Marzo 27th, 2017 Riccardo Fucile
E’ LA DIMOSTRAZIONE CHE MINNITI VENDE SOLO FUMO…ECCO TUTTI I DATI CON SORPRESE INCREDIBILI
E’ il 22 marzo quando, all’indomani del Gruppo di contatto Europa-Africa settentrionale, un Minniti
“petto in fuori” annuncia in una intervista a “La Stampa” di aver sbloccato la ricollocazione dei profughi attualmente in Italia in altri Paesi europei: “La Germania accoglierà 500 profughi al mese, ma abbiamo raggiunto un accordo anche con Austria e Svizzera”.
Applausi, ciak ciak.
Piccolo dettaglio: la Ue si era impegnata (due anni fa) entro settembre 2017 ad accogliere 34.950 profughi dal nostro Paese. Sapete quanti ne accettati finora? Appena 4.400, una presa per i fondelli alla quale qualsiasi governo con un minimo di dignità avrebbe reagito tagliando i versamenti alla Ue fino a che certi Stati canaglia non avessero preso i profughi di loro competenza.
Ma torniamo ad oggi: è di poche ore fa la nota del ministro della Difesa austriaco Hanz Doskozil secondo il quale l’Austria ha «più che rispettato» gli obblighi europei e pertanto non accoglie un solo altro profugo dall’Italia.
In particolare Vienna giustifica la decisione con il fatto di aver accolto negli ultimi due anni in proporzione «molto più domande d’asilo dell’Italia, ovvero 4.587 contro 1.998 domande per un milione di abitanti».
Nel 2015 l’Austria aveva accettato circa 90mila richiedenti asilo e altri 30mila nel 2016.
L’ Austria avrebbe dovuto farsi carico di 1.491 richiedenti asilo arrivati in Grecia e di altri 462 arrivati in Italia.
Quindi Minniti aveva esultato perchè l’Austria avrebbe accolto, nella sua fantasia, “ben” 462 rifugiati una tantum.
Ora si scopre che l’Austria non accoglierà neanche questi: ottimo colpo Minniti.
Ma una delle sorprese della giornata è anche un’altra: che in Italia i richiedenti asilo registrati e candidabili ai ricollocamenti sono solo 6.000, mentre in Grecia sono 20.000.
Tradotto: non siamo neanche riusciti a chiudere le pratiche di almeno altri 50.000 profughi che hanno sicuramente diritto a protezione, persino la Grecia disastrata fiunziona meglio di noi.
Il che vuol dire che se la Ue ci avesse “richiesto” i 30.500 disperati di differenza per arrivare a quota 34.950 non avremmo neanche saputo chi mandargli.
So di dare un dolore ai fans del ministro Pd che piace tanto a certa destra, ma a noi non piacciono i venditori di fumo.
Soprattutto quando cercano di spacciarsi per efficientisti.
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Marzo 27th, 2017 Riccardo Fucile
“DOVEVA ESSERE L’ESEMPIO DI COME RIVOLUZIONARE LA POLITICA ITALIANA, HA SOLO DIMOSTRATO COME ANCHE I NUOVI POLITICI NON SIANO IMMUNI DALLA CORRUZIONE, NON MENO INEFFICACI E IMPOPOLARI”
Le vicende giudiziarie che hanno coinvolto alcuni esponenti della sua squadra.
E poi ancora le difficoltà ad affrontare i problemi di tutti i giorni, come la raccolta dei rifiuti e la funzionalità mezzi di trasporto pubblici.
Il New York Times dedica un ampio servizio alla sindaca di Roma, Virginia Raggi, e traccia un bilancio del suo mandato al Campidoglio mettendo in evidenza i giudizi e le critiche nei confronti dell’esponente del Movimento 5 Stelle.
Scrive il Nyt:
“Virginia Raggi doveva essere l’esempio di come un sindaco del movimento anti-establishment come il Cinque Stelle avrebbe potuto rivoluzionare la politica italiana. E invece l’amministrazione Raggi è la prova che il partito è preparato a far cadere un governo ma non ad assumersi le responsabilità del governo, la dimostrazione che i nuovi politici italiani non sono molto meglio dei vecchi, non immuni dalla corruzione, non meno inefficaci e non meno impopolari”.
Nell’articolo del Nyt si mettono in evidenza i giudizi critici espressi nei confronti della sindaca di Roma, “da alcuni ritenuta inesperta”.
