SPESE PAZZE IN REGIONE LIGURIA, LE CERAMICHE CHE INCHIODANO L’UDC E IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE
LA STESSA FATTURA PER GIUSTIFICARE DUE SPESE DIVERSE…. MANCANO ALL’APPELLO ANCHE 110.000 EURO
Li accusano, nero su bianco, di aver riciclato la stessa fattura per giustificare due spese differenti.
E, sempre nero su bianco, di aver «provveduto a una rifusione parziale» delle somme mancanti dai conti che gestivano, ma in un momento nel quale «le inchieste giudiziarie erano di pubblico dominio».
Nelle carte che ieri in tarda mattinata i finanzieri del nucleo di polizia tributaria (agli ordini del colonnello Carlo Vita) hanno notificato a Rosario Monteleone e Marco Limoncini, e in quelle che la Finanza ha trasmesso settimana dopo settimana alla Procura, c’è la sintesi d’una serie di accertamenti partiti da lontano.
Che le stesse Fiamme Gialle avevano più diffusamente illustrato al pm Francesco Pinto con un’informativa a puntate.
Titolo, piuttosto eloquente: «Operazioni sospette ad opera di Monteleone Rosario, Limoncini Marco (capogruppo Udc in consiglio regionale) e Salvatori Tiziana (segretaria personale di Monteleone, ndr).
L’artista di Albisola e i documenti truccati
Come in tutti gli scandali politico-giudiziari che si rispettino, la buccia di banana (meglio: una delle) su cui i vertici dell’Udc sono scivolati, ha una genesi alquanto colorita.
E per capirlo bisogna saltare per un attimo ad Albisola.
Qui, nelle scorse settimane, i finanzieri fanno visita a Paolo Anselmo, artista piuttosto noto in zona. Gli chiedono se possiede ancora la documentazione d’una fornitura di ceramiche (cento animaletti da usare come regali natalizi) che in precedenza gli era stata pagata proprio dall’Unione di centro.
Anzi, con un assegno del presidente del consiglio regionale in persona, Rosario Monteleone.
Anselmo, il cui talento è unanimemente riconosciuto ma che di rado riceve ordini così «importanti» e sostanziosi, ricorda tutto e possiede tutto.
Spiega di aver conservato le carte richieste, ricorda la cifra pagata dall’Udc (per la precisione 10.800 euro) e sfodera quello che è il papello fondamentale: la fattura. «Ricordo che – racconta – ero stato contattato dalla segretaria di Monteleone per la fornitura di cento animaletti di ceramica. Quante fatture ho emesso per l’ordine? Una sola, come mia abitudine».
Il problema, si scopre oggi, è che una copia di quella stessa fattura i finanzieri l’avevano sequestrata fra i «giustificativi» di spesa presentati dal partito: in poche parole, fra gli “scontrini” con i quali si dovrebbe spiegare come sono stati utilizzato i soldi pubblici ottenuti ogni anno per «attività politica».
L’esborso per le ceramiche era inserito alla voce «rappresentanza»; ma aldilà del fatto che si possa considerare tale (e non magari un vero e proprio acquisto privato accollato ai contribuenti) il dettaglio che ha fatto sgranare gli occhi ai militari è stato un altro.
La ricevuta trovata negli archivi dell’Udc (il cliente) è diversa da quella che possiede Anselmo (il fornitore).
E secondo la Procura è stata “ritoccata” per giustificare anche una spesa differente (e poco giustificabile) da quella per cui era stata emessa.
Gli inquirenti pensano insomma che sia stata usata due volte, senza ovviamente che l’artista ne sapesse nulla.
Ecco perchè nei confronti di Montelone e Limoncini scatta l’accusa di falso in scrittura privata.
«Incroci continui presidenza-partito»
L’affaire ceramiche, dal punto di vista della cifra (quegli 11 mila euro spesi non si sa come e giustificati con la possibile “clonazione” della fattura di Paolo Anselmo) è il meno «significativo» agli occhi di chi indaga.
Gli ammanchi più consistenti, insistono gli investigatori, riguarderebbero vere e proprie «distrazioni» dai budget di soldi pubblici che Monteleone aveva alla presidenza del consiglio regionale; e – insieme a Limoncini – nell’Udc, con potere di firma sul conto.
Fra i due depositi, rimarcano le Fiamme Gialle nei propri dossier, c’è stato un continuo viavai di denaro.
E alla fine, perlomeno in base ai calcoli che le forze dell’ordine hanno fin qui ultimato, ecco che dal primo mancano all’appello 32 mila euro e dal secondo 81.800, sempre ricordando che in esame vengono presi 2010, 2011 e 2012.
(da “il Secolo XIX“)
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