Aprile 24th, 2020 Riccardo Fucile
RIPRESO IN AULA PERCHE’ SENZA MASCHERINA, UN COMPORTAMENTO INQUALIFICABILE CHE METTE A RISCHIO ANCHE I DIPENDENTI
Un deputato del gruppo Lega, secondo quanto riferito dall’agenzia Ansa, la mattina del 24 aprile è entrato alla Camera con una temperatura corporea sopra il limite consentito dalle misure anti-Covid 19.
Il deputato, al momento del controllo medico all’ingresso della Camera, presentava una temperatura corporea di 37.7 gradi, tre decimi in più al limite consentito.
Ma, quando l’infermiere di turno ha chiesto al parlamentare di effettuare una nuova misurazione, il deputato è voluto entrare lo stesso nel palazzo di Montecitorio. E, nonostante le rimostranze dei commessi, alla fine è entrato in Aula.
Il parlamentare, che è arrivato in Aula nelle battute finali del dibattito sul decreto Cura Italia, è stato tra l’altro richiamato più volte dalla presidente di turno dell’Assemblea, Maria Edera Spadoni, perchè non indossava la mascherina.
Mascherina che, in un secondo momento, il deputato ha indossato. Fonti della Camera hanno precisato all’Ansa che alla fine del dibattito l’Aula, come prevede il protocollo di sicurezza per le attività quotidiane, viene sanificata.
(da agenzie)
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Aprile 24th, 2020 Riccardo Fucile
NELLE TRUPPE LEGHISTE STANCHE DI SALVINI SI FA STRADA LA SUGGESTIONE DI UN CAMBIO DELLA GUARDIA PER UNA LEGA NON SOVRANISTA
E’ il presidente che ha reagito meglio all’emergenza Covid-19, nella sua Regione ha un consenso che è quasi plebiscitario. Tanto che, secondo un sondaggio della maga dei numeri Alessandra Ghisleri (Euromedia Reasearch), Luca Zaia ha un indice di gradimento che si attesta all’80,5%.
Un numero significativo che in rapporto alla popolazione non è dissimile a quello della cancelliera tedesca Angela Merkel.
L’altra Lega di Zaia non è più una fantasia ma è sempre più una realtà .
Si muove in silenzio il doge, nato e cresciuto in una famiglia democristianissima, il diversamente leghista che preferisce rispondere non con le parole, ma con i fatti. E non a caso da quando è esplosa questa pandemia dalle parti di via Bellerio alti dirigenti che si trincerano dietro l’anonimato fanno un ragionamento che più o meno suona così: “Luca (Zaia ndr.) non ha mai fatto polemiche politiche, ha preso dal governo quello che poteva prendere, ha fatto da solo, senza inveire contro l’esecutivo di Conte. E se fa un passo in avanti, come quello sulla riapertura, lo fa perchè ne è consapevole. Attilio (Fontana ndr.) invece ha cercato di dare colpe al governo, senza però dare l’idea di come gestire la situazione”.
Eppure dietro queste parole che ruotano attorno alla contrapposizione fra Veneto e Lombardia si cela un’altra annosa questione che inizia a prendere forma nei passaparola delle truppe del fu Carroccio.
Ecco allora la domanda che ricorre con più insistenza fra Montecitorio e Palazzo Madama: “E se Luca scendesse in campo?”. Silenzio.
Ed è un dilemma che registra un malessere diffuso, un sentimento dovuto oggi al fatto che “ nella fase due non possiamo pensare di aiutare il Paese con le dirette instagram o con le piazzate su Telelombardia”.
Ecco, la prospettiva del dopo rimanda a una opposizione della responsabilità sul modello del Veneto, di una Lega di governo, pragmatica, che piace agli imprenditori, che viene apprezzata da Forza Italia e da tutto la galassia moderata.
Non a caso, alla fine del 2017, a poche settimane dalle elezioni politiche, Silvio Berlusconi si era lasciato scappare: “Se non posso correre io, indico Zaia”.