Il quotidiano spiega come Roma sia una città difficile da amministrare “per la complessità dei problemi che esistono”. “Noi – sottolinea Raggi – cuciniamo con gli ingredienti che abbiamo”.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 27th, 2017 Riccardo Fucile
UN FALSO “A LORO INSAPUTA”… IERI GLI AVVOCATI DEI GRILLINI NEGAVANO L’IRREGOLARITA’, OGGI DICONO CHE NON CAMBIA IL RISULTATO ELETTORALE… VEDIAMO DI CAPIRE DI COSA SI TRATTA
Dopo quelli di Palermo e Bologna c’è un nuovo caso firme false nel MoVimento 5 Stelle? 
Chi ha assistito ieri al servizio di Filippo Roma per le Iene sul “falso nella candidatura di Virginia Raggi” potrebbe pensare di sì.
La realtà delle cose è che quello che secondo le Iene e il consigliere della Lista Marchini Alessandro Onorato sarebbe successo a Roma non ha nulla a che vedere con le firme false. Le firme raccolte dai pentastellati per presentare la candidatura della Raggi sono regolari.
Ad essere oggetto di contestazione invece è l’atto principale per la presentazione della lista, il documento al quale i delegati di lista allegano gli atti separati ovvero i moduli nei quali sono state raccolte e certificate le firme a sostegno della presentazione della lista.
Le firme, per il momento, sono vere
Il problema riguarda la data apposta sull’atto principale che risulta essere antecedente al cosiddetto firma day durante il quale gli attivisti del 5 Stelle hanno raccolto le firme necessarie per presentare la candidatura di Virginia Raggi a sindaca della Capitale.
L’atto presentato dai 5 Stelle è datato 20 aprile 2016 ma il firma day si è tenuto tre giorni dopo, il 23 aprile.
Nell’atto principale i 5 Stelle dichiarano però (tre giorni prima della data effettiva) di aver raccolto 1352 firme utilizzando novanta atti separati.
Ad essere contestato quindi è solo quello che è il documento “riassuntivo” che riepiloga quante firme sono state presentate a sostegno della lista.
Le firme in sè (ad eccezione delle sei che compaiono sull’atto principale) non sono oggetto di contestazione. Per presentare le liste in una città come Roma servono un minimo di 1000 firme fino ad un massimo di 1500 sottoscrizioni pertanto è possibile che il numero di cancellieri certificatori (tale ruolo non poteva essere svolto, come accade, dai consiglieri comunali perchè il Consiglio era decaduto) fosse adeguato a certificare solo quel numero di firme mentre le risultanti siano state raccolte solo a fini propagandistici.
Insomma potrebbero essere state raccolte (o annunciate) molte più firme anche per far vedere che il M5S godeva di un ampio sostegno sul territorio; questa potrebbe essere la spiegazione più logica ma non è quella data dalla Raggi e dai delegati di lista che parlano di turni sui banchetti per le firme.
Per la precisione gli atti separati (ovvero i moduli nei quali sono autenticate le firme) sono datati 23 aprile, segno quindi che in teoria le firme sono state raccolte quel giorno. Certo, in base a questa sentenza del Consiglio di Stato (che fa giurisprudenza) le firme avrebbero potute essere raccolte prima e autenticate successivamente ma fino ad ora i 5 Stelle non hanno precisato questo dettaglio.
Secondo i delegati di lista del M5S gli avvocati Alessandro Canali e Paolo Morricone, l’atto principale non è irregolare perchè è una fattispecie a formazione progressiva — come molti atti amministrativi — e quindi il numero di firme presentate (non raccolte) avrebbe potuto essere inserito successivamente (del resto le firme vengono raccolte e autenticate una alla volta).
Secondo le Iene però non è così e l’atto principale — che è l’atto conclusivo — andrebbe compilato e fatto certificare solo dopo aver proceduto all’autentica delle firme: in buona sostanza, è la teoria del servizio, il MoVimento avrebbe commesso un errore che potrebbe invalidare tutto il procedimento di raccolta delle firme.
L’ammissione dell’errore da parte del M5S
Se nel servizio delle Iene gli avvocati del 5 Stelle sostenevano che le accuse fossero false oggi M5S si è difeso (sia a mezzo Facebook che con un post sul blog di Grillo) dicendo che in base ad una sentenza del Tar del Friuli Venezia Giulia l’irregolarità commessa dai sottoscrittori dell’atto principale nell’indicare il numero complessivo delle firme raccolte non comporta alcuna nullità della dichiarazione di presentazione della lista.
