SAVINGS HUMANS SCRIVE A MELONI E A MATTARELLA: “BASTA GUERRA ALLE ONG, COOPERIAMO, PRIMA SI SALVA E POI SI DISCUTE”
PAROLE DI BUON SENSO SE LA CONTROPARTE GOVERNATIVA NON FOSSE IN MALEFEDE…CON I RAZZISTI INUTILE DISCUTERE, APPLICARE LA LEGGE
Le Ong scrivono alla premier Giorgia Meloni, al governo e al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e chiedono un coordinamento comune per far fronte allo sforzo straordinario che si rende necessario per i soccorsi in mare nel momento in cui i flussi rischiano di andare fuori controllo.
Per iniziativa della Ong italiana Mediterranea la flotta umanitaria dice: “Basta guerra alle Ong”.
Chiedendo dunque di abbassare il livello dello scontro che contrappone le Ong ai soccorsi di Stato e proponendo una collaborazione sotto il coordinamento del comando generale della Capitaneria di porto, come si faceva e si è sempre fatto nei tempi in cui la guardia costiera coordinava un dispostivo di soccorsi molto ampio di cui erano parte, oltre le Ong, anche le navi mercantili e i pescherecci.
Ecco la lettera, in anteprima per Repubblica: “Vi scriviamo come Mediterranea, associazione italiana legalmente costituita, che gestisce le missioni della nave del soccorso civile “Mare Jonio”, battente bandiera italiana. Dopo la strage di Cutro, ad oggi, più di 100 persone, uomini, donne e bambini, hanno perso la vita in nuovi naufragi nel nostro mare. Al di là di qualsiasi considerazione, è una tragedia umanitaria che il nostro Paese e l’Europa, non possono derubricare a ‘fatale conseguenza della situazione corrente’. Certo, tutto si può spiegare con analisi raffinate, anche se spesso diametralmente contrapposte, sul perché siamo giunti a questo, e sul perché tante vite umane siano state perse. Ma quello dobbiamo invece fare è mettere al centro, qui ed ora, una grande e corale azione immediata, di istituzioni e società civile, di un’intero paese, per impedire innanzitutto che altre morti innocenti insanguinino la nostra storia e il nostro mare”.
“Vi rivolgiamo, con tutta l’umiltà possibile, un’appello che nasce dal profondo della nostra coscienza: basta guerra alle Ong, alle navi del soccorso civile. Cooperiamo per salvare in mare più vite possibili. Produciamo un’azione sinergica, davanti a questo imperativo – salvare! – che possa indurre l’Unione Europea ad uscire dalla sua latitanza su questo tema, e a mettere in campo una missione coordinata di soccorso in vista di una estate che si preannuncia terribile dal punto di vista dei rischi in mare. Vi preghiamo di voler mettere davanti a tutto, posizioni politiche, strategie di lungo respiro, animosità nei nostri confronti, il bene supremo del soccorso verso chi non ha colpe e chiede il nostro aiuto”.
“Vi preghiamo di onorare fino in fondo la storia di questo Paese, della sua tradizione millenaria di accoglienza e immigrazione. Togliere mezzi disponibili e utilizzabili per i soccorsi in mare, equivale in questo momento a condannare a morte centinaia di persone. Delegare alla sedicente ‘guardia costiera libica’ il controllo della zona Sar più grande del Mediterraneo, non metterà al sicuro le persone che tentano di fuggire da quell’inferno. Sapete meglio di noi che la Libia non è un ‘place of safety’, e che ogni loro ‘soccorso’, quando accade, equivale in realtà a una cattura e a una deportazione in un luogo dove la violazione dei diritti umani è sistematica e terribile. Ciò avviene in spregio alla Convenzione di Ginevra sui profughi e rifugiati”.
“Pensare che la Tunisia, con la crisi che sta affrontando e dopo l’incitamento razzista di Saied contro i rifugiati subsahariani, possa ‘salvare’ qualcuno che da lì fugge terrorizzato, non è plausibile. Sommessamente vi ricordiamo che tutti coloro che saranno riportati indietro in questi Paesi, se non vengono uccisi prima, tenteranno di nuovo, ingrassando le grandi mafie del traffico di esseri umani. Vi chiediamo dunque, come previsto peraltro dal Piano Sar Nazionale, di coordinare una grande azione che coinvolga i mezzi militari e civili, per affrontare come farebbe un grande Paese questa strage annunciata e continua. Prima si salva, poi si discute”.
(da La Repubblica)
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