Aprile 11th, 2020 Riccardo Fucile
D’ALTRONDE SE IL CAPITONE HA DETTO DI SCRIVERE 104, I PECORONI SCRIVONO 104 SENZA FARE DOMANDE
La pagina facebook della Lega di Macerata ha pubblicato, prendendolo per vero, un meme su Salvini che invita a scrivere 104 (come la legge sulle disabilità …) nei commenti dopo lo slogan: “Conte bugiardo peggio di Pinocchio. Se sei d’accordo con me scrivi ‘104’ nei commenti”.
La foto ha in effetti il simbolo della Lega per Salvini premier ma la scritta è stata aggiunta con un programma di fotoritocco.
L’originale è stata pubblicata su Facebook da Matteo Salvini in occasione del suo 45esimo compleanno nel marzo 2018
La Lega di Macerata ha successivamente rimosso il post, che nel frattempo si stava riempiendo di commenti che gli spiegavano che avevano pubblicato un’immagine fake. Ma anche di tanti che scrivevano proprio 104:
Pregevole anche l’intervento della pagina troll MILF con Salvini — Cucina marchigiana, che aveva ricondiviso il post invitando a scrivere “104” nei commenti.
Nei commenti la pagina ha invitato i “bravi ragazzi” della Lega di Macerata a passare dalle sue parti per trovare altro materiale.
MILF con Salvini è una pagina satirica che fa ironia sulla Lega ma è frequentata anche da decine di migliaia di salviniani autentici. Commentano i contenuti finti, li condividono, li fanno propri, li rivendicano.
L’acronimo MILF è di solito tratto dal linguaggio gergale anglo-americano composto dalle iniziali delle parole dell’espressione Mother I’d Like to Fuck, ma qui è sciolto in Mamme Italiane Libere e Felici con Salvini e la tecnica è quella solita dei troll: inviare un messaggio inviato e polemico sedendosi poi a godere le reazioni di chi non capisce la satira.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 11th, 2020 Riccardo Fucile
“SECONDO VOI, QUANDO UN INVESTITORE STRANIERO LEGGE LE AFFERMAZIONI SCRITERIATE DEI SOVRANISTI DOVREBBE ESSERE INVOGLIATO A INVESTIRE NEL NOSTRO PAESE?”
L’accordo raggiunto all’Eurogruppo, “pur con diverse ambiguità , è un altro passo in avanti verso una risposta europea alla crisi da Coronavirus”, dopo le misure prese dalla Commissione e dalla Banca centrale europea.
Esordisce cosi’ in un editoriale sul Corriere della Sera l’ex presidente del Consiglio Mario Monti, per il quale a suo avviso “l’Italia non è uscita male dal negoziato” anche se ora “vi è il rischio di un cattivo uso del risultato ottenuto”.
Monti spiega poi che sono questi due “i mantra utilizzati, uno verso il governo e l’altro verso l’Europa”, utilizzati “insidiosamente sia in partiti all’opposizione, Lega e Fratelli d’Italia, sia forse nel Movimento 5 Stelle, asse portante del governo”, i quali “potrebbero mettere in difficolta’ il premier Giuseppe Conte in vista del Consiglio europeo del 23 aprile e della Fase 2 nella lotta alla pandemia”.
Poi l’ex premier chiamato nel 2011 a sostituire Berlusconi e risollevare le sorti dell’Italia afflitta da un elevatissimo spread, ripercorre la storia di quella stagione scrivendo che il Mes “rappresenta l’evoluzione del Fondo europeo per la stabilità finanziaria” e che “Il Fesf prima e il Mes poi” sono stati preparati e decisi a livello europeo nel 2010-2011 “con l’Italia rappresentata da Silvio Berlusconi nel Consiglio europeo e da Giulio Tremonti nell’Ecofin ed Eurogruppo” in un governo che si reggeva sull’alleanza Pdl-Lega”, con Giorgia Meloni che “ne faceva parte come ministro per il Pdl, Matteo Salvini era europarlamentare della Lega” e dunque “la decisione di istituire il Mes fu presa a livello Ecofin il 9-10 maggio 2010” con la precisazione che “la sua attivazione sarà soggetta a forte condizionalità , nel contesto di un sostegno congiunto Ue/Fmi, e avrà termini e condizioni simili a quelli del Fmi”.
