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PAUL BACCAGLINI E INTEGRITAS CAPITAL: LA SOCIETA’ DORMIENTE CHE HA COMPRATO IL PALERMO CALCIO

Marzo 8th, 2017 Riccardo Fucile

COSA C’E’ DIETRO L’OPERAZIONE CHE HA PORTANO L’EX IENA ALLA PRESIDENZA DEL PALERMO?…. IL FONDO DI INVESTIMENTO E’ UNA SOCIETA’ DORMIENTE DEL VALORE DI UN MIGLIAIO DI STERLINE

Lunedì è stato dato l’annuncio che Maurizio Zamparini aveva venduto il Palermo calcio a Paul Baccaglini, o meglio alla società  di Paul Baccaglini la Integritas Capital Limited che ha rilevato tutte le quote di Zamparini.
La Integritas Capital Limited è un fondo d’investimenti del quale Baccaglini è co-fondatore ma del quale si sa davvero poco.
Il sito della società  è riservato e l’unico collegamento con l’avventura di Baccaglini è la conferma che l’ex inviato delle Iene è diventato presidente del Palermo FC.
Anche la struttura societaria appare piuttosto opaca e non è dato di sapere a quanto ammonti il capitale della Integritas anzi pare che dietro Baccaglini e il suo fondo ci siano poche migliaia di steriline e una società  “non operativa”.
Per la verità  di Integritas Capital ne esistono ben quattro, una è quella di Louis Frost che però ha smentito di essere in qualche modo legato a Baccaglini e all’operazione di acquisto della società  calcistica siciliana.
Ci sono poi due società  inglesi con sede nel Kent, la summenzionata Integritas Capital Limited e la Integritas Capital Management, fanno invece riferimento a Paul Fleming, che nello scarno comunicato che è pubblicato sul sito è definito socio fondatore della Integritas.
Come riporta il Sole 24 Ore la Integritas Capital è stata fondata nel 2014 da Fleming e Anthony Birrell che ne detengono la maggioranza delle 1250 azioni per un valore complessivo di 1.250 sterline.
In tutto stando all’ultimo aggiornamento consultabile su Endole (datato 23 giugno 2016) i soci sono tre: Fleming (che detiene 875 azioni), Birrel (che ne detiene 125) e Jon Carp (che ne detiene 250).
Se ne deduce che Baccaglini deve essere entrato a far parte della società  in tempi più recenti, e dai documenti non è chiaro con che ruolo e con quale partecipazione azionaria. Di Baccaglini però le note stampa scrivono che dopo l’esperienza alle Iene è diventato un manager di fondi d’investimento di successo al punto «da essere notato da diverse banche internazionali per la costanza di risultati e per le strategie applicate, finendo per co-fondare Integritas Capital con due soci confluiti dal mondo delle banche americane ed inglesi».
Birrell e Fleming sono anche titolari di una società  “gemella” che ha sede allo stesso indirizzo della Integritas Capital Limited e che come la prima risulta avere un esiguo capitale sociale (1.000 sterline per 1.000 quote) e che risulta anch’essa dormiente.
Tra i soci della Integritas Capital Management figurava fino 2015 anche una società  (la Kapana Internetional) con sede alle Seychelles.
Per essere due società  di gestione di fondi di investimenti una delle quali ha acquistato una squadra di calcio non sembra che i capitali — e l’attività  — possano giustificare un’impresa del genere.
C’è chi parla di società  concepite come scatole cinesi la cui natura è volutamente poco chiara, mentre Repubblica fa notare che questa girandola societaria finisce spesso in altre società  questa volta con sede in Australia.
La domanda che tutti si fanno quindi è se la Integritas Capital ha i soldi necessari per acquistare il Palermo Calcio che non verrà  messo in vendita a meno di 70 milioni, ovvero la liquidità  che Zamparini ha immesso nelle casse della società  calcistica in questi anni. Baccaglini inoltre ha detto di voler costruire un nuovo stadio (senza contare che la società  ha attualmente 120 milioni di euro di debiti).
Ce la farà ? Secondo quanto detto in conferenza stampa Baccaglini ha concordato l’acquisto del Palermo Calcio tramite società  che indicherà  entro il 19 aprile mentre il trasferimento delle quote di proprietà  di Zamparini dovrà  avvenire entro il 30 aprile.
Non è detto quindi che sia proprio quel fondo d’investimenti a rilevare il Palermo, certo è che è alquanto strano che Baccaglini e Integritas abbiano manifestato l’interesse ad acquisire il Palermo se poi l’operazione sarà  condotta da un’altra — al momento sconosciuta — società .
Anche perchè la Integritas è stata descritta come “un fondo che in meno di cinque anni si è imposto come ‘boutique investment solution’ con clienti in ogni parte del mondo”, ma se la società  è “dormiente” ecome ha fatto a farlo?
Domande che probabilmente troveranno risposta il 19 aprile, se non prima.

