Aprile 5th, 2020 Riccardo Fucile
FINO A 25.000 EURO NON SARA’ VALUTATO NEANCHE LO STATO DELL’AZIENDA, DA 25.000 A 800.000 EURO CI SARA’ LA VALUTAZIONE DEL CREDITO, OLTRE 800.000 GARANZIA AL 90%. .. RESTITUZIONE RATEALE A PARTIRE DAL 2022 (SE NON VIENE ONORATO, PAGANO TUTTI GLI ITALIANI, PER CAPIRCI)
Il compromesso si impone come soluzione obbligata a tarda sera, quando si prende atto che in un modo o nell’altro bisogna chiudere, e in fretta, perchè il decreto che dà i soldi alle imprese dilaniate dal coronavirus è stato annunciato già da giorni e non può essere più rinviato.
Ma quello che si tira dietro l’ultimo miglio del provvedimento è un tratto che neppure l’emergenza ha cancellato e cioè i litigi interni alla maggioranza, i vertici a palazzo Chigi, i testi da riscrivere a poche ore dal Consiglio dei ministri per il via libera. La traccia della tensione, questa volta, passa lungo la tangente Tesoro-5 stelle. Ma anche il pungolo di Matteo Renzi, all’ora di cena, è lì a dimostrare che i mal di pancia interni sono molteplici.
Certo, non siamo alla minaccia di una crisi di governo o, letta nella prospettiva di Italia Viva, all’evocazione dell’uscita dalla maggioranza, ma il malcontento si è insediato ancora una volta in modo velenoso tra le norme e le percentuali.
Il compromesso dice che Sace, il braccio assicurativo-finanziario dedicato all’export della Cassa depositi e prestiti, non sarà acquisita dal Tesoro, come voleva Roberto Gualtieri. E questo è un punto che portano a casa i grillini, fermamente contrari all’operazione. Però sarà proprio attraverso Sace – e questo è un punto che va al ministro dell’Economia – che arriveranno le garanzie statali sui prestiti destinati alle grandi imprese. Di più: l’indirizzo e il coordinamento di Sace saranno in capo a via XX settembre. Fonti parlamentari rivelano che Gualtieri l’avrebbe comunicato alle opposizioni durante la riunione della cabina di regia serale in video conferenza. Un assetto, quello dell’indirizzo e del coordinamento, che rafforza il ruolo del Tesoro. Così avviene anche con Eni e Poste.
La sottigliezza della formula del compromesso la dice tutta sulle tensioni e sulla trattativa che hanno animato la parte finale della gestazione del decreto che arriverà lunedì in Consiglio dei ministri.
Un rush finale lunghissimo e alquanto turbolento. È Giuseppe Conte che di buon mattino alza il telefono per convocare a palazzo Chigi Gualtieri e Fabrizio Palermo, l’amministratore delegato di Cdp. Da due giorni i grillini hanno alzato un muro contro il disegno che il titolare del Tesoro ha messo sul tavolo: trasferire Sace dalla Cassa al Tesoro. Luigi Di Maio e i suoi vogliono mantenere intatto quello che ritengono un loro fortino.
La nomina di Palermo fu voluta dai 5 stelle in tal senso, anche se il manager ha da subito dimostrato di muoversi nell’interesse esclusivo della Cassa. Non si può dire, quindi, che sia un uomo dei pentastellati. Ma è il Movimento a continuare a leggere la sua nomina in questa chiave. E non solo. “Il punto centrale è che vogliono indebolire Cdp perchè se gli togli Sace, gli togli tanto, anzi tantissimo”, rivela una fonte di governo M5s di primissimo livello a Huffpost.
Alla riunione di palazzo Chigi si parte dalle posizioni iniziali. Gualtieri vuole portare Sace sotto l’ombrello di via XX settembre per rendere più fluida l’erogazione dei prestiti che andranno alle imprese. Si discute e si tratta per ore.
Alla porta premono le pressioni dei grillini, ma anche l’urgenza di arrivare a una quadra. Le imprese sono lì a martellare ogni minuto, a dire che servono soldi per fronteggiare l’emergenza. E servono subito. Di mezzo c’è anche la necessità di evitare gli scivoloni dei giorni scorsi, con i decreti del presidente del Consiglio annunciati prima di essere scritti o validati dalle forze di maggioranza. Ma il vertice si conclude senza una soluzione. I grillini insistono per impedire lo scorporo di Sace da Cdp.
Il governo passa tutto il pomeriggio e tutta la sera a cercare di capire come uscirne fuori.
