“SIAMO RIMASTI TUTTI BERLUSCONIANI: NEMMENO LUI DA VENT’ANNI NE INDOVINAVA PIÙ UNA”
MATTIA FELTRI: “HA MANCATO IN PIENO LA RIVOLUZIONE DIGITALE. LE SUE TRE RETI VIVONO DI VECCHIE GLORIE, UN PUBBLICO INCANUTITO, È ARRIVATO PER ULTIMO E HA FALLITO CON LA PAY TV, LE PIATTAFORME DI STREAMING COME NETFLIX E PRIME SONO IL PANE QUOTIDIANO DEI RAGAZZI
Diventa lui l’artefice e il totem del bipolarismo. Non soltanto la destra ma pure la sinistra vive in simbiosi con Berlusconi: la destra esiste in quanto berlusconiana, la sinistra in quanto antiberlusconiana. La storia della Seconda repubblica (al netto della magistratura) è tutta qui.
Oggi la politica è per intero figlia di Berlusconi. Si vive di sondaggi, per l’evoluzione digitale si vive di like e di follower, si vive di videoclip magari sotto forma di diretta Facebook o monologo per Instagram e TikTok, si vive di battutario, di motteggio, di réclame, la scandalosa Forza Italia ha generato Fratelli d’Italia e Italia Viva e cinque stelle e rinnovamenti e cose così, che vogliono dire tutto e niente. Ma nessuno sa andare oltre Berlusconi: si pigliano gli strumenti nuovi per replicare un insegnamento vecchio.
Vale per la Rai, che ha rincorso per lustri Fininvest e poi Mediaset e oggi si è pienamente canalecinquizzata, pienamente commercializzata, e non ha un’idea per il dopo. Vale per il calcio che dopo le magnificenze degli anni Ottanta e Novanta è rimasto lì a rimirarsi, non ha compiuto un passo in più, osserva senza uno squillo le crapule inglesi, spagnole, francesi e tedesche. Anche in questo siamo rimasti tutti berlusconiani: nemmeno lui da vent’anni ne indovinava più una.
Ha mancato in pieno la rivoluzione digitale. Le sue tre reti vivono di vecchie glorie (i Bellissimi di Retequattro, le Iene, Striscia la notizia, Maria De Filippi) per un pubblico incanutito, è arrivato per ultimo e ha fallito con la pay tv, le piattaforme di streaming come Netflix e Prime sono il pane quotidiano dei ragazzi di oggi quanto Italia Uno era il pane quotidiano dei ragazzi quando i ragazzi eravamo noi. Usava i social come per il messaggio in vhs con la calza di nylon sull’obiettivo.
Con il Milan ha vissuto un lungo e lento declino (lungo e lento è stato il declino suo e lungo e lento è il declino del suo impero televisivo), fatto di acquisti sbagliati, campionati da comprimario, soprattutto di disponibilità economiche non più allineate alle sue ambizioni, e il finale da patron del Monza è stata una berlusconata minore, squadra portata per la prima volta in serie A, l’unico orizzonte in cui il sole calante poteva ancora fugacemente baciarlo in fronte.
Un Berlusconi da sei e mezzo, diciamo, ancora ricco, ancora protagonista, ancora con un ruolo politico, ma niente più di uno straordinario gestore del suo crepuscolo. E infatti non gli restava che celebrare le date, le ricorrenze, il bel tempo che fu, i trionfi ormai dell’altro secolo. Disposto a stare a ruota di questi ragazzacci fintamente deferenti, le Meloni e i Salvini che lo hanno strapazzato con le sue stesse armi giusto un po’ adattate allo smartphone, e infatti il suo scandaloso putinismo non era antiatlantismo ma nostalgia, o più probabilmente autoreclusione nel passato in cui Putin e Bush si scambiavano un segno di pace, e lui era il sommo sacerdote.
Berlusconi è stato un uomo che ha cambiato il mondo e, quando non ha più saputo cambiarlo, si è rifiutato di cambiare col mondo. Ha preferito restare sul trono circondato dalla mitologia di sé stesso, da una finzione allucinata in cui tutti recitavano perché lui ancora si sentisse inarrivabile e immortale. Niente di più respingente, niente di più affascinante di questa lunga vita tutta fuori dall’ordinario.
Mattia Feltri
(da “la Stampa”)
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