(da “NextQuotidiano“)

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FIRME FALSE M5S PALERMO, LE ACCUSE DI CLAUDIA LA ROCCA AI PARLAMENTARI GRILLINI

Marzo 8th, 2017 Riccardo Fucile

NEL VERBALE DELLA CONSIGLIERA REGIONALE IL RESOCONTO DELLA NOTTE DELLE FIRME COPIATE NELLA SEDE DEL MOVIMENTO

«Cari tutti, nessuno fino ad oggi era a conoscenza delle mie dichiarazioni ai PM, ai quali ho detto solo ciò che ricordavo dopo 4 anni e mezzo dal fatto, ma visto che il verbale è stato reso pubblico (preciso, non da me) rompo il silenzio»: comincia così un lunghissimo post che Claudia La Rocca, che ha collaborato con i pubblici ministeri nell’inchiesta sulle firme false a Palermo, ha scritto poche ore fa su Facebook.
La Rocca si riferisce a un articolo di Livesicilia in cui si racconta cosa c’è scritto nella sua testimonianza.
Nel verbale della deputata dell’Assemblea Regionale Siciliana c’è il resoconto della notte delle firme copiate nella allora sede di via Sampolo del MoVimento 5 Stelle di Palermo.
Il racconto, scrive Livesicilia, parte da un sms “intimidatorio” in cui le facevano capire che era meglio tacere.
Dopo c’è il resoconto della notte delle firme copiate a causa dell’errore nel luogo di nascita di un candidato.
“I primi di aprile 2012” aveva ricevuto una telefonata da Ciaccio o Alice Pantaleone, “Riccardo Nuti aveva avuto un’accesa discussione con Samanta Busalacchi perchè quest’ultima aveva commesso un errore nell’indicazione del luogo di nascita di Giuseppe Ipollito e tra gli attivisti si temeva che tale errore avrebbe potuto compromettere la presentazione della lista”.
Da qui la convocazione del 2 aprile 2012 nella sede palermitana del Movimento, in un piccolo ufficio in via Sampolo.
La Rocca fa l’elenco delle persone con cui si trovò a discutere: “Giorgio Ciaccio, Riccardo Nuti, Samanta Busalacchi, Claudia Mannino e presumo il marito Pietro Salvino, e Alice Pantaleone”.
Al suo arrivò la decisione era già  stata presa, bisognava ricopiare le firme: “Mi convinsi che tutto sommato si trattava di ripetere, sia pure falsamente, firme reali. Abbiamo diviso i moduli da ricopiare, oltre a me ricordo che c’erano alla mia destra Claudia Mannino e Samanta Busalacchi, e Giorgio Ciaccio, che ricordo nell’atto di ricopiare, e la Pantaleone, ma non sono sicuro che firmasse anche lei”.
All’epoca, racconta il verbale, il referente era Riccardo Nuti, che aveva rimproverato la Busalacchi per aver sbagliato il luogo di nascita del candidato.
Dell’autentificazione delle firme, sempre secondo Claudia La Rocca, si occupò invece Francesco Menallo.
Poi il racconto si sposta ai giorni immediatamente successivi al servizio delle Iene che certificava la ricopiatura. Subito dopo La Rocca avverte i suoi colleghi all’ARS e dichiara la sua intenzione di collaborare con i magistrati.
E qui si registra la frattura insanabile con il gruppo nazionale: “Mannino mi ha telefonato chiedendomi di partecipare alla riunione per fornire la sua versione. Dopo uno scambio di idee coni colleghi regionali si ritenne inopportuna la sua presenza perchè si pensava che Mannino avrebbe fornito una versione non veritiera della vicenda”.
Non è tutto, La Rocca tira fori il telefonino. Ha conservato gli Sms che si è scambiata con Mannino.
In uno di questi si legge: “Se ci sarà  la riapertura del caso ognuno dirà  le sue cose ma a quel punto credo tutti i soggetti coinvolti non credi?”. La Rocca non ha dubbi: “Ho perfettamente colto il senso di una frecciatina intimidatoria laddove la Mannino ha voluto chiaramente dirmi di stare attenta perchè non avrebbe esitato a fare il mio nome”. Ed invece il caso, chiuso nonostante alcuni precedenti esposti, è stato davvero riaperto e il verbale di La Rocca è divenuto decisivo.