Sappiamo tutti come è andata a finire. E sappiamo che da quel momento in poi l’ex ministro dell’Interno e la Bestia di Luca Morisi hanno scalato il centrodestra e poi hanno primeggiato alle Europee del 2019.
Ma oggi il quadro è cambiato, non c’è più la piazza, nè tanto meno la campagna elettorale. Per la prima volta la leadership di Salvini appare in crisi e, dettaglio di non poco conto, si staglia il volto di Zaia.
Che in questa emergenza si è beccato i complimenti dell’Università di Harvard per essersi mosso in maniera efficace e in particolare per aver adottato “un approccio molto più proattivo al contenimento del virus”, si legge nella rivista scientifica “Harvard Business Review”.
“E se Luca scendesse in campo?”. Al dilemma nessuno osa rispondere. Non è dato sapere se sono maturi o meno i tempi per la nascita di un’alternativa al salvinismo. Di una nuova Lega non sovranista. Di un nuovo Carroccio a trazione Zaia-Giorgetti.
Pare che il primo non parli con il secondo ma tutti sanno che Giorgetti è un uomo partito che è sopravvissuto a tutte le stagioni. Nell’attesa “Luca” non ha ancora sciolto la riserva sul terzo mandato. “Non è così scontato che si ricandidi”.
Sarà un caso? Qualcuno ironizza e la mette così: “A Galan non portò bene il terzo mandato. Ecco perchè il presidente frena”. E allora potrebbe accadere che questa sia la volta buona, che siano maturi i tempi del grande passo del leghista “democristiano”. E se a via Bellerio osservano che “Zaia non farà mai la prima mossa, non si metterà mai pubblicamente contro Salvini, ma forse aspetterà la fine del salvinismo”, nel frattempo il doge si gode la scena assieme al plurivotato Roberto Marcato, assessore regionale allo Sviluppo economico. E con il fedelissimo Marcato rimembra una frase che una volta pronunciò Salvini: “La Lega è la Lombardia, il Veneto non esiste”.
Forse non sarà più così.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 24th, 2020 Riccardo Fucile
PUNTE DEL 300% NELLE ZONE PIU’ A RISCHIO CORONAVIRUS
La pandemia del coronavirus ha causato in particolare nel mese di marzo un drammatico aumento del numero di morti in Italia.
L’Istat non ha ancora a disposizione dei dati che consentano di stimare l’incremento della mortalità in tutto il Paese o in specifiche Regioni, ma “da un primo esame che ha riguardato 5.069 Comuni, il totale dei decessi tra il primo marzo e il 4 aprile del 2020 è stato, nel complesso, superiore del 41% rispetto a quanto osservato per lo stesso periodo del 2019“.
L’affermazione è contenuta nel documento firmato dal presidente dell’Istituto, Gian Carlo Blangiardo, che analizza appunto gli “Scenari sugli effetti demografici di Covid-19 per l’anno 2020”. I circa 5mila Comuni, precisa lo stesso documento in una nota, non sono stati selezionati ma sono quelli già presenti al 31 dicembre 2019 nell’anagrafe e che hanno fornito dati affidabili e tempestivi.
“Non può quindi ritenersi un campione rappresentativo dell’universo dei Comuni italiani, anche se — precisa la stessa nota — ne contiene una quota di tutto rispetto che è pari a circa 2/3 del totale“.
Un dato, +41% di decessi nel mese di marzo rispetto a un anno fa, che quindi può fornire solo una prima stima dell’impatto del Covid-19 sulla mortalità in Italia.
Già è certa, come sottolinea Blangiardo nella sua analisi e come emerso dalle prime statistiche, “la eterogenea distribuzione territoriale del fenomeno, con punte di estrema gravità in alcune aree del Paese”.
In particolare, l’incremento della mortalità si concentra soprattutto al Nord: a Bergamo i decessi a marzo sono quintuplicati, a Brescia triplicati.
