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IN EUROPA SI LAVORA A UN COMPROMESSO: CONDIZIONALITA’ LIGHT SUL MES E RECOVERY FUND ENTRO TRE MESI

Aprile 8th, 2020 Riccardo Fucile

ALLA FINE LA MEDIAZIONE FRANCO-TEDESCA POTREBBE METTERE D’ACCORDO ITALIA E OLANDA

“È nell’interesse reciproco che l’Europa batta un colpo, che sia all’altezza della sfida. Altrimenti dobbiamo assolutamente abbandonare il sogno europeo e dire ‘ognuno fa per se’. Ma impiegheremo il quintuplo delle risorse per uscire dalla crisi e non avremo garanzia di farcela nel modo migliore, efficace, tempestivo”.
Alla vigilia dell’ennesima riunione dell’Eurogruppo sulle risposte europee alla crisi economica da coronavirus, dopo il fallimento del vertice economico riunito ieri fino a notte fonda, Giuseppe Conte alza i toni in un’intervista al giornale tedesco Bild. Ma è solo una posizione negoziale, ennesimo tentativo per scalfire il muro dell’Olanda, il paese che ha bloccato la trattativa ieri.
Il compromesso, molto difficile, che il governo di Roma sta cercando di mettere in piedi — da qui il vertice serale oggi del premier con il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e degli Esteri Luigi Di Maio – è di ottenere dall’Eurogruppo l’ok al fondo europeo per la ripresa, creato con l’emissione di titoli di debito comune e da attivare entro tre mesi, come chiede Parigi che ha ottenuto sostegni anche a Berlino.
Nello stesso tempo, si apprende, si tratta con l’Olanda per cercare di ammorbidire il più possibile le condizionalità  che il governo dell’Aja vuole imporre ad un possibile uso delle risorse del Meccanismo europeo di Stabilità .
Per ora, l’Olanda propone una condizionalità  minima nella fase di emergenza, ma con un piano di rientro secondo le regole del Patto di stabilità  e crescita (per ora solo sospeso) a emergenza finita.
Roma punta a smussare il più possibile questa impostazione, considerando comunque — ed è questo il punto — che se anche se si accettasse un pacchetto che preveda l’uso di una qualche forma di Mes, il governo non sarebbe obbligato a metterlo in pratica. Nel senso: il ricorso al Mes è un’opzione, non un obbligo, sta allo Stato membro chiedere il suo intervento.
Insomma, dire sì a un pacchetto ammorbidito che comprenda l’uso del Salva Stati (per il 2 per cento del pil per ogni paese che lo chieda), l’intervento della Bei (200 miliardi di euro) e il piano ‘Sure’ della Commissione Ue (100 miliardi per la cassa integrazione nei paesi membri) sta diventando un’opzione per Roma, che ieri all’Eurogruppo ha invece tentato di ottenere che l’uso del Mes non fosse legato ad alcuna condizionalità . E non ci è riuscita per il veto olandese, ma anche di altri paesi nordici, tra cui pure la Germania.
Accettare il pacchetto sarebbe un modo per concedere a L’Aja un risultato da esibire di fronte all’opinione pubblica nazionale. A condizione però, si sottolinea nel governo, che il pacchetto contenga anche il fondo per la ripresa, creato con emissioni di debito comune.
Al momento, si apprende, è questa la richiesta più forte sul tavolo da parte del governo italiano, anche perchè condivisa con Parigi che nel frattempo ha ottenuto un ok di massima da Berlino.
Si tratta del fondo creato con i cosiddetti ‘recovery bonds’, la cosa che al momento si avvicina di più agli eurobond, proposta elaborata dal movimento di Macron ‘La Republique en Marche’ e sulla quale i macroniani si stanno muovendo anche a livello di Parlamento europeo (il presidente del gruppo Dacian Ciolos ha il mandato di negoziare con gli altri gruppi).
Certo, la trattativa sul fondo europeo di ripresa potrebbe non essere terminata domani in Eurogruppo ma rimandata al tavolo dei leader la settimana prossima.
Il punto però per Roma è ottenere che sia una trattativa su termini concreti: con l’attivazione di questo fondo — la cosa più simile agli eurobond in campo al momento — entro tre mesi.
È in questa cornice che si spiega la scelta italiana di non attaccare frontalmente l’Olanda, all’indomani del disastroso Eurogruppo di ieri. La Francia, per dire, lo sta facendo, stigmatizzando come “incomprensibile e controproducente” il veto del governo de L’Aja.
L’Italia no. Anzi, anche da ‘casa M5s’, i più ostili in maggioranza all’ipotesi Mes, sono partiti comunicati di linea morbida e collaborativa stamattina.
La pausa di riflessione dell’Eurogruppo, recita la nota diffusa stamane dagli eurodeputati del M5s, “sarà  utile al raggiungimento di un accordo che metta in sicurezza l’Europa dalla pandemia. Sappiamo che le posizioni sono distanti e in parte ciò è dovuto ai vecchi schemi di un’Europa figlia di egoismi, ma siamo fiduciosi che si possa convergere verso un unico obiettivo: il bene comune. Ci aspettiamo dunque che con responsabilità  e coraggio i Ministri delle Finanze dell’eurozona possano trovare una sintesi che faciliti l’adozione di strumenti nuovi ed europei di finanziamento della rinascita europea. Se tutti e 27 i Paesi membri sono uniti usciremo dal tunnel di questa crisi più forti di prima”.

