Aprile 12th, 2020 Riccardo Fucile
SCONTRO IN VIGILANZA RAI: “MA QUALE DIRITTO DI REPLICA? NESSUNO HA INFORMATO IL CDA, DECISIONE UNILATERALE”…PRIMA RACCONTANO BALLE, POI PRETENDONO PURE LA REPLICA SE QUALCUNO LO FA SAPERE AGLI ITALIANI… E NELLA REPLICA NON HANNO RISPOSTO A UNA MAZZA
Continua lo scontro in commissione Vigilanza Rai in seguito all’attacco di Conte in tv ai leader dell’opposizione Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
Oggi è il M5s ad attaccare, contestando che ieri i Tg Rai hanno dato uno “spazio ingiustificato alle opposizioni”, per controbilanciare quanto accaduto nella conferenza stampa del premer di venerdì.
Sulla stessa linea anche Italia Viva, con il deputato e segretario della Vigilanza Michele Anzaldi, che parla di “inondazione della destra nell’informazione pubblica”, invitando la Commissione a occuparsene.
Ieri i capigruppo in Vigilanza Rai dei partiti di centrodestra – Daniela Santanchè (FdI), Giorgio Mulè (FI), e Paolo Tiramani (Lega) – hanno scritto al presidente Alberto Barachini (Forza Italia) chiedendo di convocare urgentemente la commissione.
Martedì 14 aprile, infatti, si riunirà in videoconferenza un ufficio di presidenza allargato a chi vorrà partecipare.
Nel frattempo Barachini ha inviato una lettera ai vertici del servizio pubblico – ad e presidente Rai – chiedendo di garantire “quanto prima un proporzionato diritto di replica ai leader dell’opposizione citati nelle dichiarazioni del premier”. Richiesta che è stata evidentemente accolta dalle testate giornalistiche Rai, che ieri hanno appunto dato ampio spazio ai leader dell’opposizione.
Ma questa iniziativa unilaterale di Barachini e non concordata con il resto della commissione ha fatto andare su tutte le furie i cinquestelle che sono perciò partiti all’attacco.
Il vicepresidente della Vigilanza Primo Di Nicola ha accusato frontalmente il presidente: “Porteremo in Vigilanza Rai il gravissimo operato di Barachini, che ha totalmente abdicato al suo ruolo super partes. Inviando una lettera alla Rai senza aver sentito la commissione, senza aver nemmeno riunito l’ufficio di presidenza, ha agito come parlamentare di Forza Italia per tutelare la propria forza politica e quella degli alleati. Un fatto di una gravità inaudita il cui risultato era presente ieri sera su tutti i tg della Rai”.
Sulla stessa linea anche il senatore pentastellato Alberto Airola, che si domanda se i direttori dei Tg Rai abbiano o meno subito delle pressioni: “Ieri sera abbiamo assistito al Salvini e Meloni show che sono apparsi nei telegiornali con interviste singole dopo essersi risentiti per le parole del presidente del consiglio Conte. Mi piacerebbe sapere se i telegiornali della Rai hanno subito delle pressioni e in che modo. Per questo chiederò che in Vigilanza i direttori dei tre Tg principali della Rai vengano a spiegare cosa è successo”. Mentre la capogruppo 5S in commissione Francesca Flati annuncia un’interrogazione ai vertici Rai sull’accaduto.
Nella polemica sono intervenuti anche i consiglieri Rai Rita Borioni e Riccardo Laganà , i quali denunciano come “atto grave” sia la decisione dei vertici aziendali di non informare il cda della missiva di Barachini sia le “scelte ‘riparatorie’ messe in atto in autonomia dalla testata ammiraglia nella giornata di ieri, senza una valutazione approfondita nell’ambito del consiglio”.
E concludono: “Prendiamo atto che le testate hanno già fornito ampi e forse eccessivi spazi di replica alle forze dell’opposizione. Riteniamo pertanto che nessun altro spazio specifico sia dovuto”.
(da agenzie)
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Aprile 12th, 2020 Riccardo Fucile
SE VANNO IN ISOLAMENTO PER AVER CONTRATTO IL VIRUS, IL PERIODO E’ CONSIDERATO IN PARTE COME INFORTUNIO E IN PARTE COME MALATTIA
Sono “i santi della porta accanto”, così Papa Francesco ha definito medici, infermieri e infermiere nell’omelia della Messa in Coena Domini del Giovedì Santo, celebrata nella basilica di San Pietro. Uomini e donne che, servendo, hanno dato la vita. E
pensare che c’è anche personale sanitario che, risultato positivo al test del Covid-19 e posto in isolamento, s’è visto decurtato lo stipendio.
Accade nella già martoriata Lombardia, dove per altro non tutti gli operatori ottengono la possibilità di sottoporsi a tampone. Medici che, ammalandosi e combattendo per tornare in forze (e in servizio), hanno dovuto constatare l’amara sorpresa in busta paga.
La denuncia dell’ingiustizia, sulla base di prove documentali, è dell’Anaao Assomed territoriale che adesso chiede a Regione Lombardia di intervenire tempestivamente.
Qualche giorno fa il sindacato medico italiano lombardo, insieme a dirigenti del Servizio sanitario regionale, aveva sottoscritto una lettera indirizzata ai vertici della Sanità locale denunciando la mancata sorveglianza sugli operatori sanitari sintomatici al Covid-19.
Già da una nota del 3 aprile, i sindacati chiedevano che fosse aperta una pratica per infortunio sul lavoro per ogni operatore positivo, come previsto dall’Inail, al fine perciò di ottenere idonea certificazione dell’avvenuto contagio.