“Non sarò certo io, perciò, a raccomandare a Conte di andare sotto le forche caudine di meccanismi preparati in Europa da un governo Berlusconi-Lega, che poi passò ad altri l’onere di evitare il default dell’Italia” scrive ancora Monti, e però oggi, a causa del coronavirus, “la situazione è completamente diversa” e “la natura della crisi è differente” e in ogni caso ” l’Italia non e’ guardata male come allora, ‘colpevole n. 2’ dopo la Grecia e che se fosse esplosa avrebbe mandato anche l’euro in frammenti”.
Quindi? Quindi “i crediti del Mes per rimettere in sesto e in marcia quei Paesi, verrebbero erogati con la sola condizione che i fondi siano utilizzati per le finalità prestabilite”, sottolinea l’ex primo ministro del 2011, il quale però nel descrivere la situazione odierna esorta i lettori “a mettersi nei panni, diciamo, di risparmiatori e contribuenti tedeschi, che apprendono i seguenti fatti” come per esempio: “Il governo giallo-verde chiede, nella prima bozza del suo programma, che la Bce condoni all’Italia 300 miliardi di euro di debito pubblico; politici di primo piano dicono ‘ce ne freghiamo dell’Europa, delle regole europee’, ‘facciamo tutto il disavanzo che vogliamo’; tutti i partiti fanno a gara a chi promette tasse più basse e tutti rifiutano di considerare tasse sul patrimonio; leggono le stime, ufficiali, sull’evasione fiscale; vedono che ogni anno ci sono condoni fiscali, previdenziali, edilizi, valutari; apprendono che l’Italia non riesce a utilizzare i fondi che già riceve dalla Ue; sentono che Beppe Grillo al Parlamento europeo ha invitato l’Europa a non finanziare l’Italia perchè in quel modo finanzia la mafia”.
Per poi concludere, sulla stessa linea di Conte: “Ma quegli stessi politici italiani esigono solidarietà dall’Europa”.
(da agenzie)
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Aprile 11th, 2020 Riccardo Fucile
ALCUNI HANNO RICEVUTO FINO A 4.000 LIKE
Il social media manager di Matteo Salvini ha passato la nottata a cancellare i commenti negativi che ricevono più like sulla pagina facebook del Capitano.
Molti commenti sotto il post che si riferisce all’asfaltata ricevuta da Giuseppe Conte sul MES vengano cancellati: si tratta di quelli più apprezzati perchè più ficcanti nella critica nei confronti di Salvini o più sarcastici.
Uno di quelli che spariscono è quello che aveva ricevuto fino a quel momento 4mila like: “Sarebbe bello ogni tanto chiedere scusa. Però, va be, non sei abbastanza educato per poterlo fare”.
Subito dopo sparisce anche questo da 1,2mila like: “Sento il rumore di arrampicata sugli specchi fin da casa mia. Non mi immagino il tuo vicino esasperato dell’altro giorno”.
Il riferimento è al tipo che gridava “stronzate” durante una diretta del Capitano dal balcone. Anche questo commento viene cancellato.
E anche le relative risposte vengono ovviamente cancellate insieme al primo commento. Un lettore se ne è accorto per caso perchè aveva il cellulare ancora sul post, e mettendo like ad un commento ha ricevuto quell’errore.
Non è una novità che sulla pagina di Salvini si cancellino i commenti negativi. Qualche tempo fa si scoprì anche che era stata blacklistata la locuzione “49 milioni”, un chiaro riferimento ai soldi che il Carroccio non ha ancora restituito dopo le condanne ricevute da segretari e responsabili della cassa.