La posta in gioco è elevatissima: dieci miliardi a mettere sul piatto per un effetto leva da 200 miliardi di prestiti garantiti.
L’impresa va dalla banca, che eroga il prestito. Se non riesce a restituirlo allora subentra la garanzia dello Stato. Fino a quanto?
Appena sabato sera, Gualtieri aveva parlato di una garanzia del 100% per i prestiti fino a 800mila euro, al 90% per gli altri. Ma i renziani non ci stanno. La tensione scorre forte anche in questa partita. Italia Viva, ma anche i grillini, chiedono di portare la garanzia al 100% per tutti. Fanno leva sulla decisione di Bruxelles, che ha autorizzato ad allargare le maglie.
Ma una garanzia al 100% per tutti i prestiti significa alzare i costi per lo Stato. Le garanzie, infatti, non possono avvalersi di un’espansione ulteriore del deficit, quindi di una nuova concessione dell’Europa, ma vanno caricate sul saldo netto da finanziare. Renzi compare su Facebook poco prima delle otto di sera e rincara la dose: “La garanzia statale al 100% alle banche per dare subito ad aziende e partite Iva il 25% del fatturato 2019 (da restituire a partire dal 2022) è la vera misura di ripartenza. Italia Viva sostiene con forza, da giorni, questa proposta. Facciamola semplice, facciamola subito”. È il tentativo di allargare ancora di più le maglie.
Solo quando sono le nove e mezza di sera si arriva al compromesso di cui si diceva prima. Sulle garanzie per le grandi imprese, invece, la soluzione colloca l’asticella al 90 per cento.
Per le piccole e medie, invece, la quadra la annuncia Stefano Patuanelli, che al ministero dello Sviluppo economico ha lavorato su questa parte del decreto.
I soldi passeranno dal Fondo di garanzia delle Pmi, che sarà rifinanziato con 7 miliardi e garantirà liquidità per 100 miliardi alle aziende che hanno fino a 499 dipendenti.
La garanzia sarà al 100% per i prestiti fino a 800mila euro, ma con una differenza: quelli fino a 25mila non avranno la valutazione del merito di credito, mentre quelli superiori sì.
La valutazione del merito di credito è un check sull’affidabilità dell’impresa in relazione al prestito che gli verrà concesso.
Da 800mila euro e fino a 5 miloni di euro, la garanzia sarà al 90%, con la possibilità di arrivare al 100% attraverso la controgaranzia dei Confidi, cioè dei consorzi che offrono garanzie creditizie.
Il decreto è finalmente pronto per il Consiglio dei ministri.
(da “Huffingtonpost“)
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Aprile 5th, 2020 Riccardo Fucile
“CHIEDERE DI OSPITARE PAZIENTI CON SINTOMI COVID E’ STATO COME ACCENDERE IL CERINO IN UN PAGLIAIO, E’ STATA UNA FOLLIA”… LA PROCURA APRE PIU’ INDAGINI…AL TRIVULZIO 70 DECESSI, ACCUSE AL DIRETTORE “FILOSOFO” DEL PAT, LEGATO ALL’ASSESSORE LEGHISTA IN PRIMA FILA AL PAPEETE QUESTA ESTATE A FIANCO DI SALVINI
Luca Degani, presidente di Uneba, l’associazione di categoria che mette insieme circa 400 case di
riposo lombarde, in un’intervista rilasciata al Quotidiano del Sud ha accusato la Regione di aver infettato le case di riposo con la delibera della giunta — la numero XI/2906, 8 marzo 2020 — che chiedeva alle Ats, le aziende territoriali della sanità , di individuare nelle case di riposo dedicate agli anziani strutture autonome per assistere pazienti COVID-19 a bassa intensità .
«Chiederci di ospitare pazienti con i sintomi del Covid-19 è stato come accendere un cerino in un pagliaio: quella delibera della giunta regionale l’abbiamo riletta due volte, non volevamo credere che dalla Regione Lombardia potesse arrivarci una richiesta così folle», ha detto Degani nell’intervista rilasciata a Claudio Marincola.