Piuttosto che trovare soluzioni per quanti sarebbero risultati positivi al test del Coronavirus, alcuni si sono visti diminuire il compenso come dimostrato da TPI da questi documenti a corredo.
Prendendo in esame la retribuzione di un medico la cui testimonianza è stata resa anonimamente, sono riportate le date attinenti a una decurtazione stipendiale di oltre 250 euro (532,44 da detrarre ai 786 di importo unitario) per il mese di marzo 2020.
“Dalla busta paga si può evincere la diminuzione, mentre dall’elenco timbrature può leggersi la ragione. Hanno considerato il periodo di isolamento per via del virus in parte come ‘infortunio’ e in parte come ‘malattia’: qualcosa di assurdo. Stando al documento, l’infortunio comincia dal giorno di effettuazione del tampone (venerdì 13 marzo) al giorno della negativizzazione (giovedì 26 marzo), nonostante il collega sia rientrato la settimana successiva, quando per fortuna è riuscito a rialzarsi; Invece la “malattia”, si legge, è riferita ai giorni precedenti e successivi al supposto infortunio. Tutto ciò non ha senso”, spiega a TPI Stefano Magnone, Segretario di Anaao Assomed Lombardia.
“Ma soprattutto, quest’applicazione è illegale” prosegue il Segretario, che è anche chirurgo presso l’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. “Con il decreto del 2 marzo, la malattia correlata al virus, per un dipendente pubblico, è considerata come un ricovero ospedaliero, perciò non è soggetta ad alcuna decurtazione”.
“Medici e dirigenti sanitari, da eroi e martiri sono già diventati dei ‘decurtati’. In barba alle leggi dello Stato e in barba al buonsenso e alle circolari Inail” ribadisce Magnone, che conclude. “Siamo a fianco dei colleghi dall’inizio della guerra contro il virus e certamente non siamo disposti in alcun modo, dopo i pericoli da carenza di dispositivi e da assenza di linee guida, a tollerare anche affronti sullo stipendio. È molto probabile che altre segnalazioni simili arriveranno da più aziende ospedaliere”.
Così il medico, mentre si fa sterminato e impietoso l’elenco dei camici bianchi caduti nel corso della pandemia di Covid-19. L’ultimo, il centonovesimo all’11 aprile 2020, è Gaetano Portale, ex primario di chirurgia generale a Maniago, in Friuli-Venezia Giulia. Sono invece 28 gli infermieri morti dopo aver contratto il Coronavirus sul luogo di lavoro, 6 i farmacisti, 5 gli autisti-soccorritori e un infermiere del sistema d’emergenza territoriale 118.
(da TPI)
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Aprile 12th, 2020 Riccardo Fucile
“IN LOMBARDIA SONO DIECI VOLTE DI PIU'”
“A Milano i contagi da coronavirus sono 5 o 6 volte quelli registrati finora, in Lombardia invece sicuramente sono 10 volte i numeri ufficiali”, così l’infettivologo Massimo Galli, responsabile del dipartimento di malattie infettive dell’ospedale Sacco, ai microfoni di SkyTg24 ha fatto luce sui contagi nella regione Lombardia.
“Il fattore limitante è la possibilità per le persone di arrivare alla diagnosi: in altre parole, ci sono tantissime persone in casa che sanno o sospettano di avere l’infezione e che non hanno potuto ottenere una conferma diagnostica, perchè non siamo ancora in grado, come sistema, di garantire loro l’ottenimento di un test che dia una risposta”.
E in merito ai tanti casi ipotetici spiega: “Non abbiamo sufficiente capacità di rispondere dal punto di vista diagnostico a tutte le persone che ne fanno richiesta. È un’infezione che nella stragrande maggioranza dei casi guarisce spontaneamente — ha continuato il professore — il punto è che qualcuno ha un problema più serio, qualcun altro non vuole infettare le altre persone che ha in famiglia e questo è un problema reale, anche perchè le cose stanno andando meglio, nonostante tutto, perchè abbiamo meno persone che hanno bisogno di un letto di rianimazione”.
Il grosso della grande prima ondata dell’epidemia sta esaurendosi, il distanziamento sociale ha spostato il problema di una epidemia che si dirama a cerchi concentrici. Ora l’epidemia si manifesta con le infezioni nel contesto delle famiglie: si sa bene che è qui che l’infezione che viene diffusa. E questo è quel che resta da “bonificare”, ovvero la necessità di avere garanzie di guarigione o superamento del problema anche nei contesti familiari in attesa di poter riaprire e riprendere.
E in merito alla fase 2 e a una ipotetica apertura: “È il momento di pensare di riaprire non di allentare le misure: quando avremo tempo in mano le strategie per riaprire in modo concreto Abbiamo poco tempo per organizzare le cose e prepararci alla riapertura. Ovviamente non oggi ma nemmeno nei prossimi giorni ma bisogna programmare gli strumenti indispensabili per riaprire in sicurezza. Avere una capacità diagnostica maggiore di quella che abbiamo avuto finora.
(da Fanpage)
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Aprile 12th, 2020 Riccardo Fucile
ANALIZZATI I DECESSI IN 19 CAPOLUOGHI: IL RECORDO A BRESCIA, MILANO E’ A + 87%
Un eccesso di mortalità , cioè più decessi di quelli che erano attesi osservando l’andamento degli ultimi cinque anni.