In buona sostanza però risulta che nei fatti il MoVimento 5 Stelle abbia ammesso oggi quello che i suoi avvocati negavano nel servizio delle Iene ovvero l’esistenza di alcune irregolarità nella presentazione dell’atto principale.
Ora dal punto di vista giurisprudenziale bisogna stabilire se quell’errore costituisca un falso tale da dichiarare inammissibile la presentazione di una lista e la correzione dei risultati o meno.
Per farlo però non ci si può appellare a sentenze del Tar — che non fanno giurisprudenza — ma a quelle del Consiglio di Stato (che però non viene citato dal M5S nella sua difesa).
Ad esempio ci sono alcune sentenze del CdS che ribadiscono come la presenza di alcune irregolarità non possa comportare la compressione dell’esercizio del diritto di voto dei cittadini e dal momento che a Roma i cittadini si sono ampiamente espressi, al primo turno prima e successivamente al ballottaggio per l’elezione della Raggi sembra difficile che per quell’errore formale (che pure c’è) il Tar possa annullare i risultati delle amministrative.
Rimane il dato di fatto che i 5 Stelle forse non avevano piena consapevolezza di quello che stavano facendo quando hanno preparato l’atto principale che — come tutti coloro che hanno partecipato alla presentazione di una lista sanno — deve essere compilato per ultimo.
Nella migliore delle ipotesi si tratterà di un falso “a loro insaputa” .
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 27th, 2017 Riccardo Fucile
MEZZI VECCHI, MANUTENZIONE INESISTENTE, TROPPE ORE IN SERVIZIO
Ieri mattina un bus della linea 506 che percorreva via Tuscolana, a Roma, verso Vermicino ha preso fuoco. Non è la prima volta che succede, anzi, solo una settimana fa a Ciampino un altro autobus dell’ATAC è andato completamente distrutto dalle fiamme.
Solo la prontezza dell’autista — che ha fatto scendere i passeggeri — ha impedito che ci fossero dei feriti. Sono già sette in tre mese gli autobus del trasporto pubblico della capitale che hanno preso fuoco, diciannove se in tutto se si considerano tutti gli eventi occorsi dal marzo 2016 ad oggi.
A certificarlo è l’account Twitter Mercurio Viaggiatore che da tempo tiene la contabilità dei Flambus (un gioco di parole con il fatto che all’inizio del 200 l’azienda si chiamava Trambus), così vengono ormai chiamati i mezzi pubblici che prendono fuoco mentre percorrono le strade della Capitale.
Solo a marzo di quest’anno sono stati quattro gli autobus che hanno preso fuoco.
Si potrebbe pensare che il problema sia principalmente dovuto al fatto che si tratta di mezzi vecchi, con troppi chilometri sulle spalle ad esempio l’autobus che ha preso fuoco sei giorni fa aveva 13 anni di servizio, quello bruciato a Castel Giubileo ad inizio marzo ne aveva 15 come quasi la metà di tutti gli autobus che compongono la flotta di ATAC.
Se i mezzi sono troppo vecchi e non ci sono soldi per rinnovare il parco macchine l’unica alternativa sarebbe la manutenzione.
Il condizionale è d’obbligo perchè come è stato spesso denunciato anche il reparto manutenzione non riesce a stare dietro alle continue rotture che lasciano in panne gli autobus in mezzo alla strada o che li tengono bloccati all’interno del deposito. Mancano i pezzi di ricambio, è stato spiegato, ma forse non è solo questo.
Ad esempio il mezzo che ha preso fuoco domenica era appena passato per il reparto manutenzione per un problema ad una cannetta che causava una perdita di combustibile.
Lo stesso guasto potrebbe essere la causa dell’incendio, sostiene ad esempio la leader del sindacato CambiaMenti, Micaela Quintavalle (che qualche giorno fa spiegava al Giornale che ci potrebbe essere dietro l’idea di portare ad una privatizzazione dell’azienda) anche se sembra poco probabile che l’incendio sia dovuto a quella perdita di nafta.
Certo è che se il mezzo era passato per la manutenzione il giorno prima è evidente che qualche responsabilità degli addetti ci deve essere.
