacuazione delle due donne in gravidanza”.
I migranti invisibili sono quaranta e dal 16 luglio si trovano a bordo della Sarost 5, la motonave di supporto logistico per le piattaforme offshore di gas che li ha soccorsi. Erano stati intercettati in mare, a 90 miglia da Lampedusa, nella zona Sar maltese, dopo un guasto al motore dell’imbarcazione con cui erano partiti dalla Libia cinque giorni prima, e portati su una piattaforma petrolifera da cui la Sarost li ha caricati a bordo.
Ai 40 naufraghi però – provenienti da diversi Paesi africani, dall’Egitto al Mali, dalla Nigeria alla Sierra Leone – nè l’Italia nè Malta nè la Francia hanno concesso l’autorizzazione allo sbarco.
A quel punto la Sarost ha fatto di nuovo rotta verso il Nordafrica e si trova da giorni ferma al largo di Zarzis, in Tunisia, che però non è ritenuta un luogo sicuro dalla comunità internazionale.
A quanto si è appreso, all’inizio i migranti avrebbero chiesto di non essere sbarcati in Tunisia, poi avrebbero cambiato idea, ma il Paese non ha concesso l’ok.
Gli spazi sono ridotti, la nave non è attrezzata per i soccorsi e non c’è personale medico.
Tra i 40 migranti, costretti a dividere con i 14 membri dell’equipaggio le razioni di cibo rimaste, ci sono anche un uomo ferito e due donne incinte, una di sei mesi che ha bisogno di assistenza e una di poche settimane.
Mongi Slim, medico del Comitato tunisino della Mezzaluna rossa che mercoledì scorso è salito a bordo, ha dichiarato: “Abbiamo chiesto almeno per loro una evacuazione immediata, ma senza ricevere risposta”, ha detto. Sempre inascoltati finora gli appelli delle persone salvate e dell’equipaggio.
“Stiamo soffrendo, stiamo soffrendo molto. Sono 14 giorni che non mangiamo. L’equipaggio a bordo divide i pasti con noi ma non è abbastanza. Per favore aiutateci”, hanno detto mercoledì ai microfoni di Radio Radicale.
E ancora: “Abbiamo solo pane, abbiamo perso chili”, abbiate pieta”. “Non aspettiamo viveri o beni di prima necessità , chiediamo una risposta su dove sbarcarli, l’equipaggio è stanco”, ha spiegato a Euronews il comandante in seconda.
Oggi a lanciare un nuovo appello è l’ong Forum tunisino per i diritti economici e sociali (Ftdes), che chiede alle autorità del Paese nordafricano di autorizzare lo sbarco. E sottolinea la “difficile situazione umana” di questi migranti, fermi da due settimane in mare benchè alcuni abbiano bisogno di cure mediche e psicologiche. Il Forum parla di “politiche disumane degli Stati dell’Unione europea che si rifiutano di assumere la responsabilità legale e umana nei confronti dei migranti”.
Mentre la Ue fa sapere che, attraverso la sua delegazione in Tunisia, sta seguendo la vicenda “da vicino, in coordinamento con le autorità tunisine, l’Unhcr, l’Iom e gli Stati Ue”.
Mina Andreeva, vice portavoce della Commissione europea, aggiunge: “Secondo le nostre informazioni, le persone a bordo stanno ricevendo aiuti e cure. Speriamo in sviluppi positivi”.
(da agenzie)
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