Claudia Mannino è una dei quattordici indagati.
A sostituire i moduli, ricostruisce Livesicilia, sarebbero stati oltre a Mannino, La Rocca, Paradiso e Ippolito, anche Samanta Busalacchi (ex collaboratrice del Movimento alll’Assemblea regionale siciliana), Giulia Di Vita (parlamentari nazionali), gli attivisti Toni Ferarra, Alice Pantaleone, Pietro Salvino (marito della Mannino), il delegato di lista Riccardo Ricciardi.
Poi il cancelliere Giovanni Scarpello avrebbe apposto una falsa attestazione di conformità .
Per questo la La Rocca si sfoga su Facebook prima di tutto ricordando la vicenda dell’esposto contro Ugo Forello, di cui oggi il PM ha chiesto di nuovo l’archiviazione: «non so come sia potuto venire in mente ai miei colleghi nazionali di presentare un esposto che metta in dubbio la natura delle mie dichiarazioni ai Magistrati», dice la deputata regionale: «Quando ho deciso di rivolgermi alla magistratura conoscevo Ugo Forello, messo in mezzo in modo strumentale, veramente poco, non avevo molta confidenza con lui, l’avevo visto pochissime volte (da contare sulle dita di una mano). Era una persona che sapevo lavorare da qualche mese al tavolo tematico sui beni comuni e sulla trasparenza, io lavoravo in quello sul turismo e la cultura, quindi non ho avuto molte occasioni per incontrarlo. Proprio per questo, non capisco come un consiglio disinteressato, scritto a seguito di un servizio televisivo e al quale risposi vagamente e distrattamente, possa essere stato definito una “manipolazione”, termine letto e sentito più volte e che offende la mia intelligenza», sostiene, riferendosi alla famosa mail che proverebbe il complotto secondo Nuti, Mannino e altri deputati nazionali.
Poi la La Rocca segnala che la perizia grafologica alla quale, a differenza degli indagati, si è sottoposta, ha riscontrato la sua compatibilità  con “mezza” firma su 310, perchè lei aveva aiutato soltanto a compilare i campi (ma una deputata nazionale, Giulia Di Vita, chiese lo stesso le sue dimissioni).
Poi segnala l’esistenza della “talpa”, di cui ci eravamo già  occupati: «Tutta questa storia, questo errore, di fatto è stato strumentalizzato a partire da quelle persone che l’hanno tirato fuori dopo ben 4 anni e mezzo, soprattutto da chi ha conservato nel cassetto quei 5 moduli con “le firme originali” e le ha tirate fuori al momento giusto, magari manovrato da qualcuno. Un atteggiamento meschino, non di certo fatto in buona fede o per amore della verità , non mi risulta infatti che le persone in questione (alcune di loro ai tempi candidate) abbiano sporto denuncia al momento dell’accaduto».
Infine preannuncia che probabilmente non si ricandiderà :
Non dobbiamo nasconderci dietro un dito, siamo alla fine della legislatura, prossimamente si rifaranno le liste per le regionali e ci sono tanti pronti a salire sul carro. Probabilmente non potrò candidarmi, anche se attualmente i miei carichi pendenti e casellario giudiziale sono perfettamente puliti e un codice etico indica i casi di incompatibilità  con la carica di portavoce. Sarei ipocrita a dire che non mi sarebbe piaciuto rimettermi alla prova, dare seguito all’ esperienza, e non c’è nulla di male ad avere sane ambizioni, ma non di certo per una squallida questione di “poltrone”, come un bravo “leone da tastiera” potrebbe commentare, ma per tutto il lavoro e grosso pezzo della mia vita che ho messo in questo percorso. Ma ripeto, non so se posso, nè se voglio… Mi sento ormai da tempo sframmentata. […] Sono stata definita “pentita” o “gola profonda” (a proposito della festa delle donne che si celebra oggi), ma nella realtà  questo è il lavoro portato avanti in questi anni, questa sono io.