«Dipendiamo per un buon 30% dai finanziamenti della Regione — ha continuato Degani — logico che molti abbiano paura di perderli. Non parlano e io li capisco, Ma noi, che facciamo parte del Terzo settore e siamo no profit, certe cose dobbiamo dirle: i nostri ospiti hanno una media di 80 anni, sono persone con pluripatologie. Come potevamo attrezzarci per prendere in carico malati spostati dagli altri ospedali per liberare posti-letto? Ci chiedevano di prendere pazienti a bassa intensità Covid e altri ai quali non era stato fatto alcun tampone. Il virus si stava già diffondendo. Stavamo per barricarci nelle nostre strutture, le visite dei parenti erano già state vietate»
In quei giorni l’assessorato alla Sanità aveva avviato una ricognizione dei posti letto. Con la delibera dell’8 marzo si disponeva il blocco, da lunedì 9 marzo, dell’accettazione di pazienti provenienti dal territorio, l’anticipo delle dimissioni verso il domicilio dei pazienti ricoverati e del 50% del turn over nelle Rsa in grado di offrire assistenza medica e infermieristica H24 e presenza di medici specialisti. Tra le richieste, anche la capacità di garantire ossigenoterapia.
Anche per i sindacati “la convivenza di anziani fragili con pazienti affetti Covid è inaccettabile, così come lo è lasciare alla libera scelta delle singole Rsa ricevere o meno pazienti infetti come unica risposta alle oggettive difficoltà economiche delle strutture”.
La decisione fa il paio con quella, raccontata oggi dal Fatto Quotidiano, sulla mancata serrata delle case di riposo in provincia di Bergamo:
Alla fine di febbraio, l’Associazione delle case di riposo del Bergamasco (Acrb) chiese all’azienda sanitaria di Bergamo, l’Ats, di chiudere le residenze sanitarie assistenziali di città e provincia. Alcune — come la Casa Ospitale Aresi, a Brignano GeraD’Adda —ave vano già chiuso il centro diurno: le aveva guidate la prudenza, la paura di fronte all’avan zata dei contagi. Eppure, alla richiesta dell’associazione la Regione Lombardia oppose un netto rifiuto: le case di riposo dovevano restare aperte. Un ordine impartito all’azien da sanitaria, che si era fatta da tramite dopo aver raccolto l’appello di Acrb.
Solo dopo più di un settimana, e a contagio ormai sfuggito, sarebbe arrivato il dietrofront, con una circolare che invitava i vertici delle Rsa a valutare la necessità di sbarrare gli accessi a chiunque provenisse d al l ‘esterno. Intanto, però, il virus si era già insinuato tra gli anziani delle case di riposo. In assenza del tampone, non è dato sapere quanti ne abbia effettivamente uccisi. Ma è un fatto che nei primi venti giorni di marzo si siano contati oltre 600 decessi tra gli ospiti delle residenze nella sola provincia di Bergamo.
Il 23 febbraio, due giorni dopo lo scoppio del “caso Mattia”a Codogno, la casa di riposo Aresi aveva deciso di sbarrare il proprio centro diurno su disposizione del direttore sanitario, preoccupato dall’evolversi dell’epidemia.
“Ma l’Ats ha mandato una lettera a tutte le strutture —ricorda Marco Ferraro, presidente della Aresi —disponendo che rimanessimo aperti fino a nuove disposizioni della Regione”. È così che il centro viene riaperto.
La strage al Pio Albergo Trivulzio
Intanto alcuni lavoratori del Pio Albergo Trivulzio, come quelli di altre residenze sanitarie assistenziali per anziani di Milano, hanno presentato una denuncia in Procura sulla mancanza di cautele, sia informative che di dispositivi, per prevenire il rischio dei contagi da Coronavirus.
In questi ultimi giorni il dipartimento ‘ambiente, salute, sicurezza, lavoro’, guidato dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, ha già aperto alcuni fascicoli per diffusione colposa di epidemia e reati in materia di sicurezza del lavoro proprio a partire dagli esposti di lavoratori delle Rsa contro i vertici delle strutture e lo stesso passaggio (denuncia-indagine) è previsto anche per quello presentato da dipendenti del Pat.
Altre indagini sono state aperte sull’Istituto Palazzolo Fondazione Don Carlo Gnocchi di Milano (“Nessuna negligenza in contagi del personale”, ha sempre ribadito l’istituto) e su una casa famiglia di Affori, quartiere di Milano.
Per ora le indagini si possono muovere solo sul piano documentale, anche perchè è impossibile oggettivamente compiere attività investigative nelle sedi delle Rsa.
Allo stesso modo, sul fronte delle denunce già presentate in Procura sulle morti di alcuni anziani nelle strutture, le eventuali indagini si scontrano col fatto che per motivi di sicurezza, come ha deciso il procuratore Francesco Greco, non si possono fare più autopsie, salvo che per casi di omicidi volontari e preterintenzionali.