In due città della Lombardia in poco più di un mese si osserva, andando a vedere i registri delle anagrafi dei Comuni, un forte aumento.
Percentualmente il dato più alto riguarda Brescia, dove le morti sono state il 195% in più. Significa che analizzando 36 giorni, fino al primo aprile sono decedute in tutto 550 persone invece delle 170 attese. La differenza è di 331.
A Milano ovviamente il dato assoluto di decessi per Covid 19 è più alto, anche se la percentuale di incremento è dell’87%. Sono 1.127 le persone delle quali non era previsto il decesso, se si considerano 39 giorni fino al 3 di questo mese. In tutto, nella metropoli hanno infatti perso la vita in 2.426 invece che in 1.299 come dicevano le stime.
I calcoli li ha fatti, per il ministero alla Salute, il Dipartimento di epidemiologia del Lazio, che ha messo in piedi da anni un sistema per valutare la mortalità legata all’influenza stagionale utilizzando i dati delle anagrafi di 19 città capoluogo di provincia o comunque con più di 250 mila abitanti.
Tra queste ci sono anche Torino, dove i morti in 38 giorni sono stati 449 in più di quelli attesi (+49%), e Genova, dove il dato è di 537 (+71) e si riferisce a 34 giorni fino al 3 aprile.
“I dati del sistema di sorveglianza della mortalità del ministero della Salute, che aggiorniamo settimanalmente sono un importante strumento di monitoraggio dell’impatto diretto e indiretto dell’epidemia di Covid perchè non risente delle diverse modalità di identificazione dei casi Covid sia tra le regioni che in tempi diversi”, dice Marina Davoli, che dirige il dipartimento.
Le altre città osservate con lo stesso sistema al Nord sono Bolzano (+55%), Trento (+44%), Aosta (+126%), Verona (+33%), Venezia (+15%), Bologna (+32%).
Riguardo al Centro-Sud, si rileva il dato di Roma, che dimostra come nella città l’epidemia di coronavirus non abbia colpito duramente. Infatti i decessi hanno visto un +5% compatibile con le oscillazioni annuali.
L’unica città del Sud a vedere un grande incremento è Bari, con +67%, cioè 147 morti inattesi. Se si fa il confronto di tutte le città del Nord studiate rispetto a quelle del Centro-Sud si osserva che l’aumento è stato del 65% (2.821 morti) contro il 10% (398).
“Nell’ultima settimana presa in considerazione – scrivono dal dipartimento del Lazio – si osserva un rallentamento della curva di decessi settimanali. Tale rallentamento sembra ascrivibile soprattutto ai decessi nelle classi di età 65-74 e 75-84. Solo nella classe di età sopra gli 85 anni i decessi sono in ulteriore aumento”. Riguardo al genere, i numeri confermano il ruolo del coronavirus nell’aumento. “L’incremento di mortalità è pari all’82% negli uomini e al 57% nelle donne al Nord”.
(da agenzie)
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Aprile 12th, 2020 Riccardo Fucile
CAMPANIA ED EMILIA ROMAGNA LE HANNO GIA’ AVANZATE SENZA FARE TANTE PROMESSE DEMAGOGICHE
“I lombardi non possono aspettare. Non sappiamo ancora se e quando arriveranno i soldi del Governo per imprese e lavoratori. Regione Lombardia invece con un accordo con il sistema bancario e sindacati garantisce le risorse per l’anticipo della cassa integrazione“: il governatore lombardo Attilio Fontana in un video su Facebook ieri ha annunciato che la CIG nella sua Regione arriverà prima: “Entro una settimana — ha spiegato Fontana — fino a 1 milione di lombardi potranno chiedere in banca l’assegno, soldi veri. Se lo Stato non c’è garantiamo noi. In Lombardia parliamo con i fatti”.
L’annuncio di Fontana viene subito preso come un assist dall’assessora al Lavoro della Regione Melania Rizzoli: “L’anticipazione sociale della cassa integrazione si pone come rimedio a un complesso iter di autorizzazione della cassa integrazione ed è un atto di fiducia verso la nostra gente”.
E ancora: “La spinta impressa dalla Lombardia alla Convenzione nazionale sull’Anticipazione sociale — prosegue Rizzoli — ha proprio questo obiettivo: fidarsi delle aziende lombarde che hanno presentato domanda di cassa integrazione (anche quella ordinaria di competenza dell’INPS) e agevolare l’attuazione della Convenzione con la promozione del Fondo a garanzia degli anticipi erogati dalle banche”.
“Perchè — continua l’assessore Rizzoli — è vero che le banche hanno aderito al 94% alla convenzione nazionale, ma è altrettanto vero che si sono riservate di valutare il merito creditizio dei lavoratori, che possono essere anche persone fragili ed in difficoltà . Ecco, la garanzia della Regione cerca di far arrivare a tutti l’anticipazione delle banche, coprendo le eventuali difficoltà anche di chi ha più bisogno di aiuto”.
In tutto ciò però c’è un problema.
La Regione Lombardia, a differenza di altri come l’Emilia-Romagna, non ha ancora mandato la richiesta per la cassa integrazione in deroga all’INPS: “È vero, come dice il presidente Fontana, che bisogna dare risposte rapide ai cittadini lombardi — risponde il ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia -. Dispiace però notare che l’ennesima polemica innescata dalla Regione è, anche stavolta, infondata. Abbiamo chiarito già nei giorni scorsi che i rimborsi per le spese effettuate saranno rimborsate appena arriveranno i riscontri. È complicato dare risposte se non ci sono richieste“.
