UN LAUREATO SU QUATTRO NON TROVA PIU’ LAVORO
CALO DEL 23% NELLE RICHIESTE DI LAUREATI IN ITALIA… IN CRISI IL SETTORE ECONOMICO-STATISTICO E INGEGNERISTICO… L’ITALIA DESTINA SOLO LO 0,78% DEL PIL ALL’ISTRUZIONE, CONTRO L’1,21% DELLA FRANCIA, L’1,16% DELLA GERMANIA, IL 2% DEI PAESI SCANDINAVI
La crisi economica non risparmia il mondo universitario, colpito soprattutto dal cambiamento delle tendenze occupazionali delle imprese italiane.
Stando ai numeri dell’XI rapporto Almalaurea, presentato nei giorni scorsi a Roma, il primo bimestre del 2009, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, mostra un calo nelle richieste di laureati del 23%.
Particolarmente colpito da questa recessione della domanda è il comparto economico-statistico che ha visto un calo occupazionale del 35%, seguito da quello ingegneristico con una flessione del 24%. Durante il convegno è stata lanciata al governo la proposta di provvedere con apposite agevolazioni rivolte direttamente alle aziende o alle loro associazioni.
Il governo potrebbe così ottenere un duplice obiettivo: sostenere l’iniezione di risorse umane di più elevata qualità nel sistema produttivo e nel contempo assicurare alle più giovani generazioni, quelle più capaci e preparate, un futuro lavorativo incoraggiante per il proprio Paese.
Ma anche i rettori hanno un problema: quello di non perdere il posto.
Secondo il loro Presidente ” senza risorse per il sistema universitario, nel 2010 il problema dell’occupazione non riguarderà gli studenti, ma alcuni rettori che non saranno in grado di far tornare i conti”.
Il sistema italiano poi, secondo i rettori, ” ha ancora la capacità di formare capitale umano capace di reggere la competitività internazionale”.
Per quanto invece riguarda i tagli alla pubblica istruzione e alla ricerca, durante il convegno è emersa la necessità che sull’università si investa di più e meglio.
Nella spesa per l’istruzione, infatti, l’Italia destina solo lo 0,78% del Pil, contro il 2% dei paesi scandinavi, l’1,02% del Regno Unito, l’1,16% della Germania e l’1,21 della Francia.
E la ricerca non sta meglio in quanto tra fondi pubblici e privati ( l’1,10% del Pil) la cifra a disposizione per la ricerca pone l’Italia all’ultimo posto della graduatoria dei paesi industrializzati. Un quadro generale quindi che vede l’Università italiana già penalizzata rispetto ad altri Paesi europei e sui cui si innesta una “politica dei tagli” che va indirizzata sugli sprechi, non certo sulla ricerca.
Il rischio è di un’ulteriore perdita di competitività della nostra ricerca, rispetto agli standard europei. Da un lato è opportuno tagliare i rami secchi, ma dall’altro occorre investire in maniera massiccia per garantire un futuro in Italia ai nostri studenti e ricercatori migliori.
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