(da “Huffingtonpost”)

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LA BOZZA SUI PORTI CHIUSI ALLE NAVI DELLE ONG NON STA GIURIDICAMENTE IN PIEDI, NON SI PUO’ NEGARE LA PRATICA DEL DIRITTO DI ASILO

Aprile 8th, 2020 Riccardo Fucile

LE PERSONE SALVATE BASTA TRASFERIRLE IN QUARANTENA, COME PER IL NORMALE CITTADINO CHE PROVIENE DALL’ESTERO…NON SI SENTIVA IL BISOGNO DI CREARFE UN CASINO SUL NULLA

L’Italia chiude i porti alle navi delle Ong a causa dell’epidemia da coronavirus? Lo prevede un decreto, ancora in forma di bozza, messo a punto dei ministeri degli Esteri, Trasporti, Interni e Salute, citato dall’agenzia di stampa AGI.
“Per l’intero periodo di durata dell’emergenza sanitaria nazionale derivante dalla diffusione del virus Cvid-19 — si legge — i porti italiani non assicurano i necessari requisiti per la classificazione e definizione di Place of safety (‘luogo sicuro’), in virtù di quanto previsto dalla Convenzione di Amburgo, sulla ricerca e il salvataggio marittimo, per i casi di soccorso effettuati da parte di unità  navali battenti bandiera straniera al di fuori dell’area Sar italiana”.
L’articolo 2 del decreto indicano che le le “disposizioni del presente decreto producono effetto dalla data della sua adozione e per la durata del periodo di emergenza sanitaria”.
Il provvedimento, che reca la data del 7 aprile 2020 e un numero di protocollo, arriva nel momento in cui la nave della ong Alan Kurdi, con a bordo 150 migranti, è in attesa al largo di Lampedusa dell’assegnazione di un porto di sbarco
Interpellato dall’Adnkronos, il sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia conferma indirettamente gli orientamenti del governo: “Stiamo vivendo una situazione d’emergenza senza precedenti, da ora in poi -risolto il caso Alan Kurdi- bisogna decidere come operare. Se arriva una nave con 200-500 migranti a bordo non possiamo mettere in piedi un sistema di quarantena su navi private” ( non è vero, visto che a Genova si attua con una nave della Grandi Traghetti).
Intanto sul campo resta l’ipotesi di trasferire i 150 migranti a bordo della nave della ong battente bandiera tedesca, già  nelle prossime ore, in una nave della Croce rossa italiana, dove potrebbero trascorrere la quarantena, mentre il governo valuta di considerare, a partire dai prossimi casi, l’Italia porto non sicuro, a causa dell’emergenza sanitaria con cui il Paese è alle prese
L’Unhcr invece invita il governo italiano a “garantire le richieste di asilo” per i migranti che fuggono dalle guerre, secondo Carlotta Sami, portavoce dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati per il sud Europa rispondendo a una domanda sulla bozza di decreto che definisce “non sicuri” i porti italiani nel caso di sbarchi di migranti da navi di ong.
“Qualsiasi restrizione — spiega — deve comunque assicurare che le persone che fuggono da guerre abbiano accesso alla possibilita’ di fare richiesta di domanda di asilo”.
“Le misure sanitarie — aggiunge — sono comprensibili”, ma queste “non possono avere conseguenze gravi sulle persone che fuggono dalle guerre” e “impedire che si facciano domande di asilo”.
Ma il decreto presenta diversi aspetti critici. Per il senatore Gregorio De Falco “non è necessario chiamarsi Salvini per fare errori. I porti non venivano chiusi nemmeno nel Medioevo”.
Il provvedimento è giudicato discriminatorio perchè si rivolge esclusivamente alle navi che battono bandiera straniera. “Allora bisognerebbe bloccare tutte quelle non italiane che stanno arrivando in Italia”, ne deduce il senatore ex M5s oggi iscritto al Gruppo misto. “Le persone salvate devono essere messe in sicurezza. Devono essere messe in quarantena anche se restano a bordo della nave”
Dubbi sulla legittimità  dell’atto sono stati espressi anche dal Tavolo asilo nazionale: “La dichiarazione appare inopportuna e non giustificabile in quanto con un atto amministrativo, di natura secondaria, viene sospeso il Diritto Internazionale, di grado superiore, sfuggendo così ai propri doveri inderogabili di soccorso nei confronti di chi è in pericolo di vita.   Si attacca ancora una volta il concetto internazionale di Porto Sicuro, la cui affermazione ha trovato conferma nelle decisioni della nostra Magistratura”, fanno sapere le associazioni che lo compongono.
La crisi portata dal Covid-19 non basta, per Alessandro Metz, l’armatore di Mediterranea, a motivare la scelta del governo: “Ci chiedono di essere responsabili, di tenere i nostri bambini a casa. Perchè, invece, i bambini che arrivano dall’Africa dovrebbero morire? La pandemia in corso ci sta dimostrando che i confini non esistono. Ed è proprio in un momento come questo che i diritti devono essere estesi”

