Marzo 15th, 2017 Riccardo Fucile
I LEGALI ORA CERTIFICANO CHE IL GIOVANOTTO CHE DEFECAVA DAGLI ALBERI E’ UNA MASCHERA VUOTA
Nel lontano 1986, l’allora vignettista principe Giorgio Forattini schizzò su La Repubblica il presidente Usa Ronald Reagan, in vena di gag muscolari, come un incartapecorito reduce dalla guerriglia vietnamita alla Sylvester Stallone, intitolando la vignetta “Rimba”.
Trent’anni dopo sono gli avvocati difensori del Padre fondatore dei Cinquestelle, nel processo per diffamazione intentatogli dalle “vergini dai candidi manti del Pd”, a gratificarlo indirettamente dell’identico epiteto, dichiarando nella memoria difensiva che «Beppe Grillo non è responsabile, quindi non è autore, nè gestore, nè moderatore, nè direttore, nè provider, nè titolare del dominio, del blog nè degli account Twitter e Facebook, non ha alcun potere di direzione nè di controllo su tutto ciò che viene postato».
Insomma, qualcosa tra l’ologramma ululante e lo speaker inconsapevole; un po’ come lo era il caro Ronnie, fungendo da megafono delle argomentazioni e delle battute predispostegli dai think tanks della Destra oltranzista NeoCon/NeoLib.
Una considerazione che giro a tutti i “tagliatori di teste” grillini (i cosiddetti “thugs”, di salgariana memoria) che da tempo mi bersagliano di insulti quando esercito attitudini critiche nei confronti della cabina di comando pentastellare; il sancta santorum laddove si determina inflessibilmente il pensiero pensabile del Movimento; l’ortodossia che diventa verità indiscutibile per fedeli fortemente esposti al rischio incombente del settarismo.
Forse qualcuno (se in buonafede) dovrebbe scusarsi della sua aggressiva dabbenaggine, tradotta in insulto da stadio nei confronti dell’osservatore distaccato. Ossia chi analizza le sorti del soggetto politico che intercetta in Italia l’area dell’indignazione; considerandolo — al tempo stesso — l’unica speranza di alternativa alla collusione mucillaginosa dell’attuale corporazione di partito.
Dunque, Grillo è certificato dai suoi stessi legali come una maschera vuota. Rivelazione che non sorprende chi conosce per contiguità territoriale questo invecchiato giovanotto; che di suo non è mai riuscito a concepire un pensiero che non gli fosse suggerito dal ghost writer di turno.
Un ragazzo di periferia che — come ha raccontato nel suo ultimo one-man-show — aveva già allora nei confronti dell’informazione un singolare rapporto: arrampicarsi sugli alberi ad alto fusto della genovese piazza Martinez e da lì provare a centrare la “X” nella testata del quotidiano Il Secolo XIX steso sul selciato, defecando dai rami. Del resto, in quanto a qualità dell’analisi politica, da allora non sembra avere fatto molta strada.
Sempre dipendendo dall’autore di turno dello script. Per cui è passato dalla distruzione in scena dei computer al fondamentalismo internet inoculatogli da Casaleggio sr.
Dunque un guinzaglio strettissimo, ora nelle mani di Casaleggio jr., che presidia in penombra le sorti aziendali; in una logica business oriented ai cui i giovani colonnelli romani si sono immediatamente allineati.
Con risultati piuttosto infelici: subendo lo stallo romano (con la Virginia Raggi che lucra della rendita posizionale per restare abbarbicata alla poltrona di sindaco), inducendo secessioni, come a Parma e Liguria.
Tutto questo a scapito di un potenziale di rinnovamento politico reso sostanzialmente inerte in quanto impigliato nelle teatralizzazioni.
Che si traduce in episodi — non si sa ancora quanto destinati a riprodursi — come nelle prossime amministrative genovesi.
Dove emergono atteggiamenti più critici nei riguardi del vertice. Qui lo staff della Casaleggio & Associati non ha supportato la candidatura ortodossa di Luca Pirondini, sponsorizzata da Alice Salvatore. Come stavolta non si segnalano manine informatiche all’opera per aggiustare la consultazione interna a danno della candidatura di Marika Cassimatis.
A differenza di episodi anche del recente passato.
Pierfranco Pellizzetti
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 15th, 2017 Riccardo Fucile
PIU’ L’ACCUSA AGLI AVVERSARI E’ VIOLENTA ANCORCHE’ SENZA PROVE, PIU’ GLI UTENTI PLANANO A FROTTE E PIU’ SOLDI ARRIVANO DALLA PUBBLICITA’
Se il ridicolo non risparmia la Casa Bianca di Washington, figuriamoci la Casa Rosa di Bibbona.
Donald Trump attribuisce spesso agli avversari reati gravissimi. Lo fece più volte con Hillary Clinton, con risultati positivi.
Il 4 marzo ha “rivelato” con un tweet che Barack Obama aveva spiato le comunicazioni in entrata e uscita dal quartiere generale newyorkese del trumpismo, sulla Quinta Strada, durante la fase finale della campagna elettorale.