Nel sottoinsieme dei 5.069 Comuni per i quali si hanno i dati, scrive Blangiardo, “se ne individua un folto gruppo (48 casi) in cui la frequenza di morti si è accresciuta di almeno dieci volte rispetto al valore dello scorso anno, e se ne riscontrano molti altri (140 casi) in cui tale frequenza è stata di almeno cinque volte superiore“.
Il presidente dell’Istat evidenzia anche che l’aumento della mortalità ha riguardato in particolare “la componente più anziana e, in particolar modo, nell’ambito di quella maschile”.
Confrontando i decessi nell’intervallo 1 marzo-4 aprile del 2020 e del 2019 si rileva “una crescita del 44% del numero di casi tra gli ultra65enni, a fronte dell’11% per il complesso delle restanti età , con un divario che penalizza pesantemente la componente maschile: +56% tra gli uomini con almeno 65 anni e +34% tra le donne nella stessa fascia d’età ”.
L’analisi di Blangiardo cerca quindi di ipotizzare quale scenario aspettarsi per l’intero anno 2020. Il presidente dell’Istat parte dai precedenti: dal secondo dopoguerra ad oggi, un importante aumento della mortalità si è verificato in due occasioni.
“La prima nel 1956, con circa 50 mila morti in più”, la secondo “nel 2015, con un incremento ancora nella stessa misura su base annua (+50 mila)”. Per trovare un evento simile alla pandemia di Covid-19 bisogna però tornare alla fine del 1918, quando la “Spagnola” in Italia “manifestò i suoi effetti più drammatici“. Anche in questo caso, evidenzia però Blangiardo, bisogna tenere conto delle differenze tecnologiche e sociali nel confrontare le due pandemie.
Il presidente dell’Istat elabora quindi “8 differenti modelli/scenario” sugli effetti di incremento della mortalità dovuti alla pandemia di Covid-19. “Spostandoci da una situazione caratterizzata da un persistente alto livello di maggior rischio, dove si mantiene un rialzo — seppur ridotto — sino a novembre (modello I), verso lo scenario di un suo relativamente rapido contenimento, che prospetta un ritorno alla normalità entro tre mesi (modello VIII), la frequenza annua di decessi nel corso del 2020 si accrescerebbe da un massimo di 123mila casi a un minimo di 34mila“, spiega Blangiardo.
In parallelo, “l’aspettativa di vita alla nascita scenderebbe di 1,4 anni nelle condizioni del modello più sfavorevole, mentre solo di 0,42 in quello meno penalizzante”. Infine, riguardo all’effetto sull’invecchiamento demografico, “i modelli mostrano come la crescita della componente anziana, sia in termini di ultra65enni che di ultra85enni, non sembra destinata ad arrestarsi in nessun caso”, conclude l’analisi di Blangiardo.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 24th, 2020 Riccardo Fucile
UN IMPRENDITORE DEL SETTORE: “AVEVAMO OFFERTO LE MASCHERINE ALLA META’ DEL PREZZO CHE POI LA REGIONE HA PAGATO A QUESTA SOCIETA’, MA LA REGIONE HA RIFIUTATO STRANAMENTE LA NOSTRA PROPOSTA”
Si tratta di una delle storie più appassionanti dell’emergenza Coronavirus in Sardegna: la regione guidata dal sardoleghista Christian Solinas ha comprato per 15 milioni di euro più IVA due milioni di mascherine chirurgiche a 93 centesimi l’una, oltre a un milione di FFP2 a quasi sei euro e un milione di FFP3 a quasi otto.
Questo perchè, secondo l’ente, non c’era altra alternativa all’approvvigionamento presso l’azienda Demar Hospital di Reggio Calabria.
Ma nelle stesse ore in cui la Regione Sardegna acquistava, anche l’Azienda Ospedaliera di Sassari ne comprava altre dalla Selvel Hong Kong Limited: 100mila a 35 centesimi, 10mila FFP2 a 2 euro e 5mila FFP3 a tre oure.
Il giorno dopo un nuovo ordine — ma alla Shangai New Union Limited — per mezzo milione di Ffp2 a 2 euro.
Con le stesse tariffe l’isola avrebbe risparmiato circa 9 milioni di euro.