(da agenzie)

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LA GRANDE IDEA DI SALVINI: CHIEDERE SOLDI AGLI ITALIANI PER FAR RIPARTIRE IL PAESE

Aprile 8th, 2020 Riccardo Fucile

EMETTERE BUONI DEL TESORO ACQUISTABILI SOLO DAGLI ITALIANI, UN SISTEMA (AMMESSO CHE QUALCUNO LI COMPRI) PER FARE ALTRO DEBITO PUBBLICO E SENZA GARANZIE CHE LO STATO ABBIA I SOLDI PER RESTITUIRLI

No agli ‘aiuti’ che provengono a di là  dei confini. Matteo Salvini, come fa da giorni, prosegue la sua battaglia contro il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità ), criticato da molte personalità  all’interno del governo.
La posizione del leader della Lega, però, è ancor più di chiusura perchè vorrebbe che i soldi per la ripartenza dell’Italia alla fine di questa grave emergenza sanitaria (ed economica) arrivassero direttamente dalle tasche degli italiani.
Ovviamente non parla di patrimoniale — anche perchè smentirebbe tutte le sue battaglie elettorali sulle tasse -, ma di buoni del Tesoro acquistabili solo dai nostri cittadini.
Insomma, il debito italiano pagato dagli italiani. Lo ha detto Matteo Salvini nel corso del suo intervento a Di Martedì, su La7: «Io, fossi al governo, chiederei agli italiani i soldi per far ripartire il Paese. Non credo a strumenti come il Mes di cui, ahimè, anche oggi (ieri, ndr) a Berlino e Bruxelles si sta parlando. Perchè sarebbe un debito sulle spalle dei nostri figli e significherebbe patrimoniale e lavoro ancor più precario».
Insomma, no al Meccanismo di Stabilità  perchè creerebbe ulteriore debito.
La soluzione, coprire il debito attraverso buoni del Tesoro che, inevitabilmente, creano ulteriore debito dello Stato nei confronti dei cittadini.
«Emissione straordinaria di buoni del tesoro per gli italiani, cittadini, investitori e imprenditori — ha proseguito Matteo Salvini-. Garantiti dal governo e dalla Banca Centrale Europea in modo tale che il debito italiano per fare strade, autostrade, ospedali e caserme nuove sia in mano a cittadini italiani con condizioni fiscali vantaggiose».
Una strategia che, però, non tiene conto della situazione nel nostro Paese dove il debito pubblico (e no, non quello nei confronti dell’Europa) è alle stelle e con le imprese che vantano ancora enormi crediti nei confronti dello Stato.
Perchè quel che Matteo Salvini non dice è il dopo.
Dopo che sono stati emessi — ed eventualmente comprati — questi buoni del Tesoro, qualcuno dovrà  pur ripagare chi ha investito.
E qualora le casse dello Stato non fossero così floride (e sembrano non esserci speranze in questa direzione) allora arriverebbe il turno della patrimoniale.
La proposta, dunque, non è per nulla strutturata.

(da “NextQuotidiano”)

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CASE DI RIPOSO, NON SOLO LOMBARDIA, ANCHE IN PIEMONTE EMERGONO RESPONSABILITA’