Luca Morisi, social media manager di Salvini, nell’agosto scorso, dopo la crisi del Papeete, se l’era presa invece con le «Torme di grillini che si fingono elettori della Lega si divertono ad infestare la pagina del Capitano
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 11th, 2020 Riccardo Fucile
TANTO LE PREFETTURE NON CONTROLLANO… SONO 80.000 LE AZIENDE CHE HANNO RIAPERTO I BATTENTI IN DEROGA ALLO STOP
Sono 80mila le aziende che hanno riaperto i battenti in deroga allo stop per l’emergenza Coronavirus. Le stime sono dei sindacati.
Racconta oggi il Corriere della Sera che le aziende ripartite dopo lo stop hanno presentato al prefetto un’autocertificazione in cui dichiarano di rientrare nella filiera delle attività essenziali, oppure di avere impianti che non si possono fermare o ancora di svolgere un’attività di rilevanza strategica nazionale.
Secondo una rilevazione della Uil, ferma però alla fine di marzo, le deroghe sono 15.980 in Emilia-Romagna, 14.279 in Lombardia, 10.600 in Veneto, 7.083 in Toscana, 4.664 in Piemonte.
Al Sud i numeri sono più bassi, come dimostrano le 691 deroghe in Campania.
Ma negli ultimi giorni, con l’apparente miglioramento della situazione sanitaria e l’aggravarsi di quella economica, i numeri sono cresciuti ovunque.
E questo succede perchè le prefetture, deputate al controllo delle deroghe, non controllano.
“In provincia di Piacenza 1.273 attività produttive hanno ripreso e, in alcuni casi, mai interrotto la loro attività . A quanto pare non tutte rientrano però nei codici Ateco attraverso i quali il Governo ha stabilito i settori produttivi ritenuti indispensabili. Sfruttando il cosiddetto silenzio—assenso del prefetto”, scrive oggi sui social il capogruppo di “Coraggiosa” in Regione, Igor Taruffi. Le attività che ritengono di fornire beni o servizi attinenti alle attività consentite possono infatti comunicare la propria intenzione di riprendere al Prefetto.
“E se non arriva un espresso diniego o un atto di sospensione, sono legittimate ad andare avanti. Questo prevedono le norme decise dal Governo”, sottolinea Taruffi, che sollecita a questo punto una modifica delle norme.
“Voglio essere chiaro. Siamo tutti pienamente consapevoli che l’emergenza sanitaria e il conseguente lockdown stanno comportando una gravissima crisi economica e sociale. E siamo altrettanto consapevoli che una graduale, progressiva riapertura delle attività sia indispensabile. Va però pensata e programmata con il massimo della serietà e del rigore. Innanzitutto pretendendo il pieno rispetto della sicurezza nei luoghi di lavoro. L’unica reale garanzia ed il presupposto per la ripresa”
In base al decreto del governo, vale il silenzio assenso. E, in questa situazione d’emergenza, non tutte le prefetture riescono a star dietro alle richieste.
E il presidente della Regione Veneto Luca Zaia ne approfitta per dichiarare finito “dal punto di vista scientifico” il lockdown per via del silenzio assenso delle Prefetture sulle richieste di apertura in deroga, e quindi potrebbe valere la pena “testare subito con alcune aziende virtuose un modello per la ripartenza, in modo da arrivare pronti al 3 maggio”. Zaia spiega di avere “diverse aziende che si candidano”, in molti settori diversi, ad esempio quello della moda e il metallurgico.
Anche il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, a proposito del meccanismo per autorizzare le riaperture delle attività produttive, chiede di cambiare passo: “Proponiamo al Governo che diventi possibile superare l’attuale sistema fatto di deroghe silenzio-assenso mediante il confronto tra le parti sociali nel territorio da consegnare all’intesa tra Prefetti e presidenti delle Regioni”.