Quand’è stato accertato che qualcosa del genere non è mai accaduto, il presidente ha fatto dichiarare al suo portavoce Sean Spicer di “non aver mai pensato che Obama abbia agito personalmente”.
Il consigliere per le comunicazioni Kellyanne Conway ha aggiunto che si può sorvegliare qualcuno anche attraverso un forno a microonde opportunamente modificato. Ecco pertanto la nuova versione presidenziale della presunta aggressione telematica alla Trump Tower: Obama spiava il suo successore quando, appena sveglio, tostava il pane da imburrare.
Riesce a fare di meglio un professionista come Beppe Grillo, che sul ridicolo ha costruito una carriera e una fortuna.
Solito com’è a lanciare da Villa Corallina accuse sanguinose ai poteri palesi e occulti, s’è posto per tempo il problema di come evitare la sciagura che più teme: pagare di tasca propria eventuali condanne per diffamazione o calunnia per quanto postato sul blog beppegrillo.it.
La soluzione è stata dichiarare, tramite i propri legali, di non essere “responsabile, nè gestore, nè moderatore, nè direttore, nè provider, nè titolare del dominio del blog, nè degli account Twitter” e di non avere “alcun potere di direzione nè di controllo sul blog, nè sugli account Twitter, nè sui tweet e tanto meno su ciò che ivi viene postato”. Testuale.
L’impunità assoluta gli è garantita dall’onnipresente e ingegnosa Casaleggio & Associati, che lo protegge con un sistema di scatole cinesi digitali, e da alcuni prestanome disposti a immolarsi al posto suo.
Così può negare di aver scritto sul blog, riguardo alla vicenda dei pozzi d’estrazione in Basilicata, che nel PD sono “tutti collusi. Tutti complici. Con le mani sporche di petrolio e denaro”.
Dice, ora, di non c’entrare alcunchè con quelle parole pubblicate a sua insaputa. Ridicolo come il corregionale Claudio Scaiola al quale qualcuno comprò a tradimento una casa vista Colosseo, ridicolo come la grillina Virginia Raggi che si scoprì inconsapevole intestataria di polizze regalatele da un adorante funzionario comunale.
Ma non è solo questione di ridicolo.
Il fatto è che, sia nel caso di Trump sia in quello di Grillo, spararle grosse è una strategia raffinata che nell’ecosistema della comunicazione digitale e social rende politicamente e, soprattutto, economicamente.
La costellazione di siti di notizie inventate (le cosiddette “fake news”) che ruota intorno al sole Breitbart.com (il sito controllato da Steve Bannon, potentissimo consigliere ultraconservatore di Trump) e quella che trae energia dalla luce della stella beppegrillo.it si sostengono grazie alla pubblicità .
Per ottenerne a sufficienza bisogna convogliare tanto traffico.
Breibart.com, beppegrillo.it e migliaia di attivisti smanettoni possono contare sulle legioni di fan e creduloni pronti a bersi ogni storia verosimile – “Trovato il bunker da dove Obama trama contro Trump” oppure “Controllano ciascuno di noi con microspie che ci inoculano nelle vene” – e a sottoscrivere ogni invettiva facendo gara a commentare e darsi digitalmente di gomito.
Più l’accusa agli avversari politici è violenta ancorchè senza prove, più gli utenti planano a frotte sui siti e sulle pagine di Facebook che la rilanciano, più soldi arrivano dalla pubblicità .
È un circolo informativamente truffaldino eppure lucroso.
Per Trump, per la Casaleggio e per gli aspiranti autocrati di mezzo mondo, le notizie false e le ingiurie diffuse via Internet sono oggi il mezzo più efficace per autofinanziarsi e per finanziare i siti sostenitori.
Ma prima o poi l’inganno non funzionerà più.
Questione di tempo.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 15th, 2017 Riccardo Fucile
LA SERENA ANALISI DEL PREFERITO DA GRILLO: COLPA DEI FUORIUSCITI DAL MOVIMENTO
Luca Pirondini ieri ha perso le votazioni online per la selezione del candidato sindaco del M5S a Genova. Il favorito della vigilia, sostenuto tra gli altri dalla consigliera regionale Alice Salvatore, è stato sconfitto al ballottaggio da Marika Cassimatis per un soffio.
Solo 24 voti infatti hanno decretato la vittoria della Cassimatis che ha incassato 362 preferenze contro le 338 di Pirondini.
La cosa potrebbe finire qui se non fosse che Pirondini — molto sportivamente — oggi ha commentato i risultati del voto online tornando a battere su un tasto che già sia lui che la Salvatore avevano utilizzato per tentare di azzoppare la corsa della Cassimatis.