Va ricordato che nei giorni scorsi il governo ha firmato una convenzione con l’Abi che prevede che i soldi della cig possano essere anticipati dalle banche senza costi per i lavoratori.
Ma la Cassa Integrazione Guadagni, al di là delle polemiche politiche, è anche un problema del governo.
Per quella in deroga, spiega oggi il Mattino, tocca all’Inps erogare l’assegno dopo che la pratica è stata istruita dalle Regioni. Ma proprio qui, per molti, si è voluto inutilmente complicare le cose con il rischio di un inutile allungamento dei tempi: «L’Istituto poteva benissimo procedere da solo, conoscendo già le buste paga dei lavoratori destinatari della misura, si è creato un collodi bottiglia di cui si poteva fare a meno vista l’urgenza», spiegano gli esperti in materia.
Oltretutto per questo tipo do Cassa integrazione l’anticipo da parte del datore di lavoro è facoltativo: chi ha risorse sufficienti oltre che una certa sensibilità può farlo di tasca propria, altrimenti bisogna attendere che l’iter sia completato.
L’accordo raggiunto da Inps e Abi per l’anticipo della Cigo da parte delle banche è utilissimo a condizione che i tempi per le verifiche siano celeri. Non sono una buona notizia ad esempio i ritardi con cui le Regioni stanno trasmettendo le istanze all’Inps. Poche, come la Campania si sono messe subito pancia a terra per accelerare al massimo le “istruttorie”.
A ciò si aggiunge l’allarme per il mancato inserimento di intere categorie di lavoratori stagionali tra quelle, come i termali o i balneari, già coperti dalla Cigo: mancano gli aeroportuali, ad esempio, o gli autisti Ncc ma l’elenco è più lungo di quanto si possa immaginare.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 12th, 2020 Riccardo Fucile
MA INTANTO CONTINUA A LASCIARE APERTI BAR E RISTORANTI, UNA FOLLIA CON 1.144 VITTIME E 10.483 POSITIVI
Clamorosa e vergognosamente tardiva autocritica del premier svedese, il socialdemocratico Stefan Là¶fven, sull’emergenza coronavirus. “Non abbiamo fatto abbastanza”, ha detto il capo del governo della potenza egemone del Grande Nord all’emittente Svt.
La Svezia intanto continua a rinviare l’annunciato progetto di legge per poteri eccezionali che consentano un lockdown, e contagi e morti aumentano ogni giorno di piàº, fino al punto che proprio là nella patria di welfare e sanità garantiti per tutti dagli anni Trenta le autorità sanitarie hanno dovuto annunciare oggi che in caso estremo di esplosione dell’epidemia le persone dagli 80 anni in su colpiti dl Covid 19 e i sessantenni-settantenni malati e pregiudicati da altre malattie, secondo il Karolinska Institutet (massima autorità scientifica nazionale) non dovranno piຠessere automaticamente curati per evitare un collasso totale delle strutture sanitarie.
“Mi sembra ovvio che sotto tanti aspetti non abbiamo fatto abbastanza”, ha detto il premier Là¶fven alla tv pubblica Svt, aggiungendo: “È per questo che abbiamo adottato una strategia di sicurezza nazionale che ha a che fare con tutto, dall’approvvigionamento idrico alla sicurezza informatica”.
Parole vuote agli occhi del mondo, e crisi politica e culturale strutturale del modello svedese da decenni esempio di welfare al massimo ed economia insieme supercompetitiva e sempre solidale.
Perchè al di là delle parole di Là¶fven resta il fatto che la legge richiesta dalla Costituzione per concedere all’Esecutivo poteri eccezionali e imporre un lockdown con ristoranti bar e ogni locale pubblico chiusi e limiti severi alla circolazione in strada e all’uso di metropolitana, bus, tram, treni, voli interni era stata promessa dal governo dieci giorni fa con l’obiettivo dichiarato di volerla approvata dal Riksdag, il Parlamento unicamerale, entro il 10 aprile, e all’indomani siamo ancora al nulla di fatto.
E in Svezia ristoranti bar locali notturni e installazioni sportive restano aperti come prima, come se niente fosse. La movida di Stoccolma va incontro alla morte come il cavaliere impersonato da Max von Sidow nel “Settimo sigillo”, il memorabile film di Ingmar Bergman.
“Abbiamo anche cominciato a lavorare su una strategia che riguarda la struttura nazionale e la nostra difesa”, ha continuato il premier socialdemocratico. Ma poi ha difeso la politica del sostanziale laissez-faire adottata finora: “Sono lieto che possiamo affidarci al grande senso di responsabilità dei nostri cittadini”.
Parole smentite dalle cifre: in Svezia, l’unico Stato nordico che non ha adottato rigorosi lockdown e misure restrittive al contrario di Islanda, Norvegia, Finlandia e Danimarca, i contagi sono saliti in pochi giorni a 10151 su dieci milioni di abitanti e i decessi a 887. Norvegia Danimarca e Finlandia hanno reagito blindando le frontiere con la Svezia. Per la prima volta nella storia l’intesa a cinque nella Comunità nordica è a un passo dalla rottura.
Su questo sfondo arriva l’allarmante comunicato del Karolinska Institutet. “Se dovessero scarseggiare i posti in terapia intensiva, sarà necessario escludere dalle cure le persone dagli 80 anni di età in su e quelli tra i sessanta e settant’anni già colpiti da diverse patologie precedenti”, e inoltre: “se una persona viene colpita dal Covid 19 la decisione su ricovero e cura dovrà essere basata non solo sull’età anagrafica ma anche su quella biologica”.