Gad Lerner su Repubblica ha raccontato che si indaga su settanta morti e l’accusa alla direzione è quella di aver per tutto il mese di marzo occultato la diffusione del Covid-19 nei suoi reparti, intanto che il morbo contagiava numerosi pazienti e operatori sanitari.
Il professor Luigi Bergamaschini, geriatra fra i più qualificati di Milano, ha subìto il 3 marzo un provvedimento di esonero perchè colpevole di autorizzare l’uso delle mascherine chirurgiche al personale alle sue dipendenze.
Il giorno stesso del suo allontanamento forzato è stato fatto esplicito divieto a medici e paramedici di indossarle.
Le ripetute diffide sindacali che parlano apertamente di “gestione sconsiderata dell’emergenza” hanno indotto la Procura di Milano ad aprire un’inchiesta “Modello 44” a carico di ignoti.
Ma il delegato Cgil della Rsu, Pietro La Grassa, non esita a indicare il nome e il cognome del direttore generale del Pat, Giuseppe Calicchio, prescelto dalla Regione Lombardia, in carica dal primo gennaio 2019.
“Il filosofo”, lo chiama, perchè in effetti quello è l’unico titolo universitario che Calicchio indica nel curriculum. Di lui è noto semmai il legame con l’assessore regionale alle Politiche sociali, Stefano Bolognini, cerchia ristretta di Salvini, al cui fianco Bolognini si trovava anche l’estate scorsa al Papeete di Milano Marittima.
«Gli anziani morivano e a noi, nonostante l’evidenza dei sintomi, dicevano che si trattava solo di bronchiti e polmoniti stagionali», denuncia La Grassa. «Il risultato è che ora al Trivulzio abbiamo sette reparti isolati completamente e due vuoti perchè non accettiamo più nuovi pazienti. Nella struttura di Merate novanta sono sotto osservazione. Al Principessa Jolanda di via Sassi due reparti sono in isolamento».
Cosa succede alle case di riposo in Veneto
C’è grande nervosismo anche in Veneto, dove governa Luca Zaia. Oggi il sottosegretario agli Interni Achille Variati ha pubblicato un psot ricordando che nelle case di riposo del Veneto la conta è arrivata a settanta anziani morti e centinaia di contagi: tra questi spicca Asiago, dove sono positivi 46 ospiti su 55.
Per me è un dolore e una profonda, amara sconfitta che anche nel nostro Veneto si stia verificando una vera e propria ecatombe. Per settimane gli appelli dei rappresentanti del mondo delle RSA, così come le denunce dei sindacati, sono stati inascoltati. E questo non lo possiamo accettare. Le case di riposo e in particolare le RSA per quanto autonome dal punto di vista gestionale, dal punto di vista sanitario hanno un chiaro riferimento: le ULSS e quindi il sistema sanitario delle Regioni. Non lo possiamo accettare perchè il Veneto si vanta costantemente della propria sanità , dei suoi standard, della sua efficienza, e a ragione.
Scopriamo però che, al di là di impedire giustamente le visite dei parenti possibili portatori sani del virus, gli operatori infermieri, operatori sanitari, addetti alle pulizie dipendenti o di cooperative convenzionate sono stati lasciati per settimane senza dispositivi di protezione. E che i protocolli di accesso degli anziani, soprattutto quelli provenienti dagli ospedali, sono stati rivisti solo pochi giorni fa. Ciò ha portato il contagio da una struttura all’altra, con centinaia di anziani che si stanno ammalando e in troppi morendo. Non sappiamo nemmeno con precisione i dati reali.
Ma le parole di Variati hanno scatenato la reazione di Zaia: “Fa star male vedere un’istituzione che fa un’uscita del genere. Se non sanno come andare a finire sui giornali, basta che vadano a fare volontariato. Li fotografano e li mandano in prima pagina”, ha attaccato il governatore, evidentemente molto nervoso.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 5th, 2020 Riccardo Fucile
AI SOVRANISTI PIACE DIFFONDERE FAKE NEWS, PER QUELLO CHE NON VOGLIONO CHE VENGANO PERSEGUITE, HANNO LA CODA DI PAGLIA
Bufale in libera circolazione. Ma non si parla di quei preziosi animali che forniscono del buon latte per prodotti caseari prestigiosi.
Si parla della definizione bovina che viene data alle fake news, quelle notizie false che si sono moltiplicate in Italia (ma anche nel resto del Mondo) soprattutto da quando è iniziata l’emergenza sanitaria legata al Coronavirus.
Il governo, per tentare di porre freno a questa diffusione, ha istituito una task force anti fake news. Ma l’iniziativa non è piaciuta a Giorgia Meloni.