Il vero problema è che in realtà non si può circoscrivere ad un’unica problematica la causa degli incendi che mandano in fiamme gli autobus.
Non è solo l’età avanzata dei mezzi, non è solo la scarsa (o nulla) manutenzione del parco macchine e non è solo il fatto che i pochi mezzi in grado di circolare senza problemi siano costretti a fare “gli straordinari” e a fare troppe ore di lavoro giornaliere.
Un aspetto quest’ultimo che oltre ad accelerare l’usura e a mettere sotto eccessiva pressione le componenti meccaniche limita le possibilità di effettuare interventi di controllo e di manutenzione approfonditi prima di rimettere in strada il mezzo.
Secondo Renzo Coppini, Segretario Regionale del SULCT, quella dei “mezzi vecchi” è solo un ritornello che viene utilizzato come scusa per non voler affrontare il nodo cruciale della manutenzione e della mancanza di programmazione degli interventi sul parco mezzi:
Il ripetersi di questi episodi, su vetture di diversa tipologia, ci fa pensare che le manutenzioni non siano sufficientemente idonee a garantire l’affidabilità dei mezzi. La maggioranza di essi, è noto, hanno superato la vita tecnica, e non quella utile, c’è una netta distinzione tra le due cose, perciò i controlli e gli interventi devono essere frequenti e programmati, mirati a superare le anomalie sia meccaniche che elettriche, derivate logicamente dall’età e dall’usura. Si fanno queste cose? I tecnici delle officine sono messi nelle condizioni di operare? Ripetere il ritornello ‘sono autobus vecchi’, non è più una valida giustificazione.
Secondo l’amministratore unico di Atac Manuel Fantasia il flambus di domenica è invece dovuto proprio al fatto che la flotta è molto vecchia e che è in atto un’operazione si retrofit su 400 mezzi:
Ieri si è trattato di un principio di incendio, limitato al vano motore per cui l’autobus è recuperabile. C’è una flotta molto vecchia che ci siamo trovati. Stiamo progettando e programmando il retrofit per quello che riguarda i sistemi di spegnimento automatico per circa 400 autobus. Ovviamente ci sono i tempi necessari da rispettare che sono quelli delle gare ad evidenza pubblica un intervento di questo genere non si fa con un affidamento diretto. Nel breve periodo continuiamo, come facciamo adesso con il check sulle vetture e se in qualche circostanza dovessimo intravedere che c’è stato un errore o qualcosa che non va in queste procedure, prenderemo provvedimenti conseguenti.
Cinque giorni fa Linda Meleo, assessora ai Trasporti di Roma, precisava che una commissione d’inchiesta aziendale sta già analizzando le cause degli incendi e ribadiva che la colpa è del parco mezzo vetusto:
Sugli episodi relativi agli autobus che prendono fuoco, come quello di ieri, abbiamo chiesto documenti in merito e c’è una commissione d’inchiesta aziendale che sta analizzando le cause. Vogliamo andare in fondo a questa vicenda, per poter garantire sempre più sicurezza ai cittadini.
Dobbiamo fare i conti con un parco mezzi vetusto e siamo perciò impegnati nel rinnovo della flotta dei bus di superficie, con bandi per nuove vetture oltre a quelle già a disposizione
Nè Meleo nè Fantasia però hanno parlato dei problemi relativi alla scarsa manutenzione, del fatto che i mezzi vengano messi su strada con riparazioni sommarie (o senza riparazioni come accade quando ci si limita al reset della centralina per “risolvere” il problema) o che manchi completamente una programmazione degli interventi che non vengono effettuati a cadenza regolare e al raggiungimento di un preciso chilometraggio ma solo quando gli autobus cadono a pezzi.
Vero è che in molti casi la manutenzione non viene eseguita perchè nelle officine non ci sono i pezzi di ricambio necessari.
Spetta quindi all’azienda il compito di procedere ad un risanamento dei vari comparti, perchè non ha senso comprare mezzi nuovi per poi farli cadere a pezzi e tenerli in deposito perchè non ci sono i ricambi.
Molto più pericoloso invece è mettere su strada autobus non idonei che oltre a rompersi in mezzo alla strada rischiano anche di fare del male a passeggeri e autisti.