La parziale privatizzazione della sanità decisa per risanare i conti sovrani ha portato la Svezia a una situazione in cui il numero di letti di terapia di emergenza è un totale di appena 300, di cui solo 79 ancora disponibili dopo l’inizio della pandemia.
In un paese piຠindustriale, esportatore e ricco pro capite rispetto alla stessa Germania si riscontra quindi secondo calcoli delle autorità statistiche dell’Unione europea il minimo numero pro capite di posti per terapia d’emergenza dell’intera Unione europea stessa.
(da agenzie)
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Aprile 12th, 2020 Riccardo Fucile
LE RIVELAZIONI DEL WASHINGTON POST… L’IMMUNOLOGO RISPOSE ALLIBITO: “MA SI RENDE CONTO DI QUANTE PERSONE MORIREBBERO?”
“Perchè non lasciamo che inondi il Paese?”. Sarebbe stata questa la domanda che, secondo fonti informate citate oggi dal Washington Post, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump avrebbe rivolto all’immunologo Anthony Fauci durante una delle prime riunioni della task force della Casa Bianca contro il coronavirus. La tentazione dell’immunitità di gregge.
“Signor presidente, morirebbe moltissima gente”, avrebbe risposto il principale esperto di malattie infettive della nazione.
Secondo le fondi del Wp, il direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases all’inizio non aveva neanche capito cosa il presidente intendesse dicendo di lasciare che il virus “inondasse” il Paese.
Lui che di presidenti ne ha consigliati già sei durante la sua carriera. Ma il pensiero di fermare l’economia per Trump poteva essere decisivo per scegliere di non chiudere il Paese.
Il dottore si è allarmato e ha reagito rispondendo con la determinatezza alla quale ci ha abituato e che lo ha reso uno tra i volti più popolari e amati negli Stati Uniti.
Il Post rivela anche che i sei medici e scienziati che partecipano alla task force – oltre a Fauci, Deborah Birx, che guida la risposta della Casa Bianca, il surgeon generale Jerome Adams, il commissario della Fda Stephen Hahn ed il direttore dei Cdc Robert Redfield, hanno iniziato a tenere delle riunioni separate per discutere questioni mediche e di pubblica sanità .
Questo perchè gli scienziati erano sempre più frustrati per i “voodoo”, così il quotidiano statunitense definisce le cure proposte da funzionari politici e dallo stesso Trump (la grande scommessa sulla clorichina), proposti durante le riunioni allargate.
Con mezzo milione di casi e oltre 20mila morti, solo ieri gli Stati Uniti hanno superato l’Italia per decessi dovuti a Covid-19. Ma gli esperti non sono ottimisti e definiscono il conteggio “una sottostima”. Anthony Fauci ha detto di sperare in “un ritorno alla normalità ” entro novembre, e continua a tenere a bada il presidente e il suo ottimismo forzato. “Molte vite avrebbero potuto essere salvate se le restrizioni fossero state adottate prima” ha aggiunto.
La scelta del lockdown, delle distanze sociali, della quarantena e dell’auto isolamento adottata dall’Europa quasi interamente, non è stata subito presa in considerazione neanche dal Regno Unito, dove l’immunità di gregge era stata la scelta iniziale anche del premier britannico Boris Johnson. “Morirano tanti cari”, aveva detto Johnson che oggi è appena stato dimesso dopo aver rischiato la vita per Covid-19.
(da agenzie)
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Aprile 12th, 2020 Riccardo Fucile
FAMIGLIE DI VIP CON FIGLI AL SEGUITO CHE ARRIVANO NOTTETEMPO CON LE VALIGIE: LE SECONDO CASE DI LUSSO HANNO PORTATO IL CORONAVIRUS A CORTINA
Meglio chiusi in un monolocale di trenta metri quadri vista tangenziale o in uno chalet con parco circondati dalle Dolomiti? C’è quarantena e quarantena…
Le seconde case (più o meno lussuose, per i fortunati che le hanno) sono state prese d’assalto immediatamente dopo il primo decreto che limitava la libertà di movimento degli italiani. Tanto da rendere necessario in quelli successivi, compreso l’ultimo, una prescrizione specifica: è espressamente vietato raggiungere le case di villeggiatura al mare o in montagna, a meno che non ci siano gli ormai noti comprovati motivi di urgenza e necessità .
A Cortina d’Ampezzo, famosissimo luogo di villeggiatura di potenti e presunti tali, è in atto per questo da giorni una rivolta che corre sui social, ma non solo. Complice un numero di contagi consistente rispetto al numero di abitanti, circa 80 su 5800 abitanti. Nonostante residenti e frequentatori abituali abbiano patrimoni ben al di sopra della media nazionale, Cortina come tutti i paesi dove ci si conosce tutti, non fa eccezione. Il pettegolezzo quindi si diffonde veloce come il Coronavirus sulle chat di Whatsapp e nelle telefonate, ma anche nei negozi più in vista della “perla delle Dolomiti”.
Un ampezzano doc frequentatore della cerchia più esclusiva non trattiene l’indignazione: “Trovo sconcertante fare festini o continuare come nulla fosse con i tornei di burraco e di bridge, mentre l’Italia vive una situazione come questa… Com’è successo qui ai primi di marzo a epidemia ormai esplosa, ordinando casse di champagne e salmone in quantità . O andare a fare gite al lago di Pianozes come alcune signore molto danarose di Mantova, poi multate”.