Intanto le segreterie di Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil Bologna annunciando di essere pronte a far presente tutto in Prefettura: “Stiamo registrando con preoccupazione un aumento, negli ultimi giorni, del numero di aziende che non accettano più di sottoscrivere accordi impegnandosi all’anticipo di quanto di competenza Inps, soprattutto nelle aziende che sono seguite da studi professionali o dalle associazioni artigiane. A volte si porta come scusa che ‘tanto ci pensa lo Stato’, non rendendosi conto che in questo modo chi rappresenta le imprese, spesso piccole o artigiane, si assume la responsabilità di gettare le lavoratrici ed i lavoratori in una condizione di estrema emergenza reddituale”.
Sulle deroghe auspicate dalle imprese che vogliono aprire prima, poi, continuano i sindacati: “Registriamo in queste ultime ore il moltiplicarsi di richieste, in molti casi fantasiose, alla Prefettura di Bologna di riprendere le attività totale o parziale il prossimo martedì 14 aprile anche da parte di imprese che non rientrano nelle attività elencate dal Dpcm di ieri”.
Quindi, è l’accusa sindacale, “ricercare fantasiosi sillogismi per giustificare il rientro al lavoro dei propri dipendenti, da parte di troppe direzioni aziendali, ci fa capire che gli oltre 18.000 morti non sono sufficienti a certi imprenditori per capire la situazione in cui versa il nostro Paese”.
Ancora: “Usare inoltre il silenzio-assenso della Prefettura, subissata di richieste da vagliare, per dribblare le disposizioni del Governo ci mostra una classe imprenditoriale che francamente avremmo preferito più responsabile, come del resto segnalato anche dalla dalla Regione Emilia-Romagna”, concludono le categorie sindacali dei metalmeccanici confederali.
(da agenzie)
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Aprile 11th, 2020 Riccardo Fucile
DIECI ANNI DI MENO RISORSE E TROPPO REGIONALISMO
La prima conseguenza del definanziamento del Sistema Sanitario Nazionale è stata la riduzione del personale sanitario, i famosi medici specialistici di cui, anche prima dell’emergenza Covid-19, molte regioni necessitano a livello pubblico: «Dal 2009 assistiamo a un calo costante del personale a disposizione del Servizio Sanitario Nazionale — osserva Carlo Palermo, segretario di Anaoo-Assomed — abbiamo 8 mila medici, 2mila dirigenti sanitari e 36mila infermieri in meno rispetto a 10 anni fa».
Numeri che, emergenza Covid-19 a parte, non fanno ben sperare nemmeno per il futuro: «Rispetto al resto d’Europa al momento mancano soprattutto gli infermieri, ma stimiamo che dal 2018 al 2025 il 60% dei medici italiani andrà in pensione, per far fronte a tutto ciò bisogna sbloccare al più presto i percorsi di specializzazione»
E se esiste un gap, tra Nord e Sud del Continente in termini di spesa sanitaria, esiste un gap enorme all’interno dello Stivale in termini di prestazioni sanitarie.
Con la riforma del Titolo V della costituzione del 2001 l’autonomia delle Regioni si è enormemente ampliata anche, e soprattutto, in ambito finanziario e sanitario. L’organizzazione della salute diventa, da quella data in poi, materia oggetto di legislazione concorrente tra Stato e Regioni.
Se allo Stato spetta la determinazione dei livelli essenziali di Assistenza (LEA), l’organizzazione della sanità spetta alle singole Regioni tramite la gestione delle aziende sanitarie locali (Asl) e delle aziende ospedaliere.
Una scelta che ha acuito enormemente le differenze tra Nord e Sud, come si intuisce facilmente dalla mappa sotto, ricavata dalle percentuali di adempimento dei servizi essenziali su 10 anni calcolati dalla Fondazione Gimbe.
La regione più virtuosa d’Italia, l’Emilia Romagna, è riuscita negli anni a garantire oltre il 92% dei livelli elementari di assistenza essenziale tra 2010 e 2017, la Calabria appena il 58.9%, la Campania il 53.9%.