Dopo aver fatto i complimenti alla vincitrice, eletta con il “Metodo Genova” che prevedeva che solo due aspiranti candidato sindaco per il M5S riuscissero ad accedere al ballottaggio dopo aver superato le “graticole” e aver ottenuto almeno 27 preferenze da parte dei candidati consiglieri e presidenti Municipio, e aver ringraziato i suoi sostenitori e la sua famiglia, Pirondini lascia trasparire tutto il suo disappunto per come sono andate le cose chiedendo che vengano resi pubblici i nomi e i numeri dei votanti candidati consiglieri e soprattutto ricordando che “da mesi” ci sono persone che pur sostenendo altre liste sono risultate decisive nella votazione di ieri e quindi nella sua sconfitta.
“Votazioni, per le quali chiederò che vengano resi pubblici i nomi e numeri dei votanti candidati consiglieri. Certo che, persone che da mesi sostengono deliberatamente altre liste non siano state decisive. Perchè è EVIDENTE che chi da mesi sostiene altre liste non avrebbe nemmeno dovuto votare. Ok la democrazia, ma far scegliere i propri candidati ad avversari politici solo perchè ancora abilitati al voto online mi parrebbe un tantinello eccessivo. Ma sono certo che non sia così.”
In buona sostanza secondo Pirondini l’errore — che secondo lui ha portato al successo della sua avversaria — è stato quello di aver lasciato a persone ormai fuoriuscite dal MoVimento la possibilità di prendere parte al voto online e quindi condizionare l’esito della decisione dei pentastellati di Genova sul candidato sindaco per le prossime amministrative.
A Pirondini non va giù quello che altri attivisti hanno notato nelle ore dopo la pubblicazione dei risultati ovvero che a sostenere Marika Cassimatis ci fossero “pizzarottiani ed altri dissidenti”.
Si tratta in fin dei conti delle stesse accuse mosse ieri, con le votazioni ancora aperte, da Fulvio Utique che in un post aveva fatto notare che erano “troppi i candidati consiglieri che hanno espresso solidarietà agli ex” e che avevano scelto di appoggiare la Cassimatis.
Stesso genere di critiche rilanciate dalla Salvatore qualche ora dopo parlando di soggetti che “assaliti dalla smania di farcela ad ogni costo continuano a condurre battaglie personali contro portavoce che credono nel MoVimento con tutto il cuore”. Riferimenti nemmeno troppo velati alla vicenda di Paolo Putti, ex candidato sindaco alle scorse amministrative che ha lasciato in polemica il MoVimento 5 Stelle e che ieri “festeggiava” — facendo arrabbiare molto attivisti duri e puri — la vittoria della Cassimatis.
Mentre la vincitrice porge il ramoscello d’ulivo per il bene del MoVimento le profonde lacerazioni che si sono prodotte in questi ultimi mesi all’interno del 5 Stelle nel capoluogo ligure evidentemente rimangono ferite aperte e dolorose per la base che stenta ancora a riconoscersi nella candidata sindaca.
Impossibile infine non rilevare che prima del voto erano i sostenitori della Cassimatis a gridare al complotto e a spiegare che tutto era già deciso per far vincere il candidato protetto dai “poteri forti del MoVimento” (ovvero la Salvatore e la Casaleggio).
Ora che il voto online ha completamente ribaltato i pronostici sono invece gli (ex?) poteri forti del M5S ligure a rodersi il fegato e ad adombrare la possibilità che l’esito delle votazioni possa essere stato condizionato da fuoriusciti che ancora avevano la possibilità di votare sul portale.
Al netto delle ipotesi di complotto questa non è un’eventualità così remota perchè al di là di chi è stato espulso e si è visto quindi inibire le credenziali d’accesso per tutti coloro che più o meno tacitamente sono fuoriusciti dal MoVimento rimane la possibilità di partecipare alle votazioni online, questo non solo a Genova ma in tutta Italia.
Non esiste infatti un modulo o una procedura per cancellarsi dal portale e quindi un utente certificato rimane tale (con tutto quello che ne consegue) anche se ha abbandonato il M5S perchè di fatto l’unico atto che decreta la cancellazione di un attivista (o di un portavoce) è l’espulsione, ma non tutti se ne vanno in seguito ad un’espulsione.
Questo è solo uno dei tanti problemi noti dello strumento di democrazia diretta adottato dal 5 Stelle al quale il gestore del sito non ha ancora messo mano.
(da “NextQuotidiano“)
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Marzo 15th, 2017 Riccardo Fucile
SEI ARRESTI, I MAFIOSI NON ACCETTAVANO CHE CERCASSE DI CONVINCERE I SUOI ASSISTITI A DIRE LA VERITA’… UN PASSATO TRA RAUTI E ROMUALDI, PRESIDENTE DEL FUAN, POI IN AN
“Non poteva restare senza colpevoli l’omicidio di un professionista a Palermo”, dice il procuratore Francesco Lo Voi.
Le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo hanno riportato in carcere tre dei mafiosi già fermati negli anni scorsi per il caso, altre tre persone sono state arrestate sulla base delle nuove dichiarazioni fornite dal collaboratore di giustizia Francesco Chiarello.
Determinante la confessione in diretta di uno degli indagati, al telefono dice alla moglie: “Se questo parla sono rovinato”.
