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L’ULTIMO DUELLO TRA NAPOLITANO E MONTI: “MI SPIACE MA NON PUOI PRESIEDERE IL SENATO”

Marzo 16th, 2013 Riccardo Fucile

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA FRENA L’ELEZIONE DI MONTI A PALAZZO MADAMA: “LE SUE DIMISSIONI DAL GOVERNO SAREBBERO UN COLPO PER IL PAESE”… MONTI E’ ORMAI DIVENTATO UN ACCHIAPATUTTO

Si sono infrante contro l’argine del Quirinale le ambizioni di Monti di diventare oggi il presidente del Senato. Niente da fare.
Quello tra il capo del governo e Napolitano è un confronto teso, un botta e risposta che si prolunga per quasi un’ora. Il pomo della discordia sono le dimissioni di Monti da palazzo Chigi, necessarie per essere eletto come successore di Schifani.
“Se lei proprio adesso si dimette da presidente del Consiglio – obietta a Monti il capo dello Stato – rischiamo di dare un colpo drammatico all’immagine dell’Italia. In questo momento, il nostro paese è legato al suo governo, quindi lei è insostituibile”.
Il presidente del Consiglio tiene il punto e replica: “Dopo l’ultimo Consiglio europeo ho concluso la mia missione, non devo per forza restare a Palazzo Chigi a fare il parafulmine per gli altri”.
Ma anche Napolitano è un osso duro. Il presidente della Repubblica esprime senza diplomazia tutti i sui dubbi, le riserve di natura giuridica e istituzionale sul cambio di maglietta in corsa del premier.
Monti non si dà  per vinto, anzi prospetta, con accanto il sottosegretario Antonio Catricalà  la soluzione per uscire dall’impasse. “Sono pronto a convocare già  questa sera un consiglio dei ministri straordinario, nominare un vicepresidente vicario e lasciare nelle sue mani l’interim della presidenza”. Il nome che circola è quello del ministro Cancellieri, ma è un dettaglio. Anche perchè Napolitano giudica subito un’ipotesi di questo tipo “senza precedenti”, obietta che l’interim può scattare solo in caso di gravi impedimenti del premier, e in ogni caso non per un mese, perchè almeno tanto ci vorrebbe per arrivare ad un nuovo governo.
Monti tira fuori dal dossier giuridico che si è portato dietro un precedente che è andato a ripescare: D’Alema vice presidente del Consiglio del governo Prodi, che con il premier di allora all’estero firma alcuni decreti, “e lei che era al Quirinale se lo dovrebbe ricordare – aggiunge poi rivolto a Napolitano – perchè non trovò la scelta scorretta”.
Ma, accanto al confronto procedurale, c’è la questione politica.
Chiede Napolitano a Monti: “Ma potrebbe garantirmi che le forze politiche che appoggiano questa sua operazione per il Senato, poi faranno lo stesso per la maggioranza di governo?”.
È un’obiezione gigantesca, perchè Monti questa garanzia al momento non può darla. “Questo sarebbe lo schema D’Alema”, replica amareggiato. Insomma, non riesce a convincere il capo dello Stato, che lo congeda così: “Io stesso sarei anche disposto a votarla come presidente della Repubblica, ma le sue chance così si stanno esaurendo”.
Dunque è di nuovo tutto azzerato.
E così anche i rapporti tra Pd e Scelta Civica si raffreddano, nonostante un redivivo Casini faccia di tutto per tenere i fili.
L’operazione Monti al Senato parte in gran segreto già  giovedì sera, quando viene comunicata al vertice del Pd.
“Per noi va bene”, risponde Bersani, “ma con Napolitano ci deve parlare Monti”. Nella testa del premier quello a palazzo Madama è soltanto un passaggio.
A rivelare quale dovrebbe essere lo step successivo è Andrea Olivero, che alza il velo sul progetto parlando ieri mattina all’assemblea dei parlamentari di Scelta Civica: “L’elezione di Monti al Senato è il passaggio verso il Quirinale”.
Per i montiani tutto si tiene: il Professore che trasloca al Quirinale, Franceschini che diventa presidente della Camera e, a palazzo Madama, tra un mese arriva Renato Schifani. Monti, raccontano, è motivatissimo.
Già  si vede come successore di Napolitano.
Ma tutto s’incaglia sull’obiezione costituzionale del Quirinale.
Ora tutto torna il alto mare.
Nel Pd sono pronti a prendersi entrambe le Camere, mentre Bersani andrebbe a palazzo Chigi con un governo di minoranza.
E la maggioranza a palazzo Madama?
Un aiuto potrebbe arrivare dai 17 senatori del Carroccio. Un sospetto sul dialogo Pd-Lega è venuto a Umberto Bossi, che ieri non a caso ha attaccato duramente Bobo Maroni. Anche Augusto Minzolini, neo senatore del Pdl, da animale parlamentare ha fiutato qualcosa e in serata ha twittato un altolà  preventivo: “La Lega l’ultimo anno ne ha sbagliate molte. Se pensa di governare con Pd-Monti contando su maggioranza di 2 voti a Senato è da ricovero”.