I livelli di efficienza scendono drasticamente sotto al confine ideale rappresentato da Toscana, Umbria e Marche e raccontano, meglio di molto altro, un Paese a due velocità . Attualmente sono sette le regioni sottoposte a “Piani di rientro” da parte dello Stato Centrale per assicurare il raggiungimento dei livelli essenziali di assistenza e, soprattutto, garantire l’equilibrio di bilancio sanitario e sono quasi tutte regioni del sud: Abruzzo, Lazio, Campania, Calabria, Molise, Puglia, Sicilia.
Non a caso parliamo anche di quelle che hanno subito maggiormente gli effetti dei tagli di bilancio di questi anni: «Il fulcro dei piani di rientro è stato l’equilibrio dei conti non certo la salute dei cittadini — commenta Carlo Palermo — la maggior parte dei tagli di personale sanitario è stato effettuato nelle regioni sottoposte a piani di rientro tramite sistemi come il blocco del Turn-Over, vale a dire blocco delle nuove assunzioni a fronte dei pensionamenti. La regionalizzazione del SSN ha portato a un decremento degli standard di salute generalizzata ed è sicuramente mancato una capacità di indirizzo centrale che non fosse solo economica. In questi anni abbiamo assistito a una sorta di ‘federalismo di abbandono’».
L’unica cosa che sembra realmente crescere in questo contesto è la spesa sanitaria diretta verso i privati.
Se il 3,8% della spesa pubblica in sanità , rispetto al Pil nel 2017 è stata indirizzata per servizi forniti direttamente dal Sistema Sanitario Nazionale, ben il 2.9% è stata invece destinata a servizi sanitari forniti in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale, ma da aziende private.
Inoltre, se nel 2003 gli italiani spendevano una media di 465 euro a testa per prestazioni sanitarie private, nel 2016 la quota sale a 591 euro, un incremento del 26%.
Perchè oltre a un diritto, sancito dalla Costituzione, la salute è e rimarrà sempre anche un bisogno essenziale. Un bisogno sul quale non pochi sono pronti a fare affari.
(da TPI)
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Aprile 11th, 2020 Riccardo Fucile
LAMORGESE MANTIENE LA PROMESSA: POSTI DI BLOCCO ANCHE SULLA SALARIA, AUTO CONTROLLATE UNA A UNA, PASSA SOLO CHI E’ REGOLA
Posti di blocco delle forze dell’ordine in strada controllano da stamattina le lunghe file di auto incolonnate sulla Pontina, dirette verso il mare.
Centinaia di auto sono state fermate per le autocertificazioni. Molti i romani che approfittando delle festività di Pasqua e delle belle giornate si sono diretti verso le seconde case.
Code di auto dirette verso il mare, lungo via Pontina, in direzione Pomezia. Da stamattina posti di blocco delle forze dell’ordine sulle principali strade del litorale stanno controllando gli spostamenti delle persone in viaggio, incolonnate in lunghe file. Carabinieri, vigili urbani e agenti della Polizia di Stato durante il Sabato Santo che precede Pasqua e Pasquetta sono al lavoro svolgendo accertamenti, per evitare che i romani si trasferiscano verso le seconde case, infrangendo le disposizioni del decreto del Governo, che impone spostamenti solo per comprovata necessità come misura per contenere il contagio di coronavirus.
Le forze dell’ordine hanno fermato centinaia di veicoli chiedendo ai viaggiatori le proprie autocertificazioni, facendosi spiegare perchè si trovassero in strada, dove fossero diretti e per quale motivo, per valutare singolarmente tutte le varie esigenze di spostamento.
Anche sulla via Salaria lunghissime code, come sulla Pontina. Alle 14 la strada in direzione Rieti era completamente bloccata.
Interminabile fila di automobilisti che si sono messi in movimento per lasciare la città alla vigilia di Pasqua. Il posto di blocco lungo la via per evitare le fughe dei romani dalla città ha creato la lunghissima coda. Lo stesso caos della Pontina dove tantissime auto si sono incolonnate nel primo pomeriggio per i controlli all’altezza di Pratica di Mare.