(da “NextQuotidiano”)

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NASCE L’EFFETTO BY PIZZAROTTI: “UNA NUOVA FORZA POLITICA CHE NON AGGREGHI LA QUALUNQUE COME IL M5S”

Marzo 8th, 2017 Riccardo Fucile

PRESENTATO IL MANIFESTO E IL SIMBOLO CON CUI SI RICANDIDERA’ A PARMA… TRA GLI OBIETTIVI UN GRUPPO NAZIONALE

Niente cinque stelle appuntite, ma un nodo che lega esperienze. Chissà , magari anche quella di tutti gli ex grillini cacciati e delusi, dei piccoli sindaci “civici”, degli scontenti di sinistra stufi delle scissioni Pd o di segreti ammiratori di destra.
Da Parma Federico Pizzarotti proverà  a legarli davvero: oggi ha presentato il suo “Effetto Parma”, simbolo e nome della lista con cui si ricandiderà  lontano dalle bandiere del MoVimento, ma l’obiettivo va oltre, ovvero a una nuova forza politica a livello nazionale che aggreghi “in maniera inclusiva e non divisiva”, che operi sui territori in modo “federale” e che a differenza di M5s – stoccata a Grillo – “sia una rete non virtuale ma concreta”.
Dell’Effetto, quel nome scelto anche dagli ex consiglieri grillini di Genova, si era già  parlato: il passo avanti è la realizzazione di un manifesto che Federico Pizzarotti e i suoi sottopongono a chiunque rispetti gli stessi valori.
Si chiama “La Politica Ideale” ed è un A4 contenente pochi punti, per ora, ma che a quanto pare piacciono già  ad alcuni parlamentari romani che hanno iniziato a telefonare al nord.
Oltre a Genova, Parma, Alessandria, La Spezia e altre città  che osservano da vicino questo progetto Pizzarotti apre le porte “a chi vuole costruire qualcosa per il futuro. Noi proveremo a fare da vivaio, a connettere idee. Ma non saremo come M5s che ha provato ad aggregare tutti, imbarcando la qualunque, noi ci mettiamo a disposizione solo di chi si rispecchia in questo manifesto”.
Per ora il manifesto è composto da poche righe su politica “come servizio civile”, sostenibilità , operato in stile modello federalista europeo, cittadini al centro, politica laica e vari passaggi su come unire idee ed ideali.
“Da qui – dice Pizzarotti seduto al centro di una casetta ecosostenibile – parte una nuova strada per aggregare e condividere. Non so dove porterà  ma i nostri obiettivi sono chiari: prima Parma e poi, con gli altri che sposeranno le nostre idee, vedremo di creare qualcosa di più grande”.
Punta in alto Pizzarotti, gli chiediamo se non ci sia il rischio che questo nuovo “partito” sia troppo incentrato su di lui.
“Macchè, il manifesto lo hanno scritto i miei collaboratori insieme a tutti quelli che condividevano. Lavoriamo di squadra, per i cittadini. Io posso essere visto come il frontman, capisco, ma se la mia visibilità  può aiutare piccoli sindaci civici o altre persone, è un bene”.
Quasi come se facesse da “megafono”, un po’ come fu Grillo. “No no, io non l’ho detto” chiosa sorridendo.

(da “Huffingtonpost”)

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SONDAGGIO DEMOPOLIS: CROLLO AFFLUENZA PRIMARIE, PD PAGA EFFETTO CONSIP”

Marzo 8th, 2017 Riccardo Fucile

AI GAZEBO ANDREBBERO MENO DELLA META’ DEGLI ELETTORI RISPETTO AL 2013, UNO SVANTAGGIO PER EMILIANO E ORLANDO

Netto calo dell’affluenza alle primarie. E non è una buona notizia nè per Michele Emiliano nè per Andrea Orlando.
Gli sfidanti di Matteo Renzi infatti hanno bisogno di mobilitare forze nuove e diverse per sperare di recupero lo svantaggio rispetto al segretario uscente.
Se ai gazebo andranno soprattutto i militanti di un partito che si è modellato a immagine e somiglianza del suo ex leader, le possibilità  di rimonta si riducono.
Secondo il sondaggio Demopolis infatti il numero di elettori che andrà  il 30 aprile a votare per la scelta del segretario dem toccherà  quota 1 milione e mezzo.
Circa la metà  degli elettori che scelsero nel 2013 tra Renzi, Gianni Cuperlo e Pippo Civati (furono 2.815.000).
Si potrebbe allora parlare di primarie flop, ma il Pd anche di fronte a queste cifre, ha gioco facile a dire che la partecipazione ormai è garantita solo nel suo campo.
A destra non si fanno congressi da anni e le votazioni online del Movimento 5stelle raggiungono livelli infinitesimali rispetto al milione e mezzo pronosticato dall’istituto di sondaggi
Meno positive per Renzi sono le altre due tabelle.
La scissione, i risultati della sua segreteria portano al 52 per cento la soglia di “preoccupati” tra i sostenitori del Pd per quanto è successo nelle ultime settimane.
I fiduciosi sono il 40 per cento. Ma poi ci sono anche i disorientati e i delusi.
L’inchiesta sulla Consip condizionerà  l’esito delle primarie per il 56 per cento.
Insomma influenzerà  le scelte nei gazebo. Mancano però 1 mese e 20 giorni all’ora X.
E’ un tempo in cui i renziani sperano che le nuvole giudiziarie possano diradarsi.

(da “La Repubblica”)

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IL NUOVO CITY MANAGER DELLA RAGGI PERCEPIRA’ 170.000 EURO DI STIPENDIO