Aprile 8th, 2020 Riccardo Fucile

LA DENUNCIA DEL SINDACO DI BRANDIZZO: “NELLA NOSTRA RSA PAZIENTI POSITIVI, OPERATORI SINTOMATICI MA NESSUN TAMPONE

Nuovo pericolo di contagio in una Rsa (Residenza Sanitaria Assistenziale) del nord Italia, quella di Brandizzo, un comune in provincia di Torino di circa 8mila abitanti, dove nella casa di riposo Piccola Lourdes, nonostante almeno 10 su 80 ospiti mostrino sintomi di Coronavirus, quattro su sette ricoverati siano risultati positivi e 10 operatori siano sintomatici, non arrivano i tamponi richiesti dal responsabile per proteggere la struttura dal rischio di infezione tra i residenti.
La denuncia è arrivata dal sindaco del comune, Paolo Bodoni, che è anche medico della Rsa, il quale sia sta muovendo come può per ottenere il materiale richiesto, ma dal primo caso sospetto di Covid-19 ad oggi non ha ancora visto un tampone.
Bodoni racconta a TPI una situazione in cui le strutture territoriali come la sua sono state abbandonate perchè esiste “una sanità  di serie A e una di serie B”, dove la maggior parte dell’attenzione è rivolta agli ospedali, senza interventi preventivi sui territori che, se condotti per tempo, avrebbero evitato l’affollamento negli ospedali e forse salvato qualche vita in più.
Dopo che il ministero della Salute ha bloccato il protocollo d’intesa siglato il 31 marzo tra Regione Piemonte, l’Unità  di Crisi, le Prefetture, le Province e la Città  metropolitana di Torino per condurre uno screening di tutti gli ospiti e operatori delle Rsa con test sierologici, la Regione è dovuta tornare al metodo tamponi, annunciando l’intenzione di effettuarli in tutte le Rsa. Ma Bodoni non ha visto ancora nulla.
“Come attore di prima linea non ho visto assolutamente niente di quello che hanno detto e proclamato. Capisco la mancanza di personale nelle Asl e che gran parte delle attenzioni sono già  state rivolte al nostro Ospedale, quello di Chivasso, ma a mio parere se agisci prima, arriva meno gente grave in ospedale, e abbiamo meno morti. Siamo stati dimenticati, abbandonati, e la mia denuncia è sia quella di un sindaco inascoltato che di un operatore sanitario che lavora sul territorio dal 1999″, dichiara Bodoni.
La “storia” della Piccola Lourdes, una Onlus convenzionata con il Sistema Sanitario Nazionale, è iniziata il 27 marzo, quando la coordinatrice infermieristica ha iniziato a mostrare i sintomi di Covid 19.
“Fino ad allora pensavamo di essere immuni perchè abbiamo adottato dall’inizio di marzo il blocco dell’ingesso dei parenti e Dpi ai massimi livelli, ma quel giorno la coordinatrice mi ha detto che non stava tanto bene, aveva sintomi riconducibili alla pandemia. È rimasta a casa ed è ancora nella sua stanza in una casa dove abitano 5 figli, ma per lei ancora nessun tampone”, racconta il sindaco.
Da lì è partita la catena di sintomi, prima tra gli operatori sanitari, e poi anche tra gli ospiti. “Arriviamo a sabato 4 aprile con richieste di tamponi e risposte del servizio di igiene pubblica che diceva ‘state tranquilli, c’è di peggio, voi siete un’isola felice’. Ma quel giorno un paziente è andato giù di ossigeno, la saturazione era bassa, la febbre alta, e poi si è scoperto essere Covid positivo”.
Dall’ospedale di Chivasso, dove è stato ricoverato il primo paziente positivo, non è arrivata alcuna indicazione per gestire l’emergenza all’interno della Rsa, nonostante il contagio fosse avvenuto cnella struttura, e nel frattempo la situazione è precipitata. “Arriviamo alla notte tra lunedì e martedì e due anziani erano senza aria, con saturazione sotto gli 80 e febbre alta. Abbiamo ricoverato anche loro: uno dei due è risultato positivo”.
Nel pomeriggio di ieri, poi, altri 4 ricoveri, di cui due positivi, e ancora nessuna indicazione tranne quella di “compartimentare” gli ospiti, e cioè mettere gli anziani con febbre alta, circa 10 su 80, in un nucleo, su uno stesso piano, isolati dagli altri. “Ma se metto insieme pazienti con febbre magari due su 10 sono positivi e rischiano di contagiare anche gli altri”, osserva il sindaco.
“Per questo ho bisogno dei tamponi, devo capire come trattare i pazienti e organizzare l’assistenza all’interno della struttura, anche per i pazienti malati ma non infetti. L’Oms ha sempre raccomandato di fare tamponi a tutti i sintomatici, perchè qui non vengono a farli?”, continua il medico della Rsa di Brandizzo.
“Se avessi avuto i tamponi da quando la prima persona della Rsa ha mostrato i sintomi, avrei capito come agire tra gli ospiti, perchè la febbre non Coronavirus la tratti in un modo, quella Covid, in un altro, eventualmente puoi anche iniziare una terapia; lunedì mi hanno promesso tamponi per martedì, siamo arrivati a ieri e adesso mi hanno promesso che oggi arriveranno, ma solo perchè sono il sindaco di Brandizzo e ho potuto smuovere la politica di alto livello, da assessori a onorevoli, altrimenti non avrei ricevuto nessun riscontro.
E comunque non è questo il percorso giusto”, dichiara Bodoni, e si dice pronto a interpellare la procura e i Nas se i tamponi non dovessero arrivare nemmeno oggi.
Nel frattempo la Rsa Piccola Lourdes di Brandizzo “ha perso” 12 persone tra operatori sanitari e infermieri, in isolamento a casa con sintomatologia riconducibile al Coronavirus, sempre senza tamponi, che per una struttura di 83 persone è “un disastro per l’assistenza“. “Anche se la sanità  locale mi ha dato disponibilità  a intervenire, le istituzioni non ci hanno seguito a dovere. Se la sanità  è una perchè quella ospedaliere deve essere sempre al centro rispetto a quella territoriale?”, si chiede il medico, e spiega che a suo avviso non solo esiste una sanità  centrale e una “territoriale” di cui non si tiene conto, ma anche “cittadini di serie A e serie B”.
E quelli di serie B nel suo caso restano nella casa di riposo fino a quando non sono così gravi da dover essere ricoverati un uno stadio avanzato. “Ho il dubbio che se ci fosse stata maggiore attenzione al territorio e alle strutture come la nostra, forse avremmo potuto salvare più vite”.

