SULLO SPREAD GOVERNO SPETTATORE DI SE STESSO, LE PAROLE IRRESPONSABILI DI SALVINI METTONO IN PERICOLO L’ITALIA
DIFFERENZIALE AI MASSIMI DA DICEMBRE, GLI INVESTITORI SCOMMETTONO SULLA CRISI… CONTE DA’ COLPA ALLA CAMPAGNA ELETTORALE MA NON RASSICURA I MERCATI… PEGGIO DI NOI SOLO GRECIA E UNGHERIA
Parla di sè in terza persona l’avvocato del popolo, mentre ricominciano a bruciare i titoli di Stato, con lo spread che raggiunge il picco di 291 punti base, mai così alto da dicembre, nel momento di massima tensione con l’Europa sulla manovra: “Lo spread in rialzo? Al presidente del Consiglio — dice il professor Conte — non ha fatto piacere, lo ricollego alla competizione elettorale che crea agitazione sui mercati”.
Analisi piuttosto ovvia che però rappresenta un clamoroso esempio di outing politico: il capo del governo ammette con disarmante candore che i segnali del rischio Italia sono dovuti a questa scomposta gazzarra dei partiti che lo sostengono, senza però richiamarli all’ordine.
E limitandosi a una ovvia e generica dichiarazione di principio: “Fino a quando ci sarò io al governo cercheremo di rendere compatibile la crescita economica con la tenuta in ordine dei conti”.
Parole che rivelano un certo disappunto verso Salvini, certo, ma anche una disarmante debolezza sul “come” saranno tenuti i conti in ordine e sulla certezza del risultato.
Non è un caso che, in assenza di atti concreti e di impegni veri, scivolano indifferenti nel giorno nero sui mercati confermando quel che era chiaro sin dal primo momento con buona pace degli spin diffusi in questo ultimo anno sulle sue capacità mediatorie e sulla sua sensibilità istituzionale.
E cioè che a palazzo Chigi abita un Re Travicello che non ha la forza politica di condizionare i partiti che lo hanno piazzato lì.
È la fotografia di un governo spettatore di se stesso, ovvero dei due partiti che lo sostengono, col povero ministro dell’Economia che prova a minimizzare il “nervosismo ingiustificato dei mercati”, pure lui seduto sulla tribuna in attesa che il derby finisca, nella consapevolezza che una agenda di politica economica, semmai c’è stata, adesso non c’è più, come attesta anche l’incertezza odierna sul come evitare l’aumento dell’Iva, altra nebulosa affidata alla dichiarazioni di principio, come la tenuta in ordine dei conti.
Ci sono però numeri impietosi e testardi, unico punto fermo nel dopo-voto.
Solo la Grecia e l’Ungheria di Orban, l’eldorado sovranista, ci superano raggiungendo quota 368 e 328 punti base.
Nessuno nell’Eurozona va peggio di noi, nemmeno la traballante economia portoghese dove è a quota 123.
Avanti di questo passo lo spread, più che raddoppiato nell’ultimo anno, rischia di bruciare nell’“anno bellissimo” più di dieci miliardi di interessi sul debito.
Non ci vuole un Nobel dell’economia per capire quel che sta accadendo, anzi era piuttosto prevedibile: gli investitori, che avevano comprato titoli del debito alla fine dello scorso anno, hanno iniziato a vendere perchè ritengono che i rischi prevalgono sui margini di guadagno.
Le dichiarazioni di Salvini sullo sforamento del tre per cento, come scrivono Unicredit e Mps nei loro report, hanno avuto l’effetto di accelerare, rispetto alla discussione sulla legge di bilancio, la sfiducia sui conti pubblici italiani, segnati dall’aumento del debito e del deficit che galoppa verso la soglia del tre per cento nel prossimo biennio, se non ci saranno interventi strutturali, come effetto della politica economica di questo anno: spesa pubblica per comprare consenso, con reddito e “quota cento”, senza riforme strutturali.
Il risultato è una campagna elettorale che ogni giorno assomiglia sempre di più a un diario della crisi: iniziata con lo spirito della competizione “nel” governo, a più di una settimana dal voto ha rivelato il fallimento “del” governo.
Non c’è un contratto, ma la messa in discussione di un orizzonte comune, non traspare più neanche tanta volontà di proseguire, ricucire.
Le parole di Conte sulla tenuta dei conti si infrangono contro il rilancio di Salvini, quel “ribalteremo l’Europa che ci sta massacrando” e non importa se lo spread sale. It’s the economy, stupid, al dunque è l’economia che irrompe sui destini dei governi e dei non governi.
Gli investitori, vendendo, iniziano a scommettere sulla crisi. Ed è solo il trailer del film che sarà proiettato nei prossimi mesi, se non saranno date risposte ai problemi del bilancio italiano.
Solo che, rispetto all’anno scorso che lo spread rappresentò un freno rispetto ai venti di crisi, stavolta il governo già non c’è più, come attore politico.
Anzi si prefigura una situazione in cui l’Italia del 26 maggio, in questa politicizzazione nazionale del voto, seppellirà , in termini di legittimazione politica, di “sovranità ”, il governo uscito dall’Italia del 4 marzo.
Politicamente parlando, la crisi già è in atto.
(da “Huffingtonpost”)
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