Marzo 8th, 2017 Riccardo Fucile

LA NOMINA DI FRANCO GIAMPAOLETTI SCATENA LA POLEMICA DOVE IL BUE DICE CORNUTO ALL’ASINO

Franco Giampaoletti è il nuovo direttore generale di Roma Capitale. La scelta della sindaca Virginia Raggi è stata recepita da una delibera della Giunta Capitolina che autorizza l’instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo determinato ex art. 108 del Tuel, con durata corrispondente al mandato della stessa sindaca. È quanto rende noto il Campidoglio.
Il Comune ha fatto sapere che verrà  attribuito al dottor Giampaoletti un trattamento economico annuo lordo complessivo pari a 170.000 euro, integrato da 10.000 euro annui lordi in caso di raggiungimento degli obiettivi determinati dalla Sindaca.
Lo stipendio di Giampaoletti ha fatto partire una polemica tra il MoVimento 5 Stelle e Fratelli d’Italia: «I grillini, non contenti dei disastri e delle indagini in corso su alcune nomine in Campidoglio, hanno pensato bene di creare una nuova figura ad hoc alla quale elargire ben 170 mila euro annui, quella del ‘city manager’», hanno dichiarato in una nota congiunta gli esponenti di Fdi-An Fabrizio Ghera, capogruppo in Campidoglio, e Andrea De Priamo, vicepresidente dell’Assemblea Capitolina.
«Un ruolo che peraltro oltre da essere un doppione, visto che esistono già  dirigenti che ricoprono in Comune incarichi simili, rappresenta una spesa ingente per le casse capitoline — aggiungono -. Non solo, ancora una volta la premiata ditta Grillo-Casaleggio, in linea con la ‘nordizzazione’ della Capitale, invia a Roma un altro forestiero, che in Unicoop Tirreno come apicale al personale percepiva 132 mila euro, e che il sindaco Raggi ha deciso invece di premiare — alla faccia dei romani — con uno stipendio ben più generoso”.
Non ha tardato ad arrivare la risposta del capogruppo M5S in Assemblea Capitolina Paolo Ferrara: “Sarebbe fantastico se qualche nostro collega, fresco di proroga delle indagini che lo riguardano, si informasse prima di dare fiato alle corde vocali”, ha detto Ferrara in una nota, riferendosi all’indagine su Alemanno e Ghera in relazione all’ippodromo delle Capannelle.
E poi: «Il dottor Giampaoletti, per venire a Roma a coadiuvare l’amministrazione nell’immane opera di efficentamento della macchina comunale, ha rinunciato a ben 70mila euro in più all’anno che avrebbe guadagnato se solo fosse rimasto a fare il lavoro che faceva prima. Noi crediamo che un tale atteggiamento sia moralmente meritevole e da esempio per tanti altri».
“Poi — aggiunge Ferrara — il suo stipendio è ben al di sotto del corrispettivo del Comune di Milano, città  complessa ma mai paragonabile a Roma, ed è uguale a quanto percepiva nello stesso ruolo a Genova, la cui complessità  non è minimamente paragonabile a quella della capitale d’Italia. Quindi, in conclusione, sarebbe meglio che certi consiglieri pensassero più ai propri guai e prendessero appunti su come si fa l’interesse dei cittadini, non quelli personali e particolari”, conclude.
Nato ad Ancona l’1 febbraio 1961, dal settembre 2015 Giampaoletti è stato direttore generale del Comune di Genova, per il quale ha svolto anche il ruolo di delegato alla gestione dei rapporti con la Citta Metropolitana.
La più recente esperienza professionale lo ha visto invece direttore delle Operations Interne in Unicoop Tirreno, società  che conta circa 500 dipendenti e 1 miliardo di euro di fatturato annuo.
Manager per oltre 20 anni nelle aree Risorse Umane e Corporate Legal & Compliance, il nuovo direttore generale del Campidoglio ha lavorato per diverse aziende industriali con organizzazione multinazionale, sviluppando competenze specifiche in analisi dei processi, gestione del cambiamento organizzativo, ristrutturazioni e riorganizzazioni, gestione delle crisi.

(da “NextQuotidiano”)