I boss volevano dare una punizione esemplare al legale, avevano anche messo in conto di ucciderlo, ribadisce il gip Fernando Sestino nel suo provvedimento, che accoglie la ricostruzione dei pm Caterina Malagoli, Nino Di Matteo e Francesca Mazzocco.
“I mafiosi volevano dare un segnale a tutta l’avvocatura palermitana”, spiega il procuratore Lo Voi nel corso della conferenza stampa convocata al palazzo di giustizia.
L’ordinanza di custodia cautelare ha raggiunto Francesco Arcuri, che pianificò la spedizione punitiva; Antonino Abbate, che ebbe funzioni di copertura del gruppo, Salvatore e Antonino Ingrassia, Paolo Cocco (portò la mazza sul luogo del delitto) e Francesco Castronovo, il sicario che colpì il legale.
“Il pentito Chiarello ha detto che l’avvocato Fragalà era considerato uno sbirro – dice il colonnello Antonio Di Stasio, il comandante provinciale dei carabinieri – I mafiosi non sopportavano che il legale consigliasse ai suoi clienti di fare dichiarazioni nell’ambito dei processi”. E scattò la spedizione punitiva, il 23 febbraio del 2010.
Scrive il gip Fernando Sestito nel suo provvedimento: “L’aggressione dell’avvocato Fragalà (che per la sua devastante simbolicità ha rappresentato un violento attacco all’intera avvocatura, non solo palermitana) è stata deliberata per ragioni che l’organizzazione mafiosa ha ritenuto particolarmente gravi. Per punire condotte professionali che sono state ritenute del tutto incompatibili con l’interesse dell’organizzazione e pericolose, in particolare, per la salvaguardia di concreti e rilevanti interessi economici, e, ancora prima, della fondamentale e irrinunciabile pretesa mafiosa alla salvaguardia delle regole dell’omertà e reciproca assistenza che caratterizzano la condotta di ogni associato nel momento del coinvolgimento in inchieste giudiziarie”.
Il giudice parla di un “graduale intensificarsi, negli aderenti all’associazione, di un atteggiamento di delusione e insoddisfazione nei confronti del professionista, sfociato in una incontenibile rabbia”.
Sestito rileva come “nei procedimenti per reati di mafia Fragalà si comportasse sempre più spesso da sbirro. In particolare inducendo i suoi assistiti a violare la tradizionale regola del silenzio, incoraggiandoli a rendere dichiarazioni ai magistrati, anche di natura ammissoria dei fatti contestati, ed anche quando tali ammissioni comportavano il rafforzamento dell’impianto accusatorio nei confronti degli altri associati”.
“Il pomeriggio dell’aggressione, vennero a casa mia – racconta Chiarello – Franco Arcuri dice: “Ci dice che ci servono quattro persone a Salvatore Ingrassia perchè ci amu a dare quattro colpi di legno a una persona, perchè si deve fare entro stasera, se non Gregorio fa u pazzu”. Gregorio è Gregorio Di Giovanni, allora capo mandamento di Porta Nuova.
(da agenzie)
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Marzo 15th, 2017 Riccardo Fucile
AI LIBERALI DI RUTTE ANDREBBERO 31 SEGGI, POI TRE PARTITI ALLA PARI: I CRISTIANO SOCIALI, I LIBERALI DI SINISTRA E IL PARTITO XENOFOBO DI WILDERS CHE RISCHIA DI NON FARE NEANCHE SECONDO… BALZO IN AVANTI DEI VERDI: DA 4 A 16 SEGGI
Dal primo dato, diffuso dopo la chiusura dei seggi alle ore 21, il VVD del premier vince e raccoglie 31 seggi.
E’ una caporetto per il partito xenofobo di Wilders che fino a due mesi fa era in vantaggio di 12 seggi su Rutte e ora è dietro di 12.
La destra populista del PVV raccoglie 19 seggi, appena quattro in più delle precedenti legislative, ma vede il secondo posto insidiato da cristiano democratici e anche dai liberali di sinistra anche loro dati a 19 seggi.
Tra le tre formazioni si profila quindi un testa a testa che alla fine potrebbe spingere Wilders anche più indietro del secondo posto.
Avanzano invece i Verdi di sinistra, che passano da 4 a 16 seggi.
L’affluenza è stata dell’81%, rende noto la tv pubblica Nos alla chiusura dei seggi.
(da agenzie)
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Marzo 15th, 2017 Riccardo Fucile
L’ESPERTO SCORZA: “UN SISTEMA DI SCATOLE CINESI FATTO PER NASCONDERE LA TITOLARITA’ DEL BLOG”… UNO SCONOSCIUTO MODENESE PROPRIETARIO, LO SCHERMO DELLA CASALEGGIO E DELL’ASSOCIAZIONE ROUSSEAU… MA ORA CHE IL CASO E’ ESPLOSO, GRILLO E’ ALL’ANGOLO
Beppe Grillo gioca a nascondino. E non da ora.
