SCAJOLA SI DIFENDE COI PM: “FACEVO SOLO POLITICA”
“VI ASPETTAVO, HO LETTO GLI ATTI E PENSO DI POTER CHIARIRE TUTTO”… ATTI SEGRETATI, SCAJOLA HA RISPOSTO A TUTTE LE CONTESTAZIONI
È la sua versione. Ma stavolta ha risposto eccome, Claudio Scajola. Senza sottrarsi ad alcuna delle contestazioni poste dai pubblici ministeri: nè sui passaggi societari e gli amici pericolosi, come l’ex deputato Pdl latitante per una condanna definitiva di mafia, Amedeo Matacena; nè sui rapporti intrattenuti con eccellenti alleati internazionali come l’ex presidente libanese Gemayel e il mediatore Vincenzo Speziali, l’uomo che “salvava” gli impresentabili; nè sugli acerrimi avversari di Forza Italia che gli avrebbero stroncato la candidatura alle europee, fino a spingere Scajola a sfogare la propria ira al telefono con presunti ricatti, e la minaccia di «far succedere un casino» ai vertici del partito.
Sette ore interrogatorio, nel carcere di Regina Coeli, per il due volte ministro berlusconiano travolto dall’inchiesta del procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, con il sostituto Giuseppe Lombardo e il pm della Dna Francesco Curcio.
Nessuna nuova contestazione, precisano i suoi legali.
Di certo il detenuto Scajola – accusato di aver favorito la latitanza di Matacena (prima a Dubai, poi organizzandogli con provviste di denaro un trasferimento a Beirut) e indagato anche per concorso esterno in associazione mafiosa – respinge qualunque legame con i colletti bianchi delle cosche e sembra rileggere tutto in chiave politica: di rapporti, di informazioni, di contatti internazionali che appartengono alla consuetudine, in estrema sintesi, «di chi è stato nelle istituzioni e occupa un ruolo nella vita pubblica, da anni»
Si difende e ribatte, l’ex ministro dell’Interno che sembrava pronto a resurrezione politica, dopo la clamorosa assoluzione dall’accusa di aver acquistato parte della casa al Colosseo «a sua insaputa».
Poi il blitz che punta al patto tra esponenti politico- istituzionali e le vaste articolazioni economiche e finanziarie della ‘ndrangheta reggina, l’organizzazione con filiali in tutto il mondo, quella che già negli anni Settanta faceva società a Milano e shopping in via Montenapoleone.
Tra gli inquirenti e l’ex ministro si consuma così il primo duello di quella che si annuncia come una lunga e complessa partita giudiziaria. «Vi aspettavo. Ora ho letto gli atti e credo di poter chiarire ogni aspetto», avrebbe esordito Scajola, assistito dagli avvocati Giorgio Perroni ed Elisabetta Busuito. Che sottolineano il «clima sereno» in cui si è svolto il faccia a faccia e rispettano il silenzio imposto dalla magistratura.
Atti secretati, dunque. E comunque, a parte il sintetico verbale, ci vorranno alcuni giorni perchè accusa e difesa vedano trascritta su foglio la lunghissima registrazione dell’interrogatorio.
«C’è molto da lavorare. Punto », confermano i pm all’uscita dal carcere. Più o meno alla stessa ora, a margine di un incontro con gli allievi di una scuola di Macerata Campania, il procuratore Cafiero de Raho mette il dito nella piaga delle collusioni – senza ovviamente riferirsi ad alcuna delle numerose indagini da lui coordinate, prima a Napoli, ora a Reggio.
«Il contrasto alla corruzione va fatto non solo con l’introduzione di nuove norme, ma mediante controlli che sono già possibili e devono essere rigorosi all’interno delle amministrazioni, nelle banche dati e sui cartelli di queste società colluse che puntualmente si presentano alle gare d’appalto ».
Parole durissime sull’inquinamento del Palazzo.
«C’è un problema di etica della politica che ormai esige risposte che arrivino dall’alto – scandisce de Raho – Chi corrompe o è corrotto deve restare perennemente fuori dal sistema della politica, e fuori degli appalti, deve essere isolato. Mentre ora è il contrario: chi non partecipa alla corruzione, si sente isolato».
Bordata finale: «à‰ inimmaginabile che chi è stato condannato per un reato sia ancora sulla scena pubblica».
Conchita Sannino
(da “La Repubblica“)
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