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ALTRO SCHIAFFO DELL’APPENDINO A CHI L’HA SOSTENUTA

Marzo 8th, 2017 Riccardo Fucile

ORA FA CAUSA AGLI AMBIENTALISTI CHE SI OPPONGONO AL PROGETTO DI PARCO MICHELOTTI

Chiara Appendino è una sindaca del MoVimento 5 Stelle o del Partito Democratico? Se lo chiedono in molti in questi giorni dopo che la sindaca ha fatto approvare una serie di progetti edilizi per la realizzazione di nuovi centri commerciali che erano stati avviati dalle amministrazioni precedenti e che quando sedeva sui banchi dell’opposizione aveva molto criticato.
Non contenta ha pure convinto la sua maggioranza a votare per annullare una mozione approvata a novembre dove il MoVimento si impegnava a non utilizzare più gli oneri urbanistici per finanziare la spesa corrente.
Ciliegina sulla torta: nel programma elettorale Appendino aveva promesso di non farlo.
Non è chiaro a questo punto se Appendino sia un genio della politica, l’unica persona in grado di far cambiare idea al MoVimento oppure se l’alternativa che rappresenta sia più al M5S per come lo abbiamo imparato a conoscere che alla “vecchia politica”. Anche perchè ogniqualvolta che la Appendino deve prendere una decisione ci spiega che per colpa di quelli che l’hanno preceduta negli ultimi trent’anni non potrà  fare quello che ha promesso in campagna elettorale.
Piccolo dettaglio: la sindaca ha trascorso cinque anni in Consiglio Comunale da consigliere d’oppposizione ed è stata vicepresidente della Commissione Bilancio; difficile sostenere che quando ha stilato il programma non sapesse quali fossero i problemi di Torino e il margine di manovra di una nuova amministrazione a Cinque Stelle.
Prendiamo ad esempio la questione del trasferimento del Bioparco Zoom al Parco Michelotti, il vecchio giardino zoologico della città  che ora versa in uno stato di grave abbandono.
L’assegnazione dell’area pubblica sulle rive del Po a Zoom è stata decisa in via definitiva dall’amministrazione guidata da Piero Fassino dopo che la società  aveva vinto la gara per la riqualificazione per la creazione di un “polo permanente pluridisciplinare dai risvolti naturalistici ludico/scientifico/didattici, caratterizzato da significativa sostenibilità  ambientale e rispettoso del rapporto con il fiume e con l’ambiente che mantenga e valorizzi gli aspetti storico-botanici-paesaggistici del luogo“.
Il bando prevede una concessione trentennale e la realizzazione di un bioparco con fattoria didattica con un investimento da 15 milioni di euro. Un’idea che non è piaciuta alle associazioni animaliste che si sono riunite in un comitato No Zoo e che in un primo momento hanno ottenuto il sostegno dei 5 Stelle e della stessa Appendino. Quando però il vicesindaco Guido Montanari ha lasciato intendere che il bioparco si sarebbe fatto dicendo «Non riesco a condividere entusiasmo per questo progetto di uno Zoom al Parco Michelotti, perchè avremmo preferito ridare l’area verde ai cittadini. Ma non ce la sentiamo di buttar via tutto il lavoro fatto fin qui» i comitati hanno capito che la Giunta non aveva alcuna intenzione di accogliere le loro richieste. A novembre quando in consiglio di circoscrizione 8 si è trattato di votare sull’arrivo della Zoom al Michelotti i consiglieri del 5 Stelle hanno preferito uscire dall’aula, un segnale che col senno di poi manifestava tutto l’imbarazzo dei pentastellati per come il Comune aveva deciso di gestire la faccenda.
Gli ambientalisti hanno iniziato una raccolta firme su Avaaz e presentato un ricorso al Tar per annullare la concessione alla Zoom ma il tribunale a dicembre 2016 ha dato ragione alla Città  di Torino — che si era costituita contro gli ambientalisti e aveva presentato una corposa memoria difensiva — e rigettato il ricorso.
In un incontro con le associazioni e i comitati spontanei andato in scena il 21 gennaio è stato certificato lo scollamento della giunta dai comitati che avevano sostenuto la battaglia dei pentastellati a Torino: Montanari e Appendino si sono giustificati spiegando che “le cose sono più complicate del previsto” e tornando a lamentarsi dei disastri lasciati dalle amministrazioni precedenti per spiegare come mai in questi mesi il MoVimento abbia operato con tanta continuità  rispetto alle scelte operate da Fassino.
Non risulta che Grillo abbia risposto all’appello delle associazioni che si battono per i diritti degli animali e che chiedono che il Parco resti un bene comune dei cittadini torinesi e non venga privatizzato.
A questo punto gli ambientalisti non hanno potuto fare altro che scrivere, a inizio febbraio, una lettera aperta al Capo Politico del MoVimento per chiedere a Beppe Grillo il rispetto degli impegni assunti dalla Appendino e soprattutto che la giunta torinese agisca in base ai principi nazionali del M5S sulla tutela dei beni della collettività  senza “regalare” l’area del Michelotti ai privati.
Nel frattempo il Comune si costituirà  in giudizio al Consiglio di Stato proprio contro le associazioni ambientaliste e animaliste che vogliono bloccare il Bioparco Zoom al Parco Michelotti.

(da “NextQuotidiano”)

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GENOVA, LUCA BORZANI DICE NO: “GRAZIE A TUTTI, MA NON MI CANDIDO”

Marzo 8th, 2017 Riccardo Fucile

IL PRESIDENTE DI PALAZZO DUCALE, PERSONA STIMATA, ERA L’UNICO CANDIDATO DEL CENTROSINISTRA CHE AVREBBE POTUTO METTERE D’ACCORDO QUASI TUTTI PER IL DOPO DORIA