Il caso, raccontato la prima volta dal Fatto Quotidiano, è arrivato all’attenzione della Commissione Sanità del Consiglio regionale e sul quale sono nate numerose polemiche dato che, a quanto emerso finora, la stessa Regione avrebbe potuto risparmiare 9,3 milioni di euro utilizzando lo stesso fornitore scelto dall’AOU.
“In questo caso si parla di un aumento di costo per le casse pubbliche di oltre 9 milioni di euro. Su certe cifre non è tollerabile la minima opacità e il minimo sospetto di danno per la finanza pubblica”, ha scritto il consigliere regionale Francesco Agus su Facebook, “Sarebbe inaccettabile se un’emergenza così grave diventasse il pretesto per derogare ai principi fondamentali di trasparenza e di economicità ”.
L’assessore alla Sanità Mario Nieddu ha spiegato che “in alcuni casi” si è dovuto “acquistare a prezzi più alti” perchè si era “in stato di necessità : si comprava ciò che si trovava sul mercato”.
Ma Il Fatto ha raccontato anche altro:
Il 23 marzo, giorno in cui la Regione riceve il preventivo dalla società calabrese, negli uffici della Protezione civile è arrivata pure un’altra proposta. “Per le Ffp2 abbiamo proposto 2,9 euro a pezzo (contro i 5,4 della Demar, NdR) — racconta un imprenditore di settore che richiede l’anonimato — Se ce ne avessero chiesto un milione, non avremmo avuto problemi e chiaramente il prezzo sarebbe stato ancora più basso. L’offerta è stata declinata: ci hanno fatto sapere che avevano trovato un canale diretto con la Cina”.
Passando, evidentemente, per Reggio Calabria. Tant’è che all’aeroporto di Cagliari arrivano le KN95, certificate da Pechino.
In Europa non sono riconosciute come Dpi (Dispositivi di protezione individuale), ma lo sono diventate per legge il 17 marzo, quando il premier Conte ha firmato il decreto legge che dà il via libera alle deroghe sulla certificazione dei dispositivi.
Attenzione però: “Di per sè non sono un prodotto scadente, anzi. Malgrado non abbiano la certificazione europea — dice un altro esperto di settore, sempre dietro anonimato — sono molto efficienti. Ma di certo, pagarle 5,4 euro è fuori da ogni logica di mercato, malgrado le speculazioni in atto. Anche oggi, in piena emergenza e con i costi di trasporto lievitati, in Italia arrivano al dettaglio a 1,6 euro”.
E insomma, per ora è soltanto un bel pasticcio. Aggravato dai ritardi nella consegna: secondo gli accordi con la Demar, un primo carico sarebbe dovuto arrivare entro il 31 marzo, ma le prime mascherine sono state distribuite solo il 10 aprile, vale a dire undici giorni dopo l’ipotetica data di consegna
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 24th, 2020 Riccardo Fucile
NEI MOMENTI CRUCIALI LA MERKEL TIENE IN PIEDI L’UNITA’ EUROPEA C0N UNA GRANDE CAPACITA’ DI MEDIAZIONE E LUNGIMIRANZA
Magari l’avrà aiutata anche il suo dottorato in chimica quantistica, certamente più in linea con il richiamo alla scienza imposto dai tempi bui del coronavirus.
Ma è indiscusso che la svolta nei negoziati europei sulle risposte alla crisi economica scatenata dal Covid-19 e la spinta che ha sciolto almeno una parte del gelo che per un mese e mezzo ha spaccato l’Ue tra nord e sud, non potevano che arrivare da lei: Angela Merkel, ancora una volta leader di un’Unione che non può immaginarsi tale senza di lei.
L’accordo raggiunto al Consiglio europeo di ieri sulla creazione di un fondo di ripresa europeo finanziato con bond comuni emessi dalla Commissione, ancora una cornice sulla quale c’è tanto da lavorare ma risultato assolutamente impensabile all’inizio della pandemia, non sarebbe mai stato possibile se la Cancelliera non avesse assunto, ancora una volta come in altri momenti di crisi dell’Unione, il ruolo di mediazione tra gli Stati membri.