(da “NextQuotidiano“)
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Marzo 27th, 2017 Riccardo Fucile
I DATI VERI: A POMIGLIANO D’ARCO (4.000 OPERAI) GLI ISCRITTI AL PD SONO APPENA 35 E HANNO VOTATO IN 22….POLO SIDERURGICVO PIOMBINO (1.40 OPERAI) HANNO VOTATO SOLO IN 29 (25 PER RENZI)…EX ANSALDO BREDA PISTOIA (800 OPERAI) HANNO VOTATO IN 81 (70 PER RENZI)
Per molto tempo giornalisti e avversari politici hanno riso dei risultati numerici delle varie votazioni
online indette dal MoVimento 5 Stelle. Si è detto che 700 voti per scegliere il candidato sindaco del M5S a Genova sono pochi.
Lo stesso si è scritto quando si dà conto delle poche decine di migliaia di votanti che — su tutto il territorio nazionale — ratificano online le decisioni di Grillo.
Oggi dalle parti del Partito Democratico si parla di un grande risultato popolare, di un plebiscito a favore di Matteo Renzi, ma i numeri sono più o meno gli stessi.
Il PD sta per eleggere il nuovo Segretario, il congresso si divide in due fasi: la prima è costituita dalle convenzioni, riservate agli iscritti e votate a livello locale circolo per circolo.
La seconda invece sono le primarie aperte alle quali possono partecipare tutti i cittadini che condividano i valori del partito.
In questi giorni nei circoli del PD gli iscritti votano le tre mozioni (Orlando, Emiliano e Renzi) mentre le primarie si terranno il 30 aprile.
Ieri Matteo Renzi festeggiava la forte partecipazione, che secondo i dati diffusi in giornata è arrivata al 61% (non tutti i circoli hanno tenuto il congresso ieri), sei punti percentuali in più di quella raggiunta nel 2013, senza dire però che nel 2013 gli iscritti erano 540 mila mentre adesso sono 420 mila.
Euforici soprattutto i renziani che con il 68,9% dei voti degli iscritti sarebbero in vantaggio su Orlando (29,4%) e Emiliano (fermo a poco più dell’1,7%).
A vincere per il momento è la partecipazione del popolo del PD.
Perchè se c’è qualcosa del quale gli iscritti e gli elettori del Partito Democratico vanno fieri è la capacità — contrariamente a quello che succede in altri partiti — di mobilitare davvero la società civile.
Si parla molto del fatto che Renzi, nonostante la sconfitta del 4 dicembre e la caduta del suo governo, sia ancora in contatto con la base del partito anche in circoli che — per “tradizione” — dovrebbero essere ostili alla mozione del segretario uscente.
Si parla molto delle percentuali ma poco dei numeri su tutti quello dei votanti che hanno partecipato ai vari congressi nei circoli: poco meno di 18 mila.
Il che — come fa notare Pino Salerno su JobsNews — diviso il numero dei seicento circoli che hanno già celebrato il congresso fa più o meno una media di 29 iscritti a sezione.
La senatrice renziana Francesca Puglisi festeggia la vittoria della mozione Renzi nei circoli “operai” della Bolognina, a Pomigliano d’Arco, alla Mirafiori, alla Hitachi a Pistoia e al polo siderurgico di Piombino. “Anche gli operai stanno con Matteo Renzi, segno che l’ex Presidente del Consiglio è davvero uomo di sinistra, checchè ne dicano gli invidiosi.”
I numeri però raccontano un’altra storia, ad esempio al circolo di fabbrica del PD alla FCA di Pomigliano d’Arco su 35 iscritti hanno partecipato alla convenzione 22 persone.
Certo, il 95% ha votato per Renzi ma non stiamo certo parlando di una sezione che rappresenta la maggioranza degli operai Fiat di Pomigliano d’Arco che sono in tutto 4.000.
Non si tratta nemmeno di un circolo storico dal momento che è nato il 25 settembre 2016: in pratica la vittoria di Renzi a Pomigliano d’Arco ci dice che concretamente il PD rappresenta poco più dell’1% degli operai della fabbrica e chi pretende di capire qualcosa sugli umori della sinistra e dei lavoratori forse dovrebbe fare i conti con i dati reali.
Non vanno meglio le cose al Polo Siderurgico di Piombino, dove Renzi ha vinto ma dove l’interpretazione data da alcuni esponenti renziani del partito non è piaciuta agli operai che hanno scritto una lettera aperta per raccontare la verità sul circolo delle fabbriche di Piombino.