Secondo la leader di Fratelli d’Italia, questa task force anti fake news è un’iniziativa orwelliana, spiegando la sua presa di posizione così: «Credo che si stiano limitando le libertà fondamentali e costituzionali con eccessiva disinvoltura”
Per Giorgia Meloni, dunque, il fatto che un governo abbia deciso un team per monitorare e verificare quel che viene scritto sui quotidiani e social è una violazione delle libertà costituzionali.
Lei critica l’assenza di medici ed esperti — ma c’è già il comitato tecnico-scientifico che potrà dare supporto all’iniziativa — e il fatto che sarà l’Esecutivo a decidere cosa si può dire e cosa no.
Insomma, dopo aver esaltato il modello Orban, Giorgia Meloni critica la scelta del governo di metter freno alle fake news attraverso una task force.
«Come ho spiegato ed annunciato nei giorni scorsi — ha detto Andrea Martella, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Editoria -, ho firmato il decreto che istituisce presso la presidenza del Consiglio dei Ministri questa task force che d’ora in avanti avrà vari compiti: dall’analisi delle modalità e delle fonti che generano e diffondono le fake news, al coinvolgimento di cittadini ed utenti social per rafforzare la rete di individuazione, al lavoro di sensibilizzazione attraverso campagne di comunicazione».
Questi sono gli intenti della task force anti fake news.
Nessuna censura, dunque, ma ricerca della verità attraverso campagne ad hoc che individuano le bufale e le analizzano.
Da chi sarà composta
A far parte del team saranno Riccardo Luna, Francesco Piccinini, David Puente, Ruben Razzante, Luisa Verdoliva, Roberta Villa, Giovanni Zagni e Fabiana Zollo. Il loro lavoro sarà coadiuvato dal personale del Ministero della Salute, dall’AgCom e dalla Protezione Civile.
Un pericoloso attentato alla Costituzione?
O qualcuno vive di bufale per turlupinare l’opinione pubblica e ha la coda di paglia?
(da agenzie)
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Aprile 5th, 2020 Riccardo Fucile
LA BURLA DI UNO STUDIOSO PALERMITANO: “VOLEVO DIMOSTRARE QUANTO SIA FACILE FAR GIRARE NOTIZIE CHE NESSUNO VERIFICA”… HA RICEVUTO 20.000 CONDIVISIONI
Dietro la rude scorza del veneto doc Luca Zaia nasconde un cuore di poeta. Per questo qualche
giorno fa, durante la conferenza stampa della Regione Veneto del 31 marzo, ha deciso di deliziare il popolo con una poesia di Eracleonte da Gela e che risale addirittura al 233 Avanti Cristo.
“Vi leggo uno scritto di Eraclonte da Gela. Mi è stato mandato e mi è piaciuto, e lo condivido con voi nell’ottica di dire che prima o poi questa cosa finisce (il Coronavirus, ndr), questo mostro lo facciamo fuori”, ha detto Zaia per introdurre il prestigioso scritto. E poi ha cominciato a leggere la poesia, con un’intonazione che farebbe rabbrividire molte maestre alle prese con la recita di Natale dei bambini delle elementari.
E’ iniziata l’aria tiepida
e dovremo restare nelle case
per le Antesterie
le feste dei fiori
in onore a Dioniso.
Non usciremo
non festeggeremo
bensì mangeremo e dormiremo
e berremo il dolce vino
perchè dobbiamo combattere.
Le nostre città lontane
ornamento della terra asiatica
hanno portato qui a Gela
gente del nostro popolo
un tempo orgoglioso.
Queste genti ci hanno donato
un male nell’aria
che respiriamo se siamo loro vicini
il male ci tocca e resta con noi
e da noi passa ai nostri parenti.
Il tempo trascorrerà
e sarà il nostro alleato
il tempo ci aiuterà
a guardare senza velocità
il quotidiano trascorrere del giorno.
Siamo forti e abbiamo sconfitto molti popol
e costruito grandi città
aspettiamo che questo male muoia
restiamo nelle case
e tutti insieme vinciamo.
C’è un dettaglio: Eracleonte da Gela in realtà non esiste.
Zaia aveva ricevuto il testo via Whatsapp da Giampiero Beltotto, presidente del Teatro Stabile del Veneto, che a sua volta l’aveva ricevuto da qualcun altro.
Il vero autore è un certo Marcello Troisi, perito informatico, palermitano e appassionato di storia, che ha detto che voleva condurre un esperimento per capire quanto fosse facile far girare notizie che nessuno verifica.
