“UCCISO PERCHE’ DAVA FASTIDIO ALLA MAFIA”: SVOLTA NELL’OMICIDIO DELL’AVV. FRAGALA’, UOMO DELLA DESTRA DELLA LEGALITA’
SEI ARRESTI, I MAFIOSI NON ACCETTAVANO CHE CERCASSE DI CONVINCERE I SUOI ASSISTITI A DIRE LA VERITA’… UN PASSATO TRA RAUTI E ROMUALDI, PRESIDENTE DEL FUAN, POI IN AN
“Non poteva restare senza colpevoli l’omicidio di un professionista a Palermo”, dice il procuratore Francesco Lo Voi.
Le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo hanno riportato in carcere tre dei mafiosi già fermati negli anni scorsi per il caso, altre tre persone sono state arrestate sulla base delle nuove dichiarazioni fornite dal collaboratore di giustizia Francesco Chiarello.
Determinante la confessione in diretta di uno degli indagati, al telefono dice alla moglie: “Se questo parla sono rovinato”.
I boss volevano dare una punizione esemplare al legale, avevano anche messo in conto di ucciderlo, ribadisce il gip Fernando Sestino nel suo provvedimento, che accoglie la ricostruzione dei pm Caterina Malagoli, Nino Di Matteo e Francesca Mazzocco.
“I mafiosi volevano dare un segnale a tutta l’avvocatura palermitana”, spiega il procuratore Lo Voi nel corso della conferenza stampa convocata al palazzo di giustizia.
L’ordinanza di custodia cautelare ha raggiunto Francesco Arcuri, che pianificò la spedizione punitiva; Antonino Abbate, che ebbe funzioni di copertura del gruppo, Salvatore e Antonino Ingrassia, Paolo Cocco (portò la mazza sul luogo del delitto) e Francesco Castronovo, il sicario che colpì il legale.
“Il pentito Chiarello ha detto che l’avvocato Fragalà era considerato uno sbirro – dice il colonnello Antonio Di Stasio, il comandante provinciale dei carabinieri – I mafiosi non sopportavano che il legale consigliasse ai suoi clienti di fare dichiarazioni nell’ambito dei processi”. E scattò la spedizione punitiva, il 23 febbraio del 2010.
Scrive il gip Fernando Sestito nel suo provvedimento: “L’aggressione dell’avvocato Fragalà (che per la sua devastante simbolicità ha rappresentato un violento attacco all’intera avvocatura, non solo palermitana) è stata deliberata per ragioni che l’organizzazione mafiosa ha ritenuto particolarmente gravi. Per punire condotte professionali che sono state ritenute del tutto incompatibili con l’interesse dell’organizzazione e pericolose, in particolare, per la salvaguardia di concreti e rilevanti interessi economici, e, ancora prima, della fondamentale e irrinunciabile pretesa mafiosa alla salvaguardia delle regole dell’omertà e reciproca assistenza che caratterizzano la condotta di ogni associato nel momento del coinvolgimento in inchieste giudiziarie”.
Il giudice parla di un “graduale intensificarsi, negli aderenti all’associazione, di un atteggiamento di delusione e insoddisfazione nei confronti del professionista, sfociato in una incontenibile rabbia”.
Sestito rileva come “nei procedimenti per reati di mafia Fragalà si comportasse sempre più spesso da sbirro. In particolare inducendo i suoi assistiti a violare la tradizionale regola del silenzio, incoraggiandoli a rendere dichiarazioni ai magistrati, anche di natura ammissoria dei fatti contestati, ed anche quando tali ammissioni comportavano il rafforzamento dell’impianto accusatorio nei confronti degli altri associati”.
“Il pomeriggio dell’aggressione, vennero a casa mia – racconta Chiarello – Franco Arcuri dice: “Ci dice che ci servono quattro persone a Salvatore Ingrassia perchè ci amu a dare quattro colpi di legno a una persona, perchè si deve fare entro stasera, se non Gregorio fa u pazzu”. Gregorio è Gregorio Di Giovanni, allora capo mandamento di Porta Nuova.
(da agenzie)
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