(da TPI)

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LA SOLIDARIETA’ DEI MUSULMANI D’ITALIA

Aprile 8th, 2020 Riccardo Fucile

TRA SPIRITUALITA’ E INIZIATIVE PER I FRATELLI ITALIANI… SUL SITO DI INFORMAZIONE “DAILY MUSLIM” COME VIVONO LA QUARANTENA GLI ISLAMICI CHE VIVONO NEL NOSTRO PAESE

Dopo essere state le prime a chiudere i propri luoghi di culto sul territorio nazionale, senza aspettare i decreti, sebbene con diverse modalità  organizzative e alcune eccezioni, perchè non esiste un coordinamento unico, le comunità  islamiche in Italia hanno fatto i conti con questo periodo straordinario.
Daily Muslim, il sito d’informazione dei musulmani italiani, che dirigo da posizioni agnostiche in fatto di fede, ha dato conto sin dallo scorso gennaio delle problematiche relative alla diffusione di quello che allora chiamavamo solo nuovo coronavirus.
Perchè? La Cina perseguita la sua minoranza musulmana, gli uiguri, e ben presto ci si è domandati cosa sarebbe successo in caso di diffusione del virus nei “campi di rieducazione”.   Ne scriverò di nuovo molto presto, ma questo ha in qualche modo preparato i fedeli al dibattito sul contagio e all’ipotesi del suo arrivo in Italia.
Sulla nostra pagina Facebook abbiamo cominciato a ricevere da subito molte richieste sul da farsi, segnalazioni di situazioni problematiche, soprattutto grandi dimostrazioni di solidarietà .
Abbiamo pensato, allora, di chiedere ai nostri lettori di far compagnia a chi è più solo raccontando la propria quarantena, riempiendo di affetto e colori la giornata dei meno fortunati
Siamo stati letteralmente invasi da post e commenti su Facebook e abbiamo deciso così di raccogliere le testimonianze più tenere, profonde e significative anche sul sito: un florilegio di striscioni, ricette halal, giochi tra bambini e genitori, messaggi di fratellanza e incoraggiamento.
In particolare, abbiamo raccolto anche la gioia di chi ha apprezzato questi momenti straordinari per entrare sempre più in confidenza nella propria spiritualità  e nella lettura del corano
Dopo il decreto dell’8 marzo l’ondata di vicinanza e spiritualità  raggiunge il suo culmine e la rivista si fa portatrice del messaggio che arriverà  il giovedì successivo, il 12 marzo, a una giornata di digiuno e preghiera dei musulmani per l’Italia, che ottiene un grandissimo ritorno.
È il momento in cui il nostro paese ottiene i più grandi attestati di solidarietà  da tutto il mondo musulmano: le staffette e le fiaccolate dalla Palestina, gli aiuti dal Pakistan, il discorso di Edi Rama, presidente dell’Albania, che ha commosso tutti.
La redazione è tuttora subissata di comunicazioni di solidarietà  da ogni angolo del territorio. Ne citiamo giusto qualcuna che ha anche un valore simbolico.
Abbiamo dato conto di un’intera famiglia di rifugiati pakistani che a Brescia si è messa a disposizione degli enti di volontariato per la semplice gratitudine nei confronti del Paese che li ha accolti.
Dopo la pubblicazione sul nostro giornale, ha fatto il giro del web anche la storia del fruttivendolo della provincia di Bergamo che mette a disposizione di chi ne ha bisogno una larga parte dei suoi prodotti.
Sono eloquenti, per esempio, le parole di   Rai Najib A Bared, guida spirituale del centro islamico di Saronno, dove la comunità  musulmana si è attivata per portare donazioni alimentari e sanitarie nelle case di anziani e poveri: “Quando la paura dilaga le culture si avvicinano. Abbiamo voluto fare di questo periodo difficile un momento di sostegno per la cittadinanza. Il musulmano verso il quale c’è spesso diffidenza e che fa paura, oggi è quello che ti porta a casa il cibo e il conforto di cui hai bisogno”.
E non c’è dubbio che questa situazione di eccezionalità  dovrà  portare a ripensare i rapporti con le comunità  sui territori, in particolare con i musulmani, perchè andrebbero rafforzati il dialogo, la fiducia e l’inclusione.
Non è un caso che i sindaci e gli enti territoriali di vario tipo si stiano impegnando a ringraziare pubblicamente le comunità  islamiche per il loro apporto in termini solidali ed economici.
Un auspicio è che quello che si fa adesso possa essere poi ricordato in termini di politiche sociali e d’inclusione. A proposito, nella speciale e simbolica corsa alle donazioni economiche, la comunità  islamica di Reggio Emilia ha da poco superato quella di Brescia. Ma per citare una frase fatta in un contesto nuovo, come quello della quarantena, anche il campionato della solidarietà  è ancora lungo.

