Marzo 2nd, 2013 Riccardo Fucile
PREMIO GALA’ DELLA POLITICA: FARE PER FERMARE IL DECLINO PRIMEGGIA IN TRE CATEGORIE…APPREZZATA ANCHE LA CREATIVITA’ DI SEL, M5S E PD
Escluso dal Parlamento, fuori dal suo partito e bersaglio di critiche e ironie della Rete. 
Ma per Oscar Giannino una consolazione c’è: è lui il vincitore del Galà della politica, la competizione che ha premiato la campagna elettorale più creativa.
Giacche e gilet colorati non c’entrano nulla: ad essere premiata sono state le strategie di comunicazione di «Fare per fermare il declino».
Anche se, risultati delle urne alla mano, forse non hanno ottenuto l’effetto sperato.
Dopo aver selezionato e catalogato tutto il materiale elettorale in un sito web, il Dipartimento Comunicazione e Spettacolo dell’Università di Roma Tre ha lanciato il contest coinvolgendo una giuria composta dai direttori e dai responsabili di Centri Studi e Osservatori universitari attivi nel campo della comunicazione politica e da alcuni esperti pubblicitari.
Il progetto curato dal professor Edoardo Novelli, che ha anche raccolto gli spot elettorali degli ultimi 40 anni in un archivio multimediale, ha assegnato i premi in diverse categorie: campagna istituzionale, spot tematico, slogan, campagna tematica, spot negative e inno.
Gli ultimi tre hanno visto il predominio del partito creato da Oscar Giannino, in particolare grazie ai disegni di Bruno Bozzetto per il video dell’inno «Meritocrazia».
Per la campagna istituzionale vince invece Sinistra Ecologia e Libertà , mentre il Movimento 5 Stelle si aggiudica il primo posto per gli spot tematici.
Un premio anche al Pd per lo slogan «L’Italia Giusta».
Premiate anche le campagne elettorali regionali.
Per la campagna istituzionale vince Roberto Maroni grazie ai suoi cartelloni con il tormentone «La Lombardia in testa», mentre per quella tematica il primo posto va al neo-governatore del Lazio Nicola Zingaretti e ai suoi abbracci con i cittadini sui manifesti.
Zingaretti condivide con Ambrosoli il premio per il miglior slogan: «Immagina un nuovo inizio» il primo e «Forte perchè libero» l’avvocato milanese, che primeggia invece per gli spot video.
Marco Bresolin
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Marzo 2nd, 2013 Riccardo Fucile
OBIETTIVO E’ SISTEMARE IN EXTREMIS I PORTABORSE…IL PERSONALE SCHIZZERA’ A 580 ELEMENTI, CIFRA RECORD…COSTO TRE MILIONI DI EURO IN PIU’
Quando pure l’aria condizionata di Montecitorio si faceva irrespirabile, per quel vento implacabile contro la casta, il solerte ufficio di presidenza emanava comunicati a raffica: risparmiamo di qua, tagliuzziamo di là .
E sciorinava piani triennali: la Camera ha cassato 150 milioni di euro.
D’un colpo. Ora che mezza casta è rimasta a casa, prima di consegnare il testimone, il medesimo ufficio di presidenza da Gianfranco Fini (non eletto) e con i rappresentanti di Lega, Pdl, Udc, Idv, Pd e deputati di agglomerati sciolti — prepara una succosa delibera per l’ultima riunione del 5 marzo: 30 assunti a tempo indeterminato.
D’un colpo, ancora.
I contratti non cadono per sbaglio: vanno a proteggere i collaboratori, fidati assistenti e segretari, che hanno lavorato per i 18 componenti dell’ufficio di presidenza.
Ci sono a disposizione 30 posti, ancora da spartire, ma che mettono tutti d’accordo. Tant’è che i questori — cioè i deputati che amministrano la Camera — non sono riusciti a controllare l’informazione riservata.
I fortunati 30 hanno seguito un percorso diverso: a chiamata.
Siccome il tempo per i rispettivi referenti politici è finito, la chiamata va resa infinita con una sanatoria che costerà 3 milioni di euro l’anno.
Lo scontrino (pubblico) ha un valore, poi c’è il retroscena buffo.
L’ufficio di presidenza, lo scorso dicembre, aveva approvato un documento per bloccare una prassi che procedeva spedita dal ’94: i collaboratori dei gruppi parlamentari, conclusa la legislatura di cinque anni, venivano regolarizzati e distribuiti ai nuovi entranti.
Soltanto che la prassi si è gonfiata troppo: è diventata un plotone di 550 persone in meno di vent’anni.
Con una mano si ferma la tradizione e con una mano si rinnova: i 30 assunti verranno inseriti nell’organico a disposizione dei prossimi gruppi.
Ma non erano già di un numero esagerato?
Domanda: e se il Movimento Cinque Stelle non dovesse accettare il supporto di un ex berlusconiano o bersaniano? Non succede nulla.
Non ci saranno disoccupati.