Alla cancelleria tedesca da 15 anni, Merkel è alla fine del suo ciclo politico.
Il suo partito, la Cdu, è spaccato, alla difficile ricerca di un successore, dopo il passo indietro della ‘delfina’ di Angela, il ministro della Difesa Annegret Kramp-Karrenbauer. Ricerca lunga, visto che il coronavirus ha messo in stand-by anche il congresso, che si sarebbe dovuto tenere domani.
Slittato a fine anno, congelato come le vite degli europei: persino i negoziati sulla Brexit, che sembravano l’urgenza più impellente del 2020, sono rinviati in fondo all’emergenza Covid-19, peraltro i due negoziatori – David Frost per Londra e Michel Barnier per Bruxelles – si sono pure ammalati, cattivo segno del destino. Ma pur alla fine della sua lunga storia politica — e chissà se sarà veramente così, niente le vieta di ricandidarsi alle elezioni del 2021 – Merkel ha ancora assi nella manica. Per profonda fede europeista, certo, ma soprattutto per necessità .
“Per noi in Germania riconoscerci nell’Europa unita fa parte della ragione di Stato”, dice al Bundestag, caricando il discorso pre-Consiglio europeo di una tensione ideale sul necessario rafforzamento dell’Unione, prospettiva non inedita da parte sua ma certo più densa di significati alla luce del virus che ha infettato l’Ue, minacciandone l’esistenza. “Non è materia per i discorsi della domenica, ma è un fatto del tutto pratico: siamo una comunità del destino. E l’Europa ora lo deve dimostrare di fronte a questa inattesa sfida della pandemia”.
Raccontano fonti europee, senza dover scandagliare sul fondo dei retroscena delle relazioni diplomatiche, che a Berlino la sveglia è suonata nei giorni di preparazione del summit di ieri in videoconferenza.
Negli uffici del ministero delle Finanze tedesco si è cominciato a lavorare persino sulla proposta spagnola, di contributo all’idea di fondo di ripresa proposto dalla Francia e sostenuto dall’Italia.
Non era una proposta di compromesso che promettesse di uscire viva dal Consiglio europeo, eppure i tedeschi l’hanno presa in considerazione. Sotto la regìa di Angela, convinta di dover abbandonare l’iniziale alleanza con i paesi nordici – in testa l’Olanda – furiosi con le pretese del sud e indossare i panni della mediazione.
Per il bene dell’Ue, certo, ma anche per gli interessi della stessa Germania. E poi per non perdere l’asse storico con Parigi, da sempre motore dell’Ue, inceppato dalla crisi del Covid-19, visto che la Francia stavolta ha scelto di guidare il fronte dei paesi del sud, i più indebitati storicamente, quelli che usciranno particolarmente malconci dall’emergenza.
“I nostri sforzi a livello nazionale potranno alla fine avere successo se avremo successo insieme anche in Europa. In questa aula spesso mi avete sentito dire: sul lungo periodo la Germania starà bene solo se starà bene anche l’Europa. Per me questa frase anche oggi è molto, molto importante”, sono le parole che Merkel scandisce parlando al Bundestag, prima del Consiglio europeo.
Discorso storico di svolta, paragonabile alla mossa con cui in un afoso agosto del 2015 Merkel sorprese tutti accogliendo in Germania migliaia di profughi siriani, nel bel mezzo di una crisi dell’immigrazione allora solo agli inizi. Discorso che accende un riflettore sui danni che l’economia tedesca subirebbe da un collasso di paesi europei come l’Italia, dal collasso dell’Ue.
Oggi, all’indomani di un Consiglio europeo che non ha conosciuto i toni astiosi della riunione del 26 marzo scorso ma che, al netto delle differenze, si è svolto in un clima sicuramente più collaborativo, diversi interlocutori diplomatici riconoscono che senza la Germania non ci sarebbe stata svolta. E l’Europa sarebbe magari già defunta.
