UN PONTE DI CUI ESSERE ORGOGLIOSI
IL NOSTRO RISCATTO STA NEL RISCOPRIRE CHE SIAMO CAPACI DI UMANITA’
Parlare di immigrati ormai è diventato difficilissimo, nessuno ha più pazienza d’ascoltare, i più moderati restano in silenzio, gli altri o invitano a rispedire ogni barca a destinazione o a girare la testa dall’altra parte quando fanno naufragio.
La questione è trattata solo in termini economici: prima ci si preoccupa dei costi di salvataggio e accoglienza, poi della minaccia che rappresentano per la sicurezza o per il nostro già disastrato mercato del lavoro.
Inutile cercare di discutere razionalmente, guardare i numeri che mostrano che sono molti di più quelli che si stabiliscono in Germania, in Francia o in Svezia.
Noi siamo terra di passaggio non meta finale.
Poi leggi il racconto di quella madre che è riuscita a tenere a galla per un’ora il figlio di otto anni, prima di morire all’arrivo dei soccorsi, e senti che qualcosa non funziona più, dentro e fuori di noi.
Guardi la foto sopra e scopri che su questa barca verde e rossa alla deriva ci sono 133 bambini, che sono stati asciugati, rifocillati e hanno dormito sotto una coperta grazie alla Marina Militare italiana che li ha salvati.
Sono siriani, in fuga dalla guerra con i loro genitori.
L’operazione Mare Nostrum ne ha salvati 30 mila da ottobre a oggi.
Per molti è una colpa, un ponte che andrebbe ritirato al più presto.
Ma forse è anche l’unica mano che tendiamo verso una serie di conflitti che non vogliamo vedere.
Il nostro sport nazionale è ripetere ad alta voce che l’Italia fa schifo, che non c’è niente da difendere, che siamo perduti.
E se il nostro riscatto stesse nel riscoprire che siamo capaci di umanità ?
Mi attirerò una bella dose di critiche, ma ho voglia di dire che sono orgoglioso di appartenere a una nazione che manda i militari a salvare le famiglie e non a sparargli addosso.
Mario Calabresi
(da “La Stampa”)
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