Almeno dal 2012 tutte le denunce per calunnia e le querele per diffamazione rimbalzano contro un sistema di scatole cinesi destinate a creare confusione, nella migliore delle ipotesi.
A schermare l’effettiva titolarità del Blog, a voler pensare male.
Sta di fatto che individuare la reale titolarità della pagina web tra le più cliccate e politicamente attive d’Italia è un po’ come «andare alla ricerca del Sacro Graal», per dirla con l’avvocato Guido Scorza, uno dei massimi esperti di diritto delle nuove tecnologie, sulla scia della vicenda portata alla luce dal tesoriere Pd Francesco Bonifazi con la querela seguita alle pesanti accuse rivolte al partito per la vicenda petrolio e ministro Guidi di un anno fa.
Col conseguente muro opposto dal capo dei Cinque Stelle e dai suoi avvocati che hanno “contestato la riconducibilità ad esso del blog”, come si legge nella loro difesa.
Grillo, attraverso la stessa pagina, in queste ore si difende: “Il Blog beppegrillo.it è una comunità online di lettori, scrittori e attivisti a cui io ho dato vita e che ospita sia i miei interventi sia quelli di altre persone che gratuitamente offrono contributi. Il pezzo oggetto della querela del Pd – scrive – era un post non firmato, perciò non direttamente riconducibile al sottoscritto. I post di cui io sono direttamente responsabile sono quelli, come questo, che riportano la mia firma in calce”.
Da sinistra a destra lo prendono di mira. “Quindi chi decide? Ridicoli e inquietanti”, attacca il presidente Pd Matteo Orfini su Twitter, “vigliacco e bugiardo”, rincara Bonifazi. “Beppe Grillo non esiste, verrebbe da dire, ormai siamo al trash”, dice Stefano Maullu di Fi.
Il blog come fosse una community, dunque, in cui lui il capo dirige soltanto il traffico. Ma è realmente così? La vicenda è solo l’ultima.
E quella che a differenza di altre è emersa dall’anonimato.
Primo indizio.
Il registro nazionale dei nomi a dominio (“Whois”) dice che il dominio non fa capo in effetti al comico. «E’ almeno dal 2012 che la contraddizione è esplosa», racconta l’avvocato Scorza. «Cinque anni fa, un analogo processo si è tenuto a Modena perchè è emerso che il sito è intestato allo sconosciuto signor Emanuele Bottaro, residente a Modena, almeno stando a whois.net».
In quell’occasione, guarda caso, a difendere davanti ai giudici il signor Bottaro è stato l’avvocato del foro di Genova Enrico Grillo, cugino del più noto Giuseppe.
Il secondo indizio porta al titolare dei diritti d’autore della pagina “Beppegrillo.it”. Ebbene il soggetto che imputa a sè quei diritti è la Casaleggio Associati.
«Una eventuale azione risarcitoria non investe necessariamente il titolare di quei diritti, ovvero dei credits, come si dice in gergo — spiega Scorza — Ma a è pur vero che il titolare dei credits sta al blog come l’editore a un giornale”.
Ecco il secondo passaggio. Non è detto che il gestore dei diritti d’autore debba rispondere di tutti i contenuti pubblicati on line sul sito.
Terza scatola
Quella che porta alla policy privacy. Basta cliccare sull’omonimo link della pagina del leader Cinque Stelle per scoprire chi sia il “titolare del trattamento” del blog, il deus ex machina, diremmo: è lui.
Ma quella titolarità Grillo la delega in qualche modo, anche qui, a Davide e alla società ereditata dal padre.
“Titolare del trattamento ai sensi della normativa vigente è Beppe Grillo – si legge sul blog – mentre il responsabile del trattamento dei dati è Casaleggio Associati srl, con sede in Milano, Via G.Morone n.6”.
Come se non bastasse, entra in gioco un terzo soggetto: l’Associazione Rousseau. Chiamata in causa con una contorsione anche grammaticalmente complicata, forse non a caso. «I dati acquisiti — si legge infatti – verranno condivisi con il “Blog delle Stelle” e, dunque, comunicati alla Associazione Rousseau, con sede in Milano, Via G. Morone n.6 che ne è titolare e ne cura i contenuti la quale, in persona del suo Presidente pro-tempore, assume la veste di titolare del trattamento per quanto concerne l’impiego dei dati stessi”.
Un labirinto, insomma, all’interno del quale anche i più esperti fanno fatica a districarsi.
“Questo della policy privacy è un altro elemento che non fa chiarezza ma aggiunge confusione perchè in genere il titolare del trattamento dei dati personali è anche il gestore del sito internet”, spiega l’avvocato Scorza.
“Per altro quest’ultimo passaggio supporta la tesi secondo cui in un modo o in un altro il gestore del sito internet sia proprio Beppe Grillo. Più che di scatole cinesi, una dentro l’altra, in questo caso sembra piuttosto che le scatole siano state poste una accanto all’altra quasi a creare un labirinto, appunto».