Luca Borzani non si candida a sindaco di Genova.
La conferma a quelle che erano indiscrezioni sempre più insistenti negli ultimi giorni, arriva dal diretto interessato, attraverso una lettera aperta inviata ai giornali e postata sul suo profilo Facebook.
Il presidente della Fondazione Palazzo Ducale di Genova era considerato forse l’unica figura in grado di ricomporre i cocci di un centrosinistra che in Liguria è spaccato dalle Regionali del 2015 (vinte da Toti grazie allo scontro alle Primarie Paita-Cofferati) e ancora più in difficoltà  dopo le vicissitudini della giunta uscente guidata da Marco Doria.
Borzani non è disposto a correre, come peraltro aveva confidato agli amici nelle scorse settimane, perchè ritiene che un uomo forte non basti e che serva un programma alto per superare l’inadeguatezza dei partiti: “Nell’arco di questi mesi sono stato nuovamente sollecitato da soggetti politici ma soprattutto da tanti cittadini impegnati nella vita sociale e culturale della città  ad avanzare la mia candidatura a sindaco per il centrosinistra scrive Borzani –   Ho parlato davvero con tante persone, molte delle quali animate solamente da uno spirito civico e dalla preoccupazione per il futuro di Genova. E ho condiviso con molti che oggi un nuovo impegno civile può ripartire solo dalle città , investite direttamente dai processi di globalizzazione e di austerità , segnate da sempre più crescenti diseguaglianze sociali e povertà  morali e materiali. Con questi mutamenti la sinistra, nel suo insieme, non è stata capace di fare i conti. Anzi, ha finito per coincidere con l’autoreferenzialità  e l’impotenza”.
Secondo Borzani il centrosinistra deve “partire da un programma elettorale comune che possa essere nella sua concretezza e innovazione una risposta sociale al declino e, insieme, uno strumento per innescare quella voglia di riscossa e di partecipazione ancora viva e diffusa. Un patrimonio di competenze e capacità  e non di nostalgie. Nè il centrodestra nè i cinque stelle sono in grado di mobilitare queste energie positive. E’ però necessario uscire da una sorta di cinismo mascherato da politica, bisogna ritrovare responsabilità  collettiva e autorevolezza”.
Borzani non si candida ma tratteggia le linee guida di un possibile programma che sarebbe disposto a sostenere: “Non c’è distanza tra difendere e far crescere il lavoro, le eccellenze di Genova – dal turismo, al porto, alle tecnologie – e impegnarsi per valorizzare la scuola e l’università , ridare dignità  ad ambienti urbani degradati, combattere l’insicurezza. Tema quest’ultimo centrale, non solo perchè sopra ci speculano gli imprenditori politici della paura, ma perchè l’integrazione non può essere solo declamata ma praticata e la legalità  è un bene per tutti ma soprattutto per chi è più debole. Sicurezza praticata sono poi anche i grandi e straordinari lavori avviati per ridurre la fragilità  della città  a fronte delle alluvioni, così come per ridurre la fragilità  economica della città  è indispensabile rompere l’isolamento, attrarre lavoro, energie e competenze da fuori”.
In molti nel Pd sino all’ultimo hanno sperato in un suo ripensamento: “Non è estraneo alla mia storia fare scelte di responsabilità  e di servizio. Credo di averlo dimostrato negli anni sia come amministratore comunale sia come curatore di Palazzo Ducale. Ma penso davvero, a differenza di molti che, spensieratamente concentrati su sè stessi più che sulla città , si sono autocandidati in questi mesi di vuoto della politica, che la vera responsabilità  verso gli altri sia fare ciò di cui si è capaci, essere consapevoli dei propri limiti personali e fisici e non costruire illusioni. Per questo ho continuato a rifiutare la candidatura pur ringraziando davvero tanti per la stima. Vorrei ribadire che nessuno è salvifico ma lo è solo la buona politica. Oggi serve subito un programma elettorale condiviso, una squadra competente e soprattutto la rimessa in moto di energie di cittadinanza che superino l’inadeguatezza dei partiti. Questo devono fare alla svelta sinistra e centrosinistra, superando divisioni interne ed esterne. E a questo sono, fuori dalla candidatura, pronto a lavorare e contribuire. Genova può essere ancora un grande laboratorio civile”.
Adesso il Pd deve trovare in fretta un candidato ma il quadro è assai complicato. In pole position resta il deputato orlandiano Mario Tullo, sul quale però potrebbero non convergere i renziani.
E più a sinistra si dialoga con i fuorisciti dal Movimento 5 Stelle che hanno formato un gruppo nuovo chiamato “Effetto Genova” sul modello Pizzzrotti a Parma. Le Primarie rischierebbero di essere solo una resa dei conti.

(da “La Repubblica”)

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LA LEZIONE DI CIVILTA’ DEL POPOLO NAPOLETANO: SUGLI SPALTI DEL SAN PAOLO C’ERA L’ITALIA CHE AMA E RISPETTA