(da agenzie)
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Aprile 11th, 2020 Riccardo Fucile
“LA SOVRASTIMA DEI FALSI GUARITI PER CONDIZIONARE L’OPINIONE PUBBLICA”
“La Regione Lombardia non trasmette il numero dei soggetti guariti, ma solo dei dimessi. Questi casi nel report della Protezione Civile vengono conteggiati tra i guariti, con conseguente distorsione della comunicazione pubblica sull’andamento dell’epidemia da coronavirus”: questa la denuncia della fondazione Gimbe, un think tank che si occupa di ricerca in ambito sanitario.
Già nei giorni scorsi Fanpage.it aveva fatto il punto della situazione con il presidente della fondazione, Nino Cartabellotta, che ci aveva spiegato come in Italia si stia sovrastimando il tasso di guarigione da Covid-19.
La fondazione torna quindi sul caso dei falsi guariti in Lombardia. E dimostra come, analizzando i dati del 9 aprile, la comunicazione della Protezione Civile continui a non rispecchiare la realtà dei dati.
Infatti, trattando dei casi positivi, si può vedere come la Regione Lombardia riporti nell’area verde della tabella sottostante i casi in isolamento domiciliare e quelli dimessi per poi essere trasferiti in isolamento domiciliare. Nel totale si tratta di 31.748 persone, così distinte:
15.706 casi “con con almeno un passaggio in ospedale (anche solo in pronto soccorso) dichiarati dimessi/non ricoverati dagli ospedali lombardi. Questi pazienti sono in isolamento domiciliare fino a che non saranno dichiarati guariti”: si specifica esplicitamente, quindi, che questi pazienti non possono essere ancora considerati guariti;
16.042 di “persone per cui non si rileva nessun passaggio in ospedale”.
Tuttavia, nei dati regionali trasmessi dalla Protezione Civile, se i 16.042 vengono correttamente inseriti nella categoria di persone in isolamente domiciliare, i 15.706 casi che Milano specificava non potessero essere considerati come pazienti guariti, sono invece inseriti sotto la colonna “Dimessi/Guariti”.
Per poi confluire nel totale delle persone guarite da coronavirus.
Un dato fortemente fuorviante, considera Gimbe, considerando che il 55,2% del totale dei guariti in Italia provenga proprio dalla Regione Lombardia.
Un caso eccezionale, inoltre, dal momento che le altre Regioni trasmettano i dati utilizzando i criteri di guarigione clinica e virologica definiti dal Comitato tecnico scientifico.
Il think tank parla di “distorsione dei casi guariti” e chiede quindi alla Protezione Civile e al ministero della Salute di non conteggiare più alla categoria guariti dei casi che la stessa Regione Lombardia sottolinea non possano essere considerati tali.
Alle autorità regionali, invece, viene richiesto di allinearsi con gli altri territori nel riportare i casi guariti, in modo da evitare possibili fraintendimenti.
“La sovrastima del numero dei falsi guariti condiziona la percezione pubblica sull’andamento dell’epidemia e influenza le decisioni sanitarie e politiche. In particolare, la pianificazione della fase 2 deve essere informata da dati reali, evitando qualsiasi distorsione che induce decisioni finalizzate a tutelare interessi economici piuttosto che la salute delle persone”, conclude il dottor Cartabellotta.
(da Fanpage)
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Aprile 11th, 2020 Riccardo Fucile
HANNO AVUTO UN RUOLO CHIAVE NELLA GESTIONE DELL’EMERGENZA
Il direttore generale dell’Azienda socio sanitaria territoriale (ASST) Bergamo Est Francesco Locati, il direttore sanitario Roberto Cosentina e il direttore medico Giuseppe Marzulli sono i tre uomini (i primi due legati alla Lega) che che hanno avuto un ruolo chiave nella gestione dell’emergenza Coronavirus presso l’ospedale “Pesenti Fenaroli” di Alzano Lombardo.