Francesco Bei e Umberto Rosso
(da “La Repubblica”)

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LAURA BOLDRINI ELETTA PRESIDENTE DELLA CAMERA: “SIA LUOGO DI ACCOGLIENZA A TUTTI”

Marzo 16th, 2013 Riccardo Fucile

ALTO DISCORSO SUI VALORI MORALI DELLA NEOPRESIDENTE CHE RICHIAMA LA POLITICA AI PRINCIPI ETICI… AL SENATO E’ SFIDA TRA SCHIFANI E GRASSO

Secondo e decisivo giorno di votazioni per le presidenze di Camera e Senato.
Laura Boldrini è eletta presidente della Camera. Quando il suo nome è è risuonato per la 316esima volta, l’aula di Montecitorio è scattata in un lungo applauso.
Antonio Leone ha completato lo spoglio mentre i deputati applaudivano il nuovo presidente.
Al termine, Boldrini ha ottenuto 327 voti sui 345 disponibili dalla maggioranza che l’aveva candidata.
«Farò in modo che questa Istituzione sia luogo di cittadinanza per chi ha più bisogno» ha detto Laura Boldrini, presidente della Camera, nel suo discorso di insediamento.
«Il mio pensiero – ha aggiunto – va a chi ha perduto certezze e speranze. Dovremmo impegnarci a restituire piena dignità  ha chi ha perduto la certezza e i diritti. In quest’Aula è stata scritta la nostra Costituzione, dobbiamo avere la capacità  di saper rappresentare e garantire uno a uno i diritti universali da essa stabiliti».
Ancora braccio di ferro, invece, al Senato dove la sfida è tra Schifani e Grasso.
Sono in corso, secondo quanto si apprende, contatti tra i senatori del Pdl e quelli montiani.
In Transatlantico il capogruppo uscente del Pdl Maurizio Gasparri si è fermato a lungo a parlare con l’esponente di Scelta Civica Mario Mauro.
Sempre secondo quanto si apprende non è escluso che alcuni voti di Scelta Civica possano convergere sul nome di Renato Schifani nell’eventuale ballottaggio in quarta votazione.
Anche se al momento la posizione ufficiale è votare scheda bianca.
Il centrosinistra conta 123 eletti, mentre il centrodestra ne ha 117 e i montiani sono 19.
In caso di ballottaggio Grasso-Schifani i voti di Scelta Civica potrebbero risultare decisivi.
Restano poi i 53 voti del Movimento 5 Stelle (dopo le dimissioni di ieri della senatrice Giovanna Mangili).
Potrebbe esserci infatti qualche novità  nell’indicazione del presidente del Senato da parte Movimento Cinque Stelle tra la terza e la quarta votazione.
I “grillini”, che al terzo scrutinio in corso a palazzo Madama stanno votando compattamente il loro candidato, Luis Alberto Orellana, potrebbero decidere di cambiare atteggiamento al ballottaggio tra Piero Grasso e Renato Schifani.
«Noi ci consultiamo sempre tra di noi, e non solo tra noi 53. Votiamo il nostro candidato, ma poi continueremo a discutere e qualcosa potrebbe cambiare», dice una sentarice del M5S parlando con alcuni giornalisti.
Il dibattito comunque è in corso.
E un’altra senatrice spiega che «il Cinque Stelle ragiona in termini di portavoce dei cittadini: per noi Grasso, al di là  del giudizio sulla persona, sarebbe comunque il portavoce di un sistema».
Il dibattito dunque è aperto e la decisione sarà  presa nel primo pomeriggio, nell’interruzione tra la fine del primo spoglio e le 16, quando inizierà  l’ultima chiama per il ballottaggio.
Intanto questa mattina è arrivata anche la nota del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano . «Mi auguro ancora che sia possibile giungere oggi all’elezione dei Presidenti della Camera e del Senato – scrive Napolitano – e successivamente all’attribuzione di tutti gli incarichi istituzionali, in un clima di condivisione della responsabilità  di favorire – dopo le elezioni del 24 febbraio e sulla base dei risultati che ne sono scaturiti – l’avvio di una costruttiva dialettica democratica e di una feconda attività  parlamentare. Oggi si pone comunque il primo punto fermo della nuova legislatura, nell’interesse generale del paese; così come resta un punto fermo – in una situazione che vede l’Italia esposta a serie incognite e urgenze – l’impegno del governo dimissionario rimasto in carica e in funzione sia pure con poteri limitati».
«È importante che in sede europea, e nell’esercizio di ogni iniziativa possibile e necessaria specie per l’economia e l’occupazione, il governo – prosegue il Capo dello Stato – conservi la guida autorevole di Mario Monti fino all’insediamento del nuovo governo (per la cui formazione inizierò le consultazioni di rito mercoledì 20)». «L’abbandono, in questo momento, da parte del presidente Monti, della guida del governo, genererebbe inoltre – avverte – problemi istituzionali senza precedenti e di difficile soluzione».
«Apprezzo pertanto – conclude la nota – il senso di responsabilità  e spirito di sacrificio con cui egli porterà  a completamento la missione di governo assunta nel novembre 2011».