La sanzione però non arriverebbe per tutti: “C’è stato un calo dei reati dato che tutti sono in casa? Allora perchè i carabinieri non controllano le case dei non residenti improvvisamente aperte e gli arrivi dei Suv notturni? Perchè qui ci sono i cosiddetti potenti! I vigili urbani facevano multe per divieto di sosta, invece di controllare la distanza nel mercato, almeno finchè poi per fortuna lo hanno chiuso”.
Stesso discorso per quella che è chiamata “la passeggiata” che corre lungo il tracciato della ex ferrovia, alla fine chiusa anch’essa con un’ordinanza del sindaco.
Si oscilla tra la voglia di raccontare e indignarsi pubblicamente e il riserbo più calcolatore che considera i “foresti”, specie se vip, una golosa parte del proprio fatturato. Da tutelare al meglio.
“L’animo ampezzano è sensibile alle sirene del denaro” racconta a TPI una signora ben introdotta nel giro dei cortinesi che contano. “Qui tutto si è sviluppato grazie ai soldi. Io sono nata a Cortina, ma vissuta in un’epoca in cui il dio denaro c’era e non si mostrava. Adesso è un’altra cosa. Mi dispiace soprattutto perchè ci sono andati di mezzo gli ampezzani, i vacanzieri provenienti dalle zone rosse ci hanno impestato. Tra i primissimi casi di Covid a Cortina c’è il titolare di una nota agenzia immobiliare e di un negozio di scarpe, professioni a contatto con pubblico e con i turisti”.
È proprio così? Mentre tutta Italia impasta farina e lievito di birra, a Cortina si ordinano baffe di salmone e casse di champagne?
Ovviamente non al discount, ma alla storica “Cooperativa”, fondata nel 1893 per aiutare contadini e pastori e adesso trasformatasi, a dispetto delle origini frugali, in un lussuoso centro commerciale con 4mila metri quadri di superficie di vendita.
La responsabile, contattata al telefono da TPI, è gentile e disponibile nel cercare di fare luce sull’enigma: “La spesa alimentare ovviamente ha avuto un aumento del volume di vendite. Dopo il lockdown c’è stato un assalto non tanto al negozio, ma per le richieste di spesa a domicilio. La prima settimana è stata difficile da gestire e adattarci a una situazione nuova in emergenza. Una mole di acquisti importante con più carrelli per singolo ordine, una cosa straordinaria. Poi è andata a equilibrarsi. Noi stessi consigliamo di non fare richieste quotidiane”.
Ma lo champagne? “Non conosco nel dettaglio gli acquisti per singolo ordine. Ai miei colleghi sarà capitato, non a me personalmente. Ma siamo a Cortina comunque, i nostri ospiti sono abituati a un tenore di vita particolare e noi siamo abituati a vendere anche champagne”.
Non si sbilancia neanche sugli arrivi in massa di non residenti: “L’ho sentito dire, ma non ho visto personalmente, dato che sto tutto il giorno al negozio e poi a casa”.
Certo la sobrietà non è imposta per decreto, ma un po’ di buon senso aiuterebbe tutti. Si legge nei commenti su Facebook nel popolare gruppo amici di Cortina “il problema è che le persone nelle seconde case (anche se con residenza, ma di fatto seconde case in quanto non ci abitano prevalentemente tutto l’anno) mantengono lo spirito vacanziero, tipico in tutti i periodi dell’anno in cui vengono, a cui sembra che tutto sia concesso” si indigna Valentina.
A cui risponde Fabrizio: “Il sistema montagna è un sistema fragile, in primis sotto il profilo sanitario. Con lo spostamento in massa dalle città alle seconde case, in questo momento di assoluta emergenza si rischia di metterlo in crisi più del necessario. È possibile che qualcuno il virus se lo sia portato appresso e a farne le spese sarà soprattutto il tessuto locale, quello dei residenti. Quindi non si tratta solo di decreti, ma di consapevolezza e di un po’ di rispetto”.
Messaggi rivolti a padovani, lombardi, bresciani, trevigiani, bergamaschi, bolognesi e milanesi andati a respirare aria buona di montagna. Ma anche a super manager e noti banchieri le cui case sono state in fretta e furia riaperte e pulite da allarmate cameriere del posto.
“Da quando è scoppiato il caso di Codogno, ho iniziato il mio personale countdown di isolamento, visto che in una profumeria ero stata con un truccatore di Milano davanti alla faccia. Mentre i cortinesi sono controllati a vista e non puoi uscire se sei in quarantena per Covid nemmeno a prendere la legna negli spazi condominiali comuni, chi non segnala di avere sintomi o non indica tutti i nomi dei suoi contatti agisce in modo sconsiderato. Chiunque può venire a respirare aria buona, purchè stia chiuso in casa. Invece i medici hanno inviato una lettera per segnalare che i casi reali di Covid sono molto superiori a quelli dichiarati”.
L’omertà trionfa e il senso civico scarseggia? Nei commenti c’è chi si schermisce dicendo di non essere un infame e chi rintuzza: “È sanità pubblica, non infamia”.
Ed è lì il punto. Non si denunciano magari amici di cui si sa che abbiano sintomi influenzali. “Tutti lo sanno e nessuno parla del fatto che c’è chi è uscito con la febbre per non fare la quarantena e non farla fare ai propri amici. La bella gente di Cortina nega l’evidenza. Ho parlato con la segreteria del sindaco senza risultato. Non lo dicono perchè hanno il terrore, poi la gente li guarda male, c’è una forma di ignoranza”. Omertà in salsa cortinese?