Si tratta di un circolo nato da poco, a fine marzo del 2016, per riavvicinare il partito agli oltre 1.400 operai del polo. Le cose però nella realtà sembrano essere andate diversamente: al voto hanno partecipato 29 persone di cui solo una decina di operai, 25 le preferenze per la mozione del Segretario uscente.
“Al congresso, convocato in fretta e furia, del Circolo di cui facciamo parte hanno partecipato 29 persone di cui operai solo circa una decina. Abbiamo visto partecipare al voto diverse persone che con la fabbrica non c’entrano nulla e che non abbiamo mai visto alle nostre riunioni, ma che stavolta si sono puntualmente presentate per votare al congresso. Il Circolo delle fabbriche che aveva creato tanto entusiasmo al momento della sua nascita e che doveva essere un esempio per risolvere molti dei problemi che il Pd ha col mondo del lavoro è invece diventato lo specchio della crisi che questo Pd vive. Dove sono finiti i tanti lavoratori che affollavano la sede del Pd al momento della nascita del nostro Circolo? Perchè molte persone si sono perse per la strada e altre non siamo riusciti a convincerle a iscriversi? Non è forse anche perchè alcune delle politiche che il Pd ha sviluppato a livello nazionale in questi anni non ci hanno aiutato?
Un po’ meglio sono andate le cose alla Hitachi (ex Ansaldo Breda) di Pistoia dove su 81 votanti 70 hanno dato la preferenza a Matteo Renzi, certo non siamo ai livelli nè di Pomigliano nè di Piombino perchè il polo industriale di Pistoia conta meno di 800 addetti (senza ovviamente contare l’indotto).
Anche al di là delle rivendicazioni dei renziani che si riscoprono vicini al mondo operaio non è che i numeri del PD siano da capogiro e tali da giustificare di sentirsi meglio dei 5 Stelle.
Fatte le debite proporzioni — ovvero il fatto che i pentastellati votano comodamente da casa e che il M5S è un partito meno radicato sul territorio del PD per quanto riguarda la presenza di circoli e meetup — gli iscritti Dem non sembrano poi particolarmente più attivi almeno per quanto riguarda il voto.
Le convenzioni non sono ancora finite ed è presto per tirare le somme ma è evidente che per il Partito Democratico la forza non sono più gli iscritti ma la fetta ben più ampia di elettori e simpatizzanti che andranno a votare alle primarie aperte, meno problematici perchè non vengono coinvolti nelle discussioni congressuali e più d’impatto dal punto di vista numerico.
La tendenza è abbastanza chiara, ci sono circoli che sono stati aperti solo per poter fare qualche operazione di marketing a basso costo ed eventualmente per poter parlare di risultati “di sinistra” per la mozione del segretario uscente.
Quei circoli però non contano nulla dal punto di vista del numero dei voti e Matteo Renzi vincerà non certo grazie ai voti degli operai.
Il rischio è che il PD si illuda davvero che quei 23 voti a Pomigliano d’Arco e quei 30 a Piombino rappresentino “un plebiscito” del mondo operaio a favore di Matteo Renzi.
Di fatto il PD nelle fabbriche non c’è da parecchio tempo e queste operazioni maldestre di interpretare i risultati dei circoli in quel modo non faranno che allontanare gli operai dal partito.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 27th, 2017 Riccardo Fucile
ORLANDO STACCATO AL 25,5%
Allo storico circolo Aniasi – pieno centro di Milano, corso Garibaldi – non c’è stata partita. Su 245 votanti, 202 hanno scelto la mozione Renzi (e Martina), lasciando agli altri poco più delle briciole: 41 voti per Andrea Orlando, 2 per Michele Emiliano.
Qui, nel 2013, Matteo Renzi era stato battuto da Gianni Cuperlo.
Non era stato un risultato anomalo, per Milano: perchè il segretario dimissionario del Pd proprio nella città che negli ultimi anni è diventata la roccaforte del renzismo, all’ultimo congresso era uscito sconfitto.
Come cambiano i tempi: a votazioni per l’assemblea nazionale ancora in corso – si chiuderanno il 2 aprile – Milano regala a Matteo Renzi percentuali schiaccianti: il 73% – a ieri sera – contro il 25,5% del ministro della Giustizia e l’1,5 per Michele Emiliano, che dovrà sperare in altre città (e in altre Regioni) per vedere crescere il suo consenso.