(da “La Stampa”)

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AL POSTO DEI MARO’ ORA L’INDIA TIENE IN OSTAGGIO IL NOSTRO AMBASCIATORE MENTRE IL GOVERNO ITALIANO ASSISTE INERME

Marzo 16th, 2013 Riccardo Fucile

CONTINUA LA LINEA DI TUTELARE SOLO GLI INTERESSI ECONOMICI DELLE IMPRESE ITALIANE IN INDIA, SENZA PENSARE ALLA DIGNITA’ DEL NOSTRO PAESE

Da oggi l’ambasciatore d’Italia a New Delhi, il bravo Daniele Mancini, è di fatto ostaggio, recluso in India al posto dei due marò.
Ovvero: un funzionario dello Stato del tutto incolpevole del reato di avere ucciso per errore due pescatori viene trattenuto al posto dei due presunti responsabili dell’incidente.
Una fonte del ministero dell’interno di Nuova Delhi ha confermato la notizia apparsa su Press trust of India, secondo cui tutti gli aeroporti indiani sono stati allertati per evitare che l’ambasciatore italiano a Daniele Mancini, lasci il paese.
Secondo la comunicazione diramata dal ministero e riportata dalla fonte, “le autorità  per l’immigrazione sono state avvisate che Daniele Mancini non deve partire senza autorizzazione”.
La Corte suprema indiana ha infatti ordinato ieri a Mancini di non lasciare il paese fino alla prossima udienza sul caso dei due marò italiani, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, accusati di aver ucciso due pescatori indiani nel febbraio del 2012.
La decisione della Corte suprema rischia di violare le norme diplomatiche che garantiscono la libertà  di movimento degli ambasciatori stranieri: l’articolo 29 della convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche afferma che i diplomatici non possono “essere soggetti a nessuna forma di arresto o detenzione”.
Ieri anche l’ambasciatore dell’Unione europea a New Delhi, Joao Cravino, era stato convocato dal ministero degli Esteri indiano sulla vicenda dei marò. Ma Bruxelles non intende al momento rivelare alcun dettaglio su quanto gli sia stato comunicato. “No comment”, è stata la risposta dei portavoce dell’Alto rappresentante della politica estera della Ue Catherine Ashton.

Il commento del ns. direttore

L’immagine dell’Italia, nella gestione del caso dei due marò, è la perfetta sintesi della superficialità  e della titubanza con cui il nostro Paese affronta i casi internazionali che la riguardano.
E’ opportuno che qualcuno a destra, invece di apologie patriottarde fini a e stessi o di qualunquistico disinteresse, precisi alcuni concetti:
1) E’ assurdo che dei nostri militari vengano assegnati a compiti di scorta armata di navi commerciali. Se i porti scalati non sono sicuri, l’armatore li cancelli o si doti di vigilanti privati. I militari non sono badanti di interessi economici privati.
2) La nave in oggetto è assodato che si trovasse in acque internazionali, quindi l’India non ha alcuna giurisdizione in materia. Se il diritto internazionale non viene rispettato, allora si esca da ogni convenzione.
3) Invece di sparare cazzate, il governo indiano dovrebbe vergognarsi di non riuscire a garantire la sicurezza delle navi mercantili straniere che attraccano nei suoi porti.
Se ne fosse capace, nessuno avrebbe avuto bisogno di allestire guardie armate a bordo.
4) Se invece che italiani i due marò fossero stati americani, russi o francesi sarebbero stati fatti rientare nei propri Paesi di origine dopo una settimana. Noi non siamo stati capaci neanche di ottenere un condanna internazionale
5) Se i due maro’ sono responsabili, siano severamente giudicati in Italia e non diventino oggetto di faida politica tra fazioni indiane. Vanno processati, ma in un Paese civile.
6) Un governo serio di qualsiasi colore, a fronte del sequestro illecito del nostro ambasciatore Mancini, avrebbe già  fatto circondare da reparti speciali l’ambasciata indiana a Roma, bloccando entrate e uscite e dando 12 ore di tempo al governo indiano per permettere agli addetti consolari italiani in India di rientrare in Italia.
7) Con le teste di cazzo c’è solo un sistema: esserlo più di loro.