Conclusione per niente esagerata: all’inizio della pandemia questo esito era la scommessa più gettonata, vista la confusione iniziale, gli errori, la lentezza nel capire la gravità della crisi, come ha ammesso di recente un’altra donna tedesca, Ursula von der Leyen, scusandosi con l’Italia davanti al Parlamento Europeo.
Ora, dietro il piano della Commissione europea, che nella seconda o terza settimana di maggio dovrà presentare una proposta per dettagliare la creazione del fondo di ripresa dentro il bilancio Ue, c’è Merkel.
La mediazione tra la proposta francese e le richieste del nord è stata trovata a Berlino. Ed è “l’inizio di una risposta”, come titola oggi la Sueddeutsche Zeitung. A questo punto, la ‘battaglia’ tra nord e sud si sposta sui tempi: l’Italia chiede un accordo entro giugno con un’operatività del fondo già quest’anno o con soluzioni ponte per garantire i finanziamenti. E poi sulle dimensioni del fondo stesso, sulle scelte tra prestiti e sussidi a fondo perduto: i paesi del nord insistono sui primi, quelli del sud sulla seconda opzione.
Nubi ce ne sono ancora, per non parlare del Meccanismo europeo di stabilità , che spacca la maggioranza di governo in Italia.
Anche qui, si attendono le regole precise da parte del board del Mes, dove verranno stabiliti durato e costo dei prestiti, nonchè le differenziazioni tra spese dirette per la sanità e indirette, materia di ulteriore scontro tra nord e sud.
Il punto è che la Germania, con Merkel, ha scelto di stare al centro e non da una parte della barricata.
La cancelliera promette anche maggiori contributi tedeschi al bilancio pluriennale dell’Ue, sul quale i leader dovranno raggiungere un accordo in tempi brevi, ne va del fondo di ripresa. “Vogliamo agire rapidamente in Europa, perchè abbiamo bisogno naturalmente di strumenti per superare le conseguenze della crisi in tutti gli Stati membri”, dice.
Ma senza il suo pragmatismo, l’Unione oggi non sarebbe più una realtà . Un’argomentazione che sembra una banalità , tanto l’Ue si è abituata e anche seduta sulle risorse diplomatiche e sulla capacità di sorprendere di Merkel. Ma la vittoria di Donald Trump negli Usa e di Boris Johnson in Gran Bretagna sono lì a dire: mai dare per scontata una Merkel per l’Ue, mai dare per scontata l’Ue. Il coronavirus ha dato l’allarme, la figlia di un pastore luterano ha capito.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 24th, 2020 Riccardo Fucile
NEGATIVI ANCHE I SOCCORRITORI… AI SOVRANISTI E’ ANDATA MALE, NON POSSONO SPECULARE SUI “MIGRANTI CHE VENGONO AD ATTACCARCI IL VIRUS”
Due giorni fa il sindaco di Pozzallo Roberto Ammatuna lo aveva detto al Comitato Schengen: «Dopo tanti giorni, ancora non sappiamo l’esito dei tamponi dei 49 migranti che erano con il ragazzo egiziano risultato positivo al Covid-19 e attualmente tutti in quarantena nell’hotspot».
Ieri a tarda sera quell’esito tanto atteso è finalmente arrivato: negativo, per tutti i migranti che facevano parte di un gruppo di 59 arrivati autonomamente a Lampedusa all’inizio del mese e poi trasferiti a Pozzallo.
Tra loro c’era anche il 15enne egiziano risultato positivo, e quindi isolato dagli altri, finora unico migrante sbarcato in Italia per il quale sia stata accertata l’infezione; peraltro tre giorni fa, all’ultimo tampone, il ragazzo è risultato «negativizzato».
Nei giorni scorsi si era saputo che erano risultati negativi al tampone del Covid-19 anche i 150 migranti salvati dalle navi Ong Alan Kurdi e Aita Mari e che stanno adesso trascorrendo la quarantena sul traghetto Rubattino, in rada a Palermo.
