SICILIANI E CALABRESI DOVRANNO PAGARE UN PEZZO DI PONTE PER FARE UN PIACERE A SALVINI
TAGLIO DI 2,3 MILIARDI AI FONDI DI SVILUPPO E COESIONE PER LE DUE REGIONI PER FINANZIARE UN’OPERA INUTILE
Per garantire le risorse e finanziare il Ponte sullo Stretto il governo dà una sforbiciata ai Fondi di Sviluppo e Coesione. Un taglio di 2,3 miliardi complessivi dirottati sul collegamento stabile tra Sicilia e Calabria e strappati ad altri interventi, soprattutto infrastrutturali che avrebbero interessato in particolare il Mezzogiorno.
L’atteso quarto emendamento governativo al disegno di legge di Bilancio riduce infatti gli oneri a carico dello Stato, mantenendo lo stanziamento complessivo invariato, 11,6 miliardi al 2032. Qualcuno quindi dovrà pagare e lo faranno i cittadini per primi i cittadini delle due regioni toccate della maxi opera. Lo slittamento di risorse peserà infatti per 1,6 miliardi sulla quota del fondo destinata a Calabria e Sicilia. I restanti 718 milioni arrivano invece dalla quota destinata ai ministeri.
La soluzione per non disattendere le promesse fatte dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, che dell’opera ha fatto il suo cavallo di battaglia, è “nelle more dell’individuazione di fonti di finanziamento atte a ridurre l’onere a carico del bilancio dello Stato”.
Per il 2024, ad esempio lo stanziamento complessivo resterà di 780 milioni, ma lo Stato ne dovrà mettere soltanto 607, mentre 70 arriveranno dalle risorse delle amministrazioni centrali e 103 dalle due regioni interessate al progetto.
Il tema dei costi dell’opera è al centro del dibattito da quando il leader leghista ha deciso di rilanciare il progetto, riesumando dalla liquidazione la Stretto di Messina spa, società incaricata della realizzazione del ponte e il progetto messo nel cassetto durante il governo Monti. Addirittura era servito un emendamento per chiarire che il costo massimo non avrebbe superato quota 13,5 miliardi, cifra indicata nel Documento di economia e finanza ad aprile.
Fonti governative già lunedì avevano definito la scelta di caricare parte dei costi sul fondo di coesione come “un tecnicismo”. Tuttavia anche la Regione Sicilia ha dovuto ripensare allo stanziamento previsto e annunciato di 1 miliardo perché negli interventi del piano sviluppo e coesione (Psc) 2021-2027 nell’isola, dal quale si pensava di attingere, dovranno essere inserite alcune delle opere già programmate dal precedente esecutivo regionale, nonché altri nuovi interventi di forte impatto economico e strategico. I costi per calabresi e siciliani saranno messi nero su bianco negli accordi di coesione che le due amministrazioni stipuleranno con il ministro per gli Affari europei e il Sud, Raffaele Fitto, titolare delle politiche di coesione territoriale.
Ogni anno ci sarà la necessità di reperire i fondi. Entro il 30 giugno e fino all’entrata in esercizio dell’opera, si legge nel testo del correttivo, “il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti presenta informativa al Cipess sulle iniziative intraprese ai fini del reperimento di ulteriori risorse a copertura dei costi di realizzazione dell’opera. Con apposite delibere, su proposta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con il Ministero dell’economia e finanze, il Cipess attesta la sussistenza delle ulteriori risorse”, determinando conseguentemente “la corrispondente riduzione in via prioritaria dell’autorizzazione di spesa e la relativa articolazione annuale”.
Non è l’unica rimodulazione di fondi. Il correttivo sposta infatti risorse dai programmi per l’innovazione e lo sviluppo dei chip verso i contratti di sviluppo per il sostegno di grandi progetti di investimento nei settori industriale, turistico, commerciale e della tutela ambientale che potranno ora contare su 1 miliardo di euro. A scapito della microelettronica però: 300 milioni arriveranno infatti dal fondo per lo sviluppo della tecnologia dei microprocessori, per altro nel mezzo di continui richiami alla necessità di sviluppare un’autonomia strategica nel campo dei chip per affrancarsi dalla dipendenza dall’Asia. Altri 300 milioni saranno tolti alle erogazioni per le aziende che partecipano agli Ipcei, i progetti europei di interesse comune. Tra i quali anche i microchip.
(da agenzie)
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