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“VIOLAZIONE GRAVE DEL DIRITTO INTERNAZIONALE”: IL CASO DEL NOSTRO AMBASCIATORE BLOCCATO IN INDIA

Marzo 16th, 2013 Riccardo Fucile

INTERVISTA A NATALINO RONZITTI, DOCENTE DI DIRITTO INTERNAZIONALE ALLA LUISS: “VIOLATO L’ART 44 DELLE CONVENZIONI”

“Limitare la libertà  di movimento dell’ambasciatore italiano a Nuova Delhi è una grave violazione del diritto internazionale”, come spiega Natalino Ronzitti, docente di Diritto internazionale alla Luiss di Roma e consulente dell’Istituto affari internazionali.
Da un punto di vista giuridico “non si può giustificare” la decisione del governo indiano di impedire che il diplomatico Daniele Mancini italiano lasci il paese.
Una reazione quella di Nuova Delhi che è la replica alla decisione del governo Monti di non far rientrare dalla licenza i due marò accusati di aver ucciso due pescatori indiani nel febbraio del 2012.
La risposta dell’India è stata inadeguata?
“Non è possibile revocare l’immunità  diplomatica garantita dall’articolo 29 della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, del 1961. I diplomatici hanno libertà  di movimento e nessun atto di coercizione può essere esercitato nei loro confronti. Gli indiani potrebbero solo dichiarare l’ambasciatore persona non grata, intimandogli di lasciare il loro territorio”.
Si è parlato anche di una violazione dell’articolo 44
“L’intervento dell’India viola anche l’articolo 44 che, come tutte le immunità  diplomatiche, ha la funzione di evitare che gli agenti diplomatici vengano ritenuti personalmente responsabili delle azioni dei rispettivi governi. Punta a evitare che gli agenti diplomatici siano presi in ostaggio nell’adempimento del proprio dovere. Anche in caso di conflitto armato lo Stato di accreditamento deve agevolare l’agente diplomatico che intenda lasciarne il territorio. Questo articolo si riferisce ai tempi di guerra, ma a maggior ragione vale ancora di più in assenza di un conflitto”.
Siamo vicini a una rottura dei rapporti diplomatici fra i due paesi?
“E’ una questione politica. Quello che potrebbe succedere è che le relazioni fra i governi scadano ‘a un livello più basso’. I rapporti verrebbero tenuti da incaricati d’affari, dando meno importanza ai colloqui.   C’è una gradualità  nella gestione delle tensioni. La rottura è un passo successivo, più grave. A quel punto l’ambasciatore deve lasciare il paese. In questo caso invece succede il contrario”.
Da un punto di vista giuridico chi deve giudicare i marò?
“Devono essere giudicati da un tribunale italiano, ne sono convinto. Su questo punto non deve intervenire un tribunale internazionale”.
Se dovesse nascere invece uno scontro sulla questione dell’immunità  di Mancini, chi deve intervenire?
“Per quanto riguarda la Convenzione di Vienna, c’è un protocollo internazionale che prevede l’intervento della Corte internazionale di Giustizia. E’ questa che si deve pronunciare sulla questione dell’immunità “.
Esistono precedenti nella storia dei rapporti diplomatici fra paesi?
“C’è un episodio completamente diverso. Mi riferisco alla presa di ostaggi del personale diplomatico nell’ambasciata Usa a Teheran. Le persone sequestrate da un gruppo di cosìddetti studenti islamici avevano l’immunità , ma erano accusate di spionaggio. Sul caso si è pronunciata anche la Corte internazionale di giustizia che condannò il governo iraniano per non aver impedito l’episodio e per aver fatto proprio il comportamento degli studenti”.
Secondo il diritto internazionale che cosa dovranno fare Italia e India per mettere fine a questo scontro?
“La Carta delle nazioni Unite stabilisce che gli Stati hanno l’obbligo di porre fine alle controversie con un negoziato pacifico”.

Valeria Pini
(da “La Repubblica“)

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PARLAMENTO, NULLA DI FATTO PER LE PRESIDENZE, IPOTESI ACCORDO PER UN MONTIANO ALLA CAMERA E LA FINOCCHIARO AL SENATO

Marzo 16th, 2013 Riccardo Fucile

NON C’E’ ACCORDO TRA I TRE GRUPPI PRINCIPALI… IL CENTROSINISTRA DIVISO SULLE SOLUZIONI, NEL CENTRODESTRA LA LEGA STRIZZA L’OCCHIO AL PD, I GRILLINI GIOCANO A FARE I PRIMI DELLA CLASSE      