(da Globalist)

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L’ARCIVESCOVO DI LORETO: “NON PRENDO ORDINI DA SALVINI, CHIESE CHIUSE A PASQUA”

Aprile 8th, 2020 Riccardo Fucile

MONSIGNOR DAL CIN: “RICHIESTA IRRICEVIBILE, CON IL VIRUS NON SI SCHERZA”

Anche la chiesa si è rotta.
La stragrande maggioranza della Chiesa si è stancata delle sparate e delle ingerenze di Salvini, lo spacciatore abusivo di vangeli e rosari la cui azione è l’esatto opposto degli insegnamenti di Gesù Cristo, a partire dal bussate e vi sarà  aperto che non è esattamente traducibile nei ‘porti chiusi’ o altro.
“Non prendo ordini da Salvini, le chiese restano chiuse a Pasqua”. Parola del rettore del santuario di Loreto, monsignor Fabio Dal Cin.
Ancora a distanza di giorni dall’appello del segretario della Lega a riaprire le chiese a Pasqua, il fronte cattolico dichiara “irricevibile” la proposta nella pandemia da Covid-19.
“Io tengo sempre la mascherina – osserva   l’arcivescovo delegato pontificio di Loreto che stasera presiederà  il Rosario anti pandemia promosso dalla Cei in un santuario diverso ogni settimana – Con il virus non si scherza, è micidiale. La tolgo solo per recitare il Rosario”
Il rettore del santuario guarda con preoccupazione al dopo coronavirus anche dal punto di vista economico: “Lungi dal sembrare un manager, ma sono preoccupato per le 34 famiglie che dipendono economicamente dal santuario. Sarà  fondamentale assicurare loro il sostentamento nella va profonda crisi”.
Monsignor Dal Cin pensa anche al dopo coronavirus nella Chiesa: “Sarà  necessaria la cura di tutta la cristianità . E’ vero che per certi aspetti la pandemia è una guerra ma più che di guerra parlerei di cura. Non solo di chi è positivo al Covid-19 ma della cristianita’.
Specie per quella autoreferenziale. Serve la cura di tutti perchè la guerra trova sempre nemici, con la cura si guarisce insieme”.

(da agenzie)

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INTERVISTA A RICCIARDI: “SCONSIGLIO L’APERTURA DI FABBRICHE E SCUOLE”

Aprile 8th, 2020 Riccardo Fucile

IL CONSULENTE SCIENTIFICO DEL GOVERNO: “LA FASE 2 SARA’ IMPERNIATA SUL DISTANZIAMENTO FISICO, DAI TRASPORTI AI LUOGO DI LAVORI”