Non appena è esploso il caso, il deputato renziano del Pd Ernesto Carbone ha pubblicato via Twitter uno stralcio del documento con cui Beppe Grillo, dopo fughe, strappi e polemiche interne aveva rivendicato la sua esclusiva potestà del sito, pur concedendo una pagina interna al Movimento.
«Giuseppe Grillo, in qualità di titolare effettivo del blog raggiungibile dall’indirizzo www.beppegrillo.it, nonchè di titolare esclusivo del contrassegno di cui sopra, mette a disposizione della costituita Associazione la pagina del blog www.beppegrillo.it/movimento5stelle. Spettano dunque al Signor Giuseppe Grillo titolarità , gestione e tutela del contrassegno, titolarità e gestione della pagina de blog».
Sembrerebbe la rivendicazione autografata dal diretto interessato.
I suoi avvocati, di fronte all’ennesima querela però, dicono ora che non è.
Sarà un giudice — una volta per tutte – a scoprire e rivelare chi si nasconda realmente dietro le scatole.
(da “La Repubblica“)
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Marzo 15th, 2017 Riccardo Fucile
IERI SI E’ SCOPERTO CHE QUALCUNO HA APERTO UN BLOG E UN ACCOUNT TWITTER ALL’INSAPUTA DI GRILLO CHE PERO’ NON PUO’ FARE NULLA PER IMPEDIRLO… CHI STA USANDO LA SUA IMMAGINE?… CHI STA MANGIANDO LA MARMELLATA?
Per anni, prima che iniziasse l’avventura del MoVimento 5 Stelle tutti hanno creduto che quello che veniva pubblicato sul blog di Beppe Grillo fosse scritto da Grillo stesso.
Non tutto ovviamente, perchè spesso Grillo ospita sul suo blog gli interventi dei portavoce, degli attivisti o di esperti di varie discipline.
Poi ad un certo punto è comparso “lo staff” ovvero una serie di autori che ha il compito di curare la pubblicazione di una parte dei contenuti (e scrivere agli attivisti quando venivano espulsi).
Inoltre nonostante sia un blog e lo spazio dei commenti sia da sempre aperto Grillo non ha mai risposto ad un solo commento degli utenti, una strategia che ha adottato anche quando è arrivato su Facebook e su Twitter.
Nessuno però ha mai avuto dubbio che Beppe Grillo fosse autore del blog (anche perchè alcuni post sono suoi video-interventi) o che non avesse un controllo su quello che viene quotidianamente pubblicato.
Ieri però grazie ad un post su Facebook di Francesco Bonifazi abbiamo appreso che Beppe Grillo “non è responsabile, quindi non è autore, nè gestore, nè moderatore, nè direttore nè titolare del dominio, del blog nè degli account twitter, nè dei tweet e Facebook, non ha alcun potere di direzione e controllo sul blog nè sugli account twitter e su ciò che viene postato”.
Insomma, Grillo ha un blog con il suo nome (che per inciso è anche l’house organ del partito di cui è Capo Politico, Garante e Umile Portavoce) ma è a sua insaputa.
Si tratta per la verità di un semplice escamotage per evitare problematiche economico-legali, la dichiarazione infatti è contenuta nella memoria difensiva presentata dall’avvocato di Grillo in una delle tante cause per diffamazione intentate finora dal PD nei confronti del leader del MoVimento 5 Stelle.
Non sarebbe del resto la prima volta che grillo si avvale della possibilità di “farla franca” facendo finta di niente.
Ad esempio tra il 2002 e il 2003 Beppe Grillo e suo fratello Andrea si sono avvalsi per due volte del cosiddetto “condono tombale” varato da Berlusconi e Tremonti per sanare la posizione, fino ad allora fuorilegge, degli immobili della società Gestimar (il 99% della società è di Beppe) che possiede una decina di proprietà immobiliari.
All’epoca Andrea Grillo spiegava che anche se ritenevano di aver fatto tutte le cose bene e secondo la legge preferivano avvalersi della possibilità di condonare gli abusi.
In considerazione della possibilità concessa dalla legge finanziaria 2003 di definire la propria posizione fiscale con riferimento ai periodi di imposta dal 1997 al 2001, fermo restando il convincimento circa la correttezza e la liceità dell’operato sinora seguito, si è ritenuto opportuno avvalersi della fattispecie definitoria di cui all’articolo 9 della predetta legge (condono tombale)
Per quanto riguarda invece la memoria difensiva resa pubblica ieri la causa per diffamazione si riferisce a questo tweet — e al relativo post sul blog di Beppe Grillo — pubblicato nel marzo dell’anno scorso — in cui si parlava dell’indagine sul petrolio in Basilicata e delle dimissioni della ministra Guidi:
La Guidi chiese l’avvallo della Boschi che — per blindarlo e assicurarsi che tutto andasse come doveva — inserì l’emendamento incriminato nel testo del maximendamento su cui poi, con il consenso del Bomba, pose la questione di fiducia. Un meccanismo perfetto ai danni dei cittadini. Tutti collusi. Tutti complici. Con le mani sporche di petrolio e denaro. Ora si capisce perchè il Pd ed il governo incitano illegalmente all’astensione sul referendum delle trivelle in programma il prossimo 17 aprile: intacca gli interessi delle compagnie petrolifere e tutela i cittadini e l’ambiente. Il Bomba non può permetterlo.