Stesso esito anche per gli stessi soccorritori, anche loro in quarantena ma sulle loro navi umanitarie, anch’esse all’ancora davanti al capoluogo siciliano.
(da agenzie)
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Aprile 24th, 2020 Riccardo Fucile
DILAGA IL PESSIMISMO TRA I GIOVANI; LA LORO CONDIZIONE SOCIALE PEGGIORERA’ DOPO IL CORONAVIRUS
Con il lockdown ancora in corso è troppo presto per capire come sarà la “nuova normalità ”, ma si può già misurare l’impatto dell’epidemia di Coronavirus sulle nostre aspettative.
E, stando a un’indagine — promossa dal Ministero per le pari opportunità e condotta da Ipsos — nell’ultimo mese, tra i giovani italiani in età compresa fra 18-34 anni dilaga il pessimismo rispetto al proprio futuro in misura maggiore rispetto ai loro coetanei tedeschi, spagnoli, francesi e britannici.
In Italia infatti circa il 60% dei giovani interpellati si sente più a rischio rispetto a prima dell’epidemia, mentre poco più del 30% ritiene che nulla sia cambiato rispetto a inizio febbraio.
L’unico Paese che ha percentuali simili alle nostre è la Spagna, mentre sia in Francia che in Germania sono più i giovani che pensano che nulla sia diverso rispetto a prima di quelli che invece si sentono più a rischio, una percentuale che non supera di molto la soglia del 40%.
Tra i progetti di vita più a rischio dopo l’epidemia troviamo il matrimonio, con il 40% degli intervistati italiani che dice di aver abbandonato il programma di sposarsi e, con pochi punti percentuali in meno, di avere un figlio.
Più di un giovane su tre in Italia dice di aver rinunciato a cambiare città e ad andare a vivere per proprio conto o a convivere con un’altra persona.
Negli altri Paesi presi in esame, le stesse rinunce riguardano un giovane su quattro.
L’unica eccezione è la Spagna che riporta percentuali simili tra chi, per esempio, ha rinunciato ad avere un figlio o chi rinuncerà ad andare a vivere per conto proprio.
Un dato sicuramente riconducibile in parte al fatto che di tutti i Paesi dove è stata condotta la ricerca, la Spagna è, insieme all’Italia, quello che riporta tassi di crescita economica più bassi e un tasso di disoccupazione giovanile più alto.
Il pessimismo rispetto al proprio futuro colpisce sopratutto le fasce di giovani più a rischio: si va dal 15% di chi ha un contratto a tempo indeterminato all’oltre 60% di chi lavora in proprio.
È presente anche una dimensione di genere: se il 56% degli uomini si aspetta una ricaduta negativa sulla propria vita, la percentuale arriva al 68% tra le donne, più pessimiste sulle proprie prospettive lavorative nel dopo-Covid.
(da agenzie)
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Aprile 24th, 2020 Riccardo Fucile
LA RECKITT BENCKISER PLC SOMMERSA DA RICHIESTA SUI SOCIAL DIFFIDA A USARE I LORO PRODOTTI IN MODO IMPROPRIO
Il Lysol e il Dettol sono due noti prodotti per disinfettare, marchi storici del settore negli Stati Uniti.
Dopo le parole del presidente degli Stati Uniti Donald Trump nel corso di una conferenza stampa in cui ha fatto il punto sul coronavirus, le aziende che li producono sono state sommerse da richieste sul loro utilizzo e sulla possibilità del loro funzionamento contro il virus nel caso di iniezione nel corpo umano.
Tanto da costringere Reckitt Benckiser Plc, titolare dei marchi, a pubblicare una dichiarazione in cui si diffida a utilizzare i prodotti in quel modo ipotizzato dal numero uno della Casa Bianca.
«In nessun caso — si legge nella dichiarazione — i nostri prodotti disinfettanti devono essere somministrati nel corpo umano attraverso l’iniezione, l’ingestione o qualsiasi altra via». I social network di prodotti come Lysol e Dettol sono stati letteralmente invasi da richieste di utenti dopo le parole di Donald Trump.