Dal distanziamento sociale al distanziamento fisico.
Per Walter Ricciardi la fase 2 dopo il lockdown per l’emergenza Covid-19 sta tutta in questo passaggio. Non l’ha ancora detto neanche al ministro della Salute, Roberto Speranza, di cui è consulente nella gestione dell’emergenza, “ma è bene insistere su questo concetto – scandisce il professore, membro italiano dell’Oms e del Comitato tecnico scientifico della Protezione civile – è esattamente questo il cardine della nuova fase”, che seguirà  a quella, ancora in corso, di chiusura totale.
Il premier Conte si prepara a firmare un nuovo decreto per prolungare l’isolamento sociale di altri quindici giorni e dopo Pasqua dovrebbe scattare la riapertura di alcune fabbriche. Ieri, nella riunione col Governo, gli scienziati del Cts hanno suggerito al “decisore politico” di procedere con gradualità  e massima prudenza. Per Ricciardi, in questo momento, “è sconsigliabile” far ripartire imprese e attività  non essenziali così come riaprire le scuole.
Professor Ricciardi, “fase 2” vuol dire rimettere in moto attività  produttive e sociali. Da scienziato e membro del Cts quali sono le indicazioni che il Governo dovrà  seguire?
“Qualsiasi riapertura che prevede assembramenti dovrà  essere valutata con molta attenzione. Bisognerà  essere estremamente prudenti nella riapertura delle attività  non essenziali, che comunque si può fare solo quando l’epidemia è in una fase di riduzione. Dunque, non adesso, con i numeri dei contagi ancora in crescita. Aprire quando i casi continuano ad aumentare è sconsigliabile, potrebbe verificarsi una ripartenza dell’epidemia, una seconda ondata che, in genere, è più violenta della prima. Fino a quando non avremo il vaccino serve una strategia fondata su un imperativo categorico”.
Quale?
“Stare lontani gli uni dagli altri. Anche quando si riapriranno i ristoranti, ad esempio, i clienti dovranno stare distanziati tra loro. In tutte le attività  bisognerà  osservare il distanziamento fisico e poi, come in questo periodo, bisognerà  continuare a lavarsi le mani di frequente e pulire spesso superfici e ambienti. Bisognerà  mantenersi a distanza anche sui mezzi di trasporto pubblico, che, se non si vuole fare ripartire l’epidemia, non potranno essere affollati. Ancora, la strategia di mitigazione, necessaria a convivere col virus fino all’avvento del vaccino, passa anche attraverso un’azione di ‘testing e tracking’”.
Che significa?
“I risultati dei test mirati effettuati sulle persone saranno linkati ad una App telefonica che servirà  pure a tracciare i contatti. In questo modo ciascuno avrà  a disposizione un vero e proprio passaporto digitale, con tutte le informazioni sanitarie, utili anche nella fase in cui si valuterà  di allentare le distanze”.
Strategia in due punti, dunque.
“No, c’è un terzo perno, relativo all’assistenza sanitaria, che dovrà  essere articolata in sistemi di cura per il tamponamento e la cura in casa o in strutture extraospedaliere e i cosiddetti ‘Covid-hospital’, ospedali dedicati solo alla cura all’infezione da Covid-19”.
Quando si potrà  tornare negli uffici?
“Le attività  essenziali oggi sono operative. Quelle non essenziali, ripeto, vanno riaperte con estrema cautela. Lo smart working, che si sta dimostrando assai efficace, deve diventare la norma. E poi questo tipo di decongestionamento consente, ad esempio, anche di evitare il sovraffollamento dei mezzi di trasporto pubblico”.
Oggi Confindustria del Nord ha lanciato l’allarme: “Se non ripartiamo in fretta, il motore del Paese rischia di spegnersi”.
“Capisco il punto di vista di Confindustria e da cittadino lo condivido, ma da scienziato dico che è sconsigliabile riaprire. Guardi, sono pronto a mettere la firma sul fatto che le attività  aperte in tempi non in linea con la discesa della curva epidemica dovranno essere richiuse. Se sai che la riapertura non potrà  essere stabile, meglio non procedere. Ci sono Paesi in cui si sta facendo – penso all’Austria – e ritengo si tratti di una decisione sbagliata, che pagheranno. In Vietnam, per esempio dove pure sono stati molto capaci a contenere il numero dei contagi, hanno riaperto al turismo e si sono trovati a dover fronteggiare una seconda ondata del virus. Alla fine, hanno dovuto richiudere tutto”.
Il Comitato tecnico scientifico, insieme all’Inail, sta elaborando una mappa di tutte le attività  lavorative il relativo indice di rischio connesso all’emergenza coronavirus. A che punto è il lavoro?
“L’Inail ci ha già  consegnato una bellissima analisi che potrà  essere di supporto ai suggerimenti che il Comitato darà  al Governo”.
Quanto alle persone, guardando alla fase 2 conviene abituarsi al distanziamento sociale.
“Guardi, il concetto basilare della fase 2 sta nel passaggio dal distanziamento sociale a quello fisico. Non l’ho ancora detto neanche al ministro Speranza, è bene insistere su questo concetto. Torneremo a una vita sociale, ma dovremo mantenere le distanze fisiche. Avremo di nuovo una vita di relazione, ma a distanza di sicurezza”.
Alla vita di relazione si lega l’uso delle mascherine. Fino a qualche giorno fa non ce n’erano a sufficienza neanche per gli operatori sanitari. Nella fase 2 ci saranno per tutti gli italiani?
“Le mascherine chirurgiche proteggono chi non le indossa, non chi le indossa mentre quelle professionali, del tipo Ffp3, dovrebbero essere usate solo dal personale sanitario e quelle del tipo Ffp2 anche dal personale della polizia e delle forze dell’ordine, che stanno a contatto con le persone. Giova ricordare che non esistono al momento evidenze secondo cui indossare una mascherina da parte di tutta la comunità  possa impedire la trasmissione di infezione da virus respiratori, incluso Covid-19. Mi faccia aggiungere un’altra cosa”.
Prego.
“Non ha senso indossare la mascherina quando si cammina per strada o si lavora in un campo. Ha senso indossarla nei luoghi chiusi dove non si può mantenere la distanza di sicurezza. Ma non tanto per proteggere sè stessi, quanto per proteggere gli altri. Un uso generalizzato può comportare il rischio di creare un falso senso di sicurezza e trascurare altri elementi essenziali, come l’igiene delle mani e il distanziamento fisico, le misure più efficaci per il contenimento del contagio.   Detto questo, per rispondere del tutto alla sua domanda, dopo i primi mesi di carenza assoluta di mascherine in Occidente, ora la produzione è ripartita, l’Unione Europea ha indetto una gara per assicurarsi quantitativi sufficienti e quindi non dovrebbero più verificarsi situazioni come quelle denunciate da più parti in queste ultime settimane”.
Dal Cts è stato annunciato l’avvio “a breve” dell’indagine sieroepidemiologica. Ci siamo o bisognerà  aspettare ancora?
“Tutti i principali Paesi del mondo sono orientati a effettuare questo tipo di indagine, importante per fotografare la dimensione sommersa del contagio da Covid-19 e naturalmente anche l’Italia è tra questi. Ma resta il problema dell’affidabilità  dei test. Il Governo inglese ne ha acquistato 17 milioni e ha dovuto buttarli. La gran parte dei test in circolazione non è validata da nessuno, alcuni sono veramente inaffidabili. Specie tra quelli rapidi. Quando individueremo un test capace di garantire sui risultati faremo partire l’indagine”.
Un’ultima domanda, professore, riguarda la scuola. Pare di capire che non riaprirà . Se ne riparlerà  a settembre?
“Se farlo o meno non posso deciderlo io. Quello che posso dire, però, è che a mio avviso riaprire adesso è sconsigliabile”.

