SU ANGELINO LA RABBIA DI LETTA: “SE METTI I SOLDI PER L’IVA LI DEVI TOGLIERE DA UN’ALTRA PARTE, ALFANO LO SA”
“LE COPERTURE NON CI SONO, FACILE FARE PROCLAMI, MA DAL PDL NON E’ ARRIVATA ALCUN IDEA SU DOVE TROVARE I FONDI NECESSARI”
Il diktat di Alfano sull’Iva? A palazzo Chigi non l’hanno preso bene.
Il premier, impegnato a Piacenza al matrimonio della fedelissima Paola De Micheli, ha preferito lasciar correre per non alzare ulteriormente la febbre del governo.
Ma in privato non ha mancato di sfogare la sua irritazione per l’uscita del suo vice: «Evitare questa stangata è anche un mio obiettivo, non solo del Pdl, l’ho detto in Parlamento nel mio discorso programmatico. E Alfano lo sa meglio di chiunque altro, anche perchè l’abbiamo concordato insieme».
Insomma, al pranzo di venerdì a palazzo Chigi, un vero summit politico con Franceschini e altri ministri, il piatto forte è stato soprattutto l’aumento dell’Iva e l’obiettivo su cui tutti si sono trovati d’accordo – Pd, Pdl e Scelta Civica – è stato appunto quello di scongiurarlo in ogni modo.
«Ma il problema – fanno notare a palazzo Chigi – è che ancora le coperture non ci sono. È un fatto drammatico e Alfano non ne è all’oscuro. Nè quelli del Pdl hanno fatto arrivare alcuna idea in proposito».
Per questo Letta ha ritenuto ancora più ingiustificati gli attacchi arrivati ieri dal partito di Berlusconi.
«La coperta è corta – spiega un ministro – e per evitare l’Iva fino a ottobre serve un miliardo, due se vogliamo arrivare alla fine dell’anno. Se metti i soldi sull’Iva li devi togliere da un’altra parte, non possiamo certo agire sulle accise o mettere altre imposte».
Anche perchè Berlusconi, dopo la sentenza della Consulta e quella in arrivo su Ruby, ha dato ordine ai suoi di alzare la voce su tutto.
«Io nella commissione Finanze – riferisce il presidente Daniele Capezzone – ho installato un “tax detector”: se provano a infilare qualche aumento anche minimo di tasse suona l’allarme e glielo rimandiamo indietro».
Eppure il problema resta.
Al ministero dell’Economia stanno valutando tutte le opzioni ma i margini sono inesistenti. E il tempo stringe.
Il ministro Saccomanni farà arrivare a Letta, prima del consiglio dei ministri di mercoledì, una serie di simulazioni sulle coperture.
E in base a quelle andrà presa una decisione. Sarà dunque un vertice politico, tra lunedì e martedì, a dover valutare quanto in avanti ci si potrà spingere e rinunciando a cosa.
L’impressione ai piani alti del governo è che il massimo raggiungibile sia uno slittamento di tre mesi dell’aumento dell’Iva, fino a fine settembre, ma niente di più.
E già questo, con i conti attuali dell’Italia, viene ritenuto un gran successo.
Poi a ottobre si vedrà .
Il decreto congela-Iva dovrebbe essere approvato mercoledì, visto che giovedì Letta volerà a Bruxelles per il Consiglio europeo.
E tuttavia ieri sera si è affacciata un’altra ipotesi, quella di un rinvio del decreto a un consiglio dei ministri da convocare venerdì sera, al rientro del premier.
In una rincorsa affannosa all’ultimo euro dell’ultima copertura.
«La strada che abbiamo di fronte – racconta una fonte del ministero di via XX Settembre — è una sola. Visto che non possiamo alzare altre tasse, visto che eventuali tagli alla spesa pubblica non produrrebbero effetti immediati, non si può far altro che spostare risorse da una parte all’altra».
Significa definanziare impegni di spesa già presi e trasferire i soldi su un’altra posta. Esattamente come è stato fatto con il “decreto del fare”, che ha succhiato mezzo miliardo dalla Torino-Lione e 700 milioni al Terzo Valico o altri spiccioli al trattato con la Libia.
Ma al di là del fatto tecnico, resta la precarietà di una situazione politica che viene resa più fragile anche dalla spaccature interne ai partiti.
Quelle del Pd ma soprattutto quelle del Pdl.
Tanto che in ambienti lettiani si ammette che l’uscita di Alfano possa essere stata motivata dal bisogno del segretario Pdl di coprirsi le spalle dagli attacchi interni. Molti infatti – l’ala dei falchi – continuano a rappresentarlo come una quinta colonna del nemico, come un traditore, e Alfano è costretto a fare il duro per non farsi sparare alle spalle dai suoi.
Anche Enrico Letta vive una condizione di speculare debolezza, ma paradossalmente questa potrebbe persino rivelarsi una risorsa in un partito impegnato in un duro scontro congressuale.
Ieri, nella Chiesa di San Sisto a Piacenza, al premier gli sposi hanno chiesto di leggere un brano della lettera di San Paolo ai Corinti. «Quando sono debole – ha declamato con le parole dell’apostolo – , è allora che sono forte».
A più di un invitato è sembrato un richiamo autobiografico.
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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