In quella struttura, che fa parte dell’ASST Bergamo Est con sede a Seriate, il 23 febbraio — due giorni dopo lo scoppio del primo focolaio di Codogno — vengono accertati due casi positivi di Covid19.
L’ospedale viene immediatamente “chiuso”, per poi riaprire — inspiegabilmente — alcune ore dopo. Nei giorni successivi si apprende che diversi medici e infermieri risultano contagiati. Proprio lì è partito il focolaio di Bergamo, il peggiore d’Europa.
L’Azienda socio sanitaria territoriale (Asst) Bergamo Est comprende la sede centrale di Seriate, poi Gazzaniga, Piario, Lovere, Trescore Balneario, Sarnico. Oltre a quello del Presidio 2, cioè Alzano.
Ma torniamo agli uomini del Carroccio. Locati, Cosentina e Marzulli dovrebbero spiegare che cosa è successo esattamente all’ospedale di Alzano tra venerdì 21 e lunedì 24 febbraio. Il primo responsabile di questo caos è il direttore generale Francesco Locati. È arrivato al vertice della sua Asst nel gennaio 2016, quando la Regione Lombardia punta 19 miliardi di budget del bilancio regionale. Poi viene riconfermato nel 2018.
C’è un importante auto-gol che sottolinea il potere della Lega nel gioco di poltrone della sanità lombarda: la lottizzazione dei manager sanitari per appartenenza politica viene “autodenunciata” nel 2016, per un errore dell’Arca Lombardia, la centrale acquisti della Regione.
Viene infatti pubblicata una cartina con i nomi dei prescelti e il simbolo del partito d’appartenenza sul sito di Arca e viene mandata via email all’indirizzario della Regione. L’Arca smentisce e oscura la pagina. Ma è la realtà stessa a confermare questa spartizione: nel 2016 il governatore è Roberto Maroni, leghista, e i 35 direttori generali sono 13 in quota Lega, 11 Forza Italia, 10 Ncd, un Fratelli d’Italia.
Nel 2018, altro giro altra corsa, il governatore Attilio Fontana sceglie 24 dirigenti sanitari della Lega, 14 di Forza Italia, due di Fratelli d’Italia.
Francesco Locati viene sempre riconfermato. Ha un rapporto diretto con Matteo Salvini e una relazione forte con Roberto Anelli, oggi capogruppo della Lega in Consiglio regionale, ma anche ex sindaco e attuale consigliere comunale di Alzano, dove tutto iniziò.
Il suo vice, il direttore sanitario Roberto Cosentina, ha ricevuto a gennaio una condanna a due anni e sei mesi per omessa denuncia e favoreggiamento personale dell’ex medico Leonardo Cazzaniga, condannato in primo grado all’ergastolo per 12 morti in corsia al presidio ospedaliero di Saronno. Cosentina era tra i medici della commissione nominata dall’ospedale per verificare l’operato del vice primario Cazzaniga.
Cosentina, nonostante la condanna, non è stato sospeso e ha continuato a lavorare all’interno della sanità lombarda passando dall’Asst Valle Olona a quella di Bergamo Est di cui fa parte anche l’ospedale Pesenti-Fernaroli di Alzano Lombardo.
Quando a fine gennaio viene pronunciata la sentenza però Cosentina è già a Seriate (sede dell’Asst Bergamo Est) da quattro anni. Il suo ruolo è il medesimo di Saronno, ossia quello di coordinatore dell’organizzazione tecnica e funzionale dei servizi e del possesso dei previsti titoli professionali da parte del personale, nonchè di garante ultimo dell’assistenza sanitaria ai pazienti e del coordinamento del personale sanitario sui criteri di qualità e sicurezza. Gerarchicamente è inferiore solo al direttore generale che lo ha fortemente voluto, Francesco Locati.
Poi c’è il direttore medico dell’ospedale di Alzano Lombardo, Giuseppe Marzulli. Quel 23 febbraio aspettava ordini dall’alto, dai dirigenti dell’ASST Bergamo Est, che gli impongono di tenere l’ospedale aperto.