Per questo motivo, l’azienda che li produce è stata costretta a fornire ulteriori dettagli in merito alle già note funzioni dei suoi disinfettanti: «Come per tutti i prodotti — continua la nota -, i nostri disinfettanti e prodotti per l’igiene devono essere utilizzati solo come previsto e conformemente alle linee guida per l’uso. Si prega di leggere l’etichetta e le informazioni sulla sicurezza».
L’appello finale della casa madre di questi due noti disinfettanti si conclude affermando che il potenziale utilizzo dei prodotti contro il coronavirus fa parte di una sorta di ‘leggenda’: «Abbiamo la responsabilità di fornire ai consumatori l’accesso a informazioni accurate e aggiornate come consigliato dai principali esperti di sanità pubblica. Per questo e altri fatti da leggenda, si prega di consultare le linee guida sul Covid-19».
(da agenzie)
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Aprile 24th, 2020 Riccardo Fucile
E IL BLOG DELLE STELLE RINCARA LA DOSE: “NOI NON VOTIAMO UN ODG PRESENTATO DAI TRADITORI CHE VOTARONO IL MES QUANDO ERANO AL GOVERNO NEL 2011. LA MELONI AVEVA PERSO LA LINGUA O AVEVA PAURA DI PERDERE LA POLTRONA DA MINISTRO?”
Il deputato del MoVimento 5 Stelle Riccardo Ricciardi oggi ha fatto fare una bella figura a Giorgia Meloni e a Fratelli d’Italia, che avevano presentato un ordine del giorno sul Cura Italia che impegnava il governo a non attivare il MES.
Ricciardi ha avuto buon gioco nel ricordare che Meloni & Co. avevano accusato il governo di aver già attivato il MES… la settimana scorsa:
Tanto per non sbagliarci, anche Salvini ieri è tornato a blaterare di approvazione del MES senza spiegare che per l’attivazione serve, tra le altre cose, un voto del parlamento:
Ricciardi ha spiegato che quello di Fdi è “un ordine del giorno strumentale, per decidere su uno strumento del genere con lo strumento meno efficace che esiste. Ogni decisione sul Mes verrà presa dentro il Parlamento, ma nei tempi e nei modi consoni a un tema del genere”.
Perchè “secondo l’opposizione il MES non era già stato attivato? Perchè voi lo avete scritto sui vostri profili social. Ma se non è stato attivato, si chieda scusa per aver accusato di alto tradimento il presidente Conte” (lo ha fatto Giorgia Meloni).
Poi Ricciardi ha ricordato come è nato il MES (nel 2011, quando al governo c’era Berlusconi e Giorgia Meloni era ministra: è stato votato, come ha detto Giulio Tremonti)
Per giorni Giorgia Meloni ha tentato un divertentissimo gioco delle tre carte per far dimenticare come è nato il MES, oggi il deputato M5S glielo ha finalmente ricordato: “Il partito di Giorgia Meloni ha ratificato il MES, e che lei non fosse in Aula non è una notizia, visto che è un’assenteista”.
“Noi non votiamo un ordine del giorno presentato dai traditori che hanno approvato il Mes, quando il MoVimento 5 Stelle non era neanche in Parlamento”. Lo sottolinea il blog del Movimento 5 stelle.
“Le domande che facciamo invece sono queste: dove era la Meloni nel 2011 quando il Governo di cui faceva parte aveva approvava e firmava i Trattati internazionali che prevedevano la nascita del Mes? Perchè non mosse un dito per fermare il suo stesso Governo e opporsi sin dall’inizio al Mes? Perchè non si dimise da ministro il giorno 3 agosto 2011 quando il consiglio dei ministri del governo Berlusconi approvò la legge di ratifica e esecuzione del MES? Perchè non si dimise da parlamentare quando Tremonti e Frattini presentarono al Senato la legge di ratifica ed esecuzione del MES nel mese di settembre 2011? Aveva perso la lingua o non voleva perdere la poltrona?”, attacca
(da agenzie)
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