Ha quindi scritto il testo e l’ha pubblicato sul suo profilo Facebook, raggiungendo in poche ore 20mila condivisioni.
Sul blog Palermo Felicissima Troisi ha raccontato la sua storia:
Martedì 24 marzo 2020, a casa come tutti gli Italiani, mi è balzata in mente una idea: “…e se stavolta la Bufala la scrivo io?”. Avevo visto il carrettino con i 99 smartphones trainato da un artista berlinese, mettere alla burla Google. Poi ho letto poesie attribuite ad autori poco credibili come quella di una scrittrice irlandese che era dedicata ai martiri polacchi e trasformata in un testo sulla resistenza a casa. Allora ho inventato Eracleonte.
Chi ha letto il mio testo, pur non sapendo che fosse un falso, lo ha usato in modo intelligente e sociale, cioè lo ha utilizzato per diffondere un messaggio di cautela e attenzione verso noi stessi. Dopo avere avvertito della mia iniziativa i miei due soci, Antonella e Marcello, ho pubblicato la poesia su un social media: reazione a catena! La poesia a mio avviso, esprime dei concetti di reale attualità , solo che l’autore è inventato. Le parole anche. Non sono copiate ma puramente inventate, d’altronde i Classici a scuola li studiavamo per bene. Era voluto e un po’ me lo aspettavo: da sempre critichiamo la pericolosità dei social media. Tutto viene preso per vero e crduto, poi divulgato a macchia d’olio. Ci affrettiamo a divulgare senza verificare e questo è il prezzo del tempo accelerato in cui viviamo.
(da agenzie)
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Aprile 5th, 2020 Riccardo Fucile
IL BANDO DOVE SI CONCEDONO SOLO 22 ORE DI TEMPO PER RISPONDERE
La Campania è fanalino di coda per i tamponi effettuati e intanto in regione, così come in Toscana, c’è un aumento dei casi che è più alto della crescita dei test effettuati: +8,0% casi, +8,8% tamponi a Napoli, +5,9% casi, +5,3% tamponi a Firenze.
Per questo i test del tampone sono importanti, spiega oggi Conchita Sannino:
Invece: la caccia era così febbrile nella Campania fanalino di coda per i test accreditati, e così indispensabile visti i numeri dell’emergenza e le storie drammatiche di chi muore in casa senza avere un tampone, che in realtà la Regione di “aiutino” privato ne aveva già trovato uno, il centro Ames a Casalnuovo, e nessuno (se non le istituzioni ai vertici, e gli addetti ai lavori) lo sapeva. Nè avrebbe dovuto saperlo.
«Un centro all’avanguardia» ovviamente, dove — si scopre — si è letteralmente trasferito da giorni personale e (pare) attrezzature dell’Istituto Zooprofilattico di Portici: fortissimo e riconosciuto, con il suo direttore Antonio Limone, sulla filiera della sanità animale; meno, di certo, sulla infettivologia umana.
Eppure l’Istituto, in pochi giorni, ha molto più che decuplicato i suoi test (superando perfino l’unico centro di riferimento: il Cotugno). Addirittura balzando da 58 (28 marzo) ai 700 tamponi (primi di aprile), al giorno.
Possibile ci sia un privato, scelto senza alcuna procedura e nessun controllo esterno, dietro il boom dell’Istituto?
A Casalnuovo e nel loro settore, il direttore di Ames, Antonio Fico, si vanta di aver dato una grande mano alla Regione con i suoi laboratori «serissimi e riconosciuti anche nel nord».
Interpellato da Repubblica, taglia corto: «Sono impegnato, mi spiace». Mette giù.
Passano alcuni minuti, evidentemente indispensabili a costruire una spiegazione coerente. Poi Fico richiama e, alla stessa domanda «Perchè mai un Istituto pubblico del Mezzogiorno viene e fare i tamponi da voi, senza alcuna validazione?», replica: «Attenzione, noi abbiamo messo a disposizione la nostra tecnologia e i nostri spazi, ma li lavorano loro».
Sul bando, ultimo dato singolare: viene chiamata a decidere una commissione che, tra i vari esperti, non contempla un esponente del centro di riferimento Cotugno (che deve validare gli altri centri.
Pare che la “chiamata” per sedere tra gli «esaminatori» sia arrivata di sabato mattina per il pomeriggio. Tutto per il bene comune, di corsa.