Per descrivere la situazione ai superiori, Marzulli scrive una lettera ufficiale riportata su carta intestata della struttura ospedaliera datata martedì 25 febbraio — che noi di TPI abbiamo rivelato in esclusiva — in cui dice: “Presso il Pronto Soccorso stazionano tre pazienti senza che vengano accolti nè dall’ospedale di Seriate nè da altre strutture aziendali… È evidente che in queste condizioni il Pronto Soccorso di Alzano Lombardo non può rimanere aperto”.
Ad Alzano è stato chiesto in un primo momento di attendere l’esito del tampone sui 3 pazienti. “Tale indicazione” — continua la lettera del direttore dell’ospedale di Alzano — “è assurda (ed uso un eufemismo) in quanto come noto i tempi di refertazione sono mediamente intorno alle 48 ore e ciò vuol dire far stazionare tali pazienti per 48 ore presso il Pronto Soccorso di Alzano Lombardo, cosa contraria a qualunque protocollo e anche al buon senso”. La lettera si conclude con la richiesta di un intervento urgente dopo che, una volta sollevata l’assurdità della disposizione, in un secondo momento era stato comunicato che il problema era diventato “la mancata disponibilità di posti letto”.
Nella nostra inchiesta in più parti, noi di TPI ci siamo chiesti perchè i ricoverati con sintomi sospetti furono ricoverati insieme agli altri pazienti? Perchè quel 23 febbraio l’ospedale è stato brutalmente riaperto? Perchè una serie di tamponi furono trasportati da Alzano al Policlinico San Matteo di Pavia per le analisi? Perchè la direzione sanitaria si è lasciata scappare di mano la situazione, portando così i contagi a moltiplicarsi a dismisura? Ecco, i tre uomini della Lega dovrebbero rispondere a tutti questi quesiti.
(da TPI)
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Aprile 11th, 2020 Riccardo Fucile
AVEVA SUONATO IL CLACSON PER CINQUE MINUTI, USCENDO DI CASA PER QUESTO MOTIVO, PER PROTESTARE CONTRO L’EUROPA… PERCHE’ NON GLI E’ STATO CONTESTATA LA VIOLAZIONE DEL DECRETO ANTI-CORONAVIRUS E IL DISTURBO DELLA QUIETE PUBBLICA (ART 659 CODICE PENALE) ?… IN TOTALE 709 EURO DI AMMENDA E TRE MESI DI CARCERE
Francesca Donato ha reso noto il terzo capitolo della saga del flashmob del clacson.
Dopo aver annunciato la singolare protesta contro la decisione dell’Eurogruppo di ieri sul Mes e dopo essere stata interrotta dalla polizia nel bel mezzo dello stesso flashmob, l’eurodeputata della Lega ha comunicato che non è stata raggiunta da alcuna sanzione.
«Vi racconto come è andata a finire. Mi ha controllato la polizia perchè hanno sentito suonare il clacson e mi sono state fatte alcune domande. Dopo aver spiegato quello che ho fatto e dopo alcuni controlli incrociati, gli agenti hanno stabilito che, in quanto eurodeputato nell’esercizio di una funzione politica e comunque in assenza di comportamenti lesivi dell’ordine pubblico, non ero passibile di multa».
Questa dichiarazione non è piaciuta particolarmente ai social network.
In tanti stanno facendo il paragone tra quello che avviene a un comune cittadino, soprattutto in questo periodo di limitazione negli spostamenti, e quanto accaduto all’eurodeputata. Insomma, c’è il rischio che tutta questa vicenda sia un boomerang relativamente alla popolarità di alcune tematiche analizzate da alcuni esponenti della Lega che tanto ci tengono a mostrarsi dalla parte del popolo.
Nello specifico si tratterebbe di omissione di atti d’uffico per due elementi:
1) Palese violazione senza motivo valido del decreto anti-coronavirus, punito con 400 euro di multa
2) art. 659 c.p. (Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone) secondo cui «chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 309».
(da agenzie)
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