Andrea Colucci è medico di base a Cortina e per rispondere alle tante domande dei pazienti ha inviato loro un’email con spiegazioni sui sintomi, le modalità per fare il tampone e segnalare soprattutto che i numeri reali di casi Covid19 sono molto superiori a quelli dichiarati. “Un’osservazione sul posto che ha trovato poi conferma con gli studi epidemiologici” racconta a TPI.
“È pieno di gente che sta benissimo con Coronavirus per fortuna e non intasa gli ospedali, ma dall’altro lato non avendo sintomi vanno in giro e la diffondono. Una volta il medico era ambito, adesso nessuno mi invita più da nessuna parte” ironizza Colucci “quando arrivo alla cassa del supermercato si fa il vuoto. Comunque la stragrande maggioranza delle persone è responsabile, il macellaio dice che l’80 per cento delle persone che vede non sono di Cortina, ma è un fenomeno che poteva essere significativo quando sono arrivati. Adesso l’importanza è che stiano in casa a non fare guai”.
Sulla stessa linea un altro dottore di Cortina Luca Piccolomini: “Fino al 7 marzo nei rifugi e sulla funivia sembrava Riccione, un sacco di bambini, alberghi e ristoranti pieni e nessuno rispettava le distanze. In presenza dei sintomi bisogna avere più senso civico, stiamo un po’ attenti”.
Uno dei medici di base è in quarantena per avere avuto Covid19. Alla Aulss 1 Dolomiti di Belluno, che è competente come territorio, invitano a usare il numero aziendale dedicato 0437514343: “Il numero è attivo tutti i giorni per chi ha sintomi o dubbi. I casi vanno segnalati con nome e cognome, altrimenti noi non lo sappiamo. Per i comportamenti non adeguati poi ci sono polizia e carabinieri. Perchè c’è un risvolto anche legale non da poco”.
Le forze dell’ordine però respingono in blocco l’accusa di chiudere un occhio con i ricchi: ci sono sia i controlli che le multe, solo che le persone chiuse in casa giustamente non se ne possono accorgere. “La maggioranza delle segnalazioni sono generiche e molti forestieri sono qui da prima del blocco — affermano dal commissariato di Cortina — erano venuti per Carnevale e si sono fermati anche dopo. È un problema discusso nei comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza pubblica. Ma le persone hanno una percezione spesso falsata. Noi abbiamo un sistema di telecamere che registrano i passaggi, poste agli accessi del paese e anche all’uscita dell’autostrada. I controlli li facciamo e anche le multe, poi che qualcuno abbia fatto una cena ci può stare, che sia un sistema no. Ma non è che non fermiamo le persone in base al censo, nessuno si tira indietro sui controlli. In presenza di denunce circostanziate procediamo come al solito. Ma anche se sono semplici segnalazioni. Abbiamo trovato gente che festeggiava in giardino il compleanno. Peccato che fossero tutti dello stesso nucleo familiare! Se c’è chi è andato a giocare a carte a casa di un altro non si può escludere. Ci sta che possa esserci qualche episodio, ma dire che sia una situazione generalizzata è insultante, per rispetto dei tanti poliziotti impegnati sulla strada a fare controlli. Tra noi, carabinieri e guarda di finanza per Pasqua la vigilanza sarà potenziata ulteriormente”.
“Dobbiamo distinguere tra violazione di legge e opinione del cittadino, che non è un conoscitore delle attività di controllo — sottolineano i carabinieri di Cortina — Non si può entrare in case private. Se in un condominio si ritrovano sul pianerottolo o giocano a carte, va contro il buon senso e le linee guida sanitarie e la cosa può infastidire qualcuno, ma non è un assembramento in un luogo pubblico. Noi prendiamo nella massima considerazione tutte le segnalazioni e siamo anche di supporto psicologico quando capiamo che si tratta di sfoghi perchè la popolazione è provata. La legge è uguale per tutti è un concetto che abbiamo molto chiaro”.
Certo, il sindaco Gianpietro Ghedina si è ritrovato a fare una colossale marcia indietro rispetto ai giorni in cui parlava di Cortina “isola felice” e di piste aperte a tutti, mentre ora invita accoratamente a stare a casa in previsione della Pasqua.
“Adesso si mette a fare lo sceriffo? La tempistica forse non è quella corretta” afferma Giorgio Da Rin, capogruppo di minoranza in consiglio comunale. In prefettura a Belluno la riunione per gestire eventuali fughe dopo un mese di cattività domestica in vista di Pasqua e Pasquetta c’è stata qualche giorno fa.
Forse anche sollecitata proprio dalla lettera di Da Rin in cui si denuncia il “continuo arrivo di proprietari di seconde case nel nostro Comune. Negli ultimi giorni, ho ricevuto svariate segnalazioni sia da parte di residenti che di autisti corrieri (Sda, Bartolini ecc) di continui arrivi, specialmente nelle ore notturne ma non solo. Vista la proroga del dpcm fino al 13 Aprile, che comprende dunque la data di Pasqua, ho il forte timore che questi arrivi aumentino ancora proprio per la volontà di passare la festività qui insieme ai parenti. Per questo sono a chiederVi, se fosse possibile istituire un posto di blocco permanente sull’Alemagna 51 in corrispondenza dell’ingresso a Cortina d’Ampezzo”.