Perchè i 30 sono di fatto distaccati, ma appartengono all’Ufficio di presidenza che avrà , invece, un ammanco di 3 milioni di euro in bilancio.
Questa è l’estrema furbata di un Parlamento che non ha giocato con le tre carte, ma che le ha nascoste.
Per anni, dal ’94, Montecitorio è stato imbottito di ex portaborse, a volte meritevoli e a volte inadeguati, finchè l’antipolitica non li ha travolti.
Valeva una regola: varcato il portone centrale, non si esce più.
Poi le conseguenze sono piovute nel mucchio. Senza distinzioni. Senza ricordare che, spesso, c’erano consulenti giuridici sottopagati, proprio quelli che aiutavano i deputati a scrivere le leggi.
Stavolta, un Parlamento che non esiste più si industria per salvare gli amici: e non con una retribuzione di medio livello, ma con l’inquadratura da dirigente.
In soldoni: circa 100mila euro l’anno — in media — per ciascuno dei 30.
Il Fatto ha contattato i portavoce di Gianfranco Fini, Antonio Napoli, Rosy Bindi e direttamente i deputati Silvana Mura e Mimmo Lucà : c’è chi non ha risposto, chi non rammentava, chi aspettava l’ordine del giorno.
C’è un pezzo di Montecitorio — quelli assunti superando un concorso pubblico — che tifa contro l’ennesima sberla morale.
Mancano tre giorni per fermare le penne che dovranno firmare una delibera da 3 milioni di euro.
Carlo Tecce
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 2nd, 2013 Riccardo Fucile
LARGA MAGGIORANZA DEGLI ELETTORI CONTRO L’IPOTESI DI UN ACCORDO CON BERLUSCONI
L’orizzonte sembra restringersi. 
Da un lato Grillo che risponde alle proposte del Pd a suon di “stalker”, “facce da culo” e “adescatori”.
E dall’altro, la base dei democratici che manifesta in maniera sempre più intensa e radicale la propria avversione a qualsiasi ipotesi di “governissimo” con il Pdl.
Chiedendo a Pierluigi Bersani di non desistere in uno sforzo politico: coinvolgere, i deputati e i senatori del MoVimento Cinque Stelle, nella delineazione dell’agenda politica del prossimo governo della Repubblica.
L’eventuale apertura di un cantiere politico con Silvio Berlusconi viene da più parti definito un “suicidio politico”.
E il dibattito tra elettori e militanti democratici si sfoga in rete.
Cercare sul motore di ricerca di Twitter la parola “governissimo” significa trovarsi di fronte velenose invettive in 140 caratteri.
“Se lo fate, giuro, non vi voto più”, “Se ci accordiamo con Berlusconi non oso neanche immaginare quali potrebbero essere i risultati di Grillo alle prossime elezioni”, “Sarebbe solo autolesionismo, quali riforme si potrebbero fare con il Popolo della Libertà ?”.
E gli ultimi annunci dei peones berlusconiani non fanno altro che inasprire i commenti. “Come no, alleiamoci con chi vuole scendere in piazza contro la magistratura”.
E le discussioni si alimentano anche di numerosi contributi di chi “vive” il Partito Democratico dall’interno.
La sensazione è che l’ipotesi governissimo sia da più parti considerata come il primo punto da evitare.
Netta la posizione di Cristiana Alicata, che a Repubblica.it dice: “Chiusura totale al PDL per quanto mi riguarda pena l’estinzione del PD alle prossime elezioni. Il PD deve provare a fare una nuova legge elettorale, tagliare i costi della politica, approvare una legge su conflitto di interesse. E inchiodare Grillo sui punti del suo programma. E tra un anno si va al voto”.
Il rapporto con Grillo potrebbe anche significare l’apertura di nuovi scenari per quanto riguarda l’agenda politica dei democratici.
Sul suo blog, Pippo Civati scrive: “Se poi con il M5S si mettesse in scacco una parte del Pd, finalmente si riuscirebbero a fare cose che una parte del partito non ha mai voluto fare”.
E per il neo deputato di Monza, i punti essenziali sono: conflitto d’interessi, legge elettorale, lotta alla corruzione, legge sui partiti e riduzione delle spese militari.
Poi reddito di cittadinanza e riforma del sistema bancario.
Tra i neo parlamentari del Pd, anche la posizione di Fausto Raciti, segretario dei Giovani Democratici.
Che su Facebook scrive: “Sarebbe un errore cercare le larghe intese. Non per calcolo tattico, ma per impossibilità di realizzare, dentro la cornice di un accordo Pd-Pdl-Monti, qualsiasi riforma che non sia di carattere recessivo sul piano economico e sociale. Sia chiaro che il problema, anche in questo caso, non sarebbe semplicemente il vedere sparire la sinistra italiana, ma che un governo così non servirebbe al paese”.
E i dati delle elezioni consegnano al Pd nuove possibilità .
Spiegate nell’analisi del voto di Left Wing, blog collettivo vicino alla sinistra Pd.