(da “NextQuotidiano“)
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Aprile 5th, 2020 Riccardo Fucile
UNA DECISIONE DI BUON SENSO: INUTILE RENDERLE OBBLIGATORIE QUANDO NON SI TROVANO IN COMMERCIO
Dopo quanto accaduto in Lombardia con l’ordinanza firmata da Attilio Fontana, ecco le
mascherine obbligatorie in Toscana.
Lo ha annunciato il governatore della Regione, Enrico Rossi, spiegando che questa ordinanza sarà attivata a scaglioni.
I dispositivi di protezione (ffp1) sono stati forniti a tutti i Comuni proprio dalla Regione e si procederà con l’attivazione dell’obbligo in base alle consegne ai cittadini.
Insomma, quando ogni sindaco comunicherà a Rossi di aver provveduto a consegnare le mascherine a tutti i cittadini, entrerà in vigore l’obbligo annunciato.
«Abbiamo deciso di distribuire tramite i comuni 10 milioni di mascherine gratuitamente ai cittadini della Toscana — ha annunciato il governatore Enrico Rossi su Facebook -. Si tratta quasi di tre mascherine a testa. Abbiamo ordinato altre dieci milioni di mascherine. Vogliamo dare continuità a questa iniziativa di prevenzione primaria, in linea con le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ».
«Le mascherine verranno date ai Comuni della Toscana e chiederemo loro che siano consegnate quanto più possibile casa per casa, anche avvalendosi dei volontari che sono straordinari, sempre e in questo periodo ancora di più — prosegue Enrico Rossi -. La mia intenzione è che l’ordinanza diventi esecutiva comune per comune a partire dalla data nella quale il comune stesso ci comunicherà di avere effettuato la consegna a domicilio».
A differenza di quanto accaduto in Lombardia, l’obbligo mascherine in Toscana arriverà con date diverse, in base a quando i Comuni avranno finito la distribuzione dei dispositivi ffp1 a ogni singolo cittadino. Si tratta, per il momento, di circa 3 mascherine per ogni persona, con altre che arriveranno più in là .
(da agenzie)
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Aprile 5th, 2020 Riccardo Fucile
LA RICERCA SU UN CAMPIONE DI 1731 PERSONE DI 9 REGIONI DIVERSE
Il Fatto Quotidiano racconta oggi di uno studio realizzato in proprio da un’azienda che commercializza kit del sangue per la ricerca degli anticorpi Igm-Igg al Coronavirus che dimostra un contagio della popolazione pari al 38 per cento e merita di essere spiegato.
Lo studio è della Meleam di Bitonto (Bari), impresa che tratta anche il kit Viva Viag Covid-19 (quello sulla goccia da puntura del dito), già acquistato da varie Regioni.
Lo studio a prima vista dimostrerebbe una penetrazione del Sars-Cov 2 più ampia di quanto appaia dai primi studi sugli operatori sanitari effettuati da molte Regioni. L’amministratore delegato di Meleam, il professore di Igiene del lavoro e medico legale, Pasquale Mario Bacco, spiega: “Su un campione di 1.731 persone di 9 regioni, Campania, Puglia, Sicilia, Sardegna, Veneto, Lombardia, Basilicata, Lazio e Liguria, diviso tra 1.113 uomini e 618 donne, sottoposte al test tra il 25 febbraio e il 2 aprile, ci risulta che le persone entrate in contatto con il virus sono 668, circa il 38 per cento”.
Nella ricerca della Meleam quasi un soggetto su due ha sviluppato gli anticorpi Igm (quelli della fase iniziale) e Igg, quelli stabili che dimostrano una reazione dell’organismo e annunciano guarigione e immunità , almeno secondo i più ottimisti nei limiti degli studi su un virus che ha solo 4 mesi di vita.
I cittadini comuni sarebbero stati contagiati molto più dei sanitari. Forse perchè i primi sono meno attenti a proteggersi? In realtà esiste una seconda spiegazione: lo studio della società pugliese non è stato effettuato su soggetti totalmente asintomatici, come i sanitari.
L’Ad Bacco di Meleam spiega: “Erano persone apparentemente sane, che stavano lavorando, che non hanno mai avuto febbre o sintomi tali da attivare i protocolli sanitari anti Covid-19, ma che nell’anamnesi immediatamente precedente al prelievo hanno detto di aver avuto qualche mal di testa, mal di gola, affaticamenti muscolari, dai quali si erano pienamente ripresi. Abbiamo quindi escluso dal campione le persone che ci avevano detto di non aver avuto nulla”.