Marzo 8th, 2017 Riccardo Fucile

LE PAROLE DI DE LAURENTIS, UN PAESE DIVISO E RAZZISTA,   UN ESEMPIO DI PASSIONE E DI VALORI

Il gioco del calcio riesce ad esaltare le qualità , sia di una squadra (come collettivo ma anche nella specificità  delle singole individualità  che la compongono) che dell’intero “popolo” che tifa.
È, anzi, molto probabilmente, uno dei principali strumenti conoscitivi – e, quindi, di analisi – per cercare di tastare il polso della società  “civile”. Per carpirne i valori. Per cogliere le cose che non vanno. Per leggerne il “cuore”, la tensione morale, i valori etici che la sostengono.
Perchè quando si tifa non ci sono barriere: grida l’anima. Nel caso, esulterà  pure. E se l’anima è arida, gretta, scura e “dannata”, la si vedrà  in modo prorompente e drammatico. Senza filtri. Senza scuse…
Il nostro, purtroppo, al di là  delle chiacchiere e della sempre più sterile tensione del “politicamente corretto”, è un Paese profondamente razzista, diviso e divisivo. Nord contro sud. Una storia vecchia. Una ferita che, molto probabilmente, non si rimarginerà  mai.
Le chiacchiere, la “filosofia” o la stessa “politica spicciola” non servono proprio più. Anzi, rischiano di essere addirittura più offensive del fenomeno stesso.
L’Italia non si è mai compiuta davvero. Resta divisa, frammentata in macro-regioni ideali, e “la cosa” è tale nel cuore di troppe persone, purtroppo.
Solo nei confronti dello “straniero esogeno”, soltanto quando sventola il tricolore, forse, ci si sente un po più uniti. Troppo poco, però. In fin dei conti, per “i più”, è soltanto una finzione…
È triste immaginare che possa continuare ad essere sempre e soltanto questo, sia il nostro presente che il nostro futuro.
Dividersi sulle idee, gareggiare sulle diverse visioni del mondo e della vita, ci sta! Esalta quella diversità  che ridicolizza – “già  in natura” – quella uguaglianza che i socialisti cercano sistematicamente di propinarci come presunta verità . Farlo per sedicenti superiorità  regionalistiche o Nazionali, però, è cosa parecchio triste.
Comunque sia, le parole pronunciate ieri sera – al termine della gara tra Napoli e Real adrid – dal Presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, sul punto, sono state oltremodo vere e “centrate”. Sono decisamente condivisibili.
Le riprodurrò qui così come sono state dette. Potrei (ri)plasmarle per dare il senso dell’originalità , sia alla narrazione che al relativo risultato concettuale. Ma non è il caso. Almeno questa volta, va bene così…
«Non sono l’uomo delle polemiche, ma dopo dodici anni di calcio sono stufo. Sentire in ogni stadio cantare “Lavali col fuoco” e nessuno dice nulla mi dà  molto fastidio: non mi sognerei di dirlo ad altro cittadino italiano. Il pubblico napoletano in questa serata contro il Real Madrid ha dato una lezione di crescita culturale all’Italia (…) I ragazzi hanno giocato un primo tempo esemplare, anche nella ripresa hanno dato il massimo. Loro sono il Real Madrid, sono la squadra più forte al mondo, per noi è già  un successo confrontarsi con loro…»
Mi permetto di aggiungere soltanto poche “sfumature”.
Ieri sera il mondo intero ha potuto apprezzare due cose.
Da un lato, una squadra di calcio, il Napoli, capace di dare spettacolo ed anche di mettere sotto, per quasi un’ora, i blasonati Campioni del mondo per club; dall’altro, un meraviglioso spettacolo offerto dal “suo tifo”. Dal suo popolo.
Un popolo d’amore e di libertà . Nel caso, “scusateci se fosse stato poco”.
Qualora vi fosse sfuggito, “era Italia”.
Una entusiasmante “Italia”.

Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale

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LA ZECCA SALVINI ENTRA DALLE SCALE DI SERVIZIO, NAPOLI LO SCHIFA: VAI DA SOLO PER STRADA SE HAI LE PALLE

Marzo 8th, 2017 Riccardo Fucile

INTERCETTATO E CONTESTATO DURANTE UNA VISITA AL “MATTINO”, L’ANTIPASTO DELLA VISITA DI SABATO… CENTINAIA DI POLIZIOTTI ITALIANI A DIFENDERE LA ZECCA CHE CANTAVA “QUANTO PUZZANO I NAPOLETANI”

La zecca Salvini arriva a Napoli per un’intervista al quotidiano “Il Mattino”, doveva essere una visita segretata, ma la notizia si diffonde e ad attenderlo trova qualche decina di giovani dei centri sociali che bloccano l’ingresso.
Mentre la polizia alllontana i manifestanti pacifici, Salvini coraggiosamente pensa bene di entrare da un ingresso posteriore.
Giordano D’Angelo, un giornalista free-lance, è stato fermato.
Secondo quanto si è appreso il cronista stava riprendendo la protesta con il telefonino quando è stato prelevato dagli agenti e identificato.
Il giornalista riferisce anche di essere stato colpito con un manganello sulla mano: «Voglio sporgere denuncia – ha riferito ai colleghi – stavo facendo riprese e non stavo protestando, mi sono qualificato come giornalista senza essere ascoltato».

(da agenzie)

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