Si legge: “Ora è possibile emarginare il Cavaliere dal gioco politico, liberare la democrazia italiana dall’ipoteca che ne ha così pesantemente condizionato lo sviluppo, aprire veramente una fase nuova della storia d’Italia”.
Poi il consiglio al segretario: “Quello che bisogna dire chiaramente, prima di tutto ai grillini, è che il Partito democratico non avanzerà alcuna proposta tattica, non farà esperimenti nè manovre parlamentari di alcun genere. Presenterà il programma dei primi cento giorni pubblicamente, davanti a tutti gli italiani”.
E se Beppe Grillo “vorrà assumersi la responsabilità di impedirne la realizzazione, se i suoi parlamentari decideranno di non sostenerlo, vorrà dire che si tornerà a votare e giudicheranno gli elettori”.
Notevole anche l’attività dei cittadini in rete.
Da segnalare la petizione firmata da Guido Allegrezza su Change. org. Una lettera diretta a Bersani, Vendola e Grillo.
Vi si legge: “L’Italia ha scelto e ha scelto bene, anzi benissimo. Gli elettori e le elettrici hanno dato le carte. Adesso voi dovete giocare la partita bene e con abilità . Guardate a ciò che vi unisce, tramutate i vostri programmi in un’agenda per i prossimi 5 anni e trasformate l’Italia. Questa è una partita con una mano sola. Non sprecatela”.
Infine, il ritorno dei sondaggisti. Istituto Swg per Agorà , la trasmissione di RaiTre: “per il 72% degli elettori di centrosinistra e per il 66% di quelli del Movimento 5 Stelle, Bersani e Grillo dovrebbero allearsi e governare assieme”.
Le larghe intese?
“Per il 16% degli elettori del centrosinistra e per il 14 percento di quelli del movimento 5 stelle, il Pd dovrebbe puntare sull’appoggio di tutte le forze in parlamento”.
Il governissimo si ferma al 2% dei consensi per entrambi i bacini elettorali.
Carmine Saviano
(da “La Repubblica”)
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Marzo 2nd, 2013 Riccardo Fucile
PER IL 68% “PRONTI A GOVERNARE”
Al governo o all’opposizione?
Già prima del voto, già prima che prendesse forma un Parlamento ingovernabile, la “base” del M5S si presentava divisa, al suo interno, sul possibile ingresso in una maggioranza di governo.
Con una leggera prevalenza dei favorevoli a far parte di una coalizione.
La crescita del consenso per il partito di Grillo, negli ultimi mesi (e nelle ultime settimane), fino allo straordinario successo di lunedì, è stata accompagnata da una crescente (auto)consapevolezza delle potenzialità del MoVimento.
Anche quale soggetto di governo.
Lo scorso maggio, dopo l’exploit delle amministrative, l’85% dei suoi elettori giudicava la formazione capace di governare a livello locale, ma solo il 56% riteneva possibile esportare su scala nazionale l’esperimento di Parma e di altre amministrazioni comunali. Tale quota, tuttavia, oggi è cresciuta di oltre dieci punti.
Due elettori del M5S su tre – il 68%, contro il 23% dell’elettorato nel suo complesso – ritengono il MoVimento pronto per assumere posizioni di responsabilità anche a Roma. Questo è il risultato del sondaggio condotto nei giorni 19-21 febbraio.
“Grillo al governo”, dunque, ma come? E, soprattutto, con chi?
La maggioranza (relativa: 37%) di chi vota M5S auspicava, prevedibilmente, una netta affermazione del partito e la formazione di un esecutivo monocolore a cinque stelle.
Una componente appena inferiore (34%), tuttavia, caldeggiava l’ingresso in una coalizione di governo.
Mentre appena il 19% preferiva che i parlamentari del MoVimento sedessero tra i banchi dell’opposizione.
L’ipotesi di un governo interamente “grillino” era e rimane poco verosimile, sebbene sia stata provocatoriamente rilanciata in questi giorni dal leader del MoVimento.
Comunque difficile, ma più facilmente percorribile, appare invece la possibilità di un patto con il centro-sinistra di Bersani.
Magari con un appoggio esterno, magari seguendo il modello già sperimentato in Sicilia (definito dallo stesso Grillo come “meraviglioso”).
Per questo, il sondaggio chiedeva agli elettori del M5S di sbilanciarsi rispetto a un quadro politico (in qualche misura) riconducibile a quello attuale.
Di fronte allo scenario di una mancata vittoria “in solitaria”, l’elettorato a cinque stelle si divideva quasi a metà tra due strategie.
Il 41% auspicava che il partito si schierasse comunque all’opposizione.
Il 49%, pur senza prefigurare l’importanza dei senatori del M5S nel garantire la governabilità del Paese, riteneva percorribile la strada della partecipazione ad una maggioranza di governo.
Sarà interessante verificare, nei prossimi giorni, come evolveranno tali opinioni, e come l’eventuale spinta “dal basso” inciderà sull’atteggiamento dei neo-eletti e del “capo” a cinque stelle.
(da Istituto Demos)
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