Cinque votazioni non sono bastate a sbloccare l’impasse che attenaglia il nuovo Parlamento. Come era nelle previsioni e negli annunci della vigilia, i tre poli politici in cui sono al momento rigidamente divise le Camere sono rimasti sulle loro posizioni e alla fine le tre votazioni di Montecitorio e le due di Palazzo Madama si sono concluse con la valanga di schede bianche espresse da centrodestra e centrosinistra, mentre il Movimento Cinque Stelle ha votato compatto per i suoi candidati, Roberto Fico e Luis Alberto Orellana.
A questo punto tutto è rinviato a oggi, quando la Camera e il Senato torneranno a riunirsi alle 11.
A Montecitorio il quorum scende e per l’elezione servirà  la maggioranza assoluta dei voti.
A Palazzo Madama alla terza votazione sarà  sufficiente la maggioranza assoluta dei voti dei presenti (e non dei ‘componenti’ com’è stato nelle due prime votazioni).
E si dovranno computare tra i voti anche le schede bianche.
Qualora nessuno riesca a riportare detta maggioranza, il Senato procede nello stesso giorno al ballottaggio fra i due candidati che hanno ottenuto nel precedente scrutinio il maggior numero di voti e verrà  proclamato eletto quello che consegue la maggioranza, anche se relativa.
A parità  di voti sarà  eletto o entrerà  in ballottaggio il più anziano di età .
A decidere i giochi saranno quindi probabilmente i contatti informali e le riunioni ufficiali dei diversi gruppi previste per questa mattina.
Il tam tam dei corridoi parlamentari parla di una possibile soluzione targata Pd-Scelta civica. Anna Finocchiaro sarebbe in pole position per la presidenza del Senato e Lorenzo Dellai, neoeletto con il centro di Mario Monti, per la Camera.
Berlusconi, che in serata ha lasciato l’ospedale San Raffaele, insorge: “Il Pd è irresponsabile, ignora la nostra disponibilità  a garantire un governo al Paese. Noi ci chiamiamo fuori da ogni trattativa di spartizione delle principali cariche istituzionali. La sinistra non occupi anche il Colle”.
Ma l’ipotesi dell’intesa con i montiani è una scelta di ripiego per i democratici, all’ostinata ricerca di un confronto con i 5 Stelle, che permetterebbe quanto meno di salvare il principio della condivisione nelle scelte delle cariche istituzionali.
E poi i democratici rischiano di aprire una prima frattura nella coalizione di centrosinistra con Sel, visto che oggi il leader Nichi Vendola ha più volte ripetuto l’auspicio della nomina di un presidente di Montecitorio targato M5S, così da “far sentire al movimento il peso della reponsabilità “.
Trovare un’intesa resta però complicato e stando alle indiscrezioni, il Pd avrebbe chiesto di ritardare le prime votazioni nei due rami del Parlamento in attesa di capire l’esito dei contatti in corso con le forze politiche.
Lo stallo assoluto nella scelta dei presidenti non ha impedito però di fare di questa prima giornata di lavori parlamentari una data storica, viste le tante novità .
L’atmosfera era quella da primo giorno di scuola per i tanti neoeletti, soprattutto del M5S.
In attesa dell’assegnazione definitiva dei posti, che avverrà  dopo la costituzione dei gruppi parlamentari, i deputati grillini hanno deciso di non sedersi nè a destra nè a sinistra, ma di occupare gli scranni nella parte superiore dell’emiciclo di Montecitorio.
A Palazzo Madama i senatori grillini hanno invece optato per gli scranni centrali dell’aula.
I presidenti provvisori delle due assemblee, Antonio Leone alla Camera ed Emilio Colombo al Senato, hanno salutato i nuovi eletti sottolineando che il nuovo Parlamento è il più giovane e il più “rosa” nella storia della Repubblica.
Parole che sono state accolte con un lungo applauso. C
amera e Senato hanno anche reso omaggio al Presidente della Repubblica e hanno salutato l’elezione di papa Francesco.
Prima di iniziare le procedure di voto, le due assemblee hanno registrato le eventuali rinunce dei parlamentari e il “ripescaggio” dei subentranti.
La senatrice M5S Giovanna Mangili ha subito rinunciato al seggio per ragioni personali. A seguito della rinuncia di Silvio Berlusconi, che è stato eletto in più regioni e ha dovuto optare per una sola circoscrizione, sono entrati in Senato Domenico Scilipoti e l’ex direttore del Tg1 Augusto Minzolini.

(da “la Repubblica“)

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IL LEGHISTA MOLESTATORE SPIAVA L’EX MOGLIE COL REGISTRATORE A CASA E IL GPS IN AUTO: L’EX CONSIGLIERE REGIONALE PEDRETTI A GIUDIZIO PER STALKING

Marzo 16th, 2013 Riccardo Fucile

GIA’ COINVOLTO NELLA VICENDA DEI RIMBORSI IN REGIONE, AVREBBE FATTO MODIFICARE I TELEFONINI DELLA DONNA PER LEGGERE I SUOI SMS