(da “Huffingtonpost”)

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OMS AVVERTE L’ITALIA: “NON E’ IL MOMENTO DI ALLENTARE LE MISURE. TRIPLICARE GLI SFORZI”

Aprile 8th, 2020 Riccardo Fucile

IL MONITO DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA’

In Italia, nelle ultime ore e soprattutto dopo l’ultima conferenza stampa della Protezione Civile, si sta parlando sempre più di fase 2 per quanto riguarda la ripresa dall’emergenza coronavirus.
Ma la doccia fredda questa mattina è arrivata dall’Oms che ha invitato a non abbassare la guardia, anzi a triplicare gli sforzi proprio in questa fase in cui sembra che tutto stia volgendo al termine.
Hans Henri P. Kluge, direttore regionale dell’Organizzazione mondiale della sanità  per l’Europa, ha pronunciato una dichiarazione molto netta che, anche se non esplicitamente, sembra essere rivolta proprio al nostro Paese: «Non è il momento di allentare le misure — ha detto -, anzi è opportuno raddoppiare e triplicare gli sforzi. La situazione resta preoccupante, anche se si sono registrati miglioramenti in alcuni Paesi».
Ovvio che Kluge parlasse all’Europa in generale, dove la situazione — ad esempio — resta molto complessa in Spagna, ma anche in Gran Bretagna, in Germania e negli altri Paesi del nord, con la Svezia che ha scoperto le drammatiche conseguenze della sua rinuncia al lockdown nelle ultime settimane.
Ma è dall’Italia che sono arrivati i primi segnali positivi per l’Europa ed è nel nostro Paese che si sta discutendo molto sulle prime misure da intraprendere nella cosiddetta fase 2 post emergenza, con la possibilità  della riapertura di alcune imprese e con l’ipotesi di tornare agli spostamenti più o meno regolari a partire dall’inizio del mese di maggio.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità  ha lanciato il suo monito: un passo indietro rispetto alla stretta, nei prossimi giorni, potrebbe essere fatale.

(da agenzie)

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BRAVO BONACCINI: LA REGIONE EMILIA-ROMAGNA DARA’ 1.000 EURO DI PREMIO A TUTTI GLI OPERATORI SANITARI IN TRINCEA CONTRO IL CORONAVIRUS

Aprile 8th, 2020 Riccardo Fucile

LA NOSTRA PROPOSTA DIVENTA REALTA’…. RIGUARDERA’ 60.000 MEDICI E INFERMIERI EMILIANI E ROMAGNOLI… ORA FACCIANO ALTRETTANTO LE ALTRE REGIONI

Mille euro ai 60mila medici, infermieri, operatori socio-sanitari in prima linea nell’emergenza coronavirus.
Ad annunciarlo in diretta Facebook è il presidente della Regione Stefano Bonaccini, assieme al sottosegretario Davide Baruffi. Un finanziamento della Regione per misure che vanno a sostenere imprese, lavoratori, famiglie. In questo pacchetto c’è il riconoscimento per i camici bianchi.
Con 65 milioni di euro saranno riconosciuti circa 1000 euro in una soluzione unica: “E’ un ringraziamento dovuto agli straordinari professionisti ai quali abbiamo chiesto un surplus inedito e drammatico: avevano bisogno di un ringraziamento straordinario”, dichiara Bonaccini.
E con altri 20 milioni sarà  creato un hub nazionale per le terapie intensive in Emilia-Romagna, “per una risposta di sistema” e per iniziare a delineare il sistema sanità  di domani: “Una struttura dedicata, sviluppata su più territori, al servizio del Paese, oltre che della nostra regione”.
Sono previsti fondi anche per la sicurezza nelle strutture alberghiere, alle associazioni sportive, al settore cultura (complessivamente circa 7 milioni).
Sul piatto 50 milioni per il sistema impresa, per la sicurezza nei luoghi di lavoro e per il sostegno ai tirocinanti; 5 milioni per la scuola e la formazione a distanza, 21 milioni per casa e welfare, 31 milioni per l’agricoltura, 120 milioni, infine, per potenziare il sistema ferroviario regionale.
Quando ripartire “lo si deciderà  insieme al comitato scientifico”, ma il come “dobbiamo già  deciderlo adesso”.
Bonaccini sottolinea chiaramente un concetto: “Bisogna riuscire a garantire che possano ripartire le attività  sapendo che la salute va messa al primo posto”.
Nuove speranze vengano dall’andamento degli ultimi giorni dell’epidemia di Covid 19 in regione. “I numeri finalmente cominciano a farci avere qualche fiducia in più'”, dice il presidente dell’Emilia-Romagna. “Io non guardo i contagi come fate voi o i comuni cittadini – precisa- ma telefoniamo tutti i giorni agli ospedali per sapere gli accessi ai Pronto soccorso, in terapia intensiva e nei reparti. Stanno calando decisamente quei numeri, vuol dire che la prospettiva dei prossimi giorni e delle prossime settimane dovrebbero vedere la curva cominciare ad arrivare al picco e poi via via a scendere”.
“Bisognerà  immaginare di ripartire con totale cautela, senso di responsabilità  e testa sulle spalle- sottolinea Bonaccini. “Con un protocollo rigoroso per il quale, una volta deciso dal Governo quali altri settori possono riaprire oltre a quello primario, le imprese diano determinate garanzie sul distanziamento sociale e sui sistemi di protezione individuale per i lavoratori”.
Quindi serviranno le mascherine? “Ce lo diranno gli esperti della sanità  – risponde Bonaccini- quando sento politici o miei colleghi fare gli scienziati mi viene da sorridere, o da piangere. Devono essere coloro che hanno degli strumenti a dirci quali siano le migliori buone pratiche per evitare che le persone si ammalino”.

(da agenzie)

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