Che il dominio www.beppegrillo.it non sia intestato al comico, ma ad Emanuele Bottaro, ex presidente di un’associazione di consumatori, che si definisce amico del comico è un dato di fatto: «Ho chiesto a Beppe se potevo registrare il suo nome nel 2001 prima che qualcun altro lo facesse» spiegava qualche tempo fa a Panorama «ed è rimasto a me. Ho una delega ma non ho accordi di tipo economico o di tutela legale. Nel mio piccolo, partecipo in questo modo al movimento».
Questo però non significa che il blog di Grillo non appartenga a Beppe Grillo, perchè nell’atto costitutivo dell’associazione Movimento 5 Stelle è scritto chiaro e tondo che Beppe è proprietario del blog.
Per completezza l’associazione Movimento 5 Stelle, nata nel 2012, è l’associazione che di fatto controlla l’omonima associazione MoVimento 5 Stelle.
Esistono infatti due distinte ed omonime associazioni “MoVimento 5 Stelle”, una fondata nel 2009 (quella alla quale sono iscritti gli “iscritti certificati”) e una nel 2012 costituita da Beppe Grillo, Enrico Grillo e Enrico Maria Nadasi che è la titolare del simbolo del partito.
L’associazione nata nel 2012 è anche quella proprietaria del simbolo del MoVimento, simbolo nel quale fino a poco tempo fa figurava la dicitura “beppegrillo.it” e che ora è stato sostituito con la dicitura “movimento5stelle.it” (sempre di proprietà dell’associazione del 2012).
L’associazione del 2012 non ha solo la funzione di “controllare” il marchio del partito e di fare da garante dei principi descritti nel cosiddetto “non statuto” (quello dell’associazione del 2009) ma ha anche una funzione più operativa, da quanto si evince dallo statuto sarebbe della seconda associazione (non del partito del 2009) il compito di svolgere gli adempimenti tecnico burocratici necessari a consentire la presentazione alle elezioni politiche ed europee delle liste di candidati scelti in Rete dagli aderenti al MoVimento.
Con l’approvazione del nuovo regolamento con le espulsioni votato dagli attivisti lo scorso anno alcuni compiti operativi — ad esempio la notifica dei provvedimenti di espulsione — sono demandati al gestore del sito, ovvero la Casaleggio Associati nella persona di Davide Casaleggio.
Inoltre nel 2008, quindi un anno prima della nascita ufficiale del MoVimento 5 Stelle Grillo spiegava di aver comprato casa a Lugano per evitare che gli venisse oscurato o censurato il blog: «Sì, ho comprato un appartamento a Lugano perchè se mi oscurano il blog sono pronto a ripartire il giorno stesso con Beppegrillo.ch o Beppegrillo.eu. Sono un po’ preoccupato perchè ogni mese c’è qualche leggina, qualche decretino che riduce le libertà e che viene annunciato sempre per il bene della Rete…».
A chi diceva che in realtà l’operazione immobiliare aveva solo lo scopo di “fuggire” dal fisco italiano Grillo rispondeva così: «È una mossa per tutelarmi. Se mi dovessero impedire di continuare scrivere quello che voglio, lo trasferirei. Mi sto attrezzando per andare avanti.Tutto qui».
Insomma all’epoca Grillo non aveva alcun problema ad ammettere di essere l’autore e il gestore del blog, al punto da poter disporre di spostarlo dove voleva per poter continuare scrivere quello che voleva senza bavagli.
Due anni fa Grillo ha poi venduto la casa di Lugano e questo ci fa pensare che forse la democrazia e la libertà di stampa non sono più così in pericolo nel nostro Paese.
Tutto bello, ma i social?
Qualcuno su Twitter ha fatto notare che l’account Twitter di Beppe Grillo — attivo dal 2009 — ha il badge di account verificato.
Questo significa che Twitter ha appurato che le informazioni fornite da Grillo corrispondono alla persona di Beppe Grillo, non a caso nella bio del profilo il Capo Politico del MoVimento indica il sito beppegrillo.it come prova dell’autenticità dell’account (per verificare la quale il social potrebbe aver richiesto a Grillo di inviare una copia della sua Carta d’Identità ).
Insomma, di nuovo il leader di quello che è uno dei principali partiti italiani continua a voler evitare le proprie responsabilità , un po’ come quando dice qualcosa che non va e si giustifica dicendo di aver fatto una battuta perchè in fondo è un comico, mica un politico.
E allora perchè dovremmo prenderlo sul serio quando parla di immigrazione, economia o di come vorrebbe cambiare l’Italia.
Del resto a quanto pare non è nemmeno lui a parlare tramite il blog. Che sia un pupazzo di un ventriloquo?