L’avrebbe controllata in ogni suo spostamento con un gps nascosto nella sua auto.
Le avrebbe intercettato gli sms in uscita con un cellulare modificato ad arte.
Avrebbe violato perfino la privacy della sua abitazione, con un registratore che intercettava tutte le conversazioni che avvenivano fra le mura domestiche.
E’ stalking, secondo il pubblico ministero bergamasco Gianluigi Dettori.
Il quale ha raccolto la denuncia presentata dalla ex moglie di Roberto Pedretti, 46enne ex consigliere regionale della Lega Nord, che era già  finito sotto la lente della giustizia lo scorso dicembre per una serie di rimborsi chiesti al Pirellone per un totale di oltre 32mila euro.
La separazione tra i due coniugi risale al 2007, ma almeno secondo la donna le pressioni dell’ex marito si sarebbero intensificate nell’ultimo periodo.
Pedretti le avrebbe inviato diversi messaggi e una serie di telefonate, ma soprattutto sarebbe comparso spesso e inaspettatamente nei luoghi frequentati dalla signora.
Per conoscere i suoi spostamenti, questa è l’ipotesi dell’accusa, l’uomo avrebbe posizionato un segnalatore satellitare sotto l’auto della ex moglie, così come avrebbe modificato i telefonini della donna, per poter ricevere a sua volta qualsiasi sms lei avesse mandato dai suoi apparecchi.
I telefonini, tre in tutto, sono stati consegnati agli inquirenti e saranno sottoposti a perizia, così
come un piccolo registratore rinvenuto dalla donna in casa sua.
Una situazione che, sempre secondo l’accusa, sarebbe sufficiente a determinare uno stato d’ansia e a costringere la vittima a mutare le proprie abitudini, configurando così il reato di stalking. Pedretti, che interrogato in Procura ha parlato di accuse infondate, è stato citato in giudizio: la prima udienza è prevista per dicembre 2014.

Mara Mologni
(da “La Repubblica”)

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MARTA GRANDE SULLE ORME DI GIANNINO: LA CINQUESTELLE LA LAUREA CITATA SUL CURRICULUM NON L’HA CONSEGUITA

Marzo 16th, 2013 Riccardo Fucile

SUL SITO DEL M5S LA ATTACCANO: “HA SPACCIATO UN CORSO COME UNA LAUREA, ORA CHIARISCA”

La deputata del Movimento 5 Stelle Marta Grande è in possesso di una laurea in Alabama e ha frequentato un corso in Cina, però i titoli non sono riconosciuti in Italia, tanto da non comparire sul curriculum di Montecitorio.
A riportarlo Enrico Paoli su “Libero”, che parte dal curriculum presentato sul sito del Movimento:
“Sono nata a Civitavecchia dove ho conseguito il diploma scientifico; mi laureo nel 2009 in lingue e commercio internazionale presso l’Università  dell’Alabama in Huntsville. Successivamente, tornata in Italia, conseguo un Master in Studi Europei. Attualmente mi sto laureando in Relazioni Internazionali presso l’Università  di Roma Tre. Nell’estate 2012 seguo un corso in relazioni internazionali alla Peking University in Cina, in particolare sulla transizione di potere a livello internazionale, il declino occidentale e le nuove relazioni internazionali del ventunesimo secolo”.
Cercando su Wikipedia, Paoli scopre che i titoli sono “bachelor”, ovvero diplomi biennali che in Italia non equivalgono a una laurea.
Alle 13.43 di ieri la pagina riporta tra i titoli di studio la «Laurea in lingue e commercio internazionale».
Nella nota biografica, però, si specifica che si tratta di un «Bachelor of Art».
Paoli dice di aver parlato direttamente con Marta Grande, che ha confermato la laurea, salvo tornare su Wikipedia e trovare un aggiornamente alle 14.59 in cui la laurea è sparita e tra i titoli di studio compare solo il «Bachelor of Arts in Foreign Languages and International Trade».
Nelle note si legge: «Dal 2007 al 2009, a Huntsville negli Stati Uniti d’America, ha frequentato il Corso Flit — Foreign Languages and International Trade (Corso di Lingue straniere e commercio internazionale)» e nel nel 2009 consegue il relativo «Bachelor of Arts, diploma universitario». Attualmente, dal 2010, sta frequentando il corso di laurea magistrale in Relazioni Internazionali all’Università  degli Studi Roma Tre.
Sul caso delle sue lauree e del loro valore legale si è scatenato un putiferio.
Così la grillina attacca i “pennivendoli” .
Aver cercato di fare chiarezza sui suoi titoli, come è stato con Oscar Giannino prima e Guido Crosetto per la grillina è un reato di lesa maestà .
MA il quadro non è limpido.
Già , perchè nel curriculum – prontamente modificato – Marta Grande definiva “laurea” un titolo di studio che in Italia non viene considerato tale.
E questo è un fatto, a prescindere dalle eventuali “lacune” del sistema di riconoscimento di titoli accademici in Italia.
La grillina Marta Grande, sui suoi titoli accademici, ha precisato: “”In nessun luogo ricordo di aver discusso in merito alla validità  o meno della mia laurea conseguita in USA, di quanto o come questa possa avere una validità  legale nel nostro paese”.
Allora perchè sul suo curriculum definiva “laurea” quel titolo?
E ancora: Ho conseguito una laurea Bechelor of Art in Alabama, cui si accede dopo aver superato un esame dopo le scuole superiori. Un documento del consolato di Miami attesta a chiare lettere che il titolo ha valenza, cosa del resto ovvia, sul territorio statunitense ed offre la possibilità  di continuare gli studi iscrivendosi ad un master di primo livello”.
E su quello italiano, chiediamo noi?
Quindi Marta Grande continua nella sua tirata: “Altra cosa è il corso che quest’estate ho seguito a Pechino, sempre in studi internazionali. Attualmente sono iscritta al corso di laurea magistrale in Relazioni Internazionali presso l’università  degli studi Roma Tre, per il conseguimento della quale – precisa – devo solamente discutere la tesi, cosa che per la verità  avevo preventivato di fare poche settimane prima della mia elezione alla Camera e che per ragionevoli motivi ho dovuto posticipare, mi auguro solo di qualche mese”.
Insomma, ne deduciamo, la laurea non ce l’ha.
Per inciso sul sito www.movimento5stelle.it è in corso una discussione proprio sui suoi titoli di studio. E i toni sono tutt’altro che assolutori.
C’è chi chiede spiegazioni, chi scrive che “la cosa grave non è che abbia fatto un corso di 63 ore negli states, ma che abbia tentato di spacciarlo come una laurea come si legge chiaramente dal cv presente su internet”, chi le ricorda che “più tempo passa, meno sarà  credibile l’eventuale giustificazione” e chi punta il dito contro Grillo, o chi per lui, non ha controllato con attenzione i curriculum.
Forse anche quelli sul sito del M5S sono “pennivendoli”…
E come se non bastasse la Grande ha anche parlato dei suoi titoli accademici ai microfoni di Radio24 a La Zanzara.
“Il titolo che ho preso in Alabama non è valido per i concorsi pubblici. Questa situazione si deve dal fatto che gli Stati Uniti non stanno in Schengen e dunque non c’è un riconoscimento automatico, ma questo non significa che non esista”.
“Ma Shengen non c’entra”, fanno osservare i conduttori Giuseppe Cruciani e David Parenzo: “Sì, certo. I titoli presi nel territorio europeo sono validi nel territorio europeo, per Shenghen. Non c’è un’equipollenza con gli Stati Uniti”, ha risposto la Grande.
Fine della commedia.