Le votazioni sulle mozioni presentate dai tre candidati alle primarie nazionali del Pd riguardano a Milano e area metropolitana, 174 circoli: finora hanno votato in 57, ma molti sono quelli di peso, sia per numero di iscritti sia per tendenza generale.
Il peso, appunto: il voto sulle tre mozioni serviranno per decidere il peso dei sostenitori dei tre sfidanti nell’assemblea nazionale.
Non basteranno, insomma, per decretare la conferma o la fine dell’era Renzi, ma serviranno per il futuro, per le decisioni del partito.
I risultati parziali, per adesso, confortano i colonnelli della maggioranza dem. A guardare i dati di zona 1, – il centro di Milano – luccicavano gli occhi ai turborenziani: “viaggiamo tra l’80 e il 90%”, il commento più sobrio. Se la media, finora, fa 73, in Città metropolitana i dati sono appena più bassi: 70 contro 28,5.
Qualche motivo per festeggiare c’è.
La sorpresa, per esempio, è stata quella del circolo Pd della Barona. Quartiere duro e risultato in bilico fino alla fine, con qualche speranza degli orlandiani.
Invece ieri pomeriggio la conferma, dopo quella del circolo dell’Ortica, dell’orientamento che Milano sembra ormai avere: vince sul filo la mozione Renzi, con 34 voti contro i 30 di Andrea Orlando (e gli zero voti di Michele Emiliano).
Va al ministro della Giustizia, invece, il circolo Vigentino: qui, nella profonda zona 5, Orlando ha battuto Renzi. Al circolo Porta Romana su 72 voti Renzi ne ha presi 63. E al circolo (renzianissimo) della Pallacorda, qualcuno commenta perfidamente: “Emiliano ha battuto Orlando”: in effetti il governatore pugliese raccoglie 3 voti contro i 2 del ministro.
Che siano votazioni sentite, e proprio per la battaglia campale tra le correnti Pd, si capisce anche dall’affluenza: già ieri al 70%, l’8 in più dell’ultimo congresso, quello – appunto – vinto a Milano da Cuperlo, anche se Renzi vinse in Lombardia e, si sa, nel resto d’Italia. Chiusa la fase delle mozioni, si apre per il partito un mese cruciale: il 30 aprile ci saranno le primarie, e lì non conterà solo il voto degli iscritti, anzi.
Per questo il Pd milanese sta cercando di capire come organizzare la chiamata al voto del “popolo delle primarie”: nel 2013 furono 143mila tra iscritti e non a Milano e provincia. Il segretario democratico Pietro Bussolati sta pensando a una serata aperta – in un grande teatro, probabilmente – per mettere a confronto sostenitori illustri (e rigorosamente non lombardi) dei tre candidati.
Salvo modifiche, arriveranno in città il ministro Graziano Delrio per Renzi, Gianni Cuperlo per Orlando e Francesco Boccia per Emiliano.
(da “La Repubblica”)
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Marzo 27th, 2017 Riccardo Fucile
LE PROPRIETA’ INTESTATE A PRESTANOMI SIA IN RUSSIA CHE ALL’ESTERO DEL PREMIER MEDVEDEV… E PUTIN AVREBBE PORTATO ALL’ESTERO 40 MILIARDI
Da esperto frequentatore di tribunali e catasto, Aleksej Navalny ha spulciato i registri pubblici per
ottenere informazioni su quello che ha definito il patrimonio nascosto del primo ministro Dmitrij Medvedev: 1,2 miliardi di dollari.
Poi, essendo pratico di tecnologia, ha usato i droni per filmare le impenetrabili ville e dacie guardate dagli uomini dei servizi segreti.
Nulla riconducibile direttamente al premier, ma intestato a amici fidati, molti dei quali ex compagni di scuola divenuti misteriosamente ricchissimi.
Dalla dacia con piscina, tre eliporti, pista da sci privata e stagno pieno di papere, a vigneti in Russia e a una tenuta in Toscana.
In questo caso si tratta di una rinomata villa e azienda vinicola nel Chianti, l’Aiola. I 36 ettari di vigneti furono un tempo di proprietà del segretario del Pli, Giovanni Malagodi. Poi, nel 2012, gli eredi la cedettero a dei misteriosi russi che in zona non si vedono quasi mai.