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 15th, 2017 Riccardo Fucile
“VISTO CHE SEI COSI’ VICINO ALLE VITTIME, POTRESTI FARLO ANCHE CON ME”
Victor Ungureanu, il fratello del ladro ucciso a Casaletto Lodigiano dopo essere entrato a rubare nell’Osteria Dei Amis, tramite la sua accompagnatrice e interprete in Italia, Alina Carabus, fa un appello al politico della Lega Nord Matteo Salvini. “Victor deve rimanere in Italia per alcuni giorni per il rimpatrio della salma del fratello ma qui non ha nessuno cui appoggiarsi. Vorrei chiedere al segretario della Lega Nord Matteo Salvini, che è andato a farsi i selfie con il ristoratore, di occuparsi anche dell’ospitalità di questo ragazzo, che è a sua volta una vittima”, scrive l’agenzia di stampa ANSA.
Intanto proseguono le indagini della magistratura per ricostruire come sono andati realmente i fatti, in quanto la versione del ristoratore non convince e presenta “contraddizioni”
Intanto Il sindaco di Casaletto Lodigiano, Giorgio Marazzina, pare non abbia di meglio da fare che invitare altri sindaci a una manifestazione in solidarietà a Mario Cattaneo.
Forse farebbe meglio ad attendere l’esito delle indagini.
(da agenzie)
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Marzo 15th, 2017 Riccardo Fucile
DUE LAUREE, AMBIENTALISTA, FA PARTE DELLA VECCHIA GUARDIA GRILLINA… A SINISTRA SI PENSA A CRIVELLI, A DESTRA A VINACCI
Donna come Chiara Appendino e Virginia Raggi. Anche a Genova, sesta città italiana e la città più importante (insieme a Palermo) che andrà al voto l’11 giugno (data da confermare insieme al ballottaggio del 25 giugno) il M5S sceglie l’altra metà del cielo. E qui le quote rosa c’entrano ben poco.
Perchè Marika Cassimatis, 53 anni, due lauree nel cassetto (Scienze politiche e Geografia), un dottorato di ricerca e un lavoro come insegnante di Geografia all’Itc Rosselli, non è una qualsiasi, ma una della vecchia guardia, di sangue movimentista, dna ambientalista, “no gronda”, “no tav”, “no cemento”.
E per di più vicina, parecchio vicina, a tutta quell’area del M5S genovese che ha sempre votato per lo scissionista Paolo Putti e che ha sofferto, senza mai digerirlo, il dirigismo dello “staff” di Beppe Grillo.
Con 24 voti, è stata lei ad avere la meglio su Luca Pirondini (338 voti), il candidato – si dice nell’ambiente dei Cinquestelle – della consigliera regionale Alice Salvatore.
Ma la lotteria delle votazioni on line, a sorpresa, ha detto Marika Cassimatis (362 preferenze su 700 votanti), l’insegnante di Sestri Ponente, la pasionaria di Borzoli, la docente che non ha esitato a portare in piazza i propri studenti per protestare contro la Iplom di Busalla o il traffico pesante diretto a Scarpino.
Cassimatis interpreta le paure degli ambientalisti del Ponente genovese, attraversato dal traffico, impoverito dall’industria che non c’è più, sottoposto alla servitù delle grandi opere.
«Io dirò sempre di no alla Gronda o alla Tav. O al cemento» spiega orgogliosa mentre assapora una vittoria per nulla scontata, pensando già al suo modo di interpretare il ruolo di sindaco, «come un preside, un primus inter pares».
Crivello aspetta il sì della sinistra
Intanto, Gianni Crivello, individuato come il candidato che può tenere insieme la coalizione di centrosinistra, sta lentamente trasformando il suo no iniziale in un sì. Condizionato, però, al sostegno di tutto il centrosinistra. E aspetta una proposta che venga da tutta la coalizione, ma da Rete a Sinistra arriva il primo stop.
Dice Gianni Pastorino: «Parlo a titolo personale, ma secondo me ci vuole discontinuità dalla giunta precedente». La compensazione arriva da Mdp: «Crivello va bene perchè può tenere uniti tutti – osserva Andrea Grande – Ma le forze che vogliono spaccare il fronte del centrosinistra dovranno prendersene la responsabilità ». Nelle prossime ore il quadro dovrebbe chiarirsi.
Vinacci “scelto” da Berlusconi: «Qualcuno dovrà adeguarsi»
Per Giancarlo Vinacci con il dopo cena al Rotary Aquileia di Milano è arrivata anche l’incoronazione da parte di Silvio Berlusconi: «Il mio amico è un passo a voler fare il sindaco, ma lo ringrazio per voler mettere a disposizione della sua città la sua esperienza».
Parole del Cavaliere che alle quali sono seguite quelle del manager, che vive a Milano, ma ha anche casa in via Garibaldi «a 100 metri» da palazzo Tursi: «Ora qualcuno dovrà adeguarsi» ha sottolineato Vinacci.
(da “il Secolo XIX”)
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