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OMBRE DI PARENTOPOLI SULLE DIMISSIONI DELLA SENATRICE A CINQUESTELLE: UNA CORDATA PER FARLA ELEGGERE?

Marzo 16th, 2013 Riccardo Fucile

GIOVANNA MANGILI LASCIA LO SCRANNO AL SENATO, IL MARITO E’ CONSIGLIERE COMUNALE: SONO AL CENTRO DI UNA FEROCE POLEMICA TRA GRILLINI

Salta la prima cittadina Cinque Stelle. E la motivazione potrebbe essere una parentopoli grillina. Giovanna Mangili all’apertura dei lavori parlamentari a si è dimessa «per motivi personali».
Una motivazione troppo vaga, che da subito ha suscitato dubbi.
ISCRITTA AL MOVIMENTO NEL 2012 –
Alla base della decisione ci sarebbe una polemica interna tra gli esponenti lombardi del M5S. Mangili è infatti sposata con Walter Mio, consigliere comunale del Movimento 5 Stelle a Cesano Maderno (Monza).
Inoltre è stata eletta con pochi voti e si è iscritta al Movimento solo nell’ottobre del 2012.
In occasione delle Parlamentarie, le primarie web convocate dal M5s per eleggere i candidati alle elezioni politiche, Mangili aveva ottenuto 231 voti, guadagnandosi il posto da capolista al Senato in Lombardia, seguita dall’attuale capogruppo a Palazzo Madama Vito Crimi.
E alcuni attivisti avevano parlato di cordate per farla eleggere, dirottando su di lei i voti degli elettori di Monza-Brianza.
Polemiche interni quindi che avrebbero portato Mangili a rassegnare le dimissioni da Palazzo Madama, «per ridare dignità  ad una persona che ha sopportato in silenzio attacchi e per non danneggiare un Movimento che ha sempre sostenuto e che sempre sosterrà ».
IL MARITO –
A difenderla ci pensa però il marito e consigliere comunale del M5S Walter Mio che si Facebook scrive: «Alle accuse di inciuci, presunte impossibili ridicole cordate e parentopoli brianzole abbiamo deciso di rispondere con un gesto forte e chiaro: le dimissioni da senatrice di mia moglie Giovanna Mangili. Un modo deciso ed inequivocabile per dimostrare a quanti hanno sparso veleno sul desiderio di facili poltrone familiari».
LA POLEMICA SUI MEETUP –
Le parole di Mio non placano però le polemiche. Sul MeetUp lombardo (il forum di discussione usato dai Cinque Stelle e dai sostenitori) si scatena una discussione furibonda tra gli attivisti. Molti gridano alla parentopoli.
E alcuni si spingono a denunciare casi di manovre precedenti alle candidature anche per le elezioni regionali in Lombardia.