Molti concittadini imputano al sindaco una certa mancanza di iniziativa nel contrastare l’arrivo dei “foresti” come vengono chiamati in senso dispregiativo i non residenti o ancora peggio quelli con la finta residenza (l’Imu a Cortina è parecchio salata e non sono in pochi, dicono in paese, quelli che hanno la residenza solo sulla carta).
“Perchè non ha fatto come il sindaco di Treviso che andava a caccia dei festaioli? Avrebbe potuto farsi un giro di notte nelle zone più belle e guardare le luminarie in alcune case…”, ci si chiede. Perchè a Cortina puoi essere al riparo da occhi indiscreti, ma non da quelli dei vicini di chalet o di condominio, seppure di lusso. Tanto che chi aveva in programma un barbecue ha desistito. No, niente senso di responsabilità , seppure tardivo. Si sarebbe visto il fumo.
(da TPI)
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Aprile 12th, 2020 Riccardo Fucile
DA UN AUDIO EMERGE ANCHE CHE VERREBBERO FATTE SPARIRE LE CARTELLE CLINICHE
L’inchiesta sulle case di riposo in Lombardia e il Coronavirus si allarga: oltre al Pio Albergo Trivulzio, nel mirino dei pm ci sono anche Sacra Famiglia, Don Gnocchi e Mediglia. E intanto spuntano messaggi audio in cui gli infermieri si lamentano di essere stati mandati a lavorare con la febbre e della sparizione delle TAC dei pazienti.
Il Corriere della Sera fa sapere che e i pm Mauro Clerici e Francesco De Tommasi, che fanno parte del sesto dipartimento diretto dall’aggiunto Tiziana Siciliano, hanno indagato per epidemia colposa e omicidio colposo plurimo il direttore generale del Pio Albergo Trivulzio Giuseppe Calicchio. Ma non solo:
La Procura, infatti, ha aperto una dozzina di fascicoli su iniziativa dei pm o a seguito di denuncie presentata dai lavoratori delle Rsa e dai parenti delle vittime. A quello sul Don Gnocchi-Palazzolo, dove sono morti 40 ospiti su 112, lavorano i pm Letizia Mocciaro e Michela Bordieri.
Vede indagati il presidente della cooperativa sociale Ampast che opera nella struttura, Waly Ndiaye Papa, Dennis Troisi, dg organizzativo, Federica Tartarone, direttore sanitario, e Fabrizio Giunco, direttore dei servizi medici. «Non c’è stata nessuna negligenza», afferma in una nota la Fondazione che ha consegnato ai magistrati una corposa memoria in cui si parla di «infondatezza» delle accuse e si assicura ai magistrati «piena disponibilità ».
Un’altra indagine si occupa dell’istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone, in cui il pm Mauro Clerici ha indagato il presidente Don Marco Bove e il dg Paolo Pigni. Anche sulla tragicamente nota casa di riposo di Mediglia era stato avviato un fascicolo, ma è stato trasmesso a Lodi per competenza territoriale
Al Trivulzio sono morte in un mese e mezzo, dall’inizio della pandemia, circa 150 persone. Molte testimonianze di famigliari raccontano di ospiti, ma anche di operatori sanitari, non sufficientemente protetti contro il virus. Sessanta i morti alla Rsa di Mediglia, la prima in cui è stato segnalato un aumento impressionante di decessi tra gli anziani
E poi ci sono gli infermieri che si ritrovano a lavorare con la febbre ma hanno paura di comunicarlo, un’altra di loro che racconta la manomissione di una cartella clinica di un paziente perchè «qui – rivela – nascondono le cose».
Sfoghi tra colleghi in libertà , in una stanza di pertinenza del Pio Albergo Trivulzio, raccontati da Repubblica oggi:
Repubblica è entrata in possesso di un audio che dura 12 minuti, registrato lo scorso 30 marzo dentro la Baggina, nel bel mezzo dell’emergenza coronavirus che è costata decine di morti e centinaia di ammalati nella residenza. Rappresenta uno spaccato di ciò che avviene nella struttura, ma narrato senza filtri, senza il normale timore di parlare davanti ai superiori e senza la diffidenza verso un cronista. «Qui se fanno i tamponi siamo tutti positivi e devono chiudere, hai capito?», dice un operatore sanitario.
«Di là in reparto ne stanno morendo quattro, isolati, però questi bastardi mica lo dichiarano, dicono che sono tre…», racconta un’altra che si sta preparando ad entrare in servizio, si capisce perchè il collega la sta aiutando a mettersi bene la mascherina.
Il giorno prima – continua – una infermiera «ha lavorato con la febbre, tossiva di brutto, le mancava il respiro, stava malissimo, non l’hanno mandata a casa perchè dicevano che doveva avere almeno 37,5. Poi ha chiamato la guardia medica, che si è incazzata con lei perchè non doveva lavorare così, oggi è a casa e le hanno detto che forse domani la ricoverano perchè è grave».
Replica una terza persona: «Questa è una roba da denuncia!».
E poi ci sono le frasi sulle cartelle cliniche nascoste: «Sono nascosti i fogli, hanno nascosto i fogli da dentro agli archivi, dentro i cosi della radiografia che c’è di là dove stiamo noi, e nelle cartelle li hanno nascosti questi fogli, non vedrai nè la tac nè le radiografie che ne ha fatte tre consecutivamente».
Allora si intromette un terzo, si chiede «quando censiranno i decessi di questi mesi come faranno?». Nessuno in realtà sembra stupito, viene data come una semplice informazione.
(da TPI)
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