La tenuta produce centomila bottiglie l’anno di Chianti classico e, secondo il sito Internet, può essere visitata su prenotazione. La villa è invece blindatissima.
Come spesso avviene in questi casi, sarebbero coinvolti cognati e altri parenti.
In più Navalny è riuscito a trovare alcuni collegamenti inusuali.
Una vasta azienda agricola nella regione di Kursk e i vigneti russi fanno capo a una società diretta da un certo Vladimir Dyachenko.
La fondazione anticorruzione di Navalny ha scoperto che a questo Dyachenko sono state spedite da vari negozi online scarpe da jogging e camicie che poi sono comparse addosso a Medvedev in foto ufficiali.
In alcuni casi, inoltre, il primo ministro avrebbe postato foto scattate in proprietà che ufficialmente non gli appartengono ma dove lui invece passa a volte del tempo.
Gran parte dei quattrini sarebbe arrivata attraverso donazioni a varie fondazioni effettuate da oligarchi che avrebbero tutto l’interesse a tenersi buono il premier.
E poi prestiti a fondo perduto erogati da banche statali o parastatali.
L’ufficio del premier ha naturalmente smentito tutto, Come ha fatto il Cremlino ogni volta che si è parlato del tesoro da 40 miliardi di dollari di Vladimir Putin.
Fabrizio Dragosei
(da “Il Corriere della Sera”)
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Marzo 27th, 2017 Riccardo Fucile
SPESE CON I FONDI DELLA LEGA, LE RICHIESTE DELLA PROCURA PER APPROPRIAZIONE INDEBITA
Condannare Umberto Bossi, l’ex leader della Lega, a 2 anni e 3 mesi. E suo figlio Renzo, ex consigliere regionale della Lombardia, a 1 anno e 6 mesi per appropriazione indebita dei fondi della Lega Nord.
Sono queste le richieste che il pm della procura di Milano Paolo Filippini ha fatto in aula durante il processo che vede imputati, oltre ai due Bossi, anche l’ex tesoriere del Carroccio Francesco Belsito: per lui il pm chiede una condanna a 2 anni e 6 mesi.
Il processo davanti all’ottava sezione penale del tribunale, ormai noto come ‘The family’, vede imputati i Bossi e Belsito per aver utilizzato i fondi del partito per le spese personali della famiglia del Senatur.
Riccardo Bossi, il figlio maggiore, ha scelto invece il rito abbreviato. Per lui, la condanna è stata a 1 anno e 6 mesi per l’appropriazione indebita di 158mila euro di fondi della Lega per le sue spese personali.
(da agenzie)
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Marzo 27th, 2017 Riccardo Fucile
COME MAI MINNITI NON E’ ANCORA INTERVENUTO DENUNCIANDO IL SINDACO ?
Nuova “sparata” del sindaco leghista di Pontinvrea Matteo Camiciottoli, che ha deciso di far pagare
la tassa di soggiorno ai migranti e di penalizzare con tasse più alte le abitazioni affittate a cooperative che ospitano migranti.
Il sindaco di Pontinvrea, un paesino di 847 abitanti in progressivo spopolamento, ha emanato un decreto che di fatto equipara le abitazioni affittate alle cooperative per ospitare i migranti ad attività ricettive commerciali come possono essere alberghi o bed & breakfast.
Gli alloggi saranno così soggetti per quanto riguarda Imu e Tari alla stessa tassazione delle strutture ricettive commerciali e le persone ospitate dovranno pagare la tassa di soggiorno di 2,50 euro al giorno.
Il decreto prevede inoltre che la responsabilità di eventuali reati compiuti dagli ospiti ricada anche sui responsabili dell’accoglienza e sui proprietari degli immobili, norma palesemente illegittima anche per uno studente del primo anno di giurisprudenza essendo la responsabilità penale personale.
Poi la chicca finale: “la giunta si costituirà in sede legale «contro chi ha la custodia degli occupanti delle strutture per qualsiasi atto illegale gli stessi dovessero perpetrare”.
Atti illegali? Ma non ci risulta che il comune ospiti il tesoriere della Lega Belsito e neanche i il presidente leghista del consiglio regionale Bruzzone o l’assessore leghista all’industria Rixi, entrambi sotto processo per peculato.
Minniti non ha nulla da dire a proposito di questo atto illegittimo?
(da agenzie)
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