Cioè poco sintomatici e non asintomatici. La statistica è stata costruita “prima raccogliendo gli esami di donatori del sangue, e poi quelli di aziende private che ci hanno incaricato di mettere in sicurezza il loro personale, più altri gruppi di familiari o associazioni varie”.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 5th, 2020 Riccardo Fucile
L’AREA DELLA TRIBUNA NORD DIVENTA CENTRO ASSISTENZA MALATI
Uno dei templi del calcio tedesco, il Westfalen Stadion (ora soprannominato Signal Iduna Park),
lo stadio del Borussia Dortmund, diventa un ospedale da campo nei giorni dell’emergenza coronavirus che in Germania ha finora provocato la morte di 1100 persone.
L’area della tribuna Nord è stata trasformata in un centro di assistenza per le persone colpite dal Covid-19.
“Il nostro stadio è un simbolo della città , un punto fisso per quasi tutti a Dortmund e l’area circostante – sottolinea Hans – Joachim Watzke, presidente del consiglio di amministrazione del Borussia – grazie alle sue condizioni infrastrutturali e spaziali, è il luogo ideale per aiutare attivamente le persone potenzialmente infette o infettate dal Coronavirus, che lamentano malattie respiratorie e febbre. Vogliamo restituire alla gente quello che ci ha dato negli anni”.
La tribuna nord sarà direttamente collegata con un centro diagnostico centrale, con test effettuati nella North Clinic, e sarà un centro di trattamento per valutare la gravità del virus e decidere se il paziente può continuare ad essere curato in regime ambulatoriale o ha bisogno di cure ospedaliere.
(da agenzie)
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Aprile 5th, 2020 Riccardo Fucile
GIULIA VIACAVA E’ TORNATA VOLONTARIAMENTE A FARE L’INFERMIERA IN PRIMA LINEA IN UNA CASA DI RIPOSO DI GENOVA: “FACCIO ANCHE TURNI DI 19 ORE, E’ DURA, MA QUESTA E’ LA PARTITA DELLA VITA, BISOGNA VINCERE”
Chi sceglie a pallanuoto ha deciso di rimanere sospeso fra acqua e aria, conosce la fatica e pure il dolore.
Chi gioca a pallanuoto sa che il pericolo è invisibile, perchè avanza sott’acqua, il luogo ideale per dare e prendere colpi.
Giulia Viacava, però, la sofferenza vera solo adesso l’ha toccata con mano: azzurra del Setterosa, ma con una laurea in scienze infermieristiche, in queste settimane sconvolte dalla pandemia del coronovirus, ha deciso di mettersi a disposizione dell’Rsa Città di Genova, una casa di riposo per anziani, a Quarto.
Giulia ha 25 anni, è una ragazza bella e piena di vita, forte e coraggiosa, gioca nell’Orizzonte Catania, la Juventus della pallanuoto femminile, che da sempre fornisce giocatrici alla Nazionale
(lo zoccolo duro del Setterosa olimpionico ad Atene nel 2004 si era formato alle falde dell’Etna), ma soprattutto ha scelto di aiutare il prossimo, decidendo di proseguire anche ai tempi del coronavirus.
«Ci sono volte in cui ‘smontò alle 14 e, dopo qualche ora, sono nuovamente al fianco dei malati», racconta con la voce rotta dalla stanchezza. «In questo momento non è facile essere ottimisti perchè, se si continuano a guardare i dati, il numero dei decessi è sempre altissimo. Per fortuna, se così possiamo dire, da noi ci sono molte persone ricoverate da tantissimo tempo, che nemmeno si sono rese conto di cosa sia questo virus. Non ne sanno niente, non se ne rendono conto. A rendersene conto sono i parenti che non possono però venire in ospedale a trovare i propri cari. Posso dire di avere visto tanta sofferenza, ma proprio tanta, da noi c’è gente positiva, che soffre da sola fino all’ultimo e poi se ne va senza avere qualcuno al proprio fianco. È una morte che non auguro a nessuno».
Giulia Viacava è passata dalla vasca della piscina ai turni di 19 ore con camice, guanti e mascherina addosso. «Nessuno, qualche settimana fa, immaginava tutto questo», sussurra, con la voce rotta dall’emozione. Se lo avessimo fatto, avremmo adottato misure restrittive molto tempo prima. È vero, la pallanuoto è uno sport duro, però è bello far parte di un gruppo, come avviene adesso. Il mio sport mi manca, anche se le compagne di squadra sono molto presenti nella mia vita: mi chiedono come sto, come va, mi invogliano anche loro a non mollare. Questa, però, è un’altra partita. è la partita della vita e bisogna vincere”
(da agenzie)
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