SISTEMA MARONI: BONIFICI, EXTRA E TITOLI DI STATO
L’EX TESORIERE AL SENATO STIFFONI CHIAMA IN CAUSA CALDEROLI E BRICOLO PER APPARTAMENTI E SPESE PAZZE
I conti correnti della Lega Nord aperti a Roma dal 2006 erano “una prassi, alla quale decisi di adeguarmi” su “indicazione dell’allora capogruppo alla Camera Maroni” per “gestire i fondi e non rendere conto della gestione a fine anno al partito in quanto riteneva che tale gestione fosse di sua insindacabile pertinenza”.
Piergiorgio Stiffoni, ex tesoriere del Carroccio a Palazzo Madama, mette in ordine i ricordi e consegna la documentazione dei conti correnti del partito.
In particolare quello accesso alla Bnl del Senato.
Nel dettaglio delle carte al vaglio degli inquirenti romani, che il Fatto quotidiano ha potuto leggere, oltre all’acquisto di diamanti, ai pagamenti costanti di “fuori busta” compresi tra i due e i quattro mila euro mensili a Roberto Calderoli, Sandro Mazzatorta e all’addetto stampa di Stiffoni, figurano compensi e benefit per l’intero gruppo del Carroccio a Palazzo Madama.
Da Gianpaolo Vallardi, oggi candidato in Veneto (ma in posizione difficilmente eleggibile), ad Armando Valli, Giovanni Torri e tutti i bossiani oggi esclusi dalle liste.
Le carte coinvolgono anche Federico Bricolo, ex capogruppo al Senato: agli atti è allegata la disposizione da lui firmata per “l’indennità extra da versare al senatore Roberto Calderoli”.
E ancora: le lettere contabili “dei bonifici sul conto Bnl del gruppo per il pagamento dell’appartamento in uso a Bricolo”, la “disposizione, per ordine del presidente Bricolo, di integrazione mensile a favore della sua segretaria personale” e molti altri documenti autografi.
Al momento, nel procedimento aperto presso la procura di Roma, figura come indagato il senatore Stiffoni con l’accusa di peculato: nella veste di segretario amministrativo del Carroccio al Senato si sarebbe appropriato, tra il 2008 e il 2009, dei contributi erogati al gruppo trasferiti su conti personali causando un ammanco di oltre 955 mila euro.
Fondi poi restituiti da Stiffoni, salvo, secondo quanto risulta dai riscontri comunicati dai suoi legali, 50 mila euro.
Gli accertamenti svolti dagli inquirenti a seguito dell’interrogatorio rilasciato dall’ex tesoriere il 27 novembre scorso (già pubblicato sul Fatto l’8 gennaio) davanti al pm Roberto Felici hanno portato, come visto, a nuovi fronti di indagini.
A quanto si apprende sono stati acquisiti dalla Procura anche i documenti della movimentazione finanziaria dei conti correnti accesi al Banco di Napoli dal gruppo della Camera.
L’obiettivo è verificare che non ci siano incongruenze al gruppo Montecitorio come quelle riscontrate a Palazzo Madama.
Nell’interrogatorio Stiffoni ha raccontato anche di un investimento da parte del partito di 400 mila euro dei fondi in titoli di Stato ma è sulla nuova Lega di Maroni che si concentra l’attenzione del senatore.
L’attuale candidato alla presidenza della Lombardia per il Carroccio, secondo Stiffoni, aveva ideato il sistema dei conti correnti paralleli da tenere aperti a Roma così da “nascondere” al quartier gene-reale di Via Bellerio i soldi.
“L’onorevole Maroni, quale capogruppo alla Camera, nel 2006 instaurò la prassi di non rendere il conto della gestione a fine anno al partito”.
Nel corso dell’atto istruttorio il senatore, espulso dalla Lega lo scorso aprile, parlando della gestione Maroni ha affermato che “tale intento perseguiva lo scopo di non devolvere al partito eventuali residui della gestione che sarebbero dovuti transitare, come di fatto transitavano, su un altro conto intestato al tesoriere per poi riconfluire sul conto originario nella gestione successiva; tale prassi si è trasferita anche al gruppo del Senato”.
Per questa vicenda la Procura, il 15 gennaio scorso, ha notificato l’avviso di fine indagine allo stesso Stiffoni e alla sua segretaria Maria Manuela Privitera , anche lei per concorso in peculato. Nel corso dell’interrogatorio l’ex tesoriere al Senato ha sostenuto, inoltre, di aver aperto, con il consenso del presidente Bricolo, due conti, nel novembre 2008 e nel gennaio 2010 “per impedire alla segreteria amministrativa del partito di prendere ulteriori somme di denaro oltre a quelle che già versavamo alla Lega”.
I soldi pubblici sono però usciti dal conto per pagare le abitazioni romane ai senatori della Padania, cene, carte prepagate a Media World ma anche a la Rinascente e molti altre spese. Come certificato anche dalle relazioni svolte dalla società di revisione Price Water House.
Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
Leave a Reply