(da “il Corriere della Sera”)

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GIA’ FINITA LA LUNA DI MIELE GRILLINA: A PARMA PIZZAROTTI CONTESTATO DAI DIPENDENTI COMUNALI

Marzo 16th, 2013 Riccardo Fucile

IL SINDACO QUASI AGGREDITO “BASTA TAGLI NI BUSTA PAGA, VOGLIONO FARCI LAVORARE A COTTIMO”

Fischi e urla, cartelli e bandiere.
A Parma i Portici del Grano diventano teatro di una nuova protesta e nel mirino questa volta c’è il sindaco Cinque stelle Federico Pizzarotti.
A manifestare sono i suoi dipendenti comunali, oltre 250 persone tra vigili, sportellisti, maestre e messi che da mesi protestano contro i tagli alle indennità  e al fondo di produttività , che da gennaio 2013 hanno portato a riduzioni dai 50 ai 200 euro sulle buste paga dei lavoratori che si aggirano intorno al migliaio di euro. Il tutto, a detta dei sindacati, senza che l’amministrazione comunicasse la decisione ai diretti interessati.
Così, dopo un periodo di trattative andate a vuoto per rivedere alcuni aspetti del contratto decentrato, lavoratori e sindacati hanno deciso di scendere in piazza. Il presidio, cominciato in modo pacifico in concomitanza con il consiglio comunale, è degenerato proprio con l’arrivo del primo cittadino.
Pizzarotti è stato circondato dalla folla e ha tentato invano di parlare, ma i dipendenti gli hanno urlato contro, facendo risuonare i fischietti sotto il Municipio.
Attimi di tensione in cui sono volati insulti rivolti al primo cittadino, letteralmente assalito dai lavoratori. “Buffone! Vergogna! Rivogliamo i nostri soldi!”, e ancora: “Dobbiamo usare i vaffa di Beppe Grillo per parlare con te?”.
Solo alcune delle frasi con cui i dipendenti hanno attaccato Pizzarotti, che di fronte all’assedio dei manifestanti, ha risposto alle domande dei giornalisti nel frastuono, rifiutandosi di parlare con i rappresentanti dei sindacati perchè impossibilitato dai continui cori di protesta.
“Ho cercato il dialogo e non ho nessun problema a confrontarmi, ma se scendo e trovo solo persone che fischiano e offendono, allora forse sono loro a non volere il dialogo — ha detto il sindaco — Qui si fa muro contro muro e così non si va da nessuna parte”. Pizzarotti ha promesso che nelle prossime settimane incontrerà  i lavoratori.
“Con alcuni di loro ho già  parlato e mi hanno capito, ma l’accordo si deve basare non sulla mera contrapposizione. Siamo in difficoltà , ma stiamo cercando una soluzione per alleviare i disagi. Ho presentato tre proposte ai sindacati, ma le hanno respinte”.
Diversa l’opinione dei rappresentanti delle sigle Fp Cgil, Uil Fpl, Fp Cisl e Diccap Sulp Pm, che dicono di avere inviato a loro volta controproposte rimaste inascoltate. “Oggi i lavoratori del Comune nono sono più considerati tali — si legge nel comunicato unitario — all’amministrazione piacerebbe una sorta di figura libero professionale che a seconda delle condizioni dovrebbe percepire una retribuzione a cottimo”.
L’entità  del fondo di produttività  per il 2013 (che nel 2012 è stato già  tagliato di 300mila euro) non è ancora stato comunicato ai sindacati, anche se la scadenza è il 31 marzo.
Il sindaco aveva promesso di incrementarlo, ma intanto da gennaio 189 vigili urbani e 85 lavoratori si sono ritrovati stipendi ridotti delle indennità , senza che venissero avvisati.
“Il sindaco scappa e ci nega il confronto — spiega Sauro Salati di Cgil insieme ai colleghi di Cisl e Uil, Annalisa Albertazzi e Gianni Fazio — Contestiamo il metodo e il fatto che siano stati disattesi gli accordi precedenti”.
A dicembre infatti in un incontro di fronte al prefetto Pizzarotti aveva promesso che si sarebbe fatto carico del problema, poi a gennaio la sorpresa.
A ciò si aggiunge la questione degli agenti di polizia municipale (ancora senza un comandante), che devono ancora essere pagati per i servizi delle notti effettuate da giugno a dicembre 2012, e che per protesta hanno interrotto i turni notturni nel weekend.
Quando il sindaco ha lasciato la piazza per risalire in Comune, i lavoratori hanno invaso il Municipio e alcuni hanno fatto irruzione nella sala del consiglio, al punto che il presidente Marco Vagnozzi ha dovuto chiedere ai vigili di bloccare l’ingresso al pubblico.
I dipendenti dopo circa mezz’ora sono tornati a gridare sotto i Portici, fino a bloccare il traffico della centrale via Repubblica.
Solo verso le 19 sotto il palazzo comunale è tornata la pace.
I lavoratori pubblici non sono i primi ad invadere i Portici del Grano contro Pizzarotti. A febbraio erano state le famiglie a protestare contro i rincari delle rette di asili e materne, e qualche settimana dopo il primo cittadino si era confrontato con gli indignados.
Quella volta però, a differenza di questa, il dialogo, o almeno un tentativo riuscito, c’era stato.

Silvia Bia
(da “il Fatto Quotidiano“)

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