DELL’UTRI IN ITALIA GIOVEDÃŒ. BEIRUT: “PRENDETEVELO PURE, NOI ABBIAMO GUAI PIÙ GROSSI”
TRA UNA SETTIMANA IN LIBANO SI VOTA PER LA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA E NESSUN PRESUNTO AMICO DI DELL’UTRI HA VOLUTO ESPORSI A POLEMICHE INTERNE
«Prendetevelo, prendetevelo e portatevelo in Italia». Il dossier sull’ex senatore Marcello Dell’Utri, non è un caso politico in Libano e «giovedì prossimo sarà estradato in Italia, in ottemperanza al trattato di estradizione che esiste tra Italia e Libano».
Lo dice senza tanti giri di parole il Ministro delle Giustizia libanese, Ashraf Rifi, appena uscito – ieri sera – dal lungo Consiglio dei ministri dove erano in corso trattative per la designazione del nuovo Presidente della Repubblica che dovrebbe essere eletto il 25 maggio.
«Ho trasmesso il rapporto del Procuratore generale al primo ministro», aggiunge. «Non c’è alcun motivo giudiziario per non estradare Dell’Utri: ho preparato un progetto di decreto in cui adotto la posizione del Procuratore e verrà firmato anche dal ministro delle Finanze e dal Presidente della Repubblica. Questa procedura si concluderà entro qualche giorno, probabilmente giovedì, quando il signor Dell’Utri potrà essere mandato in Italia. Non c’è nessun ostacolo, la procedura non verrà interrotta».
Accanto a lui il ministro del Lavoro Sejaan Azzi che, visibilmente infastidito quando gli chiediamo se il Consiglio ha affrontato il “caso Dell’Utri” risponde: «Non è un affare libanese, ma un problema italiano, prendetevelo e portatevelo in Italia, qui abbiamo problemi e guai più gravi da affrontare».
Nel governo Azzi rappresenta il partito di Gemayel (Kataeb), ex presidente del Libano: significa che l’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri è stato “scaricato” anche da quelli che erano i suoi presunti amici politici libanesi.
L’estradizione è dunque ormai una questione di formalità burocratiche. Dopo i pareri positivi del Procuratore generale, Hammud e quello del ministro della Giustizia, si attendono solo le firme scontate del premier e del Presidente della Repubblica.
Dell’Utri, ancora agli “arresti ospedalieri” nella clinica Al Hayat di Beirut è un uomo rassegnato: ha saputo delle evoluzioni del suo caso attraverso la moglie Miranda Ratti e il suo avvocato libanese Azoury che inutilmente in questi giorni ha presentato una serie di ricorsi alla Procura generale per tentare di evitare l’inevitabile.
Ora il passaggio successivo sarà quello della “consegna” del condannato Dell’Utri da parte della polizia libanese, che lo scorterà fino all’aeroporto di Beirut.
Lì sarà prelevato da agenti dell’Interpol che lo imbarcheranno su un volo di linea della compagnia italiana diretto a Fiumicino, da dove sarà trasferito in carcere.
La decisione libanese di “liberarsi” dell’imbarazzante caso Dell’Utri ha provocato un intervento di Silvio Berlusconi, grande amico di Dell’Utri con cui fondò Forza Italia: «Il sì all’estradizione di Marcello dimostra che sbagliava chi diceva che l’ex senatore era andato in Libano per evitare il carcere – afferma Berlusconi intervistato da Rai News – . Essendo persona intelligente non avrebbe scelto un Paese che ha un trattato di estradizione con l’Italia».
L’avvocato palermitano Giuseppe Di Peri, storico difensore di Dell’Utri, raggiunto telefonicamente da Repubblica, reputa invece «strano» il fatto che il Libano abbia fatto così in fretta.
«Trovo davvero strano che il Governo libanese abbia preso una decisione tanto importante in così poco tempo. Appare difficile che i ministri abbiano potuto leggere ben quattro sentenze, migliaia e migliaia di pagine, in poco tempo».
Soddisfazione è stata invece espressa dai pm di Palermo: «Ero pessimista, ma per qualche alchimia politica che non conosco l’estradizione è stata possibile», ha detto il procuratore aggiunto Vittorio Teresi: «È una notizia bellissima e un segnale importante, perchè altrimenti avremmo fatto tutti una pessima figura».
Gli investigatori della Dia di Palermo hanno intanto potuto ricostruire nei dettagli la permanenza di Marcello Dell’Utri in Libano.
Partito il 24 marzo scorso dall’aeroporto di Parigi e diretto a Beirut con il figlio Marco (in attesa della sentenza della Corte di Cassazione che il 9 maggio scorso ha poi confermato la sua condanna definitiva a 7 anni), l’ex senatore avrebbe sempre alloggiato all’Hotel Phoenicia dov’è poi stato intercettato dalla Dia e dall’Interpol italiana il 